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IL GRAFFIO - Sarri, una vittoria che ne vale 100
19.08.2017 23:55 di Napoli Magazine Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica

La centesima in serie A è la partita di un nuovo Sarri. Tra la vittoria sul Nizza e tre giorni prima della replica in Costa Azzurra smonta la squadra. Il coraggio prevale sulla saggezza nel sempre imbronciato artigiano al suo terzo campionato con il Napoli, potrebbe anche sorridere, finalmente vince nella notturna di esordio, si svincola da due fastidiose etichette: i suoi lenti avvii e la tendenza a confermare piuttosto che a rinnovare.
Dei suoi 4 cambi, due incidono. Diawara impone la sua fisicità resistendo al controllo personalizzato di Bezza, schierato come “finto 9”, prevale poi per la lucida gestione delle infinite palle che recupera. Milik, dopo l'autorete del francese Souprayen, dà la risposta più significativa al lodevole trasformismo di Sarri. Chiude di destro, lui che è mancino, con un diagonale in corsa il micidiale contropiede del raddoppio: tre tocchi in una ventina di secondi lungo 40 metri. Modello di ripartenza che cancella la nostalgia dei più autoreferenziali assedi alle difese chiuse. Diawara che recupera, Insigne che inventa un'apertura da sinistra a destra, e Milik che ringrazia Sarri dell'imprevista apertura di credito. Chi poteva immaginare? Inserire Milik, ancora arrugginito dalla fatica estiva, era una scelta cruciale: rivalutare un diverso modulo offensivo. Un'alternativa interessante nella stagione che, salvo improbabili sorprese a Nizza, chiama il Napoli su due fronti. La sfida alla Juve raggiunta ieri sera al vertice e la Champions.
Nella scelta di Sarri non c'è solo gusto della novità, fascino dell'azzardo. Schiera Milik per quasi un'ora offrendo ad un bomber malinconico che rischiava di sentirsi emarginato la certezza di un ruolo di prestigio, in una squadra che con i 26 gol di Mertens ha toccato quota 94, record per l'ultima serie A. Restituito Milik al Napoli, oltre che a se stesso, Sarri richiama in campo l'incupito Mertens. Tenta qualche altro ritocco: Hamsik gioca a cresta bassa la seconda partita e per la seconda volta esce, con Zielinski che gli subentra a sinistra dopo un'onesta ma non brillante prova e Allan che si infila a destra. La fortuna di Hamsik, in attesa che torni in forma, è proprio il protagonista di Verona, il mediano-ovunque Diawara.
L'autorete vanifica le strategie difensive di Pecchia, l'allenatore che conosce bene il Napoli, era primo assistente di Benitez. Fuori Pazzini per quasi tutta la partita, ed ecco un finto 9, Daniel Bessa, gracile ma sapiente mediano di regia. Sulle corsie esterne, piazza due coppie: Caceres e Verde a destra per ostruire la famosa catena di sinistra che trovato solo in Insigne però energia intensa e continua. Suprayen e Cerci sull'altro versante, per incrociare un opaco Callejon e il ruvido Hysaj, costretto con l'appannato Chiriches al più goffo dei rigori e all'espulsione. È tardi per il Verona, quando arriva Pazzini, polemico con Pecchia: non solo segna su rigore, ma scuote la difesa del Napoli rivelandone gli affanni che la società 3 e Sarri hanno trascurato in un lungo mercato, per fortuna ancora aperto.
PS - Il collega Marco Azzi riferisce da Verona insulti e cori. Troverete tutto su Repubblica. Indignarsi e commentare mi sembra inutile. Ogni reazione può solo amplificare la più demenziale espressione del razzismo. È un segno dei tempi. Il calcio italiano dimostra la sua impotenza a fermarlo. Né in Italia siamo certi di esserne immuni. Non c'è un Tg che su temi di dolente umanità registri finalmente segnali di Paese migliore. I morti nel Mediterraneo sono ormai solo numeri. Sulle loro sorti fondano politica e campagne elettorali.
Il razzismo è altro. È il silenzio. È l'indifferenza. È il business sui povericristi. Che senso ha dedicare spazio e tempo alle innocue macchiette di Verona?

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IL GRAFFIO - Sarri, una vittoria che ne vale 100

di Napoli Magazine

19/08/2024 - 23:55

La centesima in serie A è la partita di un nuovo Sarri. Tra la vittoria sul Nizza e tre giorni prima della replica in Costa Azzurra smonta la squadra. Il coraggio prevale sulla saggezza nel sempre imbronciato artigiano al suo terzo campionato con il Napoli, potrebbe anche sorridere, finalmente vince nella notturna di esordio, si svincola da due fastidiose etichette: i suoi lenti avvii e la tendenza a confermare piuttosto che a rinnovare.
Dei suoi 4 cambi, due incidono. Diawara impone la sua fisicità resistendo al controllo personalizzato di Bezza, schierato come “finto 9”, prevale poi per la lucida gestione delle infinite palle che recupera. Milik, dopo l'autorete del francese Souprayen, dà la risposta più significativa al lodevole trasformismo di Sarri. Chiude di destro, lui che è mancino, con un diagonale in corsa il micidiale contropiede del raddoppio: tre tocchi in una ventina di secondi lungo 40 metri. Modello di ripartenza che cancella la nostalgia dei più autoreferenziali assedi alle difese chiuse. Diawara che recupera, Insigne che inventa un'apertura da sinistra a destra, e Milik che ringrazia Sarri dell'imprevista apertura di credito. Chi poteva immaginare? Inserire Milik, ancora arrugginito dalla fatica estiva, era una scelta cruciale: rivalutare un diverso modulo offensivo. Un'alternativa interessante nella stagione che, salvo improbabili sorprese a Nizza, chiama il Napoli su due fronti. La sfida alla Juve raggiunta ieri sera al vertice e la Champions.
Nella scelta di Sarri non c'è solo gusto della novità, fascino dell'azzardo. Schiera Milik per quasi un'ora offrendo ad un bomber malinconico che rischiava di sentirsi emarginato la certezza di un ruolo di prestigio, in una squadra che con i 26 gol di Mertens ha toccato quota 94, record per l'ultima serie A. Restituito Milik al Napoli, oltre che a se stesso, Sarri richiama in campo l'incupito Mertens. Tenta qualche altro ritocco: Hamsik gioca a cresta bassa la seconda partita e per la seconda volta esce, con Zielinski che gli subentra a sinistra dopo un'onesta ma non brillante prova e Allan che si infila a destra. La fortuna di Hamsik, in attesa che torni in forma, è proprio il protagonista di Verona, il mediano-ovunque Diawara.
L'autorete vanifica le strategie difensive di Pecchia, l'allenatore che conosce bene il Napoli, era primo assistente di Benitez. Fuori Pazzini per quasi tutta la partita, ed ecco un finto 9, Daniel Bessa, gracile ma sapiente mediano di regia. Sulle corsie esterne, piazza due coppie: Caceres e Verde a destra per ostruire la famosa catena di sinistra che trovato solo in Insigne però energia intensa e continua. Suprayen e Cerci sull'altro versante, per incrociare un opaco Callejon e il ruvido Hysaj, costretto con l'appannato Chiriches al più goffo dei rigori e all'espulsione. È tardi per il Verona, quando arriva Pazzini, polemico con Pecchia: non solo segna su rigore, ma scuote la difesa del Napoli rivelandone gli affanni che la società 3 e Sarri hanno trascurato in un lungo mercato, per fortuna ancora aperto.
PS - Il collega Marco Azzi riferisce da Verona insulti e cori. Troverete tutto su Repubblica. Indignarsi e commentare mi sembra inutile. Ogni reazione può solo amplificare la più demenziale espressione del razzismo. È un segno dei tempi. Il calcio italiano dimostra la sua impotenza a fermarlo. Né in Italia siamo certi di esserne immuni. Non c'è un Tg che su temi di dolente umanità registri finalmente segnali di Paese migliore. I morti nel Mediterraneo sono ormai solo numeri. Sulle loro sorti fondano politica e campagne elettorali.
Il razzismo è altro. È il silenzio. È l'indifferenza. È il business sui povericristi. Che senso ha dedicare spazio e tempo alle innocue macchiette di Verona?

Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica