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TONI AZZURRI - Iavarone: "Povero Napoli, pupazzi dolenti e arrabbiati"
25.05.2015 13:19 di Napoli Magazine

NAPOLI - E come potevamo noi sperare, con la Juve che è il cannibalismo del pallone e il Napoli, invece,  che resta sempre e ancora piegato sulle sue miserie sportive. Ci credevamo pure nel prodigio, ma sino a un  certo punto. Perché la stagione di questo Napoli è stata un calvario di pena e sofferenza. Pupazzi dolenti e arrabbiati, poi involucri senza più forze. La completa distruzione consumata a Torino dopo una sconfitta che ha altri padri, ha una semplicissima spiegazione: la Juventus, anche quella che sta in panchina quasi tutto l’anno, è molto più forte caratterialmente, molto più completa tatticamente e soprattutto viva. La cronaca della non partita racconta la fine di una non squadra, prima ancora che la non squadra provasse a cominciare. Incauto e tracotante, dopo essere stato sfiorato dalla sacrosanta tentazione dei tre mediani (non avrebbero evitato la sconfitta, ma l'umiliazione forse sì), lo zio Benitez (andrà al Real Madrid?) ha preferito consegnarsi in ostaggio al centrocampo juventino senza cambiare modulo. I suoi fringuelli - Callejon, Insigne e Mertens - avevano sempre almeno un avversario in più davanti: un’inaudita fotocopia tattica che è andata avanti per mezz'ora, quando il Napoli è stato capace di incassare i contropiede più elementari e feroci, come stupefatto dagli scambi rapidissimi ma non certi perfetti dei bianconeri. Erano, gli juventini, come quei coltelli di ceramica che tagliano solo a guardarli, ed è così che il sushi partenopeo è stato servito: ogni azione un colpo di lama, ogni colpo di lama una ferita insanabile. L’ultimo fendente il Napoli se l’è dato da solo: uno sciagurato Britos che nei minuti finali molla una testata a Morata. Rigore ed espulsione. Quasi una metafora del Napoli cacciato dal campo della zona Champions e punito dalla mollezza non solo di una non squadra, ma di un non tutto: dai vertici, allo staff tecnico all’ultima delle riserve. Il Napoli è aggrappato ora a un’esile filo. Non la si può nemmeno chiamare speranza, ma attesa di un evento soprannaturale forse sì. Senza miracoli, senza una sconfitta della Lazio nel derby, senza Champions, niente risorse: l'uscita dalla coppa, insieme con quella di agosto a Bilbao, sarebbe una perdita finanziaria gigantesca, anche perché il prossimo mercato dovrà, intanto, tener conto degli ingaggi quest’anno levitati. Senza risultati, è da escludere che De Laurentis immetta denaro fresco nel club che oggi è un groviglio di errori che si ripetono da due stagioni. Il ciclo di Benitez ha rovesciato il vecchio gruppo di calciatori - incredibile ma vero arrivato secondo e smantellato pezzo su pezzo - acquistandone altri. L’emblematico Rafa abituato a più suntuose platee, suggeritore di un mercato costoso e in parte sbagliato (Lopez, Michu, De Guzman), in due anni si è avvitato come un aereo in picchiata. Piombato alla fine sui due esili trofei: la coppa Italia e la Supercoppa di serie A.

 

 

Toni Iavarone

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte:www.napolimagazine.com

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TONI AZZURRI - Iavarone: "Povero Napoli, pupazzi dolenti e arrabbiati"

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25/05/2024 - 13:19

NAPOLI - E come potevamo noi sperare, con la Juve che è il cannibalismo del pallone e il Napoli, invece,  che resta sempre e ancora piegato sulle sue miserie sportive. Ci credevamo pure nel prodigio, ma sino a un  certo punto. Perché la stagione di questo Napoli è stata un calvario di pena e sofferenza. Pupazzi dolenti e arrabbiati, poi involucri senza più forze. La completa distruzione consumata a Torino dopo una sconfitta che ha altri padri, ha una semplicissima spiegazione: la Juventus, anche quella che sta in panchina quasi tutto l’anno, è molto più forte caratterialmente, molto più completa tatticamente e soprattutto viva. La cronaca della non partita racconta la fine di una non squadra, prima ancora che la non squadra provasse a cominciare. Incauto e tracotante, dopo essere stato sfiorato dalla sacrosanta tentazione dei tre mediani (non avrebbero evitato la sconfitta, ma l'umiliazione forse sì), lo zio Benitez (andrà al Real Madrid?) ha preferito consegnarsi in ostaggio al centrocampo juventino senza cambiare modulo. I suoi fringuelli - Callejon, Insigne e Mertens - avevano sempre almeno un avversario in più davanti: un’inaudita fotocopia tattica che è andata avanti per mezz'ora, quando il Napoli è stato capace di incassare i contropiede più elementari e feroci, come stupefatto dagli scambi rapidissimi ma non certi perfetti dei bianconeri. Erano, gli juventini, come quei coltelli di ceramica che tagliano solo a guardarli, ed è così che il sushi partenopeo è stato servito: ogni azione un colpo di lama, ogni colpo di lama una ferita insanabile. L’ultimo fendente il Napoli se l’è dato da solo: uno sciagurato Britos che nei minuti finali molla una testata a Morata. Rigore ed espulsione. Quasi una metafora del Napoli cacciato dal campo della zona Champions e punito dalla mollezza non solo di una non squadra, ma di un non tutto: dai vertici, allo staff tecnico all’ultima delle riserve. Il Napoli è aggrappato ora a un’esile filo. Non la si può nemmeno chiamare speranza, ma attesa di un evento soprannaturale forse sì. Senza miracoli, senza una sconfitta della Lazio nel derby, senza Champions, niente risorse: l'uscita dalla coppa, insieme con quella di agosto a Bilbao, sarebbe una perdita finanziaria gigantesca, anche perché il prossimo mercato dovrà, intanto, tener conto degli ingaggi quest’anno levitati. Senza risultati, è da escludere che De Laurentis immetta denaro fresco nel club che oggi è un groviglio di errori che si ripetono da due stagioni. Il ciclo di Benitez ha rovesciato il vecchio gruppo di calciatori - incredibile ma vero arrivato secondo e smantellato pezzo su pezzo - acquistandone altri. L’emblematico Rafa abituato a più suntuose platee, suggeritore di un mercato costoso e in parte sbagliato (Lopez, Michu, De Guzman), in due anni si è avvitato come un aereo in picchiata. Piombato alla fine sui due esili trofei: la coppa Italia e la Supercoppa di serie A.

 

 

Toni Iavarone

 

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