Calcio
IL GRAFFIO - Juve, il Napoli accetta la sfida
19.04.2018 00:09 di Napoli Magazine Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica

L’incubo dura anche troppo. Per un’ora sembra che neanche l’imminente sfida alla Juve ecciti un Napoli squilibrato e stanco. Si misura con una squadra che arriva con 45 punti in meno e 9 sconfitte consecutive. La ripresa è esaltante, difficile dimenticarla, ma il primo tempo avvilente, quando ci si mette anche la Var: fa scattare una sirena di allarme. Non funziona più? Si può discutere sui rigori, ma come può l’occhio magico degli arbitri ignorare un fuorigioco, se non c’è nulla di più nitido e onesto della geometria e delle sue linee? Ma il gol del ceco Jankto, pur avariato e da annullare, fa paventare una crisi profonda e precoce della squadra che aveva annunciato lo scudetto 2018. A sei partite dalla fine, il Napoli sbanda. Visti ieri Hamsik e Callejòn, sembra convincere una tesi. Il Napoli è stanco proprio perché ha giocato troppe volte in formazione incompleta: quante volte Hamsik malinconico primatista delle sostituzioni e Callejòn insostituibile per grazia ricevuta sono stati impalpabili, virtualmente assenti?

 

Sulle sbandate incidono l’abilità di Barak e l’opacità di Diawara, il coraggio dell’Udinese che prova a giocarsi tutto quando la mediana che scricchiola nella fase passiva. Di Hamsik non c’è traccia: anche la cresta nera sparisce come la torretta di un sottomarino. Diawara è ondivago nei contrasti e nelle proposte. Zielinski porta vivacità alla fase attiva, ma allarga il vuoto che sulla sua destra crea Iankto, con Hysaj spesso a disagio nel primo tempo. Il calcio premia chi ha voglia di rischiare. E ieri Sarri ha finalmente rivisto le ossidate gerarchie, inserendo dall’inizio l’invocato Milik. Dal gigante polacco non si poteva prescindere: se è stata lodevole la prudenza del Napoli nel calibrare il suo impiego dopo il secondo infortunio, è euforizzante il contributo che ha saputo dare per le ultime due vittorie, sfiorando ancora lui la terza a Milano. Non ci fosse stata quella manata di Donnarumma, sarebbe stata ancora più avvincente Juve-Napoli. Ma lo sarà comunque. Non solo Milik, che Sarri a missione compiuta ha giustamente ritirato. Non solo Insigne, che torna al Napoli ragazzo di cuore e talento. Non solo Zielinski, dinamico e creativo anche quando si è trasferito a sinistra per rilevare Hamsik e far posto ad Allan. Non l’Udinese che giocando senza quelle odiose barriere, lascia spazi interessanti, liberando il Napoli dalla ossessione. Ma splende in questo Napoli il ricordo del secondo e terzo gol: Albiol e Tonelli, due difensori, in avanti a gentile richiesta, traducono nelle reti della svolta altrettanti calci piazzati. Segno che il Napoli in laboratorio non trascura nulla. Sono schemi quelli. Al gran finale concorre il risultato della Juve a Crotone. Addio incubo, il Napoli non è finito, il campionato meno che mai.

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IL GRAFFIO - Juve, il Napoli accetta la sfida

di Napoli Magazine

19/04/2024 - 00:09

L’incubo dura anche troppo. Per un’ora sembra che neanche l’imminente sfida alla Juve ecciti un Napoli squilibrato e stanco. Si misura con una squadra che arriva con 45 punti in meno e 9 sconfitte consecutive. La ripresa è esaltante, difficile dimenticarla, ma il primo tempo avvilente, quando ci si mette anche la Var: fa scattare una sirena di allarme. Non funziona più? Si può discutere sui rigori, ma come può l’occhio magico degli arbitri ignorare un fuorigioco, se non c’è nulla di più nitido e onesto della geometria e delle sue linee? Ma il gol del ceco Jankto, pur avariato e da annullare, fa paventare una crisi profonda e precoce della squadra che aveva annunciato lo scudetto 2018. A sei partite dalla fine, il Napoli sbanda. Visti ieri Hamsik e Callejòn, sembra convincere una tesi. Il Napoli è stanco proprio perché ha giocato troppe volte in formazione incompleta: quante volte Hamsik malinconico primatista delle sostituzioni e Callejòn insostituibile per grazia ricevuta sono stati impalpabili, virtualmente assenti?

 

Sulle sbandate incidono l’abilità di Barak e l’opacità di Diawara, il coraggio dell’Udinese che prova a giocarsi tutto quando la mediana che scricchiola nella fase passiva. Di Hamsik non c’è traccia: anche la cresta nera sparisce come la torretta di un sottomarino. Diawara è ondivago nei contrasti e nelle proposte. Zielinski porta vivacità alla fase attiva, ma allarga il vuoto che sulla sua destra crea Iankto, con Hysaj spesso a disagio nel primo tempo. Il calcio premia chi ha voglia di rischiare. E ieri Sarri ha finalmente rivisto le ossidate gerarchie, inserendo dall’inizio l’invocato Milik. Dal gigante polacco non si poteva prescindere: se è stata lodevole la prudenza del Napoli nel calibrare il suo impiego dopo il secondo infortunio, è euforizzante il contributo che ha saputo dare per le ultime due vittorie, sfiorando ancora lui la terza a Milano. Non ci fosse stata quella manata di Donnarumma, sarebbe stata ancora più avvincente Juve-Napoli. Ma lo sarà comunque. Non solo Milik, che Sarri a missione compiuta ha giustamente ritirato. Non solo Insigne, che torna al Napoli ragazzo di cuore e talento. Non solo Zielinski, dinamico e creativo anche quando si è trasferito a sinistra per rilevare Hamsik e far posto ad Allan. Non l’Udinese che giocando senza quelle odiose barriere, lascia spazi interessanti, liberando il Napoli dalla ossessione. Ma splende in questo Napoli il ricordo del secondo e terzo gol: Albiol e Tonelli, due difensori, in avanti a gentile richiesta, traducono nelle reti della svolta altrettanti calci piazzati. Segno che il Napoli in laboratorio non trascura nulla. Sono schemi quelli. Al gran finale concorre il risultato della Juve a Crotone. Addio incubo, il Napoli non è finito, il campionato meno che mai.

Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica