Aurelio De Laurentiis sottolinea spesso di essere un monogamo, nel
calcio come nel cinema, usando un eufemismo si potrebbe definirlo un
vero e proprio abitudinario, affezionato ai suoi uomini di fiducia.
Christian De Sica potrebbe dire tante cose, insieme a Boldi, sul modo di
agire del presidente azzurro. Nel corso della sua esperienza alla guida
del Napoli, ha cambiato pochi allenatori, così come attori e registi
nelle sue produzioni artistiche. IL LIGURE. Il primo coach del suo
Napoli è stato Giampiero Ventura, in realtà il numero uno della Filmauro
contattò Giovanni Vavassori per affidargli la guida tecnica della
neonata Napoli Soccer, poi l’arrivo di Pierpaolo Marino portò al cambio
di strategia e alla venuta dell’ex tecnico del Torino. Memorabile la
conferenza stampa di presentazione all’Hotel Excelsior sul lungomare,
dove i tre protagonisti del nuovo Napoli post fallimento apparvero
emozionati ma già con le idee chiarissime. Il tecnico ligure si adattò
subito e fece di necessità virtù, visto che a quella squadra mancava
persino una sede, un campo d’allenamento ed i famosi palloni furono
portati a Paestum dal massaggiatore Carmando. Berrettoni, Corrent,
Machado Toledo, Varricchio, Belardi, Corneliusson, sembrano passati
tanti lustri guardando i nomi dei calciatori azzurri di oggi, invece
proprio loro gettarono le basi per la risalita nel gotha del calcio
europeo, dove risiede stabilmente il Napoli, da 7 anni a questa parte.
Indimenticabile l’esordio al San Paolo contro il Cittadella, quella
partita finì 3-3 con i 60.000 in solluchero per la rinascita del calcio
napoletano. L’epilogo di Ventura col sodalizio azzurro non fu dei
migliori, visto che il tecnico ligure venne esonerato dopo uno scialbo
pareggio in casa con la Fermana. De Laurentiis optò per il cambio alla
guida tecnica per dare una scossa alla squadra, di certo le
responsabilità del cammino a rilento del nuovo Napoli non furono di
Ventura, che usò belle parole al momento dei saluti, ma di una società,
che solo col tempo è riuscita a stabilizzarsi e trovare la quadratura
del cerchio nel panorama calcistico nazionale.
IL FRIULANO. Edy Reja, è stato il secondo allenatore del Napoli di De
Laurentiis, ma il capolavoro primo dell’opera azzurra. Fu subito amore a
prima vista con il tecnico friulano, che col suo calcio semplice e
all’italiana, riuscì a portare la squadra, lasciata da Ventura, in
finale play off persa amaramente ad Avellino, nella gara di ritorno,
dopo lo 0-0 dell’andata al San Paolo. Certamente era un altro Napoli,
rinforzato dal mercato di gennaio, che gettò le basi per la successiva
stagione da protagonista. Gli azzurri di Reja, infatti, conquistarono la
serie B contro il Perugia al San Paolo dopo una cavalcata da record
nell’inferno della C1. Era il sabato di Pasqua del 2006, sugli spalti
del San Paolo si pianse di gioia per la promozione tra i cadetti che
rilanciò i sogni di gloria della resuscitata società azzurra. L’anno
dopo il cammino fu ancora più brillante, nel campionato di serie B
2006/2007, gli azzurri si ritrovarono a gareggiare con la Juventus post
Calciopoli, una vera e propria balena nell’acquario, volendo usare la
famosa metafora dell’allora dg Marino. Nonostante tutto, il 10 giugno, a
Genova, contro i cugini rossoblù, si festeggiò all’unisono, la
promozione in serie A più bella che la storia del calcio ricordi. Reja
venne portato in trionfo ma lui, hombre vertical, insaziabile e
affamato, riuscì a portare l’anno dopo la squadra in Coppa Uefa
attraverso l’Intertoto. Memorabili le partite col Benfica di Suazo e
Luisao che spensero i primi sogni di gloria europei allo stadio Da Luz.
L’epopea “rejana” culminò l’anno dopo, marzo 2009, dopo una serie di
risultati scialbi, Aurelio De Laurentiis decide di esonerare
l’allenatore - seppur controvoglia - per dare un ulteriore segnale
psicologico alla squadra.
IL MILANISTA. La squadra fu affidata a Roberto Donadoni, dopo
l’avventura alla guida della Nazionale italiana. Reja resta l’allenatore
a cui il pubblico di Napoli sarà perennemente grato, “l’uomo di fiducia
e di famiglia”, che tanto ha dato alla causa, come sostenne il
presidente azzurro al momento dei saluti. Roberto Donadoni arrivò al
Napoli, dopo la brillante avventura da ct della nazionale italiana, post
Mondiale 2006. Il sergente scuola Milan, portò in quel di Castel
Volturno un bel carico di idee, ma soprattutto nuove regole; che non lo
aiutarono nella gestione del gruppo a stampo sudamericano. De Laurentiis
rimase folgorato anni prima dall’uomo Donadoni, durante un incontro
avvenuto per caso “nel palazzo della zia” del presidente, che abitava
nello stesso stabile dell’ex calciatore del Milan. L’avventura
napoletana non fu delle migliori, sotto la sua guida, nelle restanti 11
partite di campionato il Napoli raccolse 11 punti, chiudendo la stagione
al 12º posto con 46 punti. La stagione successiva non migliorò, dopo un
mercato faraonico, nelle prime sette partite del campionato 2009-2010
conquistò soltanto 7 punti, risultati che costrinsero ancora una volta
De Laurentiis al cambio della guida tecnica. IL TOSCANO. L’esuberante
produttore cinematografico affida la panchina a Walter Mazzarri, che
aveva allenato il Napoli già nel 1998 come vice di Renzo Ulivieri. Il
tecnico toscano proveniente dalla Sampdoria, subito fa vedere di che
pasta è fatto, inanellando una serie di vittorie contro le big del
campionato italiano. Memorabile il 2-2 contro il Milan raggiunto oltre
il novantesimo, per non parlare della vittoria di Firenze e il
leggendario trionfo dello Stadio Olimpico di Torino contro la Juventus.
Il suo Napoli racimola punti e scala posizione, alla fine del primo anno
si piazza sesto conquistando una storica qualificazione in Europa
League. L’anno successivo va ancora meglio con l’exploit del Matador
Cavani e la nascita del trio delle meraviglie completato da Lavezzi e
Hamsik. Gli azzurri, sorprendentemente, contendono il titolo al Milan
fino alla sfortunata partita di San Siro persa malamente contro i
rossoneri. L’anno dopo, nel 2012, arriva il primo titolo dell’era De
Laurentiis, il 20 maggio 2012, a Roma, l’armata di Mazzarri riesce a
battere la Juve dei record di Conte portando al San Paolo lo storico
trofeo. L’anno dopo, il toscano, saluta la città lasciando la squadra al
secondo posto dietro i bianconeri, con un bel carico di giocatori
rivalutati e i gironi Champions come ciliegina sulla torta. Adl avrebbe
voluto la conferma del tecnico delle straordinarie notti Champions, ma
lui scelse di lasciare dopo annate dispendiose, e si mise in cerca di
nuovi stimoli; che troverà poi a Milano con la nuova Inter
dell’indonesiano Thohir.
LO SPAGNOLO. Mai toccare l’orgoglio di un uomo tutto d’un pezzo come De
Laurentiis, che un po' contrariato dal rifiuto di Mazzarri si reca a
Londra, sponda Chelsea, e porta in azzurro Rafa Benitez, che aveva
appena riposto l’Europa League sullo scaffale dei trofei blues.
L’allenatore spagnolo porta con sé una nuova energia e tanti campioni di
livello europeo, nell’estate 2013 arrivano Reina, Albiol, Callejon,
Mertens e Gonzalo Gerardo Higuaìn che aveva il compito arduo di far
dimenticare le gesta di Cavani nella mente dei tifosi azzurri. Il primo
anno culminò con il terzo posto in campionato e il record di punti, gol
e vittorie esterne della storia azzurra fino a quel momento, più la
Coppa Italia vinta a Roma contro la Fiorentina in quel “nefasto” 3
maggio 2014. In Champions tante belle vittorie ma retrocessione in
Europa League per differenza reti nonostante gli storici 12 punti e le
prestazioni da big europea. L’anno successivo si apre con l’eliminazione
al preliminare di Champions contro il Bilbao, con una squadra non
rinforzata nei ruoli chiave e con tanti reduci dal Mondiale brasiliano.
Nonostante tutto in campionato, le cose vanno abbastanza bene, a
dicembre in quel di Doha arriva la storica Supercoppa vinta ai danni
della Juventus di Allegri. Mentre in Europa League si raggiunge la
semifinale, persa sfortunatamente col Dnipro, anche a causa, di
guardalinee miopi, che convalidarono un gol in evidente fuorigioco agli
ucraini; segnando negativamente anche la sfida del ritorno che eliminò
gli azzurri dopo una prestazione anonima. Il campionato finisce peggio
col quinto posto finale, che sarebbe diventato terzo se la squadra non
avesse fallito il match ball finale contro la Lazio al San Paolo.
IL “NAPOLETANO”. Il resto è storia recente, una volta salutato il
tecnico madrileno che vola al Real, De Laurentiis sorprende tutti
ingaggiando Maurizio Sarri, allenatore meno quotato, che tanto bene
aveva fatto ad Empoli. L’allenatore di Figline Valdarno nativo di
Bagnoli, porta con sé una idea di calcio affascinante e uno spirito
tutto suo che subito fa presa sui campioni in rosa. Ritorna alla casa
madre anche Pepe Reina, che diventa fin da subito allenatore in campo e
deus ex machina del nuovo Napoli a matrice Sarriana. I risultati
inizialmente tardano ad arrivare, ma dopo qualche briefing e confronto
con la squadra, il tecnico decide, umilmente, di cambiare l’assetto
tattico, passando dal suo 4-3-1-2 al più adatto 4-3-3. I risultati sono
sotto gli occhi di tutti, con il Brugge al San Paolo arriva la prima
delle tante cinquine messe al segno dal Napoli durante la stagione. Gli
uomini di Sarri racimolano record e risultati fino a contendere,
sorprendentemente, il titolo a squadre più attrezzate, partite col
favore del pronostico. La cavalcata si ferma a Torino, dopo l’1-0 di
Zaza, il Napoli di Sarri non è più riuscito a tenere il passo della
vecchia Signora ma ha continuato a vincere e segnare record su record a
suon di gol e bel gioco. La stagione si è chiusa con la qualificazione
ai gironi di Champions e il gol meraviglia di Higuaìn al Frosinone. In
questi giorni è arrivato anche il rinnovo del tecnico, che sarà un punto
fermo, alla guida della squadra per i prossimi anni. Sperando siano
forieri di vittorie, bel gioco - che ha deliziato l’Europa intera - e
pure qualche trofeo in più.
Fonte: Gaetano Brunetti per il Roma