Napoli MagazineNapoli Magazine onlineuuid:f9add5ab-3246-4dde-9fc4-4662a37f013b;id=5342024-03-28T09:49:01Z1392288MR Z - Napoli, obiettivo Champions!NAPOLI - Dice Calzona: io e i ragazzi ci crediamo ancora nella conquista della qualificazione alla Champions League del prossimo anno. Questo è sicuramente un dato positivo perché significa che la squadra e l’allenatore non guardano alle ultime nove giornate che mancano alla conclusione della stagione come a un fastidio, a un dente che fa male e che bisogna dolorosamente affidare alle mani di un odontoiatra per l’inevitabile estrazione. Insomma Calzona e i suoi se la vogliono giocare fino in fondo e questo è fondamentale perché peraltro oltre alla qualificazione alla Champions League, che resta un obiettivo estremamente difficile da raggiungere, rimangono altri due potenziali traguardi ‘europei’, vale a dire l’Europa League e la Conference League che valgono sicuramente di meno (anche e soprattutto in termini economici) della competizione regina, ma che - se agguantate - farebbero rimanere il Napoli sul carro prestigioso del calcio internazionale, vetrina nella quale, indipendentemente da valutazioni sull’importanza dei singoli tornei, è meglio rimanere piuttosto che esserne tagliati fuori. Per ottenere il passaporto per la Champions League del prossimo anno occorrerebbe agganciare la quinta posizione in classifica (è ormai quasi scontato che l’Italia, che è prima nel ranking d’annata, avrà diritto a una rappresentante in più nel torneo). La distanza dalla Roma effettivamente non è incolmabile. Si tratta di sei punti e i giallorossi dovranno venire al ‘Maradona’ per cui il divario è potenzialmente di tre sole lunghezze. In mezzo c’è l’Atalanta che ha due punti di vantaggio sul Napoli ma deve recuperare ancora la partita con la Fiorentina rinviata a causa della morte di Joe Barone. La situazione è fluida e la strada è in salita. Tuttavia bisogna dare fiducia all’allenatore e alla squadra. L’impegno è garantito, il risultato no. Ma in ogni caso anche se la meta non dovesse essere raggiunta, l’onore delle armi dovrà essere concesso. Mario Zaccaria Napoli Magazine Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-03-26T14:00:00ZNAPOLI - Dice Calzona: io e i ragazzi ci crediamo ancora nella conquista della qualificazione alla Champions League del prossimo anno. Questo è sicuramente un dato positivo perché significa che la squadra e l’allenatore non guardano alle ultime nove giornate che mancano alla conclusione della stagione come a un fastidio, a un dente che fa male e che bisogna dolorosamente affidare alle mani di un odontoiatra per l’inevitabile estrazione. Insomma Calzona e i suoi se la vogliono giocare fino in fondo e questo è fondamentale perché peraltro oltre alla qualificazione alla Champions League, che resta un obiettivo estremamente difficile da raggiungere, rimangono altri due potenziali traguardi ‘europei’, vale a dire l’Europa League e la Conference League che valgono sicuramente di meno (anche e soprattutto in termini economici) della competizione regina, ma che - se agguantate - farebbero rimanere il Napoli sul carro prestigioso del calcio internazionale, vetrina nella quale, indipendentemente da valutazioni sull’importanza dei singoli tornei, è meglio rimanere piuttosto che esserne tagliati fuori. Per ottenere il passaporto per la Champions League del prossimo anno occorrerebbe agganciare la quinta posizione in classifica (è ormai quasi scontato che l’Italia, che è prima nel ranking d’annata, avrà diritto a una rappresentante in più nel torneo). La distanza dalla Roma effettivamente non è incolmabile. Si tratta di sei punti e i giallorossi dovranno venire al ‘Maradona’ per cui il divario è potenzialmente di tre sole lunghezze. In mezzo c’è l’Atalanta che ha due punti di vantaggio sul Napoli ma deve recuperare ancora la partita con la Fiorentina rinviata a causa della morte di Joe Barone. La situazione è fluida e la strada è in salita. Tuttavia bisogna dare fiducia all’allenatore e alla squadra. L’impegno è garantito, il risultato no. Ma in ogni caso anche se la meta non dovesse essere raggiunta, l’onore delle armi dovrà essere concesso. Mario Zaccaria Napoli Magazine Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171390705MISTER Z - Napoli, ogni sforzo per conquistare un posto in EuropaNAPOLI - Un punto conquistato è pur sempre un punto. A volte può perfino bastare per vincere un campionato o anche per agguantare una qualificazione. Averlo poi ottenuto a casa dell’Inter, indiscussa capolista del campionato, ormai prossima a cucirsi matematicamente e virtualmente lo scudetto sulle magliette, rende merito alla squadra e a Calzona che evidentemente qualcosa di buono stanno facendo e se non altro si stanno impegnando per invertire la tendenza negativa di una intera stagione. Certo non si può non considerare che il pareggio di domenica scorsa, in termini matematici, allontana ancor di più il Napoli dalla qualificazione Champions che quest’anno si conquisterà anche con la quinta posizione in classifica, grazie al ranking europeo stagionale nel quale l’Italia è ancora al primo posto (la certezza non c’è ancora, ma l’esito è quasi scontato). La Roma, che è piazzata al quinto posto, fino a qualche giorno fa aveva solo 4 punti di vantaggio, ma dopo l’ultima giornata, grazie alla pur stentata vittoria sul Sassuolo, ha portato il margine sul Napoli a sei lunghezze. La strada da percorrere è ancora tanta, ma le possibilità di ricucire lo strappo si riducono sempre di più ogni domenica che passa. E’ vero, i giallorossi a fine aprile dovranno venire a giocare al ‘Maradona’ quando mancheranno quattro turni alla conclusione del campionato, ma è difficile pensare che a quel punto, con una vittoria, possa realizzare il sorpasso. Purtroppo il Napoli non sembra aver ritrovato la forza, il vigore, lo spirito e la mentalità che aveva lo scorso anno. Insomma una partita può andar bene ma nella successiva è possibile che si rallenti nuovamente il passo. E battute d’arresto, per come si sono messe le cose, non sono più consentite, pena l’addio a ogni residua speranza. Se la Champions dovesse sfuggire ci si potrebbe consolare (ma fino a un certo punto…) con un’altra competizione europea. L’Europa League sarebbe una buona soluzione di riserva, un po’ meno la Conference League. In ogni caso sarebbe importante conquistare un posto in Europa per il quindicesimo anno consecutivo. Si tratterebbe di incrementare un record assoluto del quale la Società, i calciatori, i tecnici e soprattutto i tifosi non potrebbero che essere fieri. Certo non sentir risuonare allo stadio quella celebre musichetta, non poter riascoltare il boato ‘The Champions!’ che riempie le orecchie e i cuori di tutti sarebbe un peccato. Ma l’importante è che la squadra faccia ogni sforzo per provarci fino in fondo. Poi accetteremo quel che sarà. Mario Zaccaria Napoli Magazine Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-03-19T22:56:00ZNAPOLI - Un punto conquistato è pur sempre un punto. A volte può perfino bastare per vincere un campionato o anche per agguantare una qualificazione. Averlo poi ottenuto a casa dell’Inter, indiscussa capolista del campionato, ormai prossima a cucirsi matematicamente e virtualmente lo scudetto sulle magliette, rende merito alla squadra e a Calzona che evidentemente qualcosa di buono stanno facendo e se non altro si stanno impegnando per invertire la tendenza negativa di una intera stagione. Certo non si può non considerare che il pareggio di domenica scorsa, in termini matematici, allontana ancor di più il Napoli dalla qualificazione Champions che quest’anno si conquisterà anche con la quinta posizione in classifica, grazie al ranking europeo stagionale nel quale l’Italia è ancora al primo posto (la certezza non c’è ancora, ma l’esito è quasi scontato). La Roma, che è piazzata al quinto posto, fino a qualche giorno fa aveva solo 4 punti di vantaggio, ma dopo l’ultima giornata, grazie alla pur stentata vittoria sul Sassuolo, ha portato il margine sul Napoli a sei lunghezze. La strada da percorrere è ancora tanta, ma le possibilità di ricucire lo strappo si riducono sempre di più ogni domenica che passa. E’ vero, i giallorossi a fine aprile dovranno venire a giocare al ‘Maradona’ quando mancheranno quattro turni alla conclusione del campionato, ma è difficile pensare che a quel punto, con una vittoria, possa realizzare il sorpasso. Purtroppo il Napoli non sembra aver ritrovato la forza, il vigore, lo spirito e la mentalità che aveva lo scorso anno. Insomma una partita può andar bene ma nella successiva è possibile che si rallenti nuovamente il passo. E battute d’arresto, per come si sono messe le cose, non sono più consentite, pena l’addio a ogni residua speranza. Se la Champions dovesse sfuggire ci si potrebbe consolare (ma fino a un certo punto…) con un’altra competizione europea. L’Europa League sarebbe una buona soluzione di riserva, un po’ meno la Conference League. In ogni caso sarebbe importante conquistare un posto in Europa per il quindicesimo anno consecutivo. Si tratterebbe di incrementare un record assoluto del quale la Società, i calciatori, i tecnici e soprattutto i tifosi non potrebbero che essere fieri. Certo non sentir risuonare allo stadio quella celebre musichetta, non poter riascoltare il boato ‘The Champions!’ che riempie le orecchie e i cuori di tutti sarebbe un peccato. Ma l’importante è che la squadra faccia ogni sforzo per provarci fino in fondo. Poi accetteremo quel che sarà. Mario Zaccaria Napoli Magazine Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171389557MISTER Z - Napoli, nudi alla meta?NAPOLI - Che dire? Che per ricordare un’annata peggiore di questa dobbiamo fare un grande sforzo di memoria? Che la Società non ne ha indovinata una, a partire dall’allenatore scelto a luglio, per continuare con l’individuazione di chi lo ha poi sostituito, per finire al Direttore Sportivo al quale sarebbe stata affidata la campagna di compravendita? E vogliamo parlare della mancata sostituzione di Kim e della conseguente promozione a titolare di Juan Jesus? E del benservito dato senza alcun giustificato motivo a Lozano? E dell’allontanamento di Gaetano, sostituito da Dendoncker che non ha praticamente mai messo piede sul prato del ‘Maradona’? Oppure vogliamo parlare dell’ostracismo praticato nei confronti di Demme, ‘reo’ di non aver accettato trasferimenti che avrebbero costituito per lui un vero e proprio bagno di sangue dal punto di vista economico? O forse vogliamo discutere delle continue prese di posizione contro i potentati del calcio nazionale e internazionale, tanto per farseli amici? O di quelle contro le tv commerciali, finanziatrici dell’intero movimento del calcio, senza che se ne riescano a capire i motivi? Dando le risposte a tutte queste domande si capisce perché il Napoli abbia fatto la fine che ha fatto. E’ vero, quel tal Makkelie non ha visto il rigore e (quel che è peggio) il Var non l’ha mandato a viva forza al video a controllare il fallo che aveva subito Osimhen. Forse, e sottolineo forse vista la mancanza in squadra di un rigorista (e anche di qualcuno che sappia calciare le punizioni dal limite), sarebbe arrivato il pareggio. Ma non vi è certezza alcuna che il Napoli sarebbe stato poi in grado di resistere allo scontato rush finale del Barcellona. In fondo era scritto che sarebbe andata a finire così. La difesa è un colabrodo, fa acqua da tutte le parti. E non sono per niente convinto che da ora e fino alla fine del campionato la situazione, con il lavoro di Calzona, possa migliorare. Non vedo l’ora che arrivi il mese di maggio e che venga messa la parola fine a questo strazio. Ci eravamo tutti illusi che la straordinaria performance dello scorso anno avesse aperto un ciclo destinato a durare a lungo, durante il quale il Napoli avrebbe conquistato trofei a raffica, continuando a esaltare i propri tifosi. E’ finita invece nel peggiore dei modi. Speriamo soltanto che chi di dovere abbia in estate la forza, la lucidità, il coraggio e… il capitale necessario per ricominciare tutto daccapo. Mario Zaccaria Napoli Magazine Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-03-14T22:57:00ZNAPOLI - Che dire? Che per ricordare un’annata peggiore di questa dobbiamo fare un grande sforzo di memoria? Che la Società non ne ha indovinata una, a partire dall’allenatore scelto a luglio, per continuare con l’individuazione di chi lo ha poi sostituito, per finire al Direttore Sportivo al quale sarebbe stata affidata la campagna di compravendita? E vogliamo parlare della mancata sostituzione di Kim e della conseguente promozione a titolare di Juan Jesus? E del benservito dato senza alcun giustificato motivo a Lozano? E dell’allontanamento di Gaetano, sostituito da Dendoncker che non ha praticamente mai messo piede sul prato del ‘Maradona’? Oppure vogliamo parlare dell’ostracismo praticato nei confronti di Demme, ‘reo’ di non aver accettato trasferimenti che avrebbero costituito per lui un vero e proprio bagno di sangue dal punto di vista economico? O forse vogliamo discutere delle continue prese di posizione contro i potentati del calcio nazionale e internazionale, tanto per farseli amici? O di quelle contro le tv commerciali, finanziatrici dell’intero movimento del calcio, senza che se ne riescano a capire i motivi? Dando le risposte a tutte queste domande si capisce perché il Napoli abbia fatto la fine che ha fatto. E’ vero, quel tal Makkelie non ha visto il rigore e (quel che è peggio) il Var non l’ha mandato a viva forza al video a controllare il fallo che aveva subito Osimhen. Forse, e sottolineo forse vista la mancanza in squadra di un rigorista (e anche di qualcuno che sappia calciare le punizioni dal limite), sarebbe arrivato il pareggio. Ma non vi è certezza alcuna che il Napoli sarebbe stato poi in grado di resistere allo scontato rush finale del Barcellona. In fondo era scritto che sarebbe andata a finire così. La difesa è un colabrodo, fa acqua da tutte le parti. E non sono per niente convinto che da ora e fino alla fine del campionato la situazione, con il lavoro di Calzona, possa migliorare. Non vedo l’ora che arrivi il mese di maggio e che venga messa la parola fine a questo strazio. Ci eravamo tutti illusi che la straordinaria performance dello scorso anno avesse aperto un ciclo destinato a durare a lungo, durante il quale il Napoli avrebbe conquistato trofei a raffica, continuando a esaltare i propri tifosi. E’ finita invece nel peggiore dei modi. Speriamo soltanto che chi di dovere abbia in estate la forza, la lucidità, il coraggio e… il capitale necessario per ricominciare tutto daccapo. Mario Zaccaria Napoli Magazine Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171387430MR Z - Napoli, credici fino in fondo!NAPOLI - Diciamo la verità: battere la Juventus dà sempre una soddisfazione particolare, al di là del valore in sé della vittoria che non può che dipendere dalle condizioni della classifica al momento della sfida. È il successo di domenica scorsa sui bianconeri è molto importante perché restituisce agli azzurri la voglia di combattere per raggiungere un risultato che fino a qualche giorno fa appariva irraggiungibile e che ora torna a rappresentare un traguardo al quale poter mirare. Mi riferisco ovviamente alla conquista di un posto utile per partecipare il prossimo anno alla Champions League. Al momento il quarto posto dista otto lunghezze perché tale è la distanza in classifica dal Bologna che occupa quella posizione. In mezzo, tra il Napoli e i rossoblù di Thiago Motta, ci sono Atalanta e Roma che hanno rispettivamente 3 e 4 punti di vantaggio, squadre che anche è necessario scavalcare se si vuole sperare di raggiungere il risultato. Facciamo allora qualche calcolo, partendo dal presupposto che tutte e tre le dirette antagoniste dovranno venire a giocare al ‘Maradona’. Dando per scontate le vittorie del Napoli su tutte e tre (altrimenti le speranze di raggiungere la zona Champions rimarrebbero tali), possiamo calcolare che il Bologna sia in realtà cinque punti avanti, la Roma un punto e l’Atalanta a pari merito con gli azzurri. Andiamo ora ad analizzare il calendario. Il prossimo turno prevede che il Napoli affronti in casa il Torino mentre il Bologna ospiterà la capolista Inter, l’Atalanta giocherà fuori casa con la Juventus e la Roma a Firenze. Pensate soltanto per un attimo che cosa accadrebbe in caso di sconfitte (possibili) per tutte e tre. Il Napoli con una vittoria sui granata sarebbe teoricamente in proiezione in quinta posizione, a due sole lunghezze dal Bologna, con due punti di vantaggio sulla Roma e tre sull’Atalanta. Fantacalcio? Può darsi. Ma la squadra, l’allenatore, la società, i tifosi e noi tutti abbiamo il dovere di crederci fino in fondo. Fermo restando che se le cose per le squadre italiane dovessero continuare ad andar bene in Europa, l’anno prossimo l’Italia avrebbe non quattro ma cinque rappresentanti nella Champions League. E a quel punto il traguardo sarebbe ancora più a portata di mano. Mario Zaccaria Napoli Magazine Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-03-05T22:56:00ZNAPOLI - Diciamo la verità: battere la Juventus dà sempre una soddisfazione particolare, al di là del valore in sé della vittoria che non può che dipendere dalle condizioni della classifica al momento della sfida. È il successo di domenica scorsa sui bianconeri è molto importante perché restituisce agli azzurri la voglia di combattere per raggiungere un risultato che fino a qualche giorno fa appariva irraggiungibile e che ora torna a rappresentare un traguardo al quale poter mirare. Mi riferisco ovviamente alla conquista di un posto utile per partecipare il prossimo anno alla Champions League. Al momento il quarto posto dista otto lunghezze perché tale è la distanza in classifica dal Bologna che occupa quella posizione. In mezzo, tra il Napoli e i rossoblù di Thiago Motta, ci sono Atalanta e Roma che hanno rispettivamente 3 e 4 punti di vantaggio, squadre che anche è necessario scavalcare se si vuole sperare di raggiungere il risultato. Facciamo allora qualche calcolo, partendo dal presupposto che tutte e tre le dirette antagoniste dovranno venire a giocare al ‘Maradona’. Dando per scontate le vittorie del Napoli su tutte e tre (altrimenti le speranze di raggiungere la zona Champions rimarrebbero tali), possiamo calcolare che il Bologna sia in realtà cinque punti avanti, la Roma un punto e l’Atalanta a pari merito con gli azzurri. Andiamo ora ad analizzare il calendario. Il prossimo turno prevede che il Napoli affronti in casa il Torino mentre il Bologna ospiterà la capolista Inter, l’Atalanta giocherà fuori casa con la Juventus e la Roma a Firenze. Pensate soltanto per un attimo che cosa accadrebbe in caso di sconfitte (possibili) per tutte e tre. Il Napoli con una vittoria sui granata sarebbe teoricamente in proiezione in quinta posizione, a due sole lunghezze dal Bologna, con due punti di vantaggio sulla Roma e tre sull’Atalanta. Fantacalcio? Può darsi. Ma la squadra, l’allenatore, la società, i tifosi e noi tutti abbiamo il dovere di crederci fino in fondo. Fermo restando che se le cose per le squadre italiane dovessero continuare ad andar bene in Europa, l’anno prossimo l’Italia avrebbe non quattro ma cinque rappresentanti nella Champions League. E a quel punto il traguardo sarebbe ancora più a portata di mano. Mario Zaccaria Napoli Magazine Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171385716MR Z - Napoli, via alla rivoluzione!NAPOLI - Il gol di Luvumbo è solo la ciliegina sulla torta, non è il male assoluto. Ci si domanda: se l’attaccante angolano non avesse approfittato della dormita della difesa e la partita fosse finita con la vittoria degli azzurri ci sarebbe stato da leccarsi i baffi per la gioia e la soddisfazione o piuttosto l’attenzione si sarebbe focalizzata su un’altra prestazione deludente, sotto tono, caratterizzata da un gioco ripetitivo e noioso, senza idee e senza passione? Per quanto mi riguarda vale la seconda. Quella di Cagliari era una sfida nella quale più che i padroni di casa avrebbero dovuto affrontarla con il sangue agli occhi gli uomini di Calzona. Se davvero avessero deciso di dare una svolta al campionato avrebbero messo in campo una determinazione, una volontà, un agonismo tali da travolgere l’avversario. Invece niente. Un gioco lezioso, compassato, fatto da mancanza assoluta di idee, di passaggi indietro che non si contano più. Uno strazio. Da chi dipende tutto ciò? Al tecnico che al momento siede sulla panchina del Napoli è francamente difficile dare le colpe. In meno di una settimana ci vorrebbe un mago non un allenatore per correggere (ammesso che ciò sia possibile) i difetti di una squadra che si sono palesati sin dal ritiro estivo e che neppure i suoi due predecessori sono riusciti a raddrizzare. Facendo due semplici calcoli si scopre che l’età media della rosa del Napoli è di 27,6 anni (quella della formazione titolare sale a 28,8). Insomma una squadra matura, non di gente (salvo qualche eccezione) sul viale del tramonto. Allora se non è questione di età non si può pensare altro che sia questione di ‘manico’. L’anno scorso c’era Spalletti e quest’anno non c’è più. E poi i guasti combinati dalla società sul mercato (estivo e invernale) hanno contribuito ad accentuare i difetti della squadra. Le cessioni di Kim e di Lozano non sono state fronteggiate da acquisti di pari valore. Ngonge in prospettiva futura potrebbe rappresentare un buon investimento, Natan no. L’aver affrontato una stagione con il trentatreenne Juan Jesus titolare la dice lunga sulla strategia di mercato del post Giuntoli in un’annata in cui i soldi da spendere ci sarebbero stati eccome. E si trattava anche di una cifra considerevole. E allora, che cosa fare? E’ evidente che il (mini)ciclo aperto con l’ingaggio di Spalletti si sia chiuso il giorno stesso della conquista dello scudetto. Quest’anno, a meno che San Gennaro non ci metta la sua mano miracolosa, il Napoli non riuscirà a qualificarsi per una competizione europea. E allora è venuto probabilmente il momento di fare piazza pulita, di cambiare il volto della squadra. Ma rifondare la rosa potrebbe non bastare. Occorre che Aurelio De Laurentiis trovi un allenatore nuovo, possibilmente giovane e con idee innovative. E occorre soprattutto che il presidente da un lato si affidi a qualcuno bravo ed esperto nel fare il mercato e dall’altro capisca che non può fare lui tutto da solo. Ci vuole un direttore generale e ci vuole qualcuno che faccia da tramite tra la squadra e la società. Insomma occorre una vera e propria rivoluzione, perché da salvare c’è veramente poco.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-02-27T22:56:00ZNAPOLI - Il gol di Luvumbo è solo la ciliegina sulla torta, non è il male assoluto. Ci si domanda: se l’attaccante angolano non avesse approfittato della dormita della difesa e la partita fosse finita con la vittoria degli azzurri ci sarebbe stato da leccarsi i baffi per la gioia e la soddisfazione o piuttosto l’attenzione si sarebbe focalizzata su un’altra prestazione deludente, sotto tono, caratterizzata da un gioco ripetitivo e noioso, senza idee e senza passione? Per quanto mi riguarda vale la seconda. Quella di Cagliari era una sfida nella quale più che i padroni di casa avrebbero dovuto affrontarla con il sangue agli occhi gli uomini di Calzona. Se davvero avessero deciso di dare una svolta al campionato avrebbero messo in campo una determinazione, una volontà, un agonismo tali da travolgere l’avversario. Invece niente. Un gioco lezioso, compassato, fatto da mancanza assoluta di idee, di passaggi indietro che non si contano più. Uno strazio. Da chi dipende tutto ciò? Al tecnico che al momento siede sulla panchina del Napoli è francamente difficile dare le colpe. In meno di una settimana ci vorrebbe un mago non un allenatore per correggere (ammesso che ciò sia possibile) i difetti di una squadra che si sono palesati sin dal ritiro estivo e che neppure i suoi due predecessori sono riusciti a raddrizzare. Facendo due semplici calcoli si scopre che l’età media della rosa del Napoli è di 27,6 anni (quella della formazione titolare sale a 28,8). Insomma una squadra matura, non di gente (salvo qualche eccezione) sul viale del tramonto. Allora se non è questione di età non si può pensare altro che sia questione di ‘manico’. L’anno scorso c’era Spalletti e quest’anno non c’è più. E poi i guasti combinati dalla società sul mercato (estivo e invernale) hanno contribuito ad accentuare i difetti della squadra. Le cessioni di Kim e di Lozano non sono state fronteggiate da acquisti di pari valore. Ngonge in prospettiva futura potrebbe rappresentare un buon investimento, Natan no. L’aver affrontato una stagione con il trentatreenne Juan Jesus titolare la dice lunga sulla strategia di mercato del post Giuntoli in un’annata in cui i soldi da spendere ci sarebbero stati eccome. E si trattava anche di una cifra considerevole. E allora, che cosa fare? E’ evidente che il (mini)ciclo aperto con l’ingaggio di Spalletti si sia chiuso il giorno stesso della conquista dello scudetto. Quest’anno, a meno che San Gennaro non ci metta la sua mano miracolosa, il Napoli non riuscirà a qualificarsi per una competizione europea. E allora è venuto probabilmente il momento di fare piazza pulita, di cambiare il volto della squadra. Ma rifondare la rosa potrebbe non bastare. Occorre che Aurelio De Laurentiis trovi un allenatore nuovo, possibilmente giovane e con idee innovative. E occorre soprattutto che il presidente da un lato si affidi a qualcuno bravo ed esperto nel fare il mercato e dall’altro capisca che non può fare lui tutto da solo. Ci vuole un direttore generale e ci vuole qualcuno che faccia da tramite tra la squadra e la società. Insomma occorre una vera e propria rivoluzione, perché da salvare c’è veramente poco.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171384058MISTER Z - Napoli, ora tocca a CalzonaNAPOLI - Il problema non è tanto l’aver esonerato Mazzarri. D’altro canto con quel poco che il Napoli era riuscito a combinare dopo il suo arrivo c’era perfino chi rimpiangeva Garcia e già questo lascia capire quale sia stato il contributo che il tecnico di San Vincenzo è riuscito a dare alla squadra. Niente scossoni, nessuna nuova idea, soltanto il ripetersi di un gioco trito e ritrito e di una strategia tattica che sicuramente andava bene tanti anni fa, quando i protagonisti si chiamavano Cavani, Lavezzi e Hamsik, ma che non si confaceva sicuramente alla rosa che l’allenatore ha trovato al suo arrivo, né a quella leggermente modificata con le cessioni e gli acquisti effettuati nel mercato invernale. Il problema, dunque, non è il licenziamento di Mazzarri. Il problema vero è che cosa potrà fare Calzona in un lasso di tempo così breve, prendendo una squadra in corsa e con una distanza che ormai è diventata abissale dai posti che contano per qualificarsi alla prossima Champions League. Mi pare, insomma, che il nuovo allenatore, sul cui valore nessuno nutre dubbi soprattutto dopo quello che ha fatto vedere quando si è seduto sulla panchina della Nazionale slovacca, dovrebbe fare miracoli per salvare la stagione del Napoli. E di allenatori che fanno miracoli francamente non ne ho ancora conosciuti, nonostante la mia ormai non più verde età. La scelta di De Laurentiis sarebbe più convincente se avesse scelto Calzona non per fargli firmare un contratto fino al prossimo mese di giugno ma per mantenerlo alla guida della squadra anche per la prossima stagione. Allora ci sarebbe una prospettiva, ci sarebbe un comportamento lungimirante: gli affido la squadra per questi ultimi tre mesi della stagione e gli faccio prendere le misure e la confidenza con la squadra, con la società, con i tifosi, con l’ambiente in modo che il prossimo anno non si parta da zero ma si possa costruire su una base già abbastanza solida. Se fosse questa la ratio mi sentirei più confortato. Diversamente non si può far altro che sperare che l’arrivo del nuovo allenatore dia effettivamente una scossa – quanto meno sul piano psicologico – ai calciatori e faccia tirar fuori loro quelle energie fisiche e mentali senza le quali probabilmente continuerebbero a manifestarsi le delusioni che ci hanno accompagnato da agosto fino a oggi. Se poi Calzona si dimostrasse in grado di rivoltare la squadra come un calzino e riuscisse a condurla a una raffica di vittorie fino a riuscire nell’impresa titanica della conquista della qualificazione Champions, che ve lo dico a fare, ne saremmo tutti felicissimi.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-02-20T10:07:00ZNAPOLI - Il problema non è tanto l’aver esonerato Mazzarri. D’altro canto con quel poco che il Napoli era riuscito a combinare dopo il suo arrivo c’era perfino chi rimpiangeva Garcia e già questo lascia capire quale sia stato il contributo che il tecnico di San Vincenzo è riuscito a dare alla squadra. Niente scossoni, nessuna nuova idea, soltanto il ripetersi di un gioco trito e ritrito e di una strategia tattica che sicuramente andava bene tanti anni fa, quando i protagonisti si chiamavano Cavani, Lavezzi e Hamsik, ma che non si confaceva sicuramente alla rosa che l’allenatore ha trovato al suo arrivo, né a quella leggermente modificata con le cessioni e gli acquisti effettuati nel mercato invernale. Il problema, dunque, non è il licenziamento di Mazzarri. Il problema vero è che cosa potrà fare Calzona in un lasso di tempo così breve, prendendo una squadra in corsa e con una distanza che ormai è diventata abissale dai posti che contano per qualificarsi alla prossima Champions League. Mi pare, insomma, che il nuovo allenatore, sul cui valore nessuno nutre dubbi soprattutto dopo quello che ha fatto vedere quando si è seduto sulla panchina della Nazionale slovacca, dovrebbe fare miracoli per salvare la stagione del Napoli. E di allenatori che fanno miracoli francamente non ne ho ancora conosciuti, nonostante la mia ormai non più verde età. La scelta di De Laurentiis sarebbe più convincente se avesse scelto Calzona non per fargli firmare un contratto fino al prossimo mese di giugno ma per mantenerlo alla guida della squadra anche per la prossima stagione. Allora ci sarebbe una prospettiva, ci sarebbe un comportamento lungimirante: gli affido la squadra per questi ultimi tre mesi della stagione e gli faccio prendere le misure e la confidenza con la squadra, con la società, con i tifosi, con l’ambiente in modo che il prossimo anno non si parta da zero ma si possa costruire su una base già abbastanza solida. Se fosse questa la ratio mi sentirei più confortato. Diversamente non si può far altro che sperare che l’arrivo del nuovo allenatore dia effettivamente una scossa – quanto meno sul piano psicologico – ai calciatori e faccia tirar fuori loro quelle energie fisiche e mentali senza le quali probabilmente continuerebbero a manifestarsi le delusioni che ci hanno accompagnato da agosto fino a oggi. Se poi Calzona si dimostrasse in grado di rivoltare la squadra come un calzino e riuscisse a condurla a una raffica di vittorie fino a riuscire nell’impresa titanica della conquista della qualificazione Champions, che ve lo dico a fare, ne saremmo tutti felicissimi.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171382309MR Z - Napoli, ho quasi perso le paroleNAPOLI - Ripensando alla sconfitta di domenica sera a San Siro con il Milan quasi mi mancano le parole. Ma come si fa a perdere una partita così, affrontando una squadra che per tutta la gara è stata capace di tirare in porta soltanto due o forse tre volte? E soprattutto come si fa, giocando contro una squadra di caratura ben più modesta di quanto non dica la posizione occupata in classifica, a regalare un tempo nel corso del quale il Napoli - fatto salva la conclusione di Simeone su assist di Kvara proprio all’inizio - non è mai stato capace di mettere il naso nell’area di rigore avversaria? La decisione di Mazzarri di schierarsi con il 3-5-1-1 è difficile da condividere. Che cosa pensava di fare il tecnico? Difendere il risultato iniziale? Portare a casa il brodino caldo di un inutile pareggio? La posizione del Napoli in classifica non giustifica tutti questi calcoli. Se ogni partita da ora e fino alla fine del campionato deve essere considerata una finale - come Mazzarri stesso ha più volte detto e ripetuto - ne deriva che le finali bisogna giocarle per vincerle e non per pareggiarle. La prudenza dell’allenatore probabilmente era giustificata al momento del suo insediamento sulla panchina appena lasciata libera da Garcia ma ora è troppo tardi per fare calcoli. Se la scelta fatta dal tecnico a inizio ripresa fosse stata fatta dal primo minuto di gioco probabilmente le cose sarebbero andate diversamente e ora non staremmo qui a guardare dalla abissale distanza di sette lunghezze i fanali posteriori dell’Atalanta e delle altre quattro squadre, oltre ai bergamaschi, che si frappongono tra gli azzurri e la zona Champions. Ora è tornato Osimhen e nel frattempo l’infermeria si è svuotata. Non ci sono più cause di forza maggiore che possano impedire all’allenatore di schierare una formazione che punti decisa alla vittoria. La strada già lastricata di trappole si è fatta ancora più impervia dopo la sconfitta con i rossoneri. Qualche flebile speranza di agguantare la quarta posizione in classifica, però, esiste ancora e allora cerchiamo di non vederla vanificare. Ci vuole un po’ di coraggio in più. E comunque alla conquista di un inutile pareggio è sempre preferibile aver anche solo tentato di agguantare un’utilissima vittoria.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-02-13T22:56:00ZNAPOLI - Ripensando alla sconfitta di domenica sera a San Siro con il Milan quasi mi mancano le parole. Ma come si fa a perdere una partita così, affrontando una squadra che per tutta la gara è stata capace di tirare in porta soltanto due o forse tre volte? E soprattutto come si fa, giocando contro una squadra di caratura ben più modesta di quanto non dica la posizione occupata in classifica, a regalare un tempo nel corso del quale il Napoli - fatto salva la conclusione di Simeone su assist di Kvara proprio all’inizio - non è mai stato capace di mettere il naso nell’area di rigore avversaria? La decisione di Mazzarri di schierarsi con il 3-5-1-1 è difficile da condividere. Che cosa pensava di fare il tecnico? Difendere il risultato iniziale? Portare a casa il brodino caldo di un inutile pareggio? La posizione del Napoli in classifica non giustifica tutti questi calcoli. Se ogni partita da ora e fino alla fine del campionato deve essere considerata una finale - come Mazzarri stesso ha più volte detto e ripetuto - ne deriva che le finali bisogna giocarle per vincerle e non per pareggiarle. La prudenza dell’allenatore probabilmente era giustificata al momento del suo insediamento sulla panchina appena lasciata libera da Garcia ma ora è troppo tardi per fare calcoli. Se la scelta fatta dal tecnico a inizio ripresa fosse stata fatta dal primo minuto di gioco probabilmente le cose sarebbero andate diversamente e ora non staremmo qui a guardare dalla abissale distanza di sette lunghezze i fanali posteriori dell’Atalanta e delle altre quattro squadre, oltre ai bergamaschi, che si frappongono tra gli azzurri e la zona Champions. Ora è tornato Osimhen e nel frattempo l’infermeria si è svuotata. Non ci sono più cause di forza maggiore che possano impedire all’allenatore di schierare una formazione che punti decisa alla vittoria. La strada già lastricata di trappole si è fatta ancora più impervia dopo la sconfitta con i rossoneri. Qualche flebile speranza di agguantare la quarta posizione in classifica, però, esiste ancora e allora cerchiamo di non vederla vanificare. Ci vuole un po’ di coraggio in più. E comunque alla conquista di un inutile pareggio è sempre preferibile aver anche solo tentato di agguantare un’utilissima vittoria.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171380769MISTER Z - Napoli, avanti con grinta!NAPOLI - Non vorrei che la vittoria con il povero Verona, raggiunta con il cuore in gola a tempo quasi scaduto dopo che si era sfiorata perfino l’inopinata sconfitta, avesse esaltato più del dovuto. Ovviamente non mi riferisco ai tifosi i quali si rendono perfettamente conto che il Napoli dirompente della passata stagione è (e rimarrà a lungo) soltanto un dolce, bellissimo ricordo. Capisco che Mazzarri faccia il suo lavoro con serietà e dedizione e che fra i suoi compiti ci sia anche quello di motivare la truppa, di spingere sul tasto dell’autocelebrazione fino ad arrivare, quando necessita, perfino all’autoesaltazione. Francamente, però, dalla partita di domenica con il Verona non mi sembra che siano emersi elementi tali da indurre a essere contenti di quanto mostrato dalla squadra e ottimisti relativamente al futuro. Anche la gara con i veneti, infatti, ha evidenziato i soliti limiti di una formazione che, indipendentemente dagli artifici tattici studiati e applicati dall’allenatore, ha grosse difficoltà a mettere assieme in modo armonioso il gioco di difesa con quello d’attacco. Si dirà che il Napoli ha creato tanto e che se non fosse stato per il chiaro rigore negato nel primo tempo e per le splendide parate di Montipò le cose sarebbero andate diversamente. Ma nel calcio, si sa, i se e i ma contano poco. Quel che è importante è ciò che i calciatori fanno vedere in campo e non mi sembra di aver assistito a scene molto diverse da quelle già andate in scena dall’inizio della stagione, sia in epoca Garcia che sotto la guida di Mazzarri. Anche nelle (poche) partite in cui gli allenatori hanno potuto disporre di Osimhen non mi sembra che le cose siano andate diversamente. Certo c’è da sperare che con il ritorno del figliol prodigo dall’Africa il potenziale offensivo della squadra possa aumentare. La corsa per il quarto posto è ancora aperta, anche se chi sta davanti al Napoli non pare essere intenzionato a mollare la presa. Mazzarri spera che la sudatissima vittoria con il Verona possa rappresentare l’inizio di una nuova era. Noi ce lo auguriamo con tutto il cuore ma onestamente qualche dubbio rimane.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-02-06T22:54:00ZNAPOLI - Non vorrei che la vittoria con il povero Verona, raggiunta con il cuore in gola a tempo quasi scaduto dopo che si era sfiorata perfino l’inopinata sconfitta, avesse esaltato più del dovuto. Ovviamente non mi riferisco ai tifosi i quali si rendono perfettamente conto che il Napoli dirompente della passata stagione è (e rimarrà a lungo) soltanto un dolce, bellissimo ricordo. Capisco che Mazzarri faccia il suo lavoro con serietà e dedizione e che fra i suoi compiti ci sia anche quello di motivare la truppa, di spingere sul tasto dell’autocelebrazione fino ad arrivare, quando necessita, perfino all’autoesaltazione. Francamente, però, dalla partita di domenica con il Verona non mi sembra che siano emersi elementi tali da indurre a essere contenti di quanto mostrato dalla squadra e ottimisti relativamente al futuro. Anche la gara con i veneti, infatti, ha evidenziato i soliti limiti di una formazione che, indipendentemente dagli artifici tattici studiati e applicati dall’allenatore, ha grosse difficoltà a mettere assieme in modo armonioso il gioco di difesa con quello d’attacco. Si dirà che il Napoli ha creato tanto e che se non fosse stato per il chiaro rigore negato nel primo tempo e per le splendide parate di Montipò le cose sarebbero andate diversamente. Ma nel calcio, si sa, i se e i ma contano poco. Quel che è importante è ciò che i calciatori fanno vedere in campo e non mi sembra di aver assistito a scene molto diverse da quelle già andate in scena dall’inizio della stagione, sia in epoca Garcia che sotto la guida di Mazzarri. Anche nelle (poche) partite in cui gli allenatori hanno potuto disporre di Osimhen non mi sembra che le cose siano andate diversamente. Certo c’è da sperare che con il ritorno del figliol prodigo dall’Africa il potenziale offensivo della squadra possa aumentare. La corsa per il quarto posto è ancora aperta, anche se chi sta davanti al Napoli non pare essere intenzionato a mollare la presa. Mazzarri spera che la sudatissima vittoria con il Verona possa rappresentare l’inizio di una nuova era. Noi ce lo auguriamo con tutto il cuore ma onestamente qualche dubbio rimane.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171379157MISTER Z - Napoli, non ci resta che sperare nell'orizzonte ChampionsNAPOLI - E ti pareva che non ci dovesse essere il giallo di fine mercato! Ecco la solita telenovela che il calcio Napoli manda in scena ad ogni sessione di compravendita di calciatori, sia essa quella estiva o quella invernale. Ci devono essere per forza un paio di trattative che vengono portate avanti per un lungo periodo di tempo, fino allo sfinimento, e che finiscono poi con un nulla di fatto. A inizio gennaio si è cominciato con Samardzic e ora finiamo con Perez. Francamente mi sento di dire che per il fatto che il calciatore argentino, come appare dalle ultime notizie, non arrivi a Napoli non mi sembra che si debba fare un dramma. A vederlo giocare, infatti, non si è avuta la sensazione che si trattasse di un Kim in versione riveduta e corretta. Un buon giocatore, senz'altro, ma probabilmente non era quello che serviva al Napoli per ridare alla difesa la solidità che aveva dimostrato lo scorso anno. A questo punto, tanto vale tenersi Ostigard anche perché si è ormai capito che Mazzarri per ridare forza al reparto ha puntato su un radicale cambio di tattica rispetto a quello che era stato sia il Napoli di Spalletti che quello di Garcia. Il problema, a questo punto, è che la squadra azzurra è diventata più quadrata e solida dalla cintola in giù ma anche meno fertile e produttiva nella parte alta del campo. E' vero, Osimhen è praticamente scomparso dai radar e dunque fino ad ora l'allenatore che è subentrato a stagione già abbondantemente cominciata non ha potuto usufruire del contributo che il nigeriano avrebbe dovuto dare alla squadra. Forse proprio per l'assenza di Osimhen anche Kvaratskhelia si è praticamente fermato e dunque il Napoli ha grosse difficoltà ad articolare il suo gioco d'attacco. La nuova formula tattica utilizzata da Mazzarri complica ancor di più la situazione e la squadra sembra essere diventata una coperta troppo corta. Se la si tira verso il basso si copre la difesa e si prendono meno goal ma se ne segnano anche pochissimi e dunque è difficile vincere le partite. Nella prima parte della stagione, quando il modulo utilizzato era il 4-3-3, la difesa, priva di Kim, era diventata un colabrodo. Ora il reparto si è assestato e non si ha più la sensazione che possa subire un gol ad ogni azione degli avversari. Ma è anche vero che per vedere un tiro verso la porta della squadra che gioca contro il Napoli c'è bisogno di pazientare tanto e in qualche caso, come accaduto nella sfida alla Lazio, l'attesa… è ancora in corso. A questo punto non ci resta che sperare che con il ritorno degli assenti e con il contributo di qualcuno, se non di tutti i nuovi arrivati, la squadra possa riprendere il cammino verso il quarto posto in classifica che rimane sempre e comunque l'obiettivo massimo da raggiungere. Noi ci speriamo e soltanto le prossime uscite potranno chiarire davvero la situazione.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-01-30T22:56:00ZNAPOLI - E ti pareva che non ci dovesse essere il giallo di fine mercato! Ecco la solita telenovela che il calcio Napoli manda in scena ad ogni sessione di compravendita di calciatori, sia essa quella estiva o quella invernale. Ci devono essere per forza un paio di trattative che vengono portate avanti per un lungo periodo di tempo, fino allo sfinimento, e che finiscono poi con un nulla di fatto. A inizio gennaio si è cominciato con Samardzic e ora finiamo con Perez. Francamente mi sento di dire che per il fatto che il calciatore argentino, come appare dalle ultime notizie, non arrivi a Napoli non mi sembra che si debba fare un dramma. A vederlo giocare, infatti, non si è avuta la sensazione che si trattasse di un Kim in versione riveduta e corretta. Un buon giocatore, senz'altro, ma probabilmente non era quello che serviva al Napoli per ridare alla difesa la solidità che aveva dimostrato lo scorso anno. A questo punto, tanto vale tenersi Ostigard anche perché si è ormai capito che Mazzarri per ridare forza al reparto ha puntato su un radicale cambio di tattica rispetto a quello che era stato sia il Napoli di Spalletti che quello di Garcia. Il problema, a questo punto, è che la squadra azzurra è diventata più quadrata e solida dalla cintola in giù ma anche meno fertile e produttiva nella parte alta del campo. E' vero, Osimhen è praticamente scomparso dai radar e dunque fino ad ora l'allenatore che è subentrato a stagione già abbondantemente cominciata non ha potuto usufruire del contributo che il nigeriano avrebbe dovuto dare alla squadra. Forse proprio per l'assenza di Osimhen anche Kvaratskhelia si è praticamente fermato e dunque il Napoli ha grosse difficoltà ad articolare il suo gioco d'attacco. La nuova formula tattica utilizzata da Mazzarri complica ancor di più la situazione e la squadra sembra essere diventata una coperta troppo corta. Se la si tira verso il basso si copre la difesa e si prendono meno goal ma se ne segnano anche pochissimi e dunque è difficile vincere le partite. Nella prima parte della stagione, quando il modulo utilizzato era il 4-3-3, la difesa, priva di Kim, era diventata un colabrodo. Ora il reparto si è assestato e non si ha più la sensazione che possa subire un gol ad ogni azione degli avversari. Ma è anche vero che per vedere un tiro verso la porta della squadra che gioca contro il Napoli c'è bisogno di pazientare tanto e in qualche caso, come accaduto nella sfida alla Lazio, l'attesa… è ancora in corso. A questo punto non ci resta che sperare che con il ritorno degli assenti e con il contributo di qualcuno, se non di tutti i nuovi arrivati, la squadra possa riprendere il cammino verso il quarto posto in classifica che rimane sempre e comunque l'obiettivo massimo da raggiungere. Noi ci speriamo e soltanto le prossime uscite potranno chiarire davvero la situazione.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171375536MR Z - Di che cosa ha realmente bisogno il Napoli?NAPOLI - Di che cosa ha realmente bisogno il Napoli per tentare di lottare per la conquista del quarto posto in classifica con discrete possibilità di riuscire nell’impresa? E’ la domanda che tutti i tifosi si pongono ora che il mercato è aperto (per la verità lo è già da due settimane…) e dopo che, fino a questo momento, a dispetto delle tante dichiarazioni sbandierate sulla necessità di rinforzare la squadra, è arrivato il solo Mazzocchi, cioè la riserva di Di Lorenzo, così come lo era Zanoli che in queste ore sta per svestire la maglia azzurra e indossare quella granata della Salernitana. Insomma, come al solito, molte parole e pochi fatti. Se si guarda al Napoli della scorsa stagione, ci si rende conto che mancano Kim, Lozano e Ndombele al posto dei quali sono arrivati Natan, Lindstrom e Cajuste. Il livello è sceso di sicuro. Certo mancano anche Spalletti, Giuntoli e Sinatti e scusate se è poco… La strategia della società che – probabilmente è vero – è perfino disponibile a spendere un po’ di soldi per dare più solidità alla rosa, è comunque sempre la stessa quando si tratta di ingaggiare calciatori nella sessione invernale del mercato. Prestiti con diritto (e non obbligo) di riscatto, perché non si sa il melone di che colore possa uscire. Se fosse bianco a fine stagione lo si potrebbe rispedire al mittente, avendo impegnato pochi soldi per… l’assaggio della fetta. A queste condizioni, però, è difficile trovare in circolazione affari tali da leccarsi i baffi. Prendiamo ad esempio Traorè. Dopo aver fatto vedere grandi cose nel Sassuolo, si è spento in Premier e ora viene da un periodo difficile per una malattia che lo ha colpito e dalla quale è da poco definitivamente guarito. Può cambiare il volto della squadra? Può farlo da subito? Personalmente ho qualche dubbio. Veniamo a Barak. A quanto pare è un pallino di Meluso, ma questo non dà alcuna certezza che si tratti di un affare irrinunciabile. Anche lui è reduce da un serio infortunio, ma il fatto che nella Fiorentina di Italiano abbia trovato poco spazio qualcosa dovrà pur significare. Ripetiamo la domanda già fatta relativamente a Traorè: può cambiare il volto della squadra? Ribadiamo la risposta: personalmente ho qualche dubbio. Allora che cosa fare? In queste condizioni forse è meglio puntare su qualche giovane di valore, qualche ragazzo dalle importanti potenzialità, invitando Mazzarri a mandarlo in campo con coraggio nella seconda parte della stagione. O la va o la spacca. Se qualcosa di buono venisse fuori potrebbe andar bene nello scorcio di stagione che rimane da disputare e in quelle future. Comprare per comprare, tanto per fare numero, non credo che serva a molto. Spendere per spendere, idem. Forse quei soldi sarebbero potuti servire per risollevare il morale di chi, dentro la rosa, è un po’ depresso. E qualcuno di quelli che, per dirla alla Mazzarri, aveva ‘la faccia triste’ avrebbe potuto ritrovare il sorriso ed avrebbe potuto riprendere a combattere in campo come faceva lo scorso anno.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-01-16T22:58:00ZNAPOLI - Di che cosa ha realmente bisogno il Napoli per tentare di lottare per la conquista del quarto posto in classifica con discrete possibilità di riuscire nell’impresa? E’ la domanda che tutti i tifosi si pongono ora che il mercato è aperto (per la verità lo è già da due settimane…) e dopo che, fino a questo momento, a dispetto delle tante dichiarazioni sbandierate sulla necessità di rinforzare la squadra, è arrivato il solo Mazzocchi, cioè la riserva di Di Lorenzo, così come lo era Zanoli che in queste ore sta per svestire la maglia azzurra e indossare quella granata della Salernitana. Insomma, come al solito, molte parole e pochi fatti. Se si guarda al Napoli della scorsa stagione, ci si rende conto che mancano Kim, Lozano e Ndombele al posto dei quali sono arrivati Natan, Lindstrom e Cajuste. Il livello è sceso di sicuro. Certo mancano anche Spalletti, Giuntoli e Sinatti e scusate se è poco… La strategia della società che – probabilmente è vero – è perfino disponibile a spendere un po’ di soldi per dare più solidità alla rosa, è comunque sempre la stessa quando si tratta di ingaggiare calciatori nella sessione invernale del mercato. Prestiti con diritto (e non obbligo) di riscatto, perché non si sa il melone di che colore possa uscire. Se fosse bianco a fine stagione lo si potrebbe rispedire al mittente, avendo impegnato pochi soldi per… l’assaggio della fetta. A queste condizioni, però, è difficile trovare in circolazione affari tali da leccarsi i baffi. Prendiamo ad esempio Traorè. Dopo aver fatto vedere grandi cose nel Sassuolo, si è spento in Premier e ora viene da un periodo difficile per una malattia che lo ha colpito e dalla quale è da poco definitivamente guarito. Può cambiare il volto della squadra? Può farlo da subito? Personalmente ho qualche dubbio. Veniamo a Barak. A quanto pare è un pallino di Meluso, ma questo non dà alcuna certezza che si tratti di un affare irrinunciabile. Anche lui è reduce da un serio infortunio, ma il fatto che nella Fiorentina di Italiano abbia trovato poco spazio qualcosa dovrà pur significare. Ripetiamo la domanda già fatta relativamente a Traorè: può cambiare il volto della squadra? Ribadiamo la risposta: personalmente ho qualche dubbio. Allora che cosa fare? In queste condizioni forse è meglio puntare su qualche giovane di valore, qualche ragazzo dalle importanti potenzialità, invitando Mazzarri a mandarlo in campo con coraggio nella seconda parte della stagione. O la va o la spacca. Se qualcosa di buono venisse fuori potrebbe andar bene nello scorcio di stagione che rimane da disputare e in quelle future. Comprare per comprare, tanto per fare numero, non credo che serva a molto. Spendere per spendere, idem. Forse quei soldi sarebbero potuti servire per risollevare il morale di chi, dentro la rosa, è un po’ depresso. E qualcuno di quelli che, per dirla alla Mazzarri, aveva ‘la faccia triste’ avrebbe potuto ritrovare il sorriso ed avrebbe potuto riprendere a combattere in campo come faceva lo scorso anno.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171377596MR Z - Direbbe Lucio Dalla: "Cara Ifab ti scrivo, così mi distraggo..."NAPOLI - Cara Ifab ti scrivo, così mi distraggo un po’, canterebbe Lucio Dalla. E io, come tutti i tifosi del Napoli, ho sicuramente bisogno di distrarmi per non pensare a ciò che è accaduto a Riyadh dove il Napoli ha giocato in dieci uomini durante la mezz’ora finale della partita e dopo una strenua, coraggiosa difesa del punteggio di parità, che avrebbe portato diritto alla tombola dei calci di rigore, ha incassato durante il recupero il gol della sconfitta. Qui non ho alcuna intenzione di polemizzare per l’arbitraggio di Rapuano perché non è questo il punto che intendo affrontare. Oggi voglio infatti parlare dell’Ifab ed è a tale istituto che mi rivolgo, indirizzandogli una lettera virtuale per esprimere una mia idea che vorrei tanto che qualcuno (la Figc?) condividesse e sponsorizzasse. Ifab, come i nostri lettori certamente sapranno, sta per L'International Football Association Board. E’ un organo internazionale – trascrivo da Wikipedia - (un'associazione di diritto svizzero), istituito a Londra nel 1886, che è composto di soli otto membri, indipendente dalla FIFA (dal gennaio 2014) e dalle quattro Federazioni britanniche che la compongono (inglese, scozzese, gallese e nord-irlandese). L'Ifab ha il potere di stabilire qualsiasi modifica e innovazione delle regole del gioco del calcio a livello internazionale e nazionale, vincolando alla loro osservanza tutte le federazioni, organizzazioni e associazioni calcistiche, che svolgono il calcio a livello professionale e dilettantistico, escluso il solo livello amatoriale. Perché ‘scrivo’ all’Ifab? Il ragionamento è il seguente. Nel terzo millennio si gioca un calcio a velocità supersonica in cui i contatti fisici sono molto frequenti e in diverse circostanze perfino casuali anche se violenti e come tali punibili. L’avvento del quarto uomo e successivamente del Var hanno accentuato notevolmente la possibilità per chi dirige una partita di individuare i falli e sanzionarli così come prescritto dal regolamento. E’ altresì vero che al giorno d’oggi – molto più di quanto avveniva in passato – proprio per l’atletismo e il tatticismo esasperato che contraddistingue il calcio moderno, una squadra che a causa di un’espulsione di un suo calciatore è costretta a fronteggiare l’avversaria in inferiorità numerica ha possibilità di resistenza pari a zero. L’espulsione – giusta o ingiusta che sia – è un provvedimento nemico del calcio, su questo credo che nessuno possa avere dubbi. Lunedì sera ne abbiamo avuto un’ulteriore conferma. Una partita in cui le due squadre se la stavano giocando alla pari, in cui l’una o l’altra avrebbe potuto prevalere sul campo attraverso l’affermazione del proprio gioco è stata decisa da un provvedimento arbitrale. Lo ripeto, a scanso di equivoci: la mia non è una critica a Rapuano (peraltro il secondo cartellino giallo a Simeone era sacrosanto, semmai si potrebbe discutere sul primo) ma è soltanto un’osservazione legata a un provvedimento, quello dell’espulsione per doppia ammonizione, che pregiudica irrimediabilmente la regolarità di una partita. Ecco allora la mia proposta all’Ifab. Chi ha in mano i destini delle regole del calcio cambi la regola in un modo semplicissimo. Dopo il secondo cartellino giallo il calciatore rimane in campo e il giudice sportivo, a partita conclusa, gli commina una giornata di squalifica da scontare nel turno successivo. L’espulsione dal campo scatta soltanto dopo il terzo cartellino giallo e si accompagna anche in questo caso con una squalifica che vale per il turno successivo. Insomma con due gialli ci sarebbe il provvedimento punitivo ma le partite non verrebbero più falsate. Cito ancora Wikipedia: Le modifiche delle regole del calcio vengono decise nel corso dell'Incontro Generale Annuale (che si svolge ogni anno a febbraio-marzo, ndr). Fino a quattro settimane prima della data della riunione, le federazioni inviano le proposte di modifica al segretario della propria associazione apicale, che le trasmette alla FIFA, che a sua volta le rende note all'Ifab e alle altre associazioni, distribuendo il documento che riassume tutte le proposte. La Figc potrebbe avanzare subito questa proposta di civiltà sportiva e se fosse accolta la finiremmo finalmente di assistere a spettacoli, come quello di lunedì scorso, in cui lo spirito del calcio e i valori dello sport vengono mortificati. Perché far giocare una squadra in inferiorità numerica è come assistere a un incontro di boxe in cui due pugili si battono contro un solo avversario. Secondo voi chi è destinato a vincere?     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-01-24T13:00:00ZNAPOLI - Cara Ifab ti scrivo, così mi distraggo un po’, canterebbe Lucio Dalla. E io, come tutti i tifosi del Napoli, ho sicuramente bisogno di distrarmi per non pensare a ciò che è accaduto a Riyadh dove il Napoli ha giocato in dieci uomini durante la mezz’ora finale della partita e dopo una strenua, coraggiosa difesa del punteggio di parità, che avrebbe portato diritto alla tombola dei calci di rigore, ha incassato durante il recupero il gol della sconfitta. Qui non ho alcuna intenzione di polemizzare per l’arbitraggio di Rapuano perché non è questo il punto che intendo affrontare. Oggi voglio infatti parlare dell’Ifab ed è a tale istituto che mi rivolgo, indirizzandogli una lettera virtuale per esprimere una mia idea che vorrei tanto che qualcuno (la Figc?) condividesse e sponsorizzasse. Ifab, come i nostri lettori certamente sapranno, sta per L'International Football Association Board. E’ un organo internazionale – trascrivo da Wikipedia - (un'associazione di diritto svizzero), istituito a Londra nel 1886, che è composto di soli otto membri, indipendente dalla FIFA (dal gennaio 2014) e dalle quattro Federazioni britanniche che la compongono (inglese, scozzese, gallese e nord-irlandese). L'Ifab ha il potere di stabilire qualsiasi modifica e innovazione delle regole del gioco del calcio a livello internazionale e nazionale, vincolando alla loro osservanza tutte le federazioni, organizzazioni e associazioni calcistiche, che svolgono il calcio a livello professionale e dilettantistico, escluso il solo livello amatoriale. Perché ‘scrivo’ all’Ifab? Il ragionamento è il seguente. Nel terzo millennio si gioca un calcio a velocità supersonica in cui i contatti fisici sono molto frequenti e in diverse circostanze perfino casuali anche se violenti e come tali punibili. L’avvento del quarto uomo e successivamente del Var hanno accentuato notevolmente la possibilità per chi dirige una partita di individuare i falli e sanzionarli così come prescritto dal regolamento. E’ altresì vero che al giorno d’oggi – molto più di quanto avveniva in passato – proprio per l’atletismo e il tatticismo esasperato che contraddistingue il calcio moderno, una squadra che a causa di un’espulsione di un suo calciatore è costretta a fronteggiare l’avversaria in inferiorità numerica ha possibilità di resistenza pari a zero. L’espulsione – giusta o ingiusta che sia – è un provvedimento nemico del calcio, su questo credo che nessuno possa avere dubbi. Lunedì sera ne abbiamo avuto un’ulteriore conferma. Una partita in cui le due squadre se la stavano giocando alla pari, in cui l’una o l’altra avrebbe potuto prevalere sul campo attraverso l’affermazione del proprio gioco è stata decisa da un provvedimento arbitrale. Lo ripeto, a scanso di equivoci: la mia non è una critica a Rapuano (peraltro il secondo cartellino giallo a Simeone era sacrosanto, semmai si potrebbe discutere sul primo) ma è soltanto un’osservazione legata a un provvedimento, quello dell’espulsione per doppia ammonizione, che pregiudica irrimediabilmente la regolarità di una partita. Ecco allora la mia proposta all’Ifab. Chi ha in mano i destini delle regole del calcio cambi la regola in un modo semplicissimo. Dopo il secondo cartellino giallo il calciatore rimane in campo e il giudice sportivo, a partita conclusa, gli commina una giornata di squalifica da scontare nel turno successivo. L’espulsione dal campo scatta soltanto dopo il terzo cartellino giallo e si accompagna anche in questo caso con una squalifica che vale per il turno successivo. Insomma con due gialli ci sarebbe il provvedimento punitivo ma le partite non verrebbero più falsate. Cito ancora Wikipedia: Le modifiche delle regole del calcio vengono decise nel corso dell'Incontro Generale Annuale (che si svolge ogni anno a febbraio-marzo, ndr). Fino a quattro settimane prima della data della riunione, le federazioni inviano le proposte di modifica al segretario della propria associazione apicale, che le trasmette alla FIFA, che a sua volta le rende note all'Ifab e alle altre associazioni, distribuendo il documento che riassume tutte le proposte. La Figc potrebbe avanzare subito questa proposta di civiltà sportiva e se fosse accolta la finiremmo finalmente di assistere a spettacoli, come quello di lunedì scorso, in cui lo spirito del calcio e i valori dello sport vengono mortificati. Perché far giocare una squadra in inferiorità numerica è come assistere a un incontro di boxe in cui due pugili si battono contro un solo avversario. Secondo voi chi è destinato a vincere?     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171373847MR Z - Napoli, un appello per tuttiNAPOLI - La settimana scorsa avevo scritto “Fate presto!”, riferendomi all’urgenza con la quale fosse necessario intervenire sul mercato. Oggi, ad appena una settimana di distanza, mi vedo costretto a fare un’ulteriore riflessione e forse addirittura a ritirare l’invito alla velocità e alla concretezza sui rinforzi da ingaggiare. La partita di Torino ha messo in evidenza una squadra così scalcinata, malridotta, malconcia, malmessa da farmi pensare che due o tre acquisti potrebbero non determinare un cambio di rotta, una inversione di tendenza. La situazione è paradossale. Nonostante i risultati registrati da quando è arrivato Mazzarri, che definire deludenti è poco (7 punti in 7 partite), il Napoli alla fine del girone d’andata - e dunque con mezzo campionato ancora da giocare – può considerare definitivamente svanito un solo traguardo, lo scudetto. Riguardo alla qualificazione in una delle competizioni europee, la situazione, aritmeticamente parlando, non è drammatica. La zona Champions dista ‘appena’ cinque lunghezze. L'Europa League è a quattro punti e a due soltanto la Conference League. Certo, la Coppa Italia è miseramente andata in cavalleria e la squadra si presenta alla sfida della Supercoppa con pochissime speranze di ben figurare. Non parliamo della Champions League competizione in cui c’è da scalare la montagna Barcellona. Comunque la stagione potrebbe ancora essere salvata se soltanto la squadra ritrovasse un po’ di ardore e di forza di volontà. E in questo senso – era la riflessione di appena sette giorni fa – i rinforzi servirebbero come il pane. Ma francamente io sono pessimista sulle capacità (e perfino sulla volontà) di reazione della squadra e proprio per questo mi domando se possa servire spendere un bel po’ di milioni di euro adesso per tentare di invertire la tendenza o se piuttosto non convenga conservarli per l’estate e a quel punto fare una rivoluzione totale. Insomma con la conquista dello scudetto è finito un ciclo o no? E’ necessario fare piazza pulita o no? Ciò che si dovrebbe capire, prima di mettere mano al portafoglio è il vero motivo di questa clamorosa debacle. Che cosa c’è dietro alla crisi del Napoli? Come mai una squadra che pochi mesi fa aveva saputo stupire ed affascinare l’Italia e l’Europa si è trasformata un’armata Brancaleone? Che cosa voleva dire esattamente Mazzarri quando parlò di qualcuno che aveva ‘la faccia triste’ e lo invitò ad andar via? E questo ‘qualcuno’ era solo Elmas (che si è trasferito in Germania in quattro e quattr’otto) o c’è un gruppo più numeroso che è stanco di indossare la maglia azzurra e che, se potesse, farebbe come il Macedone? Se la situazione fosse davvero questa l’arrivo dei rinforzi potrebbe addirittura complicare la situazione ancor di più perché qualcuno che oggi è titolare finirebbe per diventare riserva con le conseguenti crisi esistenziali e professionali che ciò comporterebbe. Insomma la situazione è davvero complicata e per sciogliere tutti questi nodi così aggrovigliati c’è un solo uomo al lavoro, il presidente De Laurentiis. Non c’è un direttore generale, non c’è un elemento di raccordo vero tra la squadra e la società che possa raccogliere i malumori dei calciatori e i motivi che li determinano per fare da cuscinetto e ristabilire un rapporto corretto e fattivo. Insomma la situazione se non è disperata, poco ci manca. A questo punto l’appello da fare a tutti (calciatori in primis, ma anche ai dirigenti) è quello di ricordarsi dei tifosi. La gente che va allo stadio, quelli che seguono il Napoli, meritano rispetto fino in fondo. E allora i professionisti facciano i professionisti e ciascuno si prenda le sue responsabilità fino alla fine.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-01-09T15:00:00ZNAPOLI - La settimana scorsa avevo scritto “Fate presto!”, riferendomi all’urgenza con la quale fosse necessario intervenire sul mercato. Oggi, ad appena una settimana di distanza, mi vedo costretto a fare un’ulteriore riflessione e forse addirittura a ritirare l’invito alla velocità e alla concretezza sui rinforzi da ingaggiare. La partita di Torino ha messo in evidenza una squadra così scalcinata, malridotta, malconcia, malmessa da farmi pensare che due o tre acquisti potrebbero non determinare un cambio di rotta, una inversione di tendenza. La situazione è paradossale. Nonostante i risultati registrati da quando è arrivato Mazzarri, che definire deludenti è poco (7 punti in 7 partite), il Napoli alla fine del girone d’andata - e dunque con mezzo campionato ancora da giocare – può considerare definitivamente svanito un solo traguardo, lo scudetto. Riguardo alla qualificazione in una delle competizioni europee, la situazione, aritmeticamente parlando, non è drammatica. La zona Champions dista ‘appena’ cinque lunghezze. L'Europa League è a quattro punti e a due soltanto la Conference League. Certo, la Coppa Italia è miseramente andata in cavalleria e la squadra si presenta alla sfida della Supercoppa con pochissime speranze di ben figurare. Non parliamo della Champions League competizione in cui c’è da scalare la montagna Barcellona. Comunque la stagione potrebbe ancora essere salvata se soltanto la squadra ritrovasse un po’ di ardore e di forza di volontà. E in questo senso – era la riflessione di appena sette giorni fa – i rinforzi servirebbero come il pane. Ma francamente io sono pessimista sulle capacità (e perfino sulla volontà) di reazione della squadra e proprio per questo mi domando se possa servire spendere un bel po’ di milioni di euro adesso per tentare di invertire la tendenza o se piuttosto non convenga conservarli per l’estate e a quel punto fare una rivoluzione totale. Insomma con la conquista dello scudetto è finito un ciclo o no? E’ necessario fare piazza pulita o no? Ciò che si dovrebbe capire, prima di mettere mano al portafoglio è il vero motivo di questa clamorosa debacle. Che cosa c’è dietro alla crisi del Napoli? Come mai una squadra che pochi mesi fa aveva saputo stupire ed affascinare l’Italia e l’Europa si è trasformata un’armata Brancaleone? Che cosa voleva dire esattamente Mazzarri quando parlò di qualcuno che aveva ‘la faccia triste’ e lo invitò ad andar via? E questo ‘qualcuno’ era solo Elmas (che si è trasferito in Germania in quattro e quattr’otto) o c’è un gruppo più numeroso che è stanco di indossare la maglia azzurra e che, se potesse, farebbe come il Macedone? Se la situazione fosse davvero questa l’arrivo dei rinforzi potrebbe addirittura complicare la situazione ancor di più perché qualcuno che oggi è titolare finirebbe per diventare riserva con le conseguenti crisi esistenziali e professionali che ciò comporterebbe. Insomma la situazione è davvero complicata e per sciogliere tutti questi nodi così aggrovigliati c’è un solo uomo al lavoro, il presidente De Laurentiis. Non c’è un direttore generale, non c’è un elemento di raccordo vero tra la squadra e la società che possa raccogliere i malumori dei calciatori e i motivi che li determinano per fare da cuscinetto e ristabilire un rapporto corretto e fattivo. Insomma la situazione se non è disperata, poco ci manca. A questo punto l’appello da fare a tutti (calciatori in primis, ma anche ai dirigenti) è quello di ricordarsi dei tifosi. La gente che va allo stadio, quelli che seguono il Napoli, meritano rispetto fino in fondo. E allora i professionisti facciano i professionisti e ciascuno si prenda le sue responsabilità fino alla fine.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171372237MISTER Z - Napoli, ora fate presto!NAPOLI - Fate presto! Ci vorrebbe un titolo come quello famoso che Il Mattino sfornò il giorno dopo il terribile terremoto del novembre 1980. In quel caso l’argomento era molto più serio e l’appello in prima pagina del più importante quotidiano del Mezzogiorno d’Italia riguardava la vita e la morte di migliaia di persone. Non vorrei dunque che si confondesse il tema di una indimenticata e indimenticabile tragedia che colpì tanto duramente le nostre popolazioni con una questione relativa al calcio che per quanto ci appassioni e muova considerevoli somme di denaro, è pur sempre un gioco. Tuttavia l’appello a fare presto, a darsi una sveglia, a reagire in tempi brevissimi alla crisi che si è andata incancrenendo oggi giorno di più in casa Napoli mi sembra più che giusto. E’ vero, è soltanto un giorno che il calciomercato di riparazione si è aperto, ma l’urgenza è massima, la necessità di fare ora ciò che non si è fatto in estate è imperiosa. Il Napoli ha bisogno quasi di essere rifondato, sicuramente servono innesti importanti. L’ingaggio di Mazzocchi fa piacere soprattutto perché si tratta di un ragazzo napoletano che finalmente può coronare il suo sogno, cioè indossare la maglia azzurra, ma a dire il vero serve ben altro, considerando anche che essendo l’ambidestro calciatore del quartiere Barra il quarto nelle gerarchie dei difensori laterali (prima di lui vengono Di Lorenzo, Mario Rui e Olivera) non potrà certo giocare tantissimo, un po’ come è capitato a Zanoli il quale giustamente ha chiesto lo spazio che gli spettava. Ora, però, servono altri rinforzi. Bisogna cominciare (e concludere alla svelta perché gli impegni si susseguono a raffica e la strada da recuperare è tanta) da un difensore centrale che dia garanzie (mi piace molto Vitik dello Sparta Praga che è giovane - il 21 gennaio compirà 21 anni -, è forte fisicamente, è alto, è veloce, difende ed attacca ed è anche capace di far gol), per passare poi a un paio di centrocampisti, considerate la partenza di Elmas e (forse) quelle di Demme e di Gaetano (che comunque anche se dovessero rimanere a Napoli finirebbero per giocare poco o nulla), senza considerare che Anguissa mancherà a lungo per gli impegni con la Nazionale. E qui viene fuori la questione Samardzic. Per il giovane serbo-tedesco è cominciata già da qualche giorno la solita tarantella. E’ arrivato il padre-manager, il giocatore è d’accordo perché la piazza napoletana gli aggrada, De Laurentiis ha parlato con Pozzo, potrebbe già giocare con il Torino… Troppe chiacchiere. FATE PRESTO!!! Quante volte trattative (vere o presunte) come questa sono scoppiate alla fine come una bolla di sapone? Il Napoli per quello che si sta vedendo quest’anno ha bisogno di un giocatore con le qualità e le caratteristiche del ragazzo dell’Udinese. Dobbiamo continuare a sentirne parlare all’infinito o la Società gli compra un biglietto aereo e lo porta a Capodichino? Quante pagine di contratto devono ancora essere scritte e sottoposte oltre che al calciatore e al suo agente, anche ad avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, esperti vari prima che arrivi questa benedetta firma? Mi viene in mente, per concludere, quell’antico detto che mi sembra calzare a pennello in casi come questo. Non vorrei che mentre il medico studia il malato muore.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2024-01-03T22:59:00ZNAPOLI - Fate presto! Ci vorrebbe un titolo come quello famoso che Il Mattino sfornò il giorno dopo il terribile terremoto del novembre 1980. In quel caso l’argomento era molto più serio e l’appello in prima pagina del più importante quotidiano del Mezzogiorno d’Italia riguardava la vita e la morte di migliaia di persone. Non vorrei dunque che si confondesse il tema di una indimenticata e indimenticabile tragedia che colpì tanto duramente le nostre popolazioni con una questione relativa al calcio che per quanto ci appassioni e muova considerevoli somme di denaro, è pur sempre un gioco. Tuttavia l’appello a fare presto, a darsi una sveglia, a reagire in tempi brevissimi alla crisi che si è andata incancrenendo oggi giorno di più in casa Napoli mi sembra più che giusto. E’ vero, è soltanto un giorno che il calciomercato di riparazione si è aperto, ma l’urgenza è massima, la necessità di fare ora ciò che non si è fatto in estate è imperiosa. Il Napoli ha bisogno quasi di essere rifondato, sicuramente servono innesti importanti. L’ingaggio di Mazzocchi fa piacere soprattutto perché si tratta di un ragazzo napoletano che finalmente può coronare il suo sogno, cioè indossare la maglia azzurra, ma a dire il vero serve ben altro, considerando anche che essendo l’ambidestro calciatore del quartiere Barra il quarto nelle gerarchie dei difensori laterali (prima di lui vengono Di Lorenzo, Mario Rui e Olivera) non potrà certo giocare tantissimo, un po’ come è capitato a Zanoli il quale giustamente ha chiesto lo spazio che gli spettava. Ora, però, servono altri rinforzi. Bisogna cominciare (e concludere alla svelta perché gli impegni si susseguono a raffica e la strada da recuperare è tanta) da un difensore centrale che dia garanzie (mi piace molto Vitik dello Sparta Praga che è giovane - il 21 gennaio compirà 21 anni -, è forte fisicamente, è alto, è veloce, difende ed attacca ed è anche capace di far gol), per passare poi a un paio di centrocampisti, considerate la partenza di Elmas e (forse) quelle di Demme e di Gaetano (che comunque anche se dovessero rimanere a Napoli finirebbero per giocare poco o nulla), senza considerare che Anguissa mancherà a lungo per gli impegni con la Nazionale. E qui viene fuori la questione Samardzic. Per il giovane serbo-tedesco è cominciata già da qualche giorno la solita tarantella. E’ arrivato il padre-manager, il giocatore è d’accordo perché la piazza napoletana gli aggrada, De Laurentiis ha parlato con Pozzo, potrebbe già giocare con il Torino… Troppe chiacchiere. FATE PRESTO!!! Quante volte trattative (vere o presunte) come questa sono scoppiate alla fine come una bolla di sapone? Il Napoli per quello che si sta vedendo quest’anno ha bisogno di un giocatore con le qualità e le caratteristiche del ragazzo dell’Udinese. Dobbiamo continuare a sentirne parlare all’infinito o la Società gli compra un biglietto aereo e lo porta a Capodichino? Quante pagine di contratto devono ancora essere scritte e sottoposte oltre che al calciatore e al suo agente, anche ad avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, esperti vari prima che arrivi questa benedetta firma? Mi viene in mente, per concludere, quell’antico detto che mi sembra calzare a pennello in casi come questo. Non vorrei che mentre il medico studia il malato muore.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171369114MISTER Z - Napoli, la Coppa Italia è uno dei trofei su cui puntareNAPOLI - Il dubbio è il seguente: affrontare questa sera l’impegno di Coppa Italia con il Frosinone servendosi dei titolatissimi o far riposare buona parte dei giocatori che hanno battuto il Cagliari per non affaticarli in vista dell’importantissimo match di sabato all’Olimpico con la Roma? Credo che Mazzarri nel fare una scelta così delicata dovrebbe tener presente che essendo stato il Napoli già da tempo costretto ad abbandonare i sogni di scudetto e considerando oltremodo improbabile per gli azzurri una vittoria della Champions League, rimangono a disposizione due trofei sui quali puntare senza indugi e con tutte le forze per tentare di impreziosire la bacheca della Società. Mi riferisco ovviamente alla Supercoppa e alla Coppa Italia. Riguardo a quest’ultima manifestazione che la maggior parte delle squadre italiane per motivi a me sconosciuti tende a snobbare, ricordo che lo scorso anno il Napoli di Spalletti, cioè quella stessa squadra che poi vinse il campionato con un distacco abissale su tutte le avversarie, fu eliminato addirittura dalla Cremonese. L’approccio a quella gara fu chiaramente approssimativo. Non ci furono la giusta concentrazione e il dovuto impegno che uniti a un turnover un po’ eccessivo portarono a fare la peggior brutta figura dell’intera stagione. Ma quel Napoli aveva già in mano tre quarti di scudetto e per quella inopinata eliminazione nessuno si dolse più di tanto. Quest’anno è diverso. In questo caso la Coppa Italia conta eccome. L’invito a Mazzarri è dunque quello di non sottovalutare il Frosinone, una squadra che, peraltro, si sta comportando abbastanza bene in campionato e che sicuramente vorrebbe togliersi lo sfizio di eliminare i Campioni d’Italia. Qualche rotazione, per carità, ci può stare, ma cerchiamo di non esagerare per evitare brutte sorprese. Portiamoci a casa i quarti di finale di Coppa Italia. Alla sfida dell’Olimpico ci sarà il tempo di pensarci con calma a partire da domani mattina.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-12-19T18:30:00ZNAPOLI - Il dubbio è il seguente: affrontare questa sera l’impegno di Coppa Italia con il Frosinone servendosi dei titolatissimi o far riposare buona parte dei giocatori che hanno battuto il Cagliari per non affaticarli in vista dell’importantissimo match di sabato all’Olimpico con la Roma? Credo che Mazzarri nel fare una scelta così delicata dovrebbe tener presente che essendo stato il Napoli già da tempo costretto ad abbandonare i sogni di scudetto e considerando oltremodo improbabile per gli azzurri una vittoria della Champions League, rimangono a disposizione due trofei sui quali puntare senza indugi e con tutte le forze per tentare di impreziosire la bacheca della Società. Mi riferisco ovviamente alla Supercoppa e alla Coppa Italia. Riguardo a quest’ultima manifestazione che la maggior parte delle squadre italiane per motivi a me sconosciuti tende a snobbare, ricordo che lo scorso anno il Napoli di Spalletti, cioè quella stessa squadra che poi vinse il campionato con un distacco abissale su tutte le avversarie, fu eliminato addirittura dalla Cremonese. L’approccio a quella gara fu chiaramente approssimativo. Non ci furono la giusta concentrazione e il dovuto impegno che uniti a un turnover un po’ eccessivo portarono a fare la peggior brutta figura dell’intera stagione. Ma quel Napoli aveva già in mano tre quarti di scudetto e per quella inopinata eliminazione nessuno si dolse più di tanto. Quest’anno è diverso. In questo caso la Coppa Italia conta eccome. L’invito a Mazzarri è dunque quello di non sottovalutare il Frosinone, una squadra che, peraltro, si sta comportando abbastanza bene in campionato e che sicuramente vorrebbe togliersi lo sfizio di eliminare i Campioni d’Italia. Qualche rotazione, per carità, ci può stare, ma cerchiamo di non esagerare per evitare brutte sorprese. Portiamoci a casa i quarti di finale di Coppa Italia. Alla sfida dell’Olimpico ci sarà il tempo di pensarci con calma a partire da domani mattina.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171367485MISTER Z - Avanti Napoli, forza e coraggio!NAPOLI - Cominciamo dalla partita di questa sera. Non prendo neppure in esame i timori che potrebbero sussistere sull’esito finale dello scontro con il Braga perché il Napoli DEVE passare il turno e qualificarsi per gli ottavi di finale di Champions League. Il risultato è troppo importante per la squadra, per l’allenatore, per la Società e per i tifosi. È indispensabile lasciare da parte qualsiasi tentennamento, ogni paura e arrivare al traguardo. Certo sarebbe importante che il Napoli proprio in occasione del match con i portoghesi mostrasse nuovamente la compattezza granitica che contraddistinse la passata stagione e che dallo scorso mese di luglio non ha mai più messo in vetrina. Con l’avvento di Mazzarri al timone il Napoli ha sicuramente ritrovato lo spirito di squadra, la forza morale, la voglia di combattere, tutte caratteristiche che erano state smarrite sotto la guida Garcia. Ma dopo il successo a Bergamo con l’Atalanta la strada è tornata nuovamente a farsi impervia con le tre sconfitte consecutive con Real, Inter e Juventus. Mazzarri ha dato alla squadra la forza d’animo che non aveva ma il tecnico di San Vincenzo non può sicuramente fare i miracoli, colmando con la bacchetta magica le lacune che sono apparse subito evidenti dopo i dolorosissimi adii di Kim in difesa, di Lozano in attacco e perfino di Ndombele a centrocampo. Purtroppo i sostituti, almeno fino a questo momento, non sono risultati all’altezza della situazione. Alla immaturità di Natan si sono aggiunti poi lo stato di forma carente di Rrahmani che da quando è a Napoli non è mai stato incerto come lo è in questa fase e le indecisioni di Meret circostanze che, messe assieme, rendono la difesa del Napoli estremamente fragile e vulnerabile. Forse Mazzarri dovrebbe avere il coraggio di prendere decisioni forti, vale a dire sostituire Rrahmani (in attesa che ritorni in un buono stato di forma) con Ostigard, che almeno nel gioco aereo dovrebbe dare più garanzie, e lanciare definitivamente Zanoli sulla sinistra, anche per trovare un rimedio all’inevitabile isolamento di Kvaratskhelia che né Natan né Juan Jesus sono in grado di sostenere nel gioco offensivo con le sovrapposizioni alle quali lo avevano abituato sia Mario Rui che Olivera. Una volta messa da parte la Champions bisognerà assolutamente riprendere il cammino in campionato e la strada da percorrere, contrariamente a ciò che sento dire in giro, non è per niente facile. Per concludere il girone d’andata mancano quattro partite che il Napoli dovrà giocare in casa con il Cagliari e con il Monza e fuori casa con la Roma e con il Torino. E allora forza e coraggio, mantenendo la massima concentrazione e la voglia di vincere. Il resto dovrà farlo De Laurentiis sul mercato di gennaio perché é impensabile che la Società possa perseverare in quella politica del risparmio che non porta da nessuna parte come è stato già ampiamente dimostrato.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-12-12T06:00:00ZNAPOLI - Cominciamo dalla partita di questa sera. Non prendo neppure in esame i timori che potrebbero sussistere sull’esito finale dello scontro con il Braga perché il Napoli DEVE passare il turno e qualificarsi per gli ottavi di finale di Champions League. Il risultato è troppo importante per la squadra, per l’allenatore, per la Società e per i tifosi. È indispensabile lasciare da parte qualsiasi tentennamento, ogni paura e arrivare al traguardo. Certo sarebbe importante che il Napoli proprio in occasione del match con i portoghesi mostrasse nuovamente la compattezza granitica che contraddistinse la passata stagione e che dallo scorso mese di luglio non ha mai più messo in vetrina. Con l’avvento di Mazzarri al timone il Napoli ha sicuramente ritrovato lo spirito di squadra, la forza morale, la voglia di combattere, tutte caratteristiche che erano state smarrite sotto la guida Garcia. Ma dopo il successo a Bergamo con l’Atalanta la strada è tornata nuovamente a farsi impervia con le tre sconfitte consecutive con Real, Inter e Juventus. Mazzarri ha dato alla squadra la forza d’animo che non aveva ma il tecnico di San Vincenzo non può sicuramente fare i miracoli, colmando con la bacchetta magica le lacune che sono apparse subito evidenti dopo i dolorosissimi adii di Kim in difesa, di Lozano in attacco e perfino di Ndombele a centrocampo. Purtroppo i sostituti, almeno fino a questo momento, non sono risultati all’altezza della situazione. Alla immaturità di Natan si sono aggiunti poi lo stato di forma carente di Rrahmani che da quando è a Napoli non è mai stato incerto come lo è in questa fase e le indecisioni di Meret circostanze che, messe assieme, rendono la difesa del Napoli estremamente fragile e vulnerabile. Forse Mazzarri dovrebbe avere il coraggio di prendere decisioni forti, vale a dire sostituire Rrahmani (in attesa che ritorni in un buono stato di forma) con Ostigard, che almeno nel gioco aereo dovrebbe dare più garanzie, e lanciare definitivamente Zanoli sulla sinistra, anche per trovare un rimedio all’inevitabile isolamento di Kvaratskhelia che né Natan né Juan Jesus sono in grado di sostenere nel gioco offensivo con le sovrapposizioni alle quali lo avevano abituato sia Mario Rui che Olivera. Una volta messa da parte la Champions bisognerà assolutamente riprendere il cammino in campionato e la strada da percorrere, contrariamente a ciò che sento dire in giro, non è per niente facile. Per concludere il girone d’andata mancano quattro partite che il Napoli dovrà giocare in casa con il Cagliari e con il Monza e fuori casa con la Roma e con il Torino. E allora forza e coraggio, mantenendo la massima concentrazione e la voglia di vincere. Il resto dovrà farlo De Laurentiis sul mercato di gennaio perché é impensabile che la Società possa perseverare in quella politica del risparmio che non porta da nessuna parte come è stato già ampiamente dimostrato.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171338901MR Z - Vorrei addormentarmi e risvegliarmi l’1 settembre alle 20:01NAPOLI - Posso esprimere un desiderio? Vorrei addormentarmi e risvegliarmi l’1 settembre alle 20:01, cioè un minuto dopo che è finito il calciomercato. Questo stillicidio di nomi, numeri, cifre, questo uragano di chiacchiere (quasi sempre fondate sul nulla) inaugurato addirittura nello scorso mese di maggio, poco dopo che gli azzurri avevano matematicamente conquistato lo scudetto, mi ha veramente stancato. Non ce la faccio più a sopportarlo. Eppure bisogna che me ne faccia una ragione. Il Napoli di De Laurentiis si è sempre comportato così. Non ricordo in tempi recenti una campagna di compravendita conclusasi, non voglio esagerare, con una quindicina di giorni di anticipo rispetto all’ultimo istante dell’ultimo giorno utile. Speriamo almeno che questa strategia dell’attesa porti realmente a qualche risultato utile. Ad esempio risparmiare qualcosa sulla cifra richiesta per far arrivare a Napoli i calciatori che sono nel mirino della Società. Perché diversamente non si spiegherebbe in alcun modo questa radicata abitudine di portare ogni trattativa per le lunghe, fino allo sfinimento. Resta il fatto che il Napoli é incompleto e che qualcosa andrà fatto per forza. Il comportamento del Napoli d’altronde è reso possibile dalla leggerezza con la quale chi detta le regole affronta il tema. Non si capisce come sia possibile che il calciomercato sia ancora aperto nonostante che la stagione sia già cominciata e che tanti calciatori siano costretti a scendere in campo con una certa maglia non sapendo se tra qualche giorno ne dovranno indossare un’altra con colori diversi. Continuo a non capire perché chi comanda non decida si limitare la possibilità di acquistare e vendere fino alla sera prima dell’inizio del campionato. Si finirebbe di assistere allo strazio con il quale siamo costretti a confrontarci e finalmente potremmo trovare un po’ di pace. In attesa che chi comanda nel mondo del calcio metta finalmente la testa a posto non mi resta che andarmene a letto. Chissà che il mio sogno non si avveri e che mi possa risvegliare l’1 settembre alle 20:01.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-08-22T20:07:00ZNAPOLI - Posso esprimere un desiderio? Vorrei addormentarmi e risvegliarmi l’1 settembre alle 20:01, cioè un minuto dopo che è finito il calciomercato. Questo stillicidio di nomi, numeri, cifre, questo uragano di chiacchiere (quasi sempre fondate sul nulla) inaugurato addirittura nello scorso mese di maggio, poco dopo che gli azzurri avevano matematicamente conquistato lo scudetto, mi ha veramente stancato. Non ce la faccio più a sopportarlo. Eppure bisogna che me ne faccia una ragione. Il Napoli di De Laurentiis si è sempre comportato così. Non ricordo in tempi recenti una campagna di compravendita conclusasi, non voglio esagerare, con una quindicina di giorni di anticipo rispetto all’ultimo istante dell’ultimo giorno utile. Speriamo almeno che questa strategia dell’attesa porti realmente a qualche risultato utile. Ad esempio risparmiare qualcosa sulla cifra richiesta per far arrivare a Napoli i calciatori che sono nel mirino della Società. Perché diversamente non si spiegherebbe in alcun modo questa radicata abitudine di portare ogni trattativa per le lunghe, fino allo sfinimento. Resta il fatto che il Napoli é incompleto e che qualcosa andrà fatto per forza. Il comportamento del Napoli d’altronde è reso possibile dalla leggerezza con la quale chi detta le regole affronta il tema. Non si capisce come sia possibile che il calciomercato sia ancora aperto nonostante che la stagione sia già cominciata e che tanti calciatori siano costretti a scendere in campo con una certa maglia non sapendo se tra qualche giorno ne dovranno indossare un’altra con colori diversi. Continuo a non capire perché chi comanda non decida si limitare la possibilità di acquistare e vendere fino alla sera prima dell’inizio del campionato. Si finirebbe di assistere allo strazio con il quale siamo costretti a confrontarci e finalmente potremmo trovare un po’ di pace. In attesa che chi comanda nel mondo del calcio metta finalmente la testa a posto non mi resta che andarmene a letto. Chissà che il mio sogno non si avveri e che mi possa risvegliare l’1 settembre alle 20:01.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171321598MR Z - Napoli, è tempo di decidereNAPOLI - Le amabili bugie del presidente De Laurentiis hanno le gambe corte. Ha detto la sera della festa finale al ‘Maradona’ che c’è tutto il mese di giugno per decidere con calma le mosse da fare in vista della prossima stagione. Chi ci crede? Io no. Ritengo infatti che non ci sia un minuto in più di tempo da perdere. Il Napoli ha bisogno immediatamente di certezze sul suo futuro e tali certezze può darle soltanto il presidente. In pochissimo tempo (al massimo qualche giorno) occorrerà decidere chi sarà l’allenatore e chi sarà il direttore sportivo. Chiunque siederà sulla panchina ha il diritto di avere voce in capitolo sulla campagna acquisti e cessioni e per quanto De Laurentiis si ostini a ripetere che il mercato lo fa la Società e l’allenatore ha solo il compito di allenare la rosa che gli viene messa a disposizione, credo che sia inevitabile che un tecnico dia delle indicazioni, precisando chi gli piace e chi no, chi vede bene o meno bene nel tipo di calcio che pensa di far giocare alla sua squadra. Il direttore sportivo è colui il quale deve gestire arrivi e partenze e non se ne può fare a meno in una fase così delicata, quella in cui si prepara la stagione che verrà. Dunque abbiamo tutti fretta. I tifosi hanno adeguatamente salutato Luciano Spalletti, gli hanno reso gli onori che meritava, ma ormai chi ha guidato il Napoli alla conquista del suo terzo scudetto rappresenta il passato ed è necessario pensare al futuro. La riconoscenza c’è tutta e rimane, ma l’inizio della prossima stagione è vicinissimo. Fra poco più di un mese ci sarà il raduno in Val di Sole e dunque il tempo stringe. De Laurentiis, come è giusto, starà sicuramente facendo le sue valutazioni, ci saranno già stati contatti e probabilmente anche colloqui, ma non si può pensare che decisioni così urgenti vengano adottate con tutta calma, semmai arrivando alla fine del mese di giugno. Aspettiamo con ansia che ci vengano date notizie. Qualche giorno fa il presidente ha parlato del 14 giugno come prima data nella quale intenderebbe avere un contatto con la stampa per fare il punto della situazione. Speriamo che mantenga l’impegno verbale che ha preso perché i tifosi, finita la festa, cominciano a vivere una fase d’ansia dalla quale è giusto sottrarli al più presto.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-06-06T21:51:00ZNAPOLI - Le amabili bugie del presidente De Laurentiis hanno le gambe corte. Ha detto la sera della festa finale al ‘Maradona’ che c’è tutto il mese di giugno per decidere con calma le mosse da fare in vista della prossima stagione. Chi ci crede? Io no. Ritengo infatti che non ci sia un minuto in più di tempo da perdere. Il Napoli ha bisogno immediatamente di certezze sul suo futuro e tali certezze può darle soltanto il presidente. In pochissimo tempo (al massimo qualche giorno) occorrerà decidere chi sarà l’allenatore e chi sarà il direttore sportivo. Chiunque siederà sulla panchina ha il diritto di avere voce in capitolo sulla campagna acquisti e cessioni e per quanto De Laurentiis si ostini a ripetere che il mercato lo fa la Società e l’allenatore ha solo il compito di allenare la rosa che gli viene messa a disposizione, credo che sia inevitabile che un tecnico dia delle indicazioni, precisando chi gli piace e chi no, chi vede bene o meno bene nel tipo di calcio che pensa di far giocare alla sua squadra. Il direttore sportivo è colui il quale deve gestire arrivi e partenze e non se ne può fare a meno in una fase così delicata, quella in cui si prepara la stagione che verrà. Dunque abbiamo tutti fretta. I tifosi hanno adeguatamente salutato Luciano Spalletti, gli hanno reso gli onori che meritava, ma ormai chi ha guidato il Napoli alla conquista del suo terzo scudetto rappresenta il passato ed è necessario pensare al futuro. La riconoscenza c’è tutta e rimane, ma l’inizio della prossima stagione è vicinissimo. Fra poco più di un mese ci sarà il raduno in Val di Sole e dunque il tempo stringe. De Laurentiis, come è giusto, starà sicuramente facendo le sue valutazioni, ci saranno già stati contatti e probabilmente anche colloqui, ma non si può pensare che decisioni così urgenti vengano adottate con tutta calma, semmai arrivando alla fine del mese di giugno. Aspettiamo con ansia che ci vengano date notizie. Qualche giorno fa il presidente ha parlato del 14 giugno come prima data nella quale intenderebbe avere un contatto con la stampa per fare il punto della situazione. Speriamo che mantenga l’impegno verbale che ha preso perché i tifosi, finita la festa, cominciano a vivere una fase d’ansia dalla quale è giusto sottrarli al più presto.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171319788MR Z - Napoli, si guarda al futuroNAPOLI - Aurelio De Laurentiis nel suo intervento a ‘Che tempo che fa’ ha finalmente ufficializzato l’addio a Spalletti. La notizia per la verità era già vecchia, direi anche un po’ stantia e ancor oggi non si capisce il motivo di questo gioco a rimpiattino tra presidente e allenatore che è durato inutilmente troppo a lungo. Comunque meglio tardi che mai. Ora però è il momento di voltare pagina. Ringraziamo l’allenatore per ciò che ha dato al Napoli, per lo scudetto conquistato e per l’amore che ha dimostrato di provare nei confronti della squadra, della città e dei tifosi. Per la verità ci aspetteremmo che chiarisse i motivi per i quali ha preferito chiudere con un anno di anticipo il suo rapporto con la Società, perché francamente è difficile credere alla sua ineludibile voglia di ritirarsi al più presto nella tenuta di campagna. Non sappiamo se il contratto a suo tempo sottoscritto - come si mormora in giro - preveda anche il divieto di rilasciare dichiarazioni relative al suo rapporto con Società e presidente. In ogni caso non c’è più tempo né voglia di pensare al passato ma tutti noi siamo ansiosi di guardare al futuro. Ci aspettiamo perciò che De Laurentiis, terminate le feste, comunichi al più presto le sue intenzioni anche relativamente al contratto che per un anno ancora lega il d.s. Giuntoli al Napoli. Vuole liberarlo in anticipo? Lo vuole costringere a restare? Pretende una ricompensa dalla Società nella quale è destinato a continuare l’attività (come a suo tempo chiese e ottenne dal Chelsea per liberare Sarri)? Le ipotesi in campo sono tante e il mistero (inutilmente) si infittisce. I tifosi aspettano pazientemente che la nebbia che avvolge ogni cosa si diradi finalmente e che ci sia un po’ di chiarezza su una squadra che mai come in questo momento, con uno scudetto fresco fresco di conquista non ancora ufficiale, sembra navigare in alto mare, senza alcuna certezza sul futuro. Non si sa chi sarà l’allenatore, non si sa chi sarà il direttore sportivo, non si sa quali giocatori partiranno, anche se perlomeno il destino di Kim in Inghilterra sembra quasi certo. Insomma, per dirla tutta, non vediamo l’ora che arrivi domenica, così ci godiamo quest’ultima festa, salutiamo l’allenatore, forse anche il direttore sportivo e, perché no, anche qualche giocatore e cominciamo a parlare di futuro. Sembra che il tempo disponibile per organizzare la nuova stagione sia tanto e che non ci sia fretta alcuna. Ma non è così. In realtà manca soltanto poco più di un mese all’inizio del ritiro precampionato.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-05-30T11:00:00ZNAPOLI - Aurelio De Laurentiis nel suo intervento a ‘Che tempo che fa’ ha finalmente ufficializzato l’addio a Spalletti. La notizia per la verità era già vecchia, direi anche un po’ stantia e ancor oggi non si capisce il motivo di questo gioco a rimpiattino tra presidente e allenatore che è durato inutilmente troppo a lungo. Comunque meglio tardi che mai. Ora però è il momento di voltare pagina. Ringraziamo l’allenatore per ciò che ha dato al Napoli, per lo scudetto conquistato e per l’amore che ha dimostrato di provare nei confronti della squadra, della città e dei tifosi. Per la verità ci aspetteremmo che chiarisse i motivi per i quali ha preferito chiudere con un anno di anticipo il suo rapporto con la Società, perché francamente è difficile credere alla sua ineludibile voglia di ritirarsi al più presto nella tenuta di campagna. Non sappiamo se il contratto a suo tempo sottoscritto - come si mormora in giro - preveda anche il divieto di rilasciare dichiarazioni relative al suo rapporto con Società e presidente. In ogni caso non c’è più tempo né voglia di pensare al passato ma tutti noi siamo ansiosi di guardare al futuro. Ci aspettiamo perciò che De Laurentiis, terminate le feste, comunichi al più presto le sue intenzioni anche relativamente al contratto che per un anno ancora lega il d.s. Giuntoli al Napoli. Vuole liberarlo in anticipo? Lo vuole costringere a restare? Pretende una ricompensa dalla Società nella quale è destinato a continuare l’attività (come a suo tempo chiese e ottenne dal Chelsea per liberare Sarri)? Le ipotesi in campo sono tante e il mistero (inutilmente) si infittisce. I tifosi aspettano pazientemente che la nebbia che avvolge ogni cosa si diradi finalmente e che ci sia un po’ di chiarezza su una squadra che mai come in questo momento, con uno scudetto fresco fresco di conquista non ancora ufficiale, sembra navigare in alto mare, senza alcuna certezza sul futuro. Non si sa chi sarà l’allenatore, non si sa chi sarà il direttore sportivo, non si sa quali giocatori partiranno, anche se perlomeno il destino di Kim in Inghilterra sembra quasi certo. Insomma, per dirla tutta, non vediamo l’ora che arrivi domenica, così ci godiamo quest’ultima festa, salutiamo l’allenatore, forse anche il direttore sportivo e, perché no, anche qualche giocatore e cominciamo a parlare di futuro. Sembra che il tempo disponibile per organizzare la nuova stagione sia tanto e che non ci sia fretta alcuna. Ma non è così. In realtà manca soltanto poco più di un mese all’inizio del ritiro precampionato.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171318178MR Z - Fino a quando l'impasse?NAPOLI - La questione dell’addio (o della conferma) di Luciano Spalletti che si trascina ormai da tanto tempo sta mettendo a dura prova la pazienza dei tifosi i quali desidererebbero, mai come in questo momento di festa, che tutte le componenti della Società andassero d’amore e d’accordo e che il futuro, oltre che il presente, fosse dipinto a tinte rosa. Invece non è così. Come se non bastassero i problemi reali, legati a quanto pare alla decisione dell’allenatore di interrompere il suo rapporto con il Napoli, nonostante che De Laurentiis, come era suo diritto, abbia unilateralmente fatto valere la clausola di prolungamento del contratto per un’altra stagione, ci si mette anche l’incomunicabilità tra il tecnico e il presidente a rendere più problematica la situazione. Per non parlare della mancanza di chiarezza che la gente mal sopporta. Dopo la famosa ultima cena, quella che si è tenuta nei giorni scorsi e durante la quale le parti si sarebbero chiarite, chi e quando deve comunicare l’esito sia pur negativo della trattativa per il rinnovo del contratto? I tifosi sono in ansia. Spalletti se ne vuole andare, se abbiamo capito bene districandoci fra i suoi slalom dialettici, tra le cose dette e non dette, tra le mezze verità e le allusioni ammiccanti. Ma non lo dice apertamente e chiede che lo faccia De Laurentiis. Il presidente è impegnato nell’organizzazione di un’altra mega festa, in programma al ‘Maradona’ il 4 giugno dopo l’ultima di campionato con la Sampdoria e sull’argomento non dà segni di vita. Fino a quando durerà questo impasse? E’ chiaro che i tifosi desidererebbero conoscere subito la verità ed è altrettanto chiaro che vorrebbero che Spalletti rimanesse seduto sulla panchina del Napoli. Ma se questo per una serie di ragioni che non conosciamo (e chissà se le conosceremo mai) non è possibile, che almeno lo si dica apertamente e possibilmente che se ne spieghino i motivi. In fondo non c’è nulla di male. Non è detto che due parti che liberamente sottoscrivono un contratto debbano per forza andare d’accordo per tutta la vita. L’importante è che ci si lasci senza rancori, con signorilità e con garbo, augurandosi a vicenda le migliori fortune. Spalletti si sistemerà altrove e De Laurentiis troverà un altro allenatore di rango. La vita continua per tutti... Certo per i tifosi sarebbe un po’ più preoccupante se la decisione di Spalletti dipendesse dal fatto di aver chiesto e non ottenuto garanzie tecniche sul futuro. Si è parlato forse, nel corso della famosa ultima cena, di campagna di rafforzamento (o eventualmente di indebolimento…) della rosa? E’ il disaccordo su questo tema il motivo alla base del diniego del tecnico a onorare fino in fondo il contratto firmato due anni fa? Gli interrogativi sono leciti e la gente, se così fosse, comprenderebbe meglio la decisione di Spalletti di voler chiudere il suo rapporto con il Calcio Napoli. Sia come sia, questa questione dell’allenatore sta sfuggendo di mano un po’ a tutti. E anche la festa di chiusura in programma il 4 giugno, finisce per assumere contorni un po’ grotteschi. Saranno consegnate coppe, medaglie, ricchi premi e cotillon e in quel frangente ancora non avremo ufficialmente saputo se l’allenatore resta o se ne va? E’ inevitabile che un velo di tristezza calerà sullo stadio e questo non è giusto per i tifosi che avrebbero avuto tutto il diritto di godere fino in fondo della gioia per aver visto finalmente la loro squadra trionfare e cucirsi lo scudetto tricolore sulle magliette.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-05-23T21:09:00ZNAPOLI - La questione dell’addio (o della conferma) di Luciano Spalletti che si trascina ormai da tanto tempo sta mettendo a dura prova la pazienza dei tifosi i quali desidererebbero, mai come in questo momento di festa, che tutte le componenti della Società andassero d’amore e d’accordo e che il futuro, oltre che il presente, fosse dipinto a tinte rosa. Invece non è così. Come se non bastassero i problemi reali, legati a quanto pare alla decisione dell’allenatore di interrompere il suo rapporto con il Napoli, nonostante che De Laurentiis, come era suo diritto, abbia unilateralmente fatto valere la clausola di prolungamento del contratto per un’altra stagione, ci si mette anche l’incomunicabilità tra il tecnico e il presidente a rendere più problematica la situazione. Per non parlare della mancanza di chiarezza che la gente mal sopporta. Dopo la famosa ultima cena, quella che si è tenuta nei giorni scorsi e durante la quale le parti si sarebbero chiarite, chi e quando deve comunicare l’esito sia pur negativo della trattativa per il rinnovo del contratto? I tifosi sono in ansia. Spalletti se ne vuole andare, se abbiamo capito bene districandoci fra i suoi slalom dialettici, tra le cose dette e non dette, tra le mezze verità e le allusioni ammiccanti. Ma non lo dice apertamente e chiede che lo faccia De Laurentiis. Il presidente è impegnato nell’organizzazione di un’altra mega festa, in programma al ‘Maradona’ il 4 giugno dopo l’ultima di campionato con la Sampdoria e sull’argomento non dà segni di vita. Fino a quando durerà questo impasse? E’ chiaro che i tifosi desidererebbero conoscere subito la verità ed è altrettanto chiaro che vorrebbero che Spalletti rimanesse seduto sulla panchina del Napoli. Ma se questo per una serie di ragioni che non conosciamo (e chissà se le conosceremo mai) non è possibile, che almeno lo si dica apertamente e possibilmente che se ne spieghino i motivi. In fondo non c’è nulla di male. Non è detto che due parti che liberamente sottoscrivono un contratto debbano per forza andare d’accordo per tutta la vita. L’importante è che ci si lasci senza rancori, con signorilità e con garbo, augurandosi a vicenda le migliori fortune. Spalletti si sistemerà altrove e De Laurentiis troverà un altro allenatore di rango. La vita continua per tutti... Certo per i tifosi sarebbe un po’ più preoccupante se la decisione di Spalletti dipendesse dal fatto di aver chiesto e non ottenuto garanzie tecniche sul futuro. Si è parlato forse, nel corso della famosa ultima cena, di campagna di rafforzamento (o eventualmente di indebolimento…) della rosa? E’ il disaccordo su questo tema il motivo alla base del diniego del tecnico a onorare fino in fondo il contratto firmato due anni fa? Gli interrogativi sono leciti e la gente, se così fosse, comprenderebbe meglio la decisione di Spalletti di voler chiudere il suo rapporto con il Calcio Napoli. Sia come sia, questa questione dell’allenatore sta sfuggendo di mano un po’ a tutti. E anche la festa di chiusura in programma il 4 giugno, finisce per assumere contorni un po’ grotteschi. Saranno consegnate coppe, medaglie, ricchi premi e cotillon e in quel frangente ancora non avremo ufficialmente saputo se l’allenatore resta o se ne va? E’ inevitabile che un velo di tristezza calerà sullo stadio e questo non è giusto per i tifosi che avrebbero avuto tutto il diritto di godere fino in fondo della gioia per aver visto finalmente la loro squadra trionfare e cucirsi lo scudetto tricolore sulle magliette.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171316439MR Z - Napoli, non c'è da preoccuparsiNAPOLI - Non mi preoccupa affatto la sconfitta di Monza, né mi lascio trascinare in polemiche sull’ipotetica mancanza di rispetto della squadra nei confronti non si capisce bene di chi e di che cosa (mi è capitato di leggere anche questo tra i commenti che sono seguiti alla partita in Brianza). Mi interessa di più fare una riflessione di natura tattica, in considerazione delle crescenti difficoltà che la squadra sta mostrando già da qualche tempo e sulle quali ci sono valutazioni che valgono per questo scorcio finale di stagione e che potrebbero valere ugualmente nel futuro. Il Napoli da diverse settimane ha uno scadente gioco d’attacco che determina in ogni partita una sofferenza e un arrancare affannoso che erano assolutamente inimmaginabili nella prima parte della stagione, quando il gioco degli azzurri era sicuro e spumeggiante in ogni zona del campo e soprattutto nei dintorni dell’area di rigore avversaria. Da che cosa dipende? Dal famoso calo atletico e di tensione emotiva che caratterizzerebbe le squadre di Spalletti nella fase finale della stagione? Personalmente credo poco a questa versione. Il fenomeno potrebbe essere forse determinato dal considerevole anticipo con il quale il Napoli si era guadagnato la quasi assoluta certezza della conquista dello scudetto e dunque dalla crisi di concentrazione che ne può essere seguita? Neppure questa ipotesi mi convince. E allora? Il mio punto di vista è che per lungo tempo gli azzurri hanno rappresentato una assoluta novità tecnico-tattica per il calcio italiano ed europeo di fronte alla quale gli allenatori delle squadre avversarie di sono trovati impreparati e non sono stati rapidamente capaci di trovare un rimedio adeguato. Poi con il passare del tempo lo studio delle contromisure da adottare quando ci si trovava di fronte agli azzurri ha cominciato a dare i suoi frutti e da quel momento le squadre avversarie hanno imparato a chiudere gli spazi e a inaridire le fonti del gioco offensivo del Napoli. Se una critica si può muovere a Spalletti, a conclusione di un campionato dominato dalla sua squadra in lungo e in largo, può essere solo questa: non aver saputo (o potuto) adattare il disegno tattico del Napoli alle nuove situazioni che si sono venute ad affacciare in corso d’opera. Ma va detto, a onor del vero, che spesso noi giornalisti siamo portati ad analizzare e a criticare senza confrontarci, senza chiedere e ottenere spiegazioni dai diretti interessati. Se si fosse in grado di misurarsi su un simile tema con l’allenatore è molto probabile che Spalletti potrebbe dare risposte convincenti. Resta in ogni caso l’auspicio che per la prossima stagione (visto che il tecnico dovrebbe quasi sicuramente rimanere alla guida del Napoli) l’allenatore studi accorgimenti adeguati al problema. Per farlo sarà anche necessario programmare e realizzare una campagna acquisti che tenga conto di certe necessità. Si fa presto a parlare di cambi tattici, di rimodulazione della squadra in corso d’opera, ma se la qualità e le caratteristiche della rosa a disposizione non lo consentono tutto resta confinato nella sfera delle buone intenzioni con le quali, credo, sia molto difficile vincere le partite di calcio.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-05-16T21:00:00ZNAPOLI - Non mi preoccupa affatto la sconfitta di Monza, né mi lascio trascinare in polemiche sull’ipotetica mancanza di rispetto della squadra nei confronti non si capisce bene di chi e di che cosa (mi è capitato di leggere anche questo tra i commenti che sono seguiti alla partita in Brianza). Mi interessa di più fare una riflessione di natura tattica, in considerazione delle crescenti difficoltà che la squadra sta mostrando già da qualche tempo e sulle quali ci sono valutazioni che valgono per questo scorcio finale di stagione e che potrebbero valere ugualmente nel futuro. Il Napoli da diverse settimane ha uno scadente gioco d’attacco che determina in ogni partita una sofferenza e un arrancare affannoso che erano assolutamente inimmaginabili nella prima parte della stagione, quando il gioco degli azzurri era sicuro e spumeggiante in ogni zona del campo e soprattutto nei dintorni dell’area di rigore avversaria. Da che cosa dipende? Dal famoso calo atletico e di tensione emotiva che caratterizzerebbe le squadre di Spalletti nella fase finale della stagione? Personalmente credo poco a questa versione. Il fenomeno potrebbe essere forse determinato dal considerevole anticipo con il quale il Napoli si era guadagnato la quasi assoluta certezza della conquista dello scudetto e dunque dalla crisi di concentrazione che ne può essere seguita? Neppure questa ipotesi mi convince. E allora? Il mio punto di vista è che per lungo tempo gli azzurri hanno rappresentato una assoluta novità tecnico-tattica per il calcio italiano ed europeo di fronte alla quale gli allenatori delle squadre avversarie di sono trovati impreparati e non sono stati rapidamente capaci di trovare un rimedio adeguato. Poi con il passare del tempo lo studio delle contromisure da adottare quando ci si trovava di fronte agli azzurri ha cominciato a dare i suoi frutti e da quel momento le squadre avversarie hanno imparato a chiudere gli spazi e a inaridire le fonti del gioco offensivo del Napoli. Se una critica si può muovere a Spalletti, a conclusione di un campionato dominato dalla sua squadra in lungo e in largo, può essere solo questa: non aver saputo (o potuto) adattare il disegno tattico del Napoli alle nuove situazioni che si sono venute ad affacciare in corso d’opera. Ma va detto, a onor del vero, che spesso noi giornalisti siamo portati ad analizzare e a criticare senza confrontarci, senza chiedere e ottenere spiegazioni dai diretti interessati. Se si fosse in grado di misurarsi su un simile tema con l’allenatore è molto probabile che Spalletti potrebbe dare risposte convincenti. Resta in ogni caso l’auspicio che per la prossima stagione (visto che il tecnico dovrebbe quasi sicuramente rimanere alla guida del Napoli) l’allenatore studi accorgimenti adeguati al problema. Per farlo sarà anche necessario programmare e realizzare una campagna acquisti che tenga conto di certe necessità. Si fa presto a parlare di cambi tattici, di rimodulazione della squadra in corso d’opera, ma se la qualità e le caratteristiche della rosa a disposizione non lo consentono tutto resta confinato nella sfera delle buone intenzioni con le quali, credo, sia molto difficile vincere le partite di calcio.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171314854MISTER Z - Napoli, il futuro è già oraNAPOLI - Fare presto. Mandati in archivio (si fa per dire…) gli indimenticabili festeggiamenti per la conquista del terzo scudetto, cominciano ad affacciarsi prepotentemente all’orizzonte alcuni delicatissimi temi che riguardano il futuro della Società e della squadra. L’esigenza che si avverte è quella dell’urgenza massima con la quale si dovrà fare chiarezza su alcuni punti perché dalla velocità con la quale i problemi saranno affrontati e risolti potranno derivare in gran parte le fortune o le sfortune della prossima annata. Tutti hanno potuto sentire le parole di Cristiano Giuntoli pronunciate non a bassa voce ma con il microfono in mano davanti alla bellezza di quasi sessantamila testimoni. Il presidente gli ha detto: “Cristiano abbiamo iniziato un ciclo. Dobbiamo lavorare quest'estate perché dobbiamo continuare a vincere, vincere, vincere”. La risposta del ds non è stata per niente rassicurante: “Non preoccuparti per il futuro, sono qui da 8 anni e sento sempre parlare di chi parte e chi resta. Nelle mani di Aurelio De Laurentiis non ci saranno problemi, sarà sempre un grande Napoli”. Che significa? Che vuole andar via? Liberissimo di farlo, ma se è così, per cortesia ce lo faccia sapere al più presto. Ce ne faremo una ragione e, nel caso fosse vero, gli auguriamo di ottenere nella Società in cui andrà a lavorare tantissimi successi. Ma vorremmo evitare di rimanere con il cerino acceso in mano, perché la programmazione - soprattutto nel caso di una stagione che grazie alla netta superiorità della squadra sulle avversarie si è già chiusa all’inizio di maggio - va fatta subito e le strategie di mercato messe a punto e concretizzate in tempi brevissimi. Lo stesso discorso vale per l’allenatore. Luciano Spalletti, quando gli si parla del futuro, continua a essere vago, svicola, cambia discorso, prende tempo. Anche per lui vale lo stesso discorso di Giuntoli: se vuole andare via, lo ringraziamo per tutto quello che ha fatto, per aver guidato in maniera impeccabile questa meravigliosa cavalcata della squadra culminata con il terzo scudetto della storia, ma il Napoli deve pensare al futuro e non può fermarsi per i dubbi o i tentennamenti di chicchessia. Se Spalletti non volesse continuare a lavorare su questa panchina ne avrebbe tutto il diritto, ma avrebbe anche il dovere di comunicare al più presto le sue decisioni per dare la possibilità a De Laurentiis di scegliere sin da ora il sostituto con il quale programmare la prossima stagione. Infine i calciatori. E qui il discorso riguarda direttamente il presidente. Girano tante voci su addii eccellenti (Osimhen, Kim, Zielinski, Lozano) e, con tutto il rispetto, meno eccellenti (Demme, Ndombele). Se rispondessero al vero, sarebbe necessaria una nuova rifondazione della squadra e dunque il lavoro di colui al quale è affidato il mercato, diventerebbe ancora più delicato e complicato del solito. Allora è indispensabile che il presidente chiarisca subito la situazione con i calciatori in odore di addio. Ha sempre detto che per chi non vuole restare la porta è aperta, a patto che arrivino le offerte giuste. E’ una strategia che non fa una piega e sulla quale siamo pienamente d’accordo. Ma per cortesia non perdiamo tempo. Il campionato per il Napoli è bello e che finito. Continuiamo a festeggiare fino al 4 giugno e anche oltre. Ma quel che ci interessa davvero è soltanto il futuro.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-05-09T21:08:00ZNAPOLI - Fare presto. Mandati in archivio (si fa per dire…) gli indimenticabili festeggiamenti per la conquista del terzo scudetto, cominciano ad affacciarsi prepotentemente all’orizzonte alcuni delicatissimi temi che riguardano il futuro della Società e della squadra. L’esigenza che si avverte è quella dell’urgenza massima con la quale si dovrà fare chiarezza su alcuni punti perché dalla velocità con la quale i problemi saranno affrontati e risolti potranno derivare in gran parte le fortune o le sfortune della prossima annata. Tutti hanno potuto sentire le parole di Cristiano Giuntoli pronunciate non a bassa voce ma con il microfono in mano davanti alla bellezza di quasi sessantamila testimoni. Il presidente gli ha detto: “Cristiano abbiamo iniziato un ciclo. Dobbiamo lavorare quest'estate perché dobbiamo continuare a vincere, vincere, vincere”. La risposta del ds non è stata per niente rassicurante: “Non preoccuparti per il futuro, sono qui da 8 anni e sento sempre parlare di chi parte e chi resta. Nelle mani di Aurelio De Laurentiis non ci saranno problemi, sarà sempre un grande Napoli”. Che significa? Che vuole andar via? Liberissimo di farlo, ma se è così, per cortesia ce lo faccia sapere al più presto. Ce ne faremo una ragione e, nel caso fosse vero, gli auguriamo di ottenere nella Società in cui andrà a lavorare tantissimi successi. Ma vorremmo evitare di rimanere con il cerino acceso in mano, perché la programmazione - soprattutto nel caso di una stagione che grazie alla netta superiorità della squadra sulle avversarie si è già chiusa all’inizio di maggio - va fatta subito e le strategie di mercato messe a punto e concretizzate in tempi brevissimi. Lo stesso discorso vale per l’allenatore. Luciano Spalletti, quando gli si parla del futuro, continua a essere vago, svicola, cambia discorso, prende tempo. Anche per lui vale lo stesso discorso di Giuntoli: se vuole andare via, lo ringraziamo per tutto quello che ha fatto, per aver guidato in maniera impeccabile questa meravigliosa cavalcata della squadra culminata con il terzo scudetto della storia, ma il Napoli deve pensare al futuro e non può fermarsi per i dubbi o i tentennamenti di chicchessia. Se Spalletti non volesse continuare a lavorare su questa panchina ne avrebbe tutto il diritto, ma avrebbe anche il dovere di comunicare al più presto le sue decisioni per dare la possibilità a De Laurentiis di scegliere sin da ora il sostituto con il quale programmare la prossima stagione. Infine i calciatori. E qui il discorso riguarda direttamente il presidente. Girano tante voci su addii eccellenti (Osimhen, Kim, Zielinski, Lozano) e, con tutto il rispetto, meno eccellenti (Demme, Ndombele). Se rispondessero al vero, sarebbe necessaria una nuova rifondazione della squadra e dunque il lavoro di colui al quale è affidato il mercato, diventerebbe ancora più delicato e complicato del solito. Allora è indispensabile che il presidente chiarisca subito la situazione con i calciatori in odore di addio. Ha sempre detto che per chi non vuole restare la porta è aperta, a patto che arrivino le offerte giuste. E’ una strategia che non fa una piega e sulla quale siamo pienamente d’accordo. Ma per cortesia non perdiamo tempo. Il campionato per il Napoli è bello e che finito. Continuiamo a festeggiare fino al 4 giugno e anche oltre. Ma quel che ci interessa davvero è soltanto il futuro.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171313077MISTER Z - Napoli, è qui la festa!NAPOLI - Essendo abbastanza avanti con l’età ho avuto la fortuna di vivere pienamente le conquiste sportive del Napoli negli anni di Maradona. Mi riferisco agli scudetti del 1987 e del 1990 e alla Coppa Uefa del 1989. In queste tre occasioni i festeggiamenti del popolo napoletano furono travolgenti. Centinaia di migliaia di persone scesero in piazza per manifestare tutta la loro gioia e le scene alle quali mi capitò di assistere non furono molto differenti da quelle che hanno caratterizzato i festeggiamenti andati in scena nei giorni scorsi per il terzo tricolore della storia. La fantasia dei napoletani in ogni circostanza si sbizzarrì liberamente e la festa in ogni occasione fu allegra e colorata. Vi fu anche qualche eccesso, ma non accadde mai nulla di grave e tutti poterono partecipare alla gioia collettiva senza sbarramenti e preclusioni di alcun genere. Proprio per il vivido ricordo che porto dentro di me di quelle giornate di gioia irrefrenabile e condivisa, sono rimasto molto colpito dalla decisione di irregimentare la festa, in quest’ultima occasione, come se invece che un popolo festante si apprestasse a scendere in strada una armata di Lanzichenecchi. Zone rosse, sbarramenti, centro storico blindato, stadio inavvicinabile, gente costretta a percorrere chilometri su chilometri a piedi. Ma perché? Quel che è accaduto al termine di Napoli-Salernitana (e senza che alla fine sia andata in scena la festa vera e propria, a seguito il mancato raggiungimento del traguardo tricolore) ha davvero dell’incredibile e dell’inspiegabile. So di persone costrette a percorrere fino a 10 chilometri a piedi per tornare a casa da Fuorigrotta, anche per l’assenza assoluta di mezzi pubblici di trasporto. Metropolitana e Cumana prese d’assalto (io stesso avevo tentato di utilizzare la metropolitana per arrivare a Fuorigrotta ma ho dovuto battere in ritirata per il muro umano che ho trovato davanti a me nella stazione di Piazza Garibaldi), autobus inesistenti o quasi, taxi disponibili pochi e difficili da intercettare. Insomma un flop organizzativo tale da far si che tutti si siano chiesti il motivo per il quale è stato necessario fare riunioni su riunioni, incontri al vertice, scomodare grandi esperti di ordine pubblico per partorire alla fine un disegno sgangherato, rivelatosi del tutto inutile e addirittura controproducente. Invece di agevolare coloro i quali sono andati allo stadio e gli altri che si sono limitati a scendere in strada per partecipare alla festa collettiva, si sono messi loro i bastoni tra le ruote e si è finito per tramutare un momento gioioso in un pomeriggio e in una serata da incubo. Ora nell’imminenza del nuovo impegno del Napoli a Udine, dal quale è possibile (se non probabile) che possa uscire il verdetto definitivo e dunque la conquista dell’agognato scudetto, leggo che ci si prepara a mettere appunto un’altra volta un presunto piano-sicurezza in vista del ritorno della squadra a Napoli. Qualcuno vuole far anticipare la gara di qualche ora (???), altri pensano di chiudere nuovamente la città, creando sbarramenti e divieti. Non ne parliamo di far salire la squadra su un pullman scoperto e farlo girare per la città, idea che sembra atterrire coloro i quali sono chiamati a prendere decisioni. Sembra poi che ci sia il terrore che i tifosi possano raggiungere l’aerostazione di Capodichino in attesa del ritorno della squadra. Allora voglio ricordare che in occasione della vittoria della Coppa Uefa, nel 1989, anche io ero sull’aereo che riportò a Napoli la squadra dopo la vittoria della Coppa a Stoccarda. Atterrammo a Capodichino in nottata e trovammo i tifosi all’interno dell’aerostazione, anzi sul piazzale interno dello scalo, nei pressi delle piste di atterraggio. La squadra scese dall’aereo tra la folla festante, salì su un autobus e a passo d’uomo si mosse. Il popolo impazzito di gioia festeggiò i propri beniamini. Il traffico in Viale Umberto Maddalena era paralizzato e il pullman riuscì a farsi largo solo grazie alla scorta della polizia. Poi tutto rientrò nella normalità. Ricordo che dovetti tornare a casa a piedi, mentre un fiume di persone festante scendeva da Capodichino verso il centro città. Non ci furono né morti né feriti, ma soltanto l’affermazione di una grande gioia di popolo che partecipò a quell’indimenticabile evento collettivo. Allora mi domando: vogliamo lasciare le cose come stanno, gestendo soltanto in maniera ordinaria l’ordine pubblico, come è giusto che sia, senza fare esagerazioni? Ricordo a tutti che i servizi di trasporto pubblico a Napoli sono disastrati e che non c’è modo di sostenere un’onda d’urto di gente in movimento come quella che è destinata a formarsi per festeggiare la conquista di uno scudetto. Chiudiamo allora i pensatoi e lasciamo che le cose vadano per il loro verso perché in fondo si tratta di una festa e non di una tragedia.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-05-02T09:00:00ZNAPOLI - Essendo abbastanza avanti con l’età ho avuto la fortuna di vivere pienamente le conquiste sportive del Napoli negli anni di Maradona. Mi riferisco agli scudetti del 1987 e del 1990 e alla Coppa Uefa del 1989. In queste tre occasioni i festeggiamenti del popolo napoletano furono travolgenti. Centinaia di migliaia di persone scesero in piazza per manifestare tutta la loro gioia e le scene alle quali mi capitò di assistere non furono molto differenti da quelle che hanno caratterizzato i festeggiamenti andati in scena nei giorni scorsi per il terzo tricolore della storia. La fantasia dei napoletani in ogni circostanza si sbizzarrì liberamente e la festa in ogni occasione fu allegra e colorata. Vi fu anche qualche eccesso, ma non accadde mai nulla di grave e tutti poterono partecipare alla gioia collettiva senza sbarramenti e preclusioni di alcun genere. Proprio per il vivido ricordo che porto dentro di me di quelle giornate di gioia irrefrenabile e condivisa, sono rimasto molto colpito dalla decisione di irregimentare la festa, in quest’ultima occasione, come se invece che un popolo festante si apprestasse a scendere in strada una armata di Lanzichenecchi. Zone rosse, sbarramenti, centro storico blindato, stadio inavvicinabile, gente costretta a percorrere chilometri su chilometri a piedi. Ma perché? Quel che è accaduto al termine di Napoli-Salernitana (e senza che alla fine sia andata in scena la festa vera e propria, a seguito il mancato raggiungimento del traguardo tricolore) ha davvero dell’incredibile e dell’inspiegabile. So di persone costrette a percorrere fino a 10 chilometri a piedi per tornare a casa da Fuorigrotta, anche per l’assenza assoluta di mezzi pubblici di trasporto. Metropolitana e Cumana prese d’assalto (io stesso avevo tentato di utilizzare la metropolitana per arrivare a Fuorigrotta ma ho dovuto battere in ritirata per il muro umano che ho trovato davanti a me nella stazione di Piazza Garibaldi), autobus inesistenti o quasi, taxi disponibili pochi e difficili da intercettare. Insomma un flop organizzativo tale da far si che tutti si siano chiesti il motivo per il quale è stato necessario fare riunioni su riunioni, incontri al vertice, scomodare grandi esperti di ordine pubblico per partorire alla fine un disegno sgangherato, rivelatosi del tutto inutile e addirittura controproducente. Invece di agevolare coloro i quali sono andati allo stadio e gli altri che si sono limitati a scendere in strada per partecipare alla festa collettiva, si sono messi loro i bastoni tra le ruote e si è finito per tramutare un momento gioioso in un pomeriggio e in una serata da incubo. Ora nell’imminenza del nuovo impegno del Napoli a Udine, dal quale è possibile (se non probabile) che possa uscire il verdetto definitivo e dunque la conquista dell’agognato scudetto, leggo che ci si prepara a mettere appunto un’altra volta un presunto piano-sicurezza in vista del ritorno della squadra a Napoli. Qualcuno vuole far anticipare la gara di qualche ora (???), altri pensano di chiudere nuovamente la città, creando sbarramenti e divieti. Non ne parliamo di far salire la squadra su un pullman scoperto e farlo girare per la città, idea che sembra atterrire coloro i quali sono chiamati a prendere decisioni. Sembra poi che ci sia il terrore che i tifosi possano raggiungere l’aerostazione di Capodichino in attesa del ritorno della squadra. Allora voglio ricordare che in occasione della vittoria della Coppa Uefa, nel 1989, anche io ero sull’aereo che riportò a Napoli la squadra dopo la vittoria della Coppa a Stoccarda. Atterrammo a Capodichino in nottata e trovammo i tifosi all’interno dell’aerostazione, anzi sul piazzale interno dello scalo, nei pressi delle piste di atterraggio. La squadra scese dall’aereo tra la folla festante, salì su un autobus e a passo d’uomo si mosse. Il popolo impazzito di gioia festeggiò i propri beniamini. Il traffico in Viale Umberto Maddalena era paralizzato e il pullman riuscì a farsi largo solo grazie alla scorta della polizia. Poi tutto rientrò nella normalità. Ricordo che dovetti tornare a casa a piedi, mentre un fiume di persone festante scendeva da Capodichino verso il centro città. Non ci furono né morti né feriti, ma soltanto l’affermazione di una grande gioia di popolo che partecipò a quell’indimenticabile evento collettivo. Allora mi domando: vogliamo lasciare le cose come stanno, gestendo soltanto in maniera ordinaria l’ordine pubblico, come è giusto che sia, senza fare esagerazioni? Ricordo a tutti che i servizi di trasporto pubblico a Napoli sono disastrati e che non c’è modo di sostenere un’onda d’urto di gente in movimento come quella che è destinata a formarsi per festeggiare la conquista di uno scudetto. Chiudiamo allora i pensatoi e lasciamo che le cose vadano per il loro verso perché in fondo si tratta di una festa e non di una tragedia.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171311395MISTER Z - Napoli, grazie!NAPOLI - Ebbene sì, anche i giornalisti hanno un cuore. E’ vero, non dovrebbero mai farsi sopraffare dai sentimenti, almeno quando sono nell’esercizio delle loro funzioni. Ma come si fa? Domenica sera ho guardato la partita in tv da solo, sul divano di casa. Lo ammetto: quando Raspadori ha scaraventato il pallone in fondo alla rete mi sono alzato di scatto, ho levato i pugni in alto verso il soffitto e ho gridato qualcosa, non so bene che cosa. Il fatto è che 33 anni di attesa, peraltro contrassegnati da lunghi periodi di mortificazioni e di speranze disilluse, sono troppi e il ricordo di quell’ultima volta che accadde quel qualcosa che oggi ci apprestiamo a rivivere si dissolve nei meandri della memoria, assume contorni sfocati e per quanti sforzi io possa fare non riesco a ritrovare mai in pieno il gusto di quella gioia che solo la conquista di uno scudetto riesce a regalarti. Perché domenica sera all’Allianz Stadium di Torino il Napoli il tricolore se lo è cucito sulla maglietta, ora lo possiamo finalmente dire, anzi lo possiamo gridare ai quattro venti. In giornate come queste la gioia, la soddisfazione, l’entusiasmo fa superare ogni cosa, anche il ricordo triste dei fallimenti, delle retrocessioni, degli scudetti persi in albergo e perfino dei torti e delle sopraffazioni subiti qua e là sui campi d’Italia e d’Europa. Ora non conta più nulla se non la preparazione alla grande festa che ci apprestiamo a vivere e che è destinata a rimanere scolpita nei nostri cuori e delle nostre menti. Per questo oggi dobbiamo ringraziare tutti quelli che si sono resi protagonisti di questa spettacolare cavalcata: il presidente De Laurentiis e tutti i suoi collaboratori in Società, il Direttore Giuntoli, l’allenatore Spalletti con il suo staff, i medici, i preparatori atletici, i fisioterapisti e tutti i dipendenti del Calcio Napoli, dal mitico Tommaso Starace fino ai colleghi della Direzione Comunicazione e stampa e a tutti i collaboratori. E poi c’è la squadra. Che cosa dire di questi ragazzi? In questa avventura ci hanno messo le gambe e la testa, ma soprattutto ci hanno messo il cuore. E noi dobbiamo essergliene grati ora e per tutto il tempo che servirà, anche quando capiterà che vestiranno maglie diverse da quella azzurra e perfino quando saranno andati in pensione e saranno diventati a loro volta allenatori o commentatori televisivi. Infine i tifosi. Sono stati ammirevoli, straordinari rimanendo attaccati alla squadra sempre, comunque e dappertutto, da Dimaro all’ Allianz Stadium, passando per le trasferte di Coppa e per i boati ‘The Champions’ al ‘Maradona’. Con un sostegno simile anche per la squadra e per l’allenatore il cammino è stato più agevole. Perciò con il cuore gonfio di passione e di riconoscenza rivolgo a tutti i protagonisti di questa meravigliosa avventura il mio GRAZIE!     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-04-25T21:02:00ZNAPOLI - Ebbene sì, anche i giornalisti hanno un cuore. E’ vero, non dovrebbero mai farsi sopraffare dai sentimenti, almeno quando sono nell’esercizio delle loro funzioni. Ma come si fa? Domenica sera ho guardato la partita in tv da solo, sul divano di casa. Lo ammetto: quando Raspadori ha scaraventato il pallone in fondo alla rete mi sono alzato di scatto, ho levato i pugni in alto verso il soffitto e ho gridato qualcosa, non so bene che cosa. Il fatto è che 33 anni di attesa, peraltro contrassegnati da lunghi periodi di mortificazioni e di speranze disilluse, sono troppi e il ricordo di quell’ultima volta che accadde quel qualcosa che oggi ci apprestiamo a rivivere si dissolve nei meandri della memoria, assume contorni sfocati e per quanti sforzi io possa fare non riesco a ritrovare mai in pieno il gusto di quella gioia che solo la conquista di uno scudetto riesce a regalarti. Perché domenica sera all’Allianz Stadium di Torino il Napoli il tricolore se lo è cucito sulla maglietta, ora lo possiamo finalmente dire, anzi lo possiamo gridare ai quattro venti. In giornate come queste la gioia, la soddisfazione, l’entusiasmo fa superare ogni cosa, anche il ricordo triste dei fallimenti, delle retrocessioni, degli scudetti persi in albergo e perfino dei torti e delle sopraffazioni subiti qua e là sui campi d’Italia e d’Europa. Ora non conta più nulla se non la preparazione alla grande festa che ci apprestiamo a vivere e che è destinata a rimanere scolpita nei nostri cuori e delle nostre menti. Per questo oggi dobbiamo ringraziare tutti quelli che si sono resi protagonisti di questa spettacolare cavalcata: il presidente De Laurentiis e tutti i suoi collaboratori in Società, il Direttore Giuntoli, l’allenatore Spalletti con il suo staff, i medici, i preparatori atletici, i fisioterapisti e tutti i dipendenti del Calcio Napoli, dal mitico Tommaso Starace fino ai colleghi della Direzione Comunicazione e stampa e a tutti i collaboratori. E poi c’è la squadra. Che cosa dire di questi ragazzi? In questa avventura ci hanno messo le gambe e la testa, ma soprattutto ci hanno messo il cuore. E noi dobbiamo essergliene grati ora e per tutto il tempo che servirà, anche quando capiterà che vestiranno maglie diverse da quella azzurra e perfino quando saranno andati in pensione e saranno diventati a loro volta allenatori o commentatori televisivi. Infine i tifosi. Sono stati ammirevoli, straordinari rimanendo attaccati alla squadra sempre, comunque e dappertutto, da Dimaro all’ Allianz Stadium, passando per le trasferte di Coppa e per i boati ‘The Champions’ al ‘Maradona’. Con un sostegno simile anche per la squadra e per l’allenatore il cammino è stato più agevole. Perciò con il cuore gonfio di passione e di riconoscenza rivolgo a tutti i protagonisti di questa meravigliosa avventura il mio GRAZIE!     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171310458MR Z - Napoli, Luciano Spalletti e tutte le soluzioni tattiche al vaglioNAPOLI - Ormai è diventata un’abitudine. Tutti – grandi e piccoli – hanno imparato la lezione. Come giocare contro il Napoli? Semplice: basta mettere il pullman davanti alla porta, bloccare con raddoppi e triplicazioni di marcatura gli attaccanti di Spalletti e puntare tutto sul contropiede. Chi ha poi la fortuna di avere in squadra un velocista (tipo Leao, per intenderci) ha maggiori possibilità che questa tattica finisca per avere successo. Lo si è chiaramente visto in occasione delle partite giocate nell’ultimo scorcio di stagione con il Milan, ma non solo. La prima sconfitta in campionato, quella di San Siro contro l’Inter nel mese di gennaio alla ripresa del torneo dopo la sosta per il Mondiale in Qatar, aveva avuto le stesse identiche caratteristiche. Insomma il Napoli fa la partita, mantiene il possesso palla mentre le avversarie pensano solo a difendersi e a contrattaccare solo se e quando se ne presenta l’occasione. Questo atteggiamento un tempo riguardava solo le ‘piccole’ squadre che si presentavano al cospetto di una formazione più forte e che non avevano altra scelta se non quella di impostare la partita organizzando davanti alla propria porta quello che una volta si chiamava semplicemente catenaccio e che oggi ha assunto nomi più altisonanti o più esotici, a seconda di chi li definisce. Ma il contenuto è sempre lo stesso. Basti pensare a ciò che stato capace di combinare il Milan nel ritorno di Champions al ‘Maradona’: Osimhen, Kvara e Politano (Lozano dopo il fallaccio subito da quest’ultimo e peraltro non sanzionato) sempre circondati da due e anche da tre avversari. E’ una tattica, un modo di giocare, una strategia e come tale va rispettata, anche se quando le squadre italiane l’applicavano sistematicamente, in Europa venivano derise e sbeffeggiate. Ma questo non conta. Ciò che invece è importante è capire come ci si debba difendere da questa che ormai è diventata una moda, un andazzo irreversibile di fronte al quale è necessario trovare con urgenza delle contromisure. Spalletti, dunque, è chiamato a inventarsi qualcosa, a modificare le strategie tattiche della squadra per evitare che questo finale di stagione ci riservi brutte sorprese. Il rimedio più semplice che mi viene in mente è quello di adattarsi al catenaccio delle avversarie, snaturando il gioco della squadra, costringendola ad aspettare nella propria metà campo, senza accanirsi nella pressione offensiva, senza continuare nel far girare inutilmente la palla da un lato all’altro, venendo costretta a cercare sfoghi sulle fasce laterali del terreno di gioco e, quando è impossibile farlo, a ricominciare la manovra passando la palla indietro. Amor con amor si paga. Voi puntate sul non gioco, sulla distruzione? E io faccio altrettanto, vediamo così alla fine chi la spunta! Mi rendo conto che cambiare a fine stagione i connotati tattici di una squadra non è cosa da poco e non è neppure semplice come bere un bicchiere d’acqua. Ma qualche contromisura si dovrà pure trovarla perché diversamente si corre il serio rischio di continuare a vedere partite in cui l’attacco azzurro finisce per sbattere la testa contro…il pullman, salvo poi farsi infilare da un contropiede e uscire dal campo con le ossa rotte.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-04-21T21:59:00ZNAPOLI - Ormai è diventata un’abitudine. Tutti – grandi e piccoli – hanno imparato la lezione. Come giocare contro il Napoli? Semplice: basta mettere il pullman davanti alla porta, bloccare con raddoppi e triplicazioni di marcatura gli attaccanti di Spalletti e puntare tutto sul contropiede. Chi ha poi la fortuna di avere in squadra un velocista (tipo Leao, per intenderci) ha maggiori possibilità che questa tattica finisca per avere successo. Lo si è chiaramente visto in occasione delle partite giocate nell’ultimo scorcio di stagione con il Milan, ma non solo. La prima sconfitta in campionato, quella di San Siro contro l’Inter nel mese di gennaio alla ripresa del torneo dopo la sosta per il Mondiale in Qatar, aveva avuto le stesse identiche caratteristiche. Insomma il Napoli fa la partita, mantiene il possesso palla mentre le avversarie pensano solo a difendersi e a contrattaccare solo se e quando se ne presenta l’occasione. Questo atteggiamento un tempo riguardava solo le ‘piccole’ squadre che si presentavano al cospetto di una formazione più forte e che non avevano altra scelta se non quella di impostare la partita organizzando davanti alla propria porta quello che una volta si chiamava semplicemente catenaccio e che oggi ha assunto nomi più altisonanti o più esotici, a seconda di chi li definisce. Ma il contenuto è sempre lo stesso. Basti pensare a ciò che stato capace di combinare il Milan nel ritorno di Champions al ‘Maradona’: Osimhen, Kvara e Politano (Lozano dopo il fallaccio subito da quest’ultimo e peraltro non sanzionato) sempre circondati da due e anche da tre avversari. E’ una tattica, un modo di giocare, una strategia e come tale va rispettata, anche se quando le squadre italiane l’applicavano sistematicamente, in Europa venivano derise e sbeffeggiate. Ma questo non conta. Ciò che invece è importante è capire come ci si debba difendere da questa che ormai è diventata una moda, un andazzo irreversibile di fronte al quale è necessario trovare con urgenza delle contromisure. Spalletti, dunque, è chiamato a inventarsi qualcosa, a modificare le strategie tattiche della squadra per evitare che questo finale di stagione ci riservi brutte sorprese. Il rimedio più semplice che mi viene in mente è quello di adattarsi al catenaccio delle avversarie, snaturando il gioco della squadra, costringendola ad aspettare nella propria metà campo, senza accanirsi nella pressione offensiva, senza continuare nel far girare inutilmente la palla da un lato all’altro, venendo costretta a cercare sfoghi sulle fasce laterali del terreno di gioco e, quando è impossibile farlo, a ricominciare la manovra passando la palla indietro. Amor con amor si paga. Voi puntate sul non gioco, sulla distruzione? E io faccio altrettanto, vediamo così alla fine chi la spunta! Mi rendo conto che cambiare a fine stagione i connotati tattici di una squadra non è cosa da poco e non è neppure semplice come bere un bicchiere d’acqua. Ma qualche contromisura si dovrà pure trovarla perché diversamente si corre il serio rischio di continuare a vedere partite in cui l’attacco azzurro finisce per sbattere la testa contro…il pullman, salvo poi farsi infilare da un contropiede e uscire dal campo con le ossa rotte.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171309762MR Z - La pace tra ADL e i tifosi delle curve potrà avere un peso determinanteNAPOLI - La pace tra De Laurentiis e i tifosi delle curve potrà avere un peso determinante sul risultato della partita di questa sera al ‘Maradona’ e dunque sulla qualificazione del Napoli alla semifinale di Champions League. Si tratterebbe di un risultato straordinario, destinato a rimanere una pietra miliare nella storia del Calcio Napoli, indipendentemente dagli eventuali, ulteriori sviluppi. Il Milan è battibile nonostante le assenze, pur importantissime di Anguissa e Kim. Questo lo sa Spalletti, lo sanno i calciatori e lo sanno i tifosi. Ma la spinta dello stadio in una partita così delicata e importante può davvero essere il fattore determinante. C’è un luogo comune giornalistico secondo il quale i tifosi possono rappresentare in alcuni casi il dodicesimo uomo in campo. E’ un modo di dire che non mi piace e che non ho mai usato. Ma in questa occasione voglio fare un’eccezione. Il sostegno, la spinta del pubblico, le coreografie che sicuramente saranno create in questa circostanza, entreranno nell’animo e nella mente dei calciatori, incrementeranno la loro forza, la voglia di combattere, il desiderio di vincere questa sfida. E poi c’è il senso di rivalsa, il riscatto da una condizione di inferiorità ritenuta ingiusta, quella determinata da una sconfitta a San Siro sulla quale hanno pesato sicuramente talune decisioni arbitrali molto discutibili. Il Napoli però, pur nelle difficoltà dovute alle assenze e alla inferiorità numerica, ha dimostrato di saper gestire il gioco, di esercitare un possesso palla importante e di creare occasioni da gol che se concretizzate avrebbero cambiato decisamente i connotati tecnico-tattici della gara di questa sera. Ora però non bisogna pensare a ciò che è stato ma soltanto a ciò che sarà. Viviamo la gara di questa sera come una festa, come un momento di gioia che soltanto il calcio riesce a dare a chi ama questo sport. Tutto ciò ci esalta e ci inorgoglisce. E non dimentichiamo mai quello che, se Iddio vorrà, ci aspetta nei prossimi giorni e nelle prossime settimane.      Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-04-18T11:55:00ZNAPOLI - La pace tra De Laurentiis e i tifosi delle curve potrà avere un peso determinante sul risultato della partita di questa sera al ‘Maradona’ e dunque sulla qualificazione del Napoli alla semifinale di Champions League. Si tratterebbe di un risultato straordinario, destinato a rimanere una pietra miliare nella storia del Calcio Napoli, indipendentemente dagli eventuali, ulteriori sviluppi. Il Milan è battibile nonostante le assenze, pur importantissime di Anguissa e Kim. Questo lo sa Spalletti, lo sanno i calciatori e lo sanno i tifosi. Ma la spinta dello stadio in una partita così delicata e importante può davvero essere il fattore determinante. C’è un luogo comune giornalistico secondo il quale i tifosi possono rappresentare in alcuni casi il dodicesimo uomo in campo. E’ un modo di dire che non mi piace e che non ho mai usato. Ma in questa occasione voglio fare un’eccezione. Il sostegno, la spinta del pubblico, le coreografie che sicuramente saranno create in questa circostanza, entreranno nell’animo e nella mente dei calciatori, incrementeranno la loro forza, la voglia di combattere, il desiderio di vincere questa sfida. E poi c’è il senso di rivalsa, il riscatto da una condizione di inferiorità ritenuta ingiusta, quella determinata da una sconfitta a San Siro sulla quale hanno pesato sicuramente talune decisioni arbitrali molto discutibili. Il Napoli però, pur nelle difficoltà dovute alle assenze e alla inferiorità numerica, ha dimostrato di saper gestire il gioco, di esercitare un possesso palla importante e di creare occasioni da gol che se concretizzate avrebbero cambiato decisamente i connotati tecnico-tattici della gara di questa sera. Ora però non bisogna pensare a ciò che è stato ma soltanto a ciò che sarà. Viviamo la gara di questa sera come una festa, come un momento di gioia che soltanto il calcio riesce a dare a chi ama questo sport. Tutto ciò ci esalta e ci inorgoglisce. E non dimentichiamo mai quello che, se Iddio vorrà, ci aspetta nei prossimi giorni e nelle prossime settimane.      Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171308139MR Z - Napoli, il tempo del riscattoNAPOLI - Il sonoro mazziatone rimediato dieci giorni fa dal Milan al ‘Maradona’, la prestazione incolore (nonostante il preziosissimo successo)  di venerdì scorso a Lecce, i dubbi legati a Osimhen, l’assenza certa di Simeone che avrebbe rappresentato l’alternativa più logica al nigeriano, l’ottimo stato di forma dell’avversaria (il mezzo passo falso con l’Empoli in campionato conta poco o nulla): ebbene, ricorrono tutte le premesse per immaginare che il cammino del Napoli in Champions League possa essere pieno di ostacoli insormontabili e che domani la squadra di Pioli possa fare un sol boccone di quella di Spalletti. Ma io non sono d’accordo. Credo, invece, che proprio domani sera a San Siro possa avvenire la completa e definitiva ‘rinascita’ degli azzurri dopo le due ultime deludenti e per certi versi preoccupanti prestazioni alle quali abbiamo assistito. Non sarebbe la prima volta che a un periodo di appannamento, legato a una serie di fattori tra i quali l’inevitabile stress dovuto alle convocazioni nelle Nazionali di un gran numero di giocatori della rosa, fa seguito il riscatto. Le condizioni psicologiche perché ciò avvenga ci sono tutte. E la voglia di rivincita degli uomini di Spalletti legata alla mortificazione subita davanti ai propri tifosi sarà sicuramente la molla che animerà la prestazione di tutti. Un altro aspetto da considerare è che, rispetto alla partita finita 4-0 in favore dei rossoneri, questa volta non potranno esserci sorprese di natura tattica. Alla supremazia del Milan in ogni settore del terreno di gioco e soprattutto in mezzo al campo, rivelatasi tanto netta dieci giorni fa da diventare addirittura imbarazzante, l’allenatore del Napoli risponderà chiedendo ai suoi calciatori un atteggiamento diverso e soprattutto un posizionamento nuovo e più razionale rispetto a quanto si è visto in campionato. Vedremo sicuramente una squadra più coperta che potrebbe anche lasciare l’iniziativa agli avversari ma che non subirà i terribili sbandamenti visti nella sfida di campionato. Ultima considerazione: domani sera a San Siro, contrariamente al Milan che dovrà vincere per forza, il Napoli potrà giocare puntando a due risultati. Anche un pareggio, infatti, sarebbe utile perché è complicato ipotizzare che la prossima settimana la squadra di Pioli possa venire a vincere al ‘Maradona’ passeggiando allegramente come è avvenuto di recente.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-04-11T09:00:00ZNAPOLI - Il sonoro mazziatone rimediato dieci giorni fa dal Milan al ‘Maradona’, la prestazione incolore (nonostante il preziosissimo successo)  di venerdì scorso a Lecce, i dubbi legati a Osimhen, l’assenza certa di Simeone che avrebbe rappresentato l’alternativa più logica al nigeriano, l’ottimo stato di forma dell’avversaria (il mezzo passo falso con l’Empoli in campionato conta poco o nulla): ebbene, ricorrono tutte le premesse per immaginare che il cammino del Napoli in Champions League possa essere pieno di ostacoli insormontabili e che domani la squadra di Pioli possa fare un sol boccone di quella di Spalletti. Ma io non sono d’accordo. Credo, invece, che proprio domani sera a San Siro possa avvenire la completa e definitiva ‘rinascita’ degli azzurri dopo le due ultime deludenti e per certi versi preoccupanti prestazioni alle quali abbiamo assistito. Non sarebbe la prima volta che a un periodo di appannamento, legato a una serie di fattori tra i quali l’inevitabile stress dovuto alle convocazioni nelle Nazionali di un gran numero di giocatori della rosa, fa seguito il riscatto. Le condizioni psicologiche perché ciò avvenga ci sono tutte. E la voglia di rivincita degli uomini di Spalletti legata alla mortificazione subita davanti ai propri tifosi sarà sicuramente la molla che animerà la prestazione di tutti. Un altro aspetto da considerare è che, rispetto alla partita finita 4-0 in favore dei rossoneri, questa volta non potranno esserci sorprese di natura tattica. Alla supremazia del Milan in ogni settore del terreno di gioco e soprattutto in mezzo al campo, rivelatasi tanto netta dieci giorni fa da diventare addirittura imbarazzante, l’allenatore del Napoli risponderà chiedendo ai suoi calciatori un atteggiamento diverso e soprattutto un posizionamento nuovo e più razionale rispetto a quanto si è visto in campionato. Vedremo sicuramente una squadra più coperta che potrebbe anche lasciare l’iniziativa agli avversari ma che non subirà i terribili sbandamenti visti nella sfida di campionato. Ultima considerazione: domani sera a San Siro, contrariamente al Milan che dovrà vincere per forza, il Napoli potrà giocare puntando a due risultati. Anche un pareggio, infatti, sarebbe utile perché è complicato ipotizzare che la prossima settimana la squadra di Pioli possa venire a vincere al ‘Maradona’ passeggiando allegramente come è avvenuto di recente.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171306668MISTER Z - Napoli, in campionato la questione è matematicaNAPOLI - Con il Milan è finita 0-4 ma se la partita di domenica scorsa il Napoli l’avesse giocata con quasi tutte le altre squadre di serie A l’avrebbe persa ugualmente, forse solo con uno scarto inferiore. E se ci fosse stato Osimhen in campo sarebbe finita allo stesso modo. Un Napoli così non si era mai visto. Nelle altre due precedenti sconfitte (con l’Inter a San Siro e con la Lazio al Maradona) le cose andarono diversamente. Quelle erano due partite da classico pareggio che soltanto un episodio casuale fece girare in favore delle avversarie. Domenica scorsa invece il Napoli non è esistito. Deve essere accaduto qualcosa, non c’è niente da fare. Qualcosa del tipo di ciò che è successo a Jannick Sinner, il miglior tennista italiano che nella finale del torneo ATP 1000 di Miami ha perso con il russo Medvedev quasi senza lottare, sicuramente senza mai riuscire a mettere in discussione il risultato finale e nelle interviste del dopo gara ha confessato che al mattino si era svegliato senza un briciolo di forza addosso. I giocatori del Napoli camminavano e quelli in maglia rossonera correvano, questa è la differenza. Molto deve essere dipeso dagli impegni con le Nazionali che hanno svuotato di energie fisiche e psicologiche tutta la compagnia. E’ vero, anche 15 giocatori della rosa a disposizione di Pioli sono stati utilizzati dalle rispettive Nazionali. Ma il Napoli, si sa, soffre tradizionalmente queste convocazioni e ogni volta è la stessa storia: tra infortuni, affaticamenti e viaggi estenuanti la squadra perde i suoi punti di rifermento, si sballa completamente e i risultati sono quelli che sono. Poi in questo caso si sono aggiunti anche problemi di natura tattica, perché Pioli la sua squadra l’ha sistemata bene a centrocampo dove i rossoneri avevano una superiorità imbarazzante. Ma quante volte Anguissa, Lobotka e Zielinski sono stati capaci in questa stagione di mettere sotto reparti anche più accorsati di quello del Milan? E allora, visto che questo Napoli non può essere quello vero, ci dobbiamo preoccupare o dobbiamo continuare a essere fiduciosi? Dividiamo la questione in due parti, analizzando che cosa questa inopinata sconfitta potrà rappresentare per il futuro in Champions League e in campionato. Riguardo alla nuova, duplice sfida al Milan che ci apprestiamo a vivere nei prossimi 15 giorni, l’umiliazione subita domenica scorsa è da considerarsi benefica. Ciò che doveva accadere è già accaduto. Le sorprese sono finite in tutti i sensi, sia a livello atletico, sia a livello tattico. E’ chiaro che ora Spalletti riordinerà le idee, alla luce di quello che è successo e rimodellerà tatticamente la squadra, apportando i giusti correttivi. Per non parlare del feroce desiderio di rivalsa che animerà tutta la squadra. Il doppio confronto, anche per le motivazioni completamente diverse rispetto a quelle di domenica scorsa che ne sono alla base, sarà sicuramente equilibrato. Le due partite il Napoli potrà vincerle o perderle, ma quel che è certo è che lo farà con uno spirito nuovo e differente e sicuramente non finirà per mostrarsi come un’Armata Brancaleone senza capo né coda come è accaduto l’altro ieri. Riguardo al campionato, la questione è meramente di tipo matematico. Alla fine del campionato mancano ancora 10 partite che distribuiscono un massimo di 30 punti. Il Napoli ne ha 16 di vantaggio sulla seconda in classifica, la Lazio. Ammesso dunque che i biancocelesti le vincano tutte e dieci, agli azzurri basterà totalizzare ancora 15 punti per chiudere in testa. Quindici punti si realizzano con 5 vittorie (ed eventualmente anche con qualche pareggio). Guardando il calendario si può ipotizzare che tali successi possano agevolmente arrivare con Lecce, Verona, Salernitana, Monza e Sampdoria. Le altre cinque sfide (con Juventus, Udinese, Fiorentina, Inter e Bologna) diventerebbero a quel punto del tutto ininfluenti. Insomma non c’è da piangersi addosso e il problema si potrebbe creare solo se il Napoli dovesse giocare le prossime dieci gare con la stessa fiacca che si è vista domenica scorsa, cosa estremamente improbabile. C’è però da chiarire un altro aspetto: la sorte giudiziaria della Juventus. Il prossimo 19 aprile il Collegio di Garanzia del Coni deciderà sul ricorso presentato dalla Società bianconera contro la penalizzazione di 15 punti. Se il verdetto emesso a suo tempo dalla Corte Federale d’Appello della FIGC verrà ribaltato, la Juventus si ritroverà seconda in classifica a 12 lunghezze dal Napoli (che nel frattempo potrebbero ulteriormente aumentare o diminuire). E proprio la domenica successiva a Torino si giocherà Juventus-Napoli, con la possibilità dunque che il distacco scenda a 9 lunghezze quando alla fine del campionato mancheranno ancora sette partite. E’ pur vero che sul capo della Juventus pende anche il giudizio relativo al filone stipendi, derivante dall’inchiesta Prisma della giustizia ordinaria. Non si sa ovviamente come andrà a finire, ma è evidente che anche questo filone potrebbe portare all’emissione di una pena afflittiva, con punti di penalizzazione da scontare nel campionato in corso (se la giustizia sportiva farà in tempo a emettere un verdetto) o in quello del prossimo anno. In ogni caso, anche se il Collegio di Garanzia del Coni dovesse confermare i 15 punti di penalizzazione, sarebbe meglio che il titolo il Napoli riuscisse a conquistarselo concludendo il campionato con almeno 16 lunghezze di vantaggio sulla Juventus per evitare di sentirsi poi dire che sul campo lo scudetto lo hanno vinto i bianconeri e che il Napoli se lo è aggiudicato solo in un aula di giustizia. I presupposti perché ciò avvenga ci sono davvero tutti. E dopo un campionato condotto in maniera magistrale dagli azzurri, una cosa del genere sarebbe davvero insopportabile.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-04-04T08:00:00ZNAPOLI - Con il Milan è finita 0-4 ma se la partita di domenica scorsa il Napoli l’avesse giocata con quasi tutte le altre squadre di serie A l’avrebbe persa ugualmente, forse solo con uno scarto inferiore. E se ci fosse stato Osimhen in campo sarebbe finita allo stesso modo. Un Napoli così non si era mai visto. Nelle altre due precedenti sconfitte (con l’Inter a San Siro e con la Lazio al Maradona) le cose andarono diversamente. Quelle erano due partite da classico pareggio che soltanto un episodio casuale fece girare in favore delle avversarie. Domenica scorsa invece il Napoli non è esistito. Deve essere accaduto qualcosa, non c’è niente da fare. Qualcosa del tipo di ciò che è successo a Jannick Sinner, il miglior tennista italiano che nella finale del torneo ATP 1000 di Miami ha perso con il russo Medvedev quasi senza lottare, sicuramente senza mai riuscire a mettere in discussione il risultato finale e nelle interviste del dopo gara ha confessato che al mattino si era svegliato senza un briciolo di forza addosso. I giocatori del Napoli camminavano e quelli in maglia rossonera correvano, questa è la differenza. Molto deve essere dipeso dagli impegni con le Nazionali che hanno svuotato di energie fisiche e psicologiche tutta la compagnia. E’ vero, anche 15 giocatori della rosa a disposizione di Pioli sono stati utilizzati dalle rispettive Nazionali. Ma il Napoli, si sa, soffre tradizionalmente queste convocazioni e ogni volta è la stessa storia: tra infortuni, affaticamenti e viaggi estenuanti la squadra perde i suoi punti di rifermento, si sballa completamente e i risultati sono quelli che sono. Poi in questo caso si sono aggiunti anche problemi di natura tattica, perché Pioli la sua squadra l’ha sistemata bene a centrocampo dove i rossoneri avevano una superiorità imbarazzante. Ma quante volte Anguissa, Lobotka e Zielinski sono stati capaci in questa stagione di mettere sotto reparti anche più accorsati di quello del Milan? E allora, visto che questo Napoli non può essere quello vero, ci dobbiamo preoccupare o dobbiamo continuare a essere fiduciosi? Dividiamo la questione in due parti, analizzando che cosa questa inopinata sconfitta potrà rappresentare per il futuro in Champions League e in campionato. Riguardo alla nuova, duplice sfida al Milan che ci apprestiamo a vivere nei prossimi 15 giorni, l’umiliazione subita domenica scorsa è da considerarsi benefica. Ciò che doveva accadere è già accaduto. Le sorprese sono finite in tutti i sensi, sia a livello atletico, sia a livello tattico. E’ chiaro che ora Spalletti riordinerà le idee, alla luce di quello che è successo e rimodellerà tatticamente la squadra, apportando i giusti correttivi. Per non parlare del feroce desiderio di rivalsa che animerà tutta la squadra. Il doppio confronto, anche per le motivazioni completamente diverse rispetto a quelle di domenica scorsa che ne sono alla base, sarà sicuramente equilibrato. Le due partite il Napoli potrà vincerle o perderle, ma quel che è certo è che lo farà con uno spirito nuovo e differente e sicuramente non finirà per mostrarsi come un’Armata Brancaleone senza capo né coda come è accaduto l’altro ieri. Riguardo al campionato, la questione è meramente di tipo matematico. Alla fine del campionato mancano ancora 10 partite che distribuiscono un massimo di 30 punti. Il Napoli ne ha 16 di vantaggio sulla seconda in classifica, la Lazio. Ammesso dunque che i biancocelesti le vincano tutte e dieci, agli azzurri basterà totalizzare ancora 15 punti per chiudere in testa. Quindici punti si realizzano con 5 vittorie (ed eventualmente anche con qualche pareggio). Guardando il calendario si può ipotizzare che tali successi possano agevolmente arrivare con Lecce, Verona, Salernitana, Monza e Sampdoria. Le altre cinque sfide (con Juventus, Udinese, Fiorentina, Inter e Bologna) diventerebbero a quel punto del tutto ininfluenti. Insomma non c’è da piangersi addosso e il problema si potrebbe creare solo se il Napoli dovesse giocare le prossime dieci gare con la stessa fiacca che si è vista domenica scorsa, cosa estremamente improbabile. C’è però da chiarire un altro aspetto: la sorte giudiziaria della Juventus. Il prossimo 19 aprile il Collegio di Garanzia del Coni deciderà sul ricorso presentato dalla Società bianconera contro la penalizzazione di 15 punti. Se il verdetto emesso a suo tempo dalla Corte Federale d’Appello della FIGC verrà ribaltato, la Juventus si ritroverà seconda in classifica a 12 lunghezze dal Napoli (che nel frattempo potrebbero ulteriormente aumentare o diminuire). E proprio la domenica successiva a Torino si giocherà Juventus-Napoli, con la possibilità dunque che il distacco scenda a 9 lunghezze quando alla fine del campionato mancheranno ancora sette partite. E’ pur vero che sul capo della Juventus pende anche il giudizio relativo al filone stipendi, derivante dall’inchiesta Prisma della giustizia ordinaria. Non si sa ovviamente come andrà a finire, ma è evidente che anche questo filone potrebbe portare all’emissione di una pena afflittiva, con punti di penalizzazione da scontare nel campionato in corso (se la giustizia sportiva farà in tempo a emettere un verdetto) o in quello del prossimo anno. In ogni caso, anche se il Collegio di Garanzia del Coni dovesse confermare i 15 punti di penalizzazione, sarebbe meglio che il titolo il Napoli riuscisse a conquistarselo concludendo il campionato con almeno 16 lunghezze di vantaggio sulla Juventus per evitare di sentirsi poi dire che sul campo lo scudetto lo hanno vinto i bianconeri e che il Napoli se lo è aggiudicato solo in un aula di giustizia. I presupposti perché ciò avvenga ci sono davvero tutti. E dopo un campionato condotto in maniera magistrale dagli azzurri, una cosa del genere sarebbe davvero insopportabile.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171304216MISTER Z - Napoli, il gioco delle partiNAPOLI - Il gioco delle parti. Ovvero: De Laurentiis chiama, Spalletti non risponde. Ma perché? Che cosa c’è dietro a questo silenzio dell’allenatore che sta guidando trionfalmente la squadra alla conquista del terzo… (la settimana scorsa scrissi che da allora in poi ne avrei parlato esplicitamente, alla faccia della scaramanzia) scudetto? Il giallo o presunto tale è di semplicissima lettura ed è un gioco da ragazzi chiarire i termini della questione. Il presidente è ovviamente convinto di dover far valere il diritto alla riconferma del tecnico, unilateralmente sancito nel contratto a suo tempo sottoscritto tra le parti. E come potrebbe pensarla in maniera diversa? Nei due anni alla guida della squadra Spalletti ha accettato senza batter ciglio il ridimensionamento del tetto degli ingaggi ai calciatori e con esso la diaspora di molti di quelli che, a dispetto dell’età avanzata, costituivano l’ossatura, la colonna vertebrale, l’asse portante della squadra. L’allenatore ha approvato la politica societaria coscientemente, sicuramente l’ha condivisa e probabilmente è stato perfino lui a caldeggiarla, visto che trattasi di un uomo che sa bene quando per giocatori un po’ stagionati sia venuto il momento di cambiare aria, se non addirittura di appendere gli scarpini al chiodo. In ogni caso, forte anche delle scelte tutte indovinate di Giuntoli ed evidentemente anche queste da lui sottoscritte, la rosa rivoluzionata in estate si è rivelata una macchina da guerra talmente forte e organizzata da stracciare tutta la concorrenza in campionato e fin qui perfino in Champions. E’ chiaro dunque che il presidente non voglia privarsi del suo allenatore. A parte l’interesse a farlo per motivi tecnici e organizzativi, ma chi andrebbe poi a spiegare la scelta di disfarsene a un pubblico di tifosi per il quale l’uomo del terzo scudetto è da mettere su un piedistallo d’oro perché rappresenta uno dei volti più amati nel contesto dell’intera storia della Società e della squadra? Se le ragioni di De Laurentiis sono chiare (tanto da averlo spinto a fare outing in un pubblico consesso, quasi certamente senza che Spalletti, che in quella circostanza non ha fatto una piega, ne fosse stato preventivamente informato) altrettanto comprensibili sono quelle che inducono (per il momento) il tecnico al silenzio. Perché è chiaro che dal rimanere sulla panchina del Napoli per una terza stagione consecutiva Spalletti ha tutto da perdere e ben poco (a parte l’ingaggio che potrebbe giustamente chiedere e ottenere che venga aumentato) da guadagnare. Come si può pensare, infatti, che il prossimo anno i risultati della squadra possano essere migliori di quelli della stagione che si avvia trionfalmente alla conclusione? Molto dunque dipenderà dal fatto che De Laurentiis sia disposto a prendersi con l’allenatore gli impegni che quest’ultimo gli chiederà. Soldi per se stesso? Anche. Ma non credo che il nodo della questione stia nell’ingaggio di Spalletti. Quel che conterà sarà invece la disponibilità del presidente a mantenere una rosa altamente competitiva. Se invece nel colloquio che prima o poi ci sarà, De Laurentiis dovesse ammettere la volontà di privarsi (in caso di offerte congrue che sicuramente arriveranno a pioggia da ogni parte d’Europa) di Osimhen – tanto per fare un nome – è chiaro che la voglia di rimanere seduto sulla panchina che certamente sul piano morale anima Spalletti finirebbe per raffreddarsi. Questo è sicuramente il motivo per il quale l’allenatore ha preso atto della volontà della Società di rinnovargli il contratto, ma ha fatto finta di non sentire. Tanto per cambiare il peso delle decisioni ricade dunque, come sempre, sulle spalle del presidente. La speranza è che De Laurentiis rimanga lucido e concreto e faccia come è giusto le sue scelte nell’interesse della Società ma anche nell’interesse dei tifosi.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-03-28T21:57:00ZNAPOLI - Il gioco delle parti. Ovvero: De Laurentiis chiama, Spalletti non risponde. Ma perché? Che cosa c’è dietro a questo silenzio dell’allenatore che sta guidando trionfalmente la squadra alla conquista del terzo… (la settimana scorsa scrissi che da allora in poi ne avrei parlato esplicitamente, alla faccia della scaramanzia) scudetto? Il giallo o presunto tale è di semplicissima lettura ed è un gioco da ragazzi chiarire i termini della questione. Il presidente è ovviamente convinto di dover far valere il diritto alla riconferma del tecnico, unilateralmente sancito nel contratto a suo tempo sottoscritto tra le parti. E come potrebbe pensarla in maniera diversa? Nei due anni alla guida della squadra Spalletti ha accettato senza batter ciglio il ridimensionamento del tetto degli ingaggi ai calciatori e con esso la diaspora di molti di quelli che, a dispetto dell’età avanzata, costituivano l’ossatura, la colonna vertebrale, l’asse portante della squadra. L’allenatore ha approvato la politica societaria coscientemente, sicuramente l’ha condivisa e probabilmente è stato perfino lui a caldeggiarla, visto che trattasi di un uomo che sa bene quando per giocatori un po’ stagionati sia venuto il momento di cambiare aria, se non addirittura di appendere gli scarpini al chiodo. In ogni caso, forte anche delle scelte tutte indovinate di Giuntoli ed evidentemente anche queste da lui sottoscritte, la rosa rivoluzionata in estate si è rivelata una macchina da guerra talmente forte e organizzata da stracciare tutta la concorrenza in campionato e fin qui perfino in Champions. E’ chiaro dunque che il presidente non voglia privarsi del suo allenatore. A parte l’interesse a farlo per motivi tecnici e organizzativi, ma chi andrebbe poi a spiegare la scelta di disfarsene a un pubblico di tifosi per il quale l’uomo del terzo scudetto è da mettere su un piedistallo d’oro perché rappresenta uno dei volti più amati nel contesto dell’intera storia della Società e della squadra? Se le ragioni di De Laurentiis sono chiare (tanto da averlo spinto a fare outing in un pubblico consesso, quasi certamente senza che Spalletti, che in quella circostanza non ha fatto una piega, ne fosse stato preventivamente informato) altrettanto comprensibili sono quelle che inducono (per il momento) il tecnico al silenzio. Perché è chiaro che dal rimanere sulla panchina del Napoli per una terza stagione consecutiva Spalletti ha tutto da perdere e ben poco (a parte l’ingaggio che potrebbe giustamente chiedere e ottenere che venga aumentato) da guadagnare. Come si può pensare, infatti, che il prossimo anno i risultati della squadra possano essere migliori di quelli della stagione che si avvia trionfalmente alla conclusione? Molto dunque dipenderà dal fatto che De Laurentiis sia disposto a prendersi con l’allenatore gli impegni che quest’ultimo gli chiederà. Soldi per se stesso? Anche. Ma non credo che il nodo della questione stia nell’ingaggio di Spalletti. Quel che conterà sarà invece la disponibilità del presidente a mantenere una rosa altamente competitiva. Se invece nel colloquio che prima o poi ci sarà, De Laurentiis dovesse ammettere la volontà di privarsi (in caso di offerte congrue che sicuramente arriveranno a pioggia da ogni parte d’Europa) di Osimhen – tanto per fare un nome – è chiaro che la voglia di rimanere seduto sulla panchina che certamente sul piano morale anima Spalletti finirebbe per raffreddarsi. Questo è sicuramente il motivo per il quale l’allenatore ha preso atto della volontà della Società di rinnovargli il contratto, ma ha fatto finta di non sentire. Tanto per cambiare il peso delle decisioni ricade dunque, come sempre, sulle spalle del presidente. La speranza è che De Laurentiis rimanga lucido e concreto e faccia come è giusto le sue scelte nell’interesse della Società ma anche nell’interesse dei tifosi.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171302616MR Z - Napoli a +19 sulla seconda, autorizzati a sentirsi al sicuroNAPOLI - Bastano 19 punti di vantaggio sulla seconda in classifica, quando mancano 11 partite alla fine del campionato, per sentirsi al sicuro? La mia risposta è sì. Il calcolo matematico si fa in pochi attimi, ma al di là dei numeri quello che realmente conta è l’estrema facilità con la quale il Napoli ha dimostrato di saper superare qualunque avversaria. La sconfitta con la Lazio è dipesa da molteplici fattori, ma il Napoli ha dimostrato con l’Atalanta e con il Torino che quello con i biancocelesti di Sarri è stato soltanto un caso fortuito. D’altro canto se non fosse stato per quel tiro di Vecino (se ripetesse il tentativo altro cento volte probabilmente non segnerebbe mai più) staremmo ora a parlare di uno 0-0 che non avrebbe di sicuro reso particolarmente più solida la posizione del Napoli ma che avrebbe avuto l’unico effetto di lasciare ancora inviolato il San Paolo per quest’anno. Recuperare 19 punti per la Lazio (senza scontri diretti in programma) e portare il Napoli allo spareggio è onestamente un’impresa disperata. Ammesso che i laziali vincano da ora in poi tutte le partite che mancano da qui alla fine del campionato, al Napoli basterebbe vincerne altre cinque per risultare irraggiungibile. E per il Napoli di quest’anno cinque vittorie sono quasi un gioco, un dettaglio, un’operazione chirurgica da fare senza affanni e senza rischi. In queste condizioni Spalletti ha tutte le possibilità di concentrarsi e di far concentrare i calciatori sulla Champions. Probabilmente da ora in poi potrà anche maggiormente fare ricorso al turnover in modo che i titolarissimi, quelli da schierare sicuramente nelle due gare con il Milan e in quelle che auspicabilmente seguiranno con l’Inter o con il Benfica, possano arrivare più freschi e riposati agli appuntamenti decisivi. La partita di Torino ha dimostrato in maniera inequivocabile che l’epoca della prudenza e soprattutto della scaramanzia è definitivamente alle spalle. Oggi c’è tutto il tempo di programmare il finale di stagione per sfruttare al meglio (o almeno tentare di farlo nel modo migliore) la sorte favorevole che ha regalato al Napoli nelle urne di Nyon gli accoppiamenti ideali per farci sperare tutti assieme in un finale che fino a poco tempo fa non ci saremmo né immaginato né sognato.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-03-21T22:56:00ZNAPOLI - Bastano 19 punti di vantaggio sulla seconda in classifica, quando mancano 11 partite alla fine del campionato, per sentirsi al sicuro? La mia risposta è sì. Il calcolo matematico si fa in pochi attimi, ma al di là dei numeri quello che realmente conta è l’estrema facilità con la quale il Napoli ha dimostrato di saper superare qualunque avversaria. La sconfitta con la Lazio è dipesa da molteplici fattori, ma il Napoli ha dimostrato con l’Atalanta e con il Torino che quello con i biancocelesti di Sarri è stato soltanto un caso fortuito. D’altro canto se non fosse stato per quel tiro di Vecino (se ripetesse il tentativo altro cento volte probabilmente non segnerebbe mai più) staremmo ora a parlare di uno 0-0 che non avrebbe di sicuro reso particolarmente più solida la posizione del Napoli ma che avrebbe avuto l’unico effetto di lasciare ancora inviolato il San Paolo per quest’anno. Recuperare 19 punti per la Lazio (senza scontri diretti in programma) e portare il Napoli allo spareggio è onestamente un’impresa disperata. Ammesso che i laziali vincano da ora in poi tutte le partite che mancano da qui alla fine del campionato, al Napoli basterebbe vincerne altre cinque per risultare irraggiungibile. E per il Napoli di quest’anno cinque vittorie sono quasi un gioco, un dettaglio, un’operazione chirurgica da fare senza affanni e senza rischi. In queste condizioni Spalletti ha tutte le possibilità di concentrarsi e di far concentrare i calciatori sulla Champions. Probabilmente da ora in poi potrà anche maggiormente fare ricorso al turnover in modo che i titolarissimi, quelli da schierare sicuramente nelle due gare con il Milan e in quelle che auspicabilmente seguiranno con l’Inter o con il Benfica, possano arrivare più freschi e riposati agli appuntamenti decisivi. La partita di Torino ha dimostrato in maniera inequivocabile che l’epoca della prudenza e soprattutto della scaramanzia è definitivamente alle spalle. Oggi c’è tutto il tempo di programmare il finale di stagione per sfruttare al meglio (o almeno tentare di farlo nel modo migliore) la sorte favorevole che ha regalato al Napoli nelle urne di Nyon gli accoppiamenti ideali per farci sperare tutti assieme in un finale che fino a poco tempo fa non ci saremmo né immaginato né sognato.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171365872MR Z - Napoli, occhio in difesaNAPOLI - I nodi prima o poi vengono al pettine. È stato bello e piacevole risparmiare sul mercato estivo pensando che le uscite di Kim e di Lozano potessero essere compensate dagli ingaggi di Natan e Lindstrom, con un conseguente notevole risparmio per le casse della Società, ma ora ci si accorge che la frittata è fatta e che il campionato del Napoli potrà essere raddrizzato (e solo fino a un certo punto) probabilmente soltanto se si riuscirà a trovare qualche buona occasione sul mercato di riparazione, cosa notoriamente non facile perché chi ha in casa sua giocatori buoni in linea di massima se li tiene e a gennaio non li dà a nessuno. Guardiamo alla partita con l’Inter. Fermi restando gli errori clamorosi e inspiegabili dell’arbitro Massa e del Var che non è andato in suo soccorso per segnalare il fallo di Lautaro su Lobotka prima del gol di Calhanoglu e successivamente il nettissimo rigore per il Napoli per il fallo di Acerbi su Osimhen, rimane l’ennesima prestazione infelice della difesa azzurra a scusante della quale non può neppure essere addotta la mancanza di un titolare sulla fascia sinistra a causa degli infortuni che hanno bloccato Mario Rui e Olivera. La verità è che la retroguardia è diventata una specie di colabrodo. L’unico che si salva (e neanche sempre) è Di Lorenzo il quale per la verità si deve ormai considerare più un centrocampista aggiunto, peraltro con spiccate attitudini offensive, piuttosto che un difensore. Ma per il resto la situazione sembra ormai non essere più sotto controllo. È chiaro ora più che mai che il cemento della difesa dell’anno scorso, l’elemento che teneva tutto unito come il mastice e che faceva della retroguardia un sol uomo e un blocco quasi invincibile era Kim. Partito il coreano è franato tutto il castello. Rrahmani è irriconoscibile. Lento, farraginoso, impaurito, sembra aver perso perfino quell’imperioso stacco di testa che era una delle caratteristiche principali del suo repertorio. Natan è giovane e inesperto e fa quel che può, sia che venga impegnato come centrale, sia che giochi sul lato esterno del campo come è avvenuto nel match contro l’Inter. Ostigard lavora molto bene in fase aerea, ma quando il pallone viaggia a pelo d’erba ha dei limiti che deve ancora superare. Juan Jesus infine ha esperienza da vendere ma il senso della posizione e la velocità non sono il suo forte. Se a tutto questo si aggiunge l’insicurezza che da un po’ di tempo Meret dà a tutto il reparto si ha il quadro completo, chiaro e sconfortante della situazione. Ciò che fa più rabbia, ripensando alla partita con i nerazzurri, è che il Napoli nonostante le evidentissime pecche difensive non avrebbe meritato di perdere. La squadra ha sicuramente ritrovato la grinta e sta migliorando costantemente, dopo l’avvento di Walter Mazzarri, anche sul piano atletico (ormai la squadra è in grado di correre fin quasi al novantesimo, cosa del tutto inimmaginabile con Garcia in panchina). Certo Osimhen non ha ancora ritrovato il miglior stato di forma dopo la lunga sosta forzata e anche Kvara ha un andamento troppo altalenante. Ma la grinta, la generosità, la forza d’animo dimostrate dalla squadra compensano abbondantemente tali deficit che comunque sono destinati a ridursi fino a scomparire con il passar del tempo. Ciò che resta è la fragilità della difesa e non è cosa da poco perché nel calcio le partite si vincono quasi sempre se non si subiscono gol e il Napoli attuale in questo senso non dà alcuna garanzia. Ecco perché urge un intervento sul mercato. De Laurentiis sa bene che con questo organico il quarto posto e dunque la qualificazione alla Champions League del prossimo anno non sarà facile da agganciare. Il danno economico sarebbe tale da mettere a repentaglio il futuro stesso della Società. E dunque non c’è tempo da perdere. Bisogna intervenire ora che si è ancora in tempo.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-12-05T22:49:00ZNAPOLI - I nodi prima o poi vengono al pettine. È stato bello e piacevole risparmiare sul mercato estivo pensando che le uscite di Kim e di Lozano potessero essere compensate dagli ingaggi di Natan e Lindstrom, con un conseguente notevole risparmio per le casse della Società, ma ora ci si accorge che la frittata è fatta e che il campionato del Napoli potrà essere raddrizzato (e solo fino a un certo punto) probabilmente soltanto se si riuscirà a trovare qualche buona occasione sul mercato di riparazione, cosa notoriamente non facile perché chi ha in casa sua giocatori buoni in linea di massima se li tiene e a gennaio non li dà a nessuno. Guardiamo alla partita con l’Inter. Fermi restando gli errori clamorosi e inspiegabili dell’arbitro Massa e del Var che non è andato in suo soccorso per segnalare il fallo di Lautaro su Lobotka prima del gol di Calhanoglu e successivamente il nettissimo rigore per il Napoli per il fallo di Acerbi su Osimhen, rimane l’ennesima prestazione infelice della difesa azzurra a scusante della quale non può neppure essere addotta la mancanza di un titolare sulla fascia sinistra a causa degli infortuni che hanno bloccato Mario Rui e Olivera. La verità è che la retroguardia è diventata una specie di colabrodo. L’unico che si salva (e neanche sempre) è Di Lorenzo il quale per la verità si deve ormai considerare più un centrocampista aggiunto, peraltro con spiccate attitudini offensive, piuttosto che un difensore. Ma per il resto la situazione sembra ormai non essere più sotto controllo. È chiaro ora più che mai che il cemento della difesa dell’anno scorso, l’elemento che teneva tutto unito come il mastice e che faceva della retroguardia un sol uomo e un blocco quasi invincibile era Kim. Partito il coreano è franato tutto il castello. Rrahmani è irriconoscibile. Lento, farraginoso, impaurito, sembra aver perso perfino quell’imperioso stacco di testa che era una delle caratteristiche principali del suo repertorio. Natan è giovane e inesperto e fa quel che può, sia che venga impegnato come centrale, sia che giochi sul lato esterno del campo come è avvenuto nel match contro l’Inter. Ostigard lavora molto bene in fase aerea, ma quando il pallone viaggia a pelo d’erba ha dei limiti che deve ancora superare. Juan Jesus infine ha esperienza da vendere ma il senso della posizione e la velocità non sono il suo forte. Se a tutto questo si aggiunge l’insicurezza che da un po’ di tempo Meret dà a tutto il reparto si ha il quadro completo, chiaro e sconfortante della situazione. Ciò che fa più rabbia, ripensando alla partita con i nerazzurri, è che il Napoli nonostante le evidentissime pecche difensive non avrebbe meritato di perdere. La squadra ha sicuramente ritrovato la grinta e sta migliorando costantemente, dopo l’avvento di Walter Mazzarri, anche sul piano atletico (ormai la squadra è in grado di correre fin quasi al novantesimo, cosa del tutto inimmaginabile con Garcia in panchina). Certo Osimhen non ha ancora ritrovato il miglior stato di forma dopo la lunga sosta forzata e anche Kvara ha un andamento troppo altalenante. Ma la grinta, la generosità, la forza d’animo dimostrate dalla squadra compensano abbondantemente tali deficit che comunque sono destinati a ridursi fino a scomparire con il passar del tempo. Ciò che resta è la fragilità della difesa e non è cosa da poco perché nel calcio le partite si vincono quasi sempre se non si subiscono gol e il Napoli attuale in questo senso non dà alcuna garanzia. Ecco perché urge un intervento sul mercato. De Laurentiis sa bene che con questo organico il quarto posto e dunque la qualificazione alla Champions League del prossimo anno non sarà facile da agganciare. Il danno economico sarebbe tale da mettere a repentaglio il futuro stesso della Società. E dunque non c’è tempo da perdere. Bisogna intervenire ora che si è ancora in tempo.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171364257MISTER Z - Napoli, fiducia a MazzarriNAPOLI - Mazzarri è arrivato a Bergamo senza aver quasi avuto il tempo di conoscere buona parte dei suoi 'titolarissimi' che fino a più della metà della scorsa settimana erano stati impegnati con le rispettive Nazionali. Pensate che Anguissa ha raggiunto i compagni di squadra soltanto venerdì, il giorno prima dell'impegno di campionato. Eppure i risultati da attribuire sicuramente al cambio della guida tecnica si sono visti eccome. Non tanto per il risultato favorevole (che pure riveste un'importanza capitale, considerato che l'Atalanta è una delle avversarie dirette degli azzurri per il raggiungimento di una delle prime quattro posizioni in classifica, quella valide, cioè, per la conquiata di un posto nella Champions League del prossimo anno), quanto per l'animo diverso con il quale la squadra ha approcciato la gara. E non sono mancate le limature sul piano tattico apportate da Mazzarri (ne cito una soltanto, la posizione di Zielinski piazzato molto di più nel vivo del gioco e dell'organizzazione della manovra nella sua fase iniziale) che hanno contribuito a rendere la squadra più solida, più convinta dei propri mezzi, in una parola più forte. Ci sono - sarebbe da stolti negarlo - anche delle criticità che si erano viste nell'era-Garcia e che non sono ancora svanite. E d'altro canto Mazzarri fa 'soltanto' l'allenatore e per i miracoli evidentemente non è ancora attrezzato. Mi riferisco a certe sbavature della difesa (Rrahmani ancora una volta si è fatto battere nello stacco da un attaccante 'piccoletto', Lookman che è alto solo 1,76 centimetri) e soprattutto alle difficoltà atletiche un po' di tutta la squada che si sono manifestate, come al solito, a partire dalla fase centrale del secondo tempo. Tale circostanza fa capire che molta parte del lavoro che servirà per riportare il Napoli in condizione di far male a qualunque altro avversario dovrà farlo più il preparatore atletico Pondrelli che non l'allenatore. Non sappiamo, il suo predecessore, Paolo Rongoni come abbia impostato, a partire dai due ritiri estivi, la preparazione atletica del gruppo. Garcia ha sempe detto che la strategia era quella di far durare la carica a lungo, addirittura fino alla fine del campionato. Da quel che si è visto però il lavoro è rimasto per sempre a metà strada ed infatti la squadra è sempre durata un tempo. Un contributo al chiarimento della situazione potrà sicuramente venire da Francesco Cacciapuoti, il giovane e bravissimo secondo di Rongoni (già lo era di Sinatti) che potrà sicuramente chiarire le idee a Pondrelli. Insieme potranno mettere a punto una strategia nuova che serva a far durare davvero più a lungo sul piano atletico i giocatori di Mazzarri. Il tempo per lavorare a fondo non c'è stato ancora. Speriamo che qualcosa si cominci a vedere già domani sera a Madrid. La partita non è di fondamentale importanza. Una sconfitta al Santiago Bernabeu non farebbe impressione, sarebbe nell'ordine naturale delle cose. Un'impresa degli azzurri contribuirebbe, invece, a dare ancor più fiducia all'ambiente e agevolerebbe nel cammino della squadra che è difficile e tortuoso. Non dimentichiamo che nelle prossime due gare di campionato gli azzurri dovranno affrontare Inter e Juventus. E un bel po' di energia positiva che si potrebbe sprigionare da un risultato favorevole a Madrid sarebbe benzina super nel motore.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-11-28T10:00:00ZNAPOLI - Mazzarri è arrivato a Bergamo senza aver quasi avuto il tempo di conoscere buona parte dei suoi 'titolarissimi' che fino a più della metà della scorsa settimana erano stati impegnati con le rispettive Nazionali. Pensate che Anguissa ha raggiunto i compagni di squadra soltanto venerdì, il giorno prima dell'impegno di campionato. Eppure i risultati da attribuire sicuramente al cambio della guida tecnica si sono visti eccome. Non tanto per il risultato favorevole (che pure riveste un'importanza capitale, considerato che l'Atalanta è una delle avversarie dirette degli azzurri per il raggiungimento di una delle prime quattro posizioni in classifica, quella valide, cioè, per la conquiata di un posto nella Champions League del prossimo anno), quanto per l'animo diverso con il quale la squadra ha approcciato la gara. E non sono mancate le limature sul piano tattico apportate da Mazzarri (ne cito una soltanto, la posizione di Zielinski piazzato molto di più nel vivo del gioco e dell'organizzazione della manovra nella sua fase iniziale) che hanno contribuito a rendere la squadra più solida, più convinta dei propri mezzi, in una parola più forte. Ci sono - sarebbe da stolti negarlo - anche delle criticità che si erano viste nell'era-Garcia e che non sono ancora svanite. E d'altro canto Mazzarri fa 'soltanto' l'allenatore e per i miracoli evidentemente non è ancora attrezzato. Mi riferisco a certe sbavature della difesa (Rrahmani ancora una volta si è fatto battere nello stacco da un attaccante 'piccoletto', Lookman che è alto solo 1,76 centimetri) e soprattutto alle difficoltà atletiche un po' di tutta la squada che si sono manifestate, come al solito, a partire dalla fase centrale del secondo tempo. Tale circostanza fa capire che molta parte del lavoro che servirà per riportare il Napoli in condizione di far male a qualunque altro avversario dovrà farlo più il preparatore atletico Pondrelli che non l'allenatore. Non sappiamo, il suo predecessore, Paolo Rongoni come abbia impostato, a partire dai due ritiri estivi, la preparazione atletica del gruppo. Garcia ha sempe detto che la strategia era quella di far durare la carica a lungo, addirittura fino alla fine del campionato. Da quel che si è visto però il lavoro è rimasto per sempre a metà strada ed infatti la squadra è sempre durata un tempo. Un contributo al chiarimento della situazione potrà sicuramente venire da Francesco Cacciapuoti, il giovane e bravissimo secondo di Rongoni (già lo era di Sinatti) che potrà sicuramente chiarire le idee a Pondrelli. Insieme potranno mettere a punto una strategia nuova che serva a far durare davvero più a lungo sul piano atletico i giocatori di Mazzarri. Il tempo per lavorare a fondo non c'è stato ancora. Speriamo che qualcosa si cominci a vedere già domani sera a Madrid. La partita non è di fondamentale importanza. Una sconfitta al Santiago Bernabeu non farebbe impressione, sarebbe nell'ordine naturale delle cose. Un'impresa degli azzurri contribuirebbe, invece, a dare ancor più fiducia all'ambiente e agevolerebbe nel cammino della squadra che è difficile e tortuoso. Non dimentichiamo che nelle prossime due gare di campionato gli azzurri dovranno affrontare Inter e Juventus. E un bel po' di energia positiva che si potrebbe sprigionare da un risultato favorevole a Madrid sarebbe benzina super nel motore.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171362532MISTER Z - Napoli, a Bergamo per un risultato positivo che è alla portataNAPOLI - Non si può certo dire che a Walter Mazzarri sia toccato un atterraggio morbido. I primi impegni sulla panchina del Napoli, a dieci anni di distanza dalla conclusione della precedenza esperienza con gli azzurri, farebbero tremare i polsi a tanti suoi colleghi. Al nuovo tecnico tocca subito affrontare fuori casa l’Atalanta, quella che al momento – anche se mancano ancora tanti mesi per arrivare alla volata finale della stagione – è la principale avversaria nella lotta per la conquista di una delle prime quattro posizioni in classifica che darà il diritto a partecipare il prossimo anno alla rinnovata e più attraente Champions League. Purtroppo Mazzarri non potrà aver avuto il tempo di calarsi pienamente nel ruolo e non certo per colpa sua. Da quando è arrivato a Castel Volturno ha potuto confrontarsi solo con un numero estremamente limitato di calciatori della rosa perché moltissimi altri – quasi tutti da considerarsi titolarissimi – sono stati e sono in parte ancor oggi impegnati con le rispettive Nazionali. Il nuovo tecnico dunque avrà soltanto poche ore di tempo per parlare con i giocatori, confrontarsi con loro e organizzare tatticamente la partita da giocare allo stadio di Bergamo. E’ chiaro che, in tali condizioni di oggettiva difficoltà il risultato del lavoro di Mazzarri non potrà che cominciare a vedersi soltanto nelle prossime settimane. E la difficoltà degli ulteriori impegni di certo non lo aiuta. Dopo Bergamo, infatti, il Napoli sarà impegnato fuori casa con il Real Madrid (il giorno 29), poi al ‘Maradona’ con l’Inter capolista (il 3 dicembre) ed infine a Torino con la Juventus (l’8 dicembre). Un trittico di partite che la diranno lunga sulla capacità che l’allenatore avrà avuto di prendere possesso del suo ruolo nel modo migliore, dando alla squadra un sistema tattico più chiaro e definito di quello che aveva in precedenza e soprattutto una condizione atletica più adeguata. In questo sarà fondamentale il lavoro del preparatore atletico Pondrelli che dovrà ridare alla squadra smalto e brillantezza che sembrano essere stati smarriti lungo il cammino. Comunque pensiamo a un avversario per volta. L’Atalanta è una squadra difficile da affrontare, soprattutto sul proprio terreno di gioco, ma se il Napoli sarà ritrovare a giusta compattezza e un po’ di concentrazione e di cattiveria in più, grazie anche al rinnovato spirito agonistico e alla spinta morale del nuovo allenatore, un risultato positivo può essere sicuramente raggiunto. Non ci resta che aspettare sabato.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-11-21T19:00:00ZNAPOLI - Non si può certo dire che a Walter Mazzarri sia toccato un atterraggio morbido. I primi impegni sulla panchina del Napoli, a dieci anni di distanza dalla conclusione della precedenza esperienza con gli azzurri, farebbero tremare i polsi a tanti suoi colleghi. Al nuovo tecnico tocca subito affrontare fuori casa l’Atalanta, quella che al momento – anche se mancano ancora tanti mesi per arrivare alla volata finale della stagione – è la principale avversaria nella lotta per la conquista di una delle prime quattro posizioni in classifica che darà il diritto a partecipare il prossimo anno alla rinnovata e più attraente Champions League. Purtroppo Mazzarri non potrà aver avuto il tempo di calarsi pienamente nel ruolo e non certo per colpa sua. Da quando è arrivato a Castel Volturno ha potuto confrontarsi solo con un numero estremamente limitato di calciatori della rosa perché moltissimi altri – quasi tutti da considerarsi titolarissimi – sono stati e sono in parte ancor oggi impegnati con le rispettive Nazionali. Il nuovo tecnico dunque avrà soltanto poche ore di tempo per parlare con i giocatori, confrontarsi con loro e organizzare tatticamente la partita da giocare allo stadio di Bergamo. E’ chiaro che, in tali condizioni di oggettiva difficoltà il risultato del lavoro di Mazzarri non potrà che cominciare a vedersi soltanto nelle prossime settimane. E la difficoltà degli ulteriori impegni di certo non lo aiuta. Dopo Bergamo, infatti, il Napoli sarà impegnato fuori casa con il Real Madrid (il giorno 29), poi al ‘Maradona’ con l’Inter capolista (il 3 dicembre) ed infine a Torino con la Juventus (l’8 dicembre). Un trittico di partite che la diranno lunga sulla capacità che l’allenatore avrà avuto di prendere possesso del suo ruolo nel modo migliore, dando alla squadra un sistema tattico più chiaro e definito di quello che aveva in precedenza e soprattutto una condizione atletica più adeguata. In questo sarà fondamentale il lavoro del preparatore atletico Pondrelli che dovrà ridare alla squadra smalto e brillantezza che sembrano essere stati smarriti lungo il cammino. Comunque pensiamo a un avversario per volta. L’Atalanta è una squadra difficile da affrontare, soprattutto sul proprio terreno di gioco, ma se il Napoli sarà ritrovare a giusta compattezza e un po’ di concentrazione e di cattiveria in più, grazie anche al rinnovato spirito agonistico e alla spinta morale del nuovo allenatore, un risultato positivo può essere sicuramente raggiunto. Non ci resta che aspettare sabato.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171361875MISTER Z - Mazzarri è tornato a Napoli con entusiasmo, l'augurio è che sia l'uomo della svolta positivaNAPOLI - Mai come in questa circostanza lo stop al campionato dovuto agli impegni delle Nazionali non è visto di buon occhio dai tifosi del Napoli. Diciamo la verità, tutti avremmo tanta voglia di renderci conto di come la squadra reagisce al cambio dell’allenatore, un vero e proprio terremoto di fronte al quale non si sa mai che cosa possa accadere. Le brutte figure fatte dal Napoli in diverse circostanze dall’inizio della stagione, fino ad arrivare al fatale scivolone casalingo con l’Empoli erano tutte da imputare a Rudi Garcia o c’è sotto qualcosa di diverso che non riusciamo ad individuare? Per saperlo dobbiamo attendere che il Napoli targato Walter Mazzarri dia prova di sé. Ma se ne riparlerà alla fine della prossima settimana e forse anche più in là perché il tecnico avrà a disposizione l’intera rosa (e probabilmente per Osimhen si dovrà attendere ancor di più) soltanto dopo che gli impegni internazionali saranno stati completati. Dunque soltanto poche ore prima della ripresa del campionato. E’ evidente che in un lasso di tempo così breve Mazzarri non riuscirà a trasferire pienamente al gruppo la sua visione del calcio e gli indirizzi tattici che intende dare alla squadra. Il carattere dell’uomo lo conosciamo bene, come sappiamo della sua voglia di vincere e la conseguente capacità di trasferirla ai calciatori, che sicuramente saranno rimaste immutate nonostante che siano passati dieci anni da quando lasciò la panchina del Napoli. Leggo sui social molti commenti critici nei confronti dell’allenatore per un distacco che fu un po’ traumatico e per quella famosa ‘fuga’ verso Milano, sponda Inter. Francamente è un tema che non mi appassiona. Mazzarri forse è stato il primo degli allenatori del Napoli a comportarsi così e sicuramente non è stato l’ultimo, almeno durante l’era De Laurentiis. Ma gli allenatori sono professionisti e vanno dove conviene loro di più, seguendo ragionamenti che non sempre possiamo capire e che sicuramente non abbiamo il diritto di censurare. L’importante è che sia tornato a Napoli con entusiasmo e con determinazione per dare il meglio di sé e contribuire a risollevare le sorti della squadra. Mi interessano poco anche le valutazioni che vedo in giro sul suo lavoro all’Inter, al Watford, così come al Torino e a Cagliari. Ogni esperienza di un allenatore su una panchina rappresenta una storia a sé e c’è poco da fare paragoni. L’augurio che tutti gli (ci) facciamo è che Mazzarri sia l’uomo della svolta positiva e che Aurelio De Laurentiis ancora una volta ci abbia visto giusto e sia riuscito a porre rimedio a un errore in precedenza commesso. Ne va del futuro del Napoli e tutti ci teniamo a rivedere al più presto al ‘Maradona’ e anche lontano da Napoli quella squadra che aveva fatto innamorare di sé tutta l’Italia e buona parte dell’Europa. Il resto non conta nulla.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-11-18T22:50:00ZNAPOLI - Mai come in questa circostanza lo stop al campionato dovuto agli impegni delle Nazionali non è visto di buon occhio dai tifosi del Napoli. Diciamo la verità, tutti avremmo tanta voglia di renderci conto di come la squadra reagisce al cambio dell’allenatore, un vero e proprio terremoto di fronte al quale non si sa mai che cosa possa accadere. Le brutte figure fatte dal Napoli in diverse circostanze dall’inizio della stagione, fino ad arrivare al fatale scivolone casalingo con l’Empoli erano tutte da imputare a Rudi Garcia o c’è sotto qualcosa di diverso che non riusciamo ad individuare? Per saperlo dobbiamo attendere che il Napoli targato Walter Mazzarri dia prova di sé. Ma se ne riparlerà alla fine della prossima settimana e forse anche più in là perché il tecnico avrà a disposizione l’intera rosa (e probabilmente per Osimhen si dovrà attendere ancor di più) soltanto dopo che gli impegni internazionali saranno stati completati. Dunque soltanto poche ore prima della ripresa del campionato. E’ evidente che in un lasso di tempo così breve Mazzarri non riuscirà a trasferire pienamente al gruppo la sua visione del calcio e gli indirizzi tattici che intende dare alla squadra. Il carattere dell’uomo lo conosciamo bene, come sappiamo della sua voglia di vincere e la conseguente capacità di trasferirla ai calciatori, che sicuramente saranno rimaste immutate nonostante che siano passati dieci anni da quando lasciò la panchina del Napoli. Leggo sui social molti commenti critici nei confronti dell’allenatore per un distacco che fu un po’ traumatico e per quella famosa ‘fuga’ verso Milano, sponda Inter. Francamente è un tema che non mi appassiona. Mazzarri forse è stato il primo degli allenatori del Napoli a comportarsi così e sicuramente non è stato l’ultimo, almeno durante l’era De Laurentiis. Ma gli allenatori sono professionisti e vanno dove conviene loro di più, seguendo ragionamenti che non sempre possiamo capire e che sicuramente non abbiamo il diritto di censurare. L’importante è che sia tornato a Napoli con entusiasmo e con determinazione per dare il meglio di sé e contribuire a risollevare le sorti della squadra. Mi interessano poco anche le valutazioni che vedo in giro sul suo lavoro all’Inter, al Watford, così come al Torino e a Cagliari. Ogni esperienza di un allenatore su una panchina rappresenta una storia a sé e c’è poco da fare paragoni. L’augurio che tutti gli (ci) facciamo è che Mazzarri sia l’uomo della svolta positiva e che Aurelio De Laurentiis ancora una volta ci abbia visto giusto e sia riuscito a porre rimedio a un errore in precedenza commesso. Ne va del futuro del Napoli e tutti ci teniamo a rivedere al più presto al ‘Maradona’ e anche lontano da Napoli quella squadra che aveva fatto innamorare di sé tutta l’Italia e buona parte dell’Europa. Il resto non conta nulla.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171360879MR Z - Napoli, attendiamo sviluppi con l'animo gonfio di speranzaNAPOLI - Come andrà a finire ancora non si sa. Chi sarà il nuovo allenatore del Napoli? Troverà De Laurentiis un accordo con Tudor per affidargli l’ingrato compito di risollevare la squadra e farle ritrovare un gioco perlomeno accettabile? Sono domande alle quali è in pratica impossibile dare al momento una risposta. Certo nelle prossime ore qualcosa accadrà perché non c’è più un minuto di tempo da perdere ed è indispensabile che il nuovo tecnico – chiunque sia – prenda contatto al più presto con l’ambiente in cui dovrà lavorare perlomeno fino a fine stagione e cominci a fare una conoscenza approfondita con i giocatori che non sono stati convocati nelle Nazionali e sono dunque rimasti a Napoli pronti a riprendere gli allenamenti. Purtroppo le speranze di De Laurentiis di aver trovato in Garcia l’erede giusto di Spalletti sono definitivamente svanite nell’arco di soli quattro mesi. Ormai non c’erano più alternative all’esonero del tecnico francese che, probabilmente, avrebbe potuto essere anticipato di qualche settimana, quanto meno dopo la sconfitta interna con la Fiorentina. Il presidente – dopo aver cercato invano di convincere Conte ad accettare la sua proposta - aveva sperato di rimettere la barca in linea di galleggiamento, anche attraverso una sua presenza costante a Castel Volturno e ad una sorta di commissariamento strisciante dell’allenatore. Ma non c’è stato nulla da fare. La sconfitta con l’Empoli (anche in caso di pareggio o addirittura di vittoria, se Kvara avesse segnato a un minuto dalla fine, la situazione non sarebbe cambiata perché il Napoli aveva di nuovo profondamente deluso) è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. A De Laurentiis ora non resta altro da fare che una serena autocritica per aver contribuito a smontare un giocattolo, assemblato da Spalletti, che era perfetto. Al presidente non si possono attribuire alcune colpe che non ha (gli addii traumatici di Spalletti, di Giuntoli, di Kim e di Sinatti), ma sicuramente gli si può addebitare l’addio di Lozano, un giocatore che mai come in questo momento sarebbe stato utilissimo, nonché una campagna acquisti votata al risparmio. La rosa proprio per le partenze di Kim e Lozano avrebbe avuto bisogno di essere rinforzata con l’ingaggio di elementi di spessore ed invece la Società ha avuto un atteggiamento minimale, sperando che la buona stella facesse la sua parte facendo esplodere Natan e Lindstrom, e che il nuovo allenatore riuscisse a dare alla squadra personalità e certezze tecnico-tattiche tali da non far rimpiangere il predecessore. Ma le cose non sono andate nel modo sperato. Ora non resta che rimettere assieme i cocci di un vaso prezioso che è andato in mille pezzi e tentare di ottenere il massimo possibile da questa stagione, sia in campionato che in Champions. Il nuovo allenatore, chiunque sarà, avrà di fronte a sé un lavoro duro e difficile. C’è da risollevare la squadra sotto il profilo psicologico e sotto l’aspetto fisico. Poi c’è da far digerire ai calciatori i nuovi riferimenti tattici senza avere a disposizione la determinante fase preparatoria del ritiro precampionato. Attendiamo sviluppi. E assistiamo a tutto ciò con l’animo gonfio di speranza.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-11-14T10:00:00ZNAPOLI - Come andrà a finire ancora non si sa. Chi sarà il nuovo allenatore del Napoli? Troverà De Laurentiis un accordo con Tudor per affidargli l’ingrato compito di risollevare la squadra e farle ritrovare un gioco perlomeno accettabile? Sono domande alle quali è in pratica impossibile dare al momento una risposta. Certo nelle prossime ore qualcosa accadrà perché non c’è più un minuto di tempo da perdere ed è indispensabile che il nuovo tecnico – chiunque sia – prenda contatto al più presto con l’ambiente in cui dovrà lavorare perlomeno fino a fine stagione e cominci a fare una conoscenza approfondita con i giocatori che non sono stati convocati nelle Nazionali e sono dunque rimasti a Napoli pronti a riprendere gli allenamenti. Purtroppo le speranze di De Laurentiis di aver trovato in Garcia l’erede giusto di Spalletti sono definitivamente svanite nell’arco di soli quattro mesi. Ormai non c’erano più alternative all’esonero del tecnico francese che, probabilmente, avrebbe potuto essere anticipato di qualche settimana, quanto meno dopo la sconfitta interna con la Fiorentina. Il presidente – dopo aver cercato invano di convincere Conte ad accettare la sua proposta - aveva sperato di rimettere la barca in linea di galleggiamento, anche attraverso una sua presenza costante a Castel Volturno e ad una sorta di commissariamento strisciante dell’allenatore. Ma non c’è stato nulla da fare. La sconfitta con l’Empoli (anche in caso di pareggio o addirittura di vittoria, se Kvara avesse segnato a un minuto dalla fine, la situazione non sarebbe cambiata perché il Napoli aveva di nuovo profondamente deluso) è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. A De Laurentiis ora non resta altro da fare che una serena autocritica per aver contribuito a smontare un giocattolo, assemblato da Spalletti, che era perfetto. Al presidente non si possono attribuire alcune colpe che non ha (gli addii traumatici di Spalletti, di Giuntoli, di Kim e di Sinatti), ma sicuramente gli si può addebitare l’addio di Lozano, un giocatore che mai come in questo momento sarebbe stato utilissimo, nonché una campagna acquisti votata al risparmio. La rosa proprio per le partenze di Kim e Lozano avrebbe avuto bisogno di essere rinforzata con l’ingaggio di elementi di spessore ed invece la Società ha avuto un atteggiamento minimale, sperando che la buona stella facesse la sua parte facendo esplodere Natan e Lindstrom, e che il nuovo allenatore riuscisse a dare alla squadra personalità e certezze tecnico-tattiche tali da non far rimpiangere il predecessore. Ma le cose non sono andate nel modo sperato. Ora non resta che rimettere assieme i cocci di un vaso prezioso che è andato in mille pezzi e tentare di ottenere il massimo possibile da questa stagione, sia in campionato che in Champions. Il nuovo allenatore, chiunque sarà, avrà di fronte a sé un lavoro duro e difficile. C’è da risollevare la squadra sotto il profilo psicologico e sotto l’aspetto fisico. Poi c’è da far digerire ai calciatori i nuovi riferimenti tattici senza avere a disposizione la determinante fase preparatoria del ritiro precampionato. Attendiamo sviluppi. E assistiamo a tutto ciò con l’animo gonfio di speranza.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171359150MISTER Z - Napoli, io penso positivo!NAPOLI - Con la vittoria all’Arechi e la contemporanea sconfitta dell’Atalanta il Napoli si è ripreso il quarto posto in classifica e la virtuale qualificazione per la Champions League del prossimo anno. E’ un risultato che conta poco, visto che siamo alle prime battute di un campionato che si concluderà soltanto sul finire della prossima primavera. C’è tanto tempo ancora davanti, tantissime partite da giocare in campionato e in Champions League e sarebbe assurdo pensare che possa essere bastata una vittoria per mettere le cose a posto. Lo stesso discorso vale per una eventuale sconfitta: perdere oggi significherebbe poco e certamente tutti i traguardi resterebbero ancora aperti. Tuttavia una considerazione va fatta, perché ciò che il Napoli ha mostrato in questo inizio di stagione dall’andamento altalenante qualcosa dovrà pur significare. E allora diciamo che un paio di squadre (l’Inter e la Juventus) sembrano quest’anno avere qualcosa in più rispetto agli azzurri. L’Inter soprattutto pare essere il Napoli dello scorso anno, una specie di ruspa che abbatte tutti gli ostacoli ed è capace in un modo o in un altro di portare a casa il risultato. I tentennamenti del Napoli dipendono probabilmente dallo choc provocato dal cambio dell’allenatore e da una campagna acquisti/cessioni al termine della quale la rosa si è un po’ indebolita rispetto a quella della passata stagione. La vittoria rimediata a Salerno contro una squadra che, non dimentichiamolo, è ultima in classifica e non ha ancora vinto una partita, non deve e non può esaltare i tifosi. La prestazione complessivamente è stata buona (ma non straordinaria) e sicuramente in campo si è vista la grandissima differenza di rango tecnico-tattico tra le due formazioni. Ma il problema del Napoli non è certo confrontarsi con avversarie che stazionano nella metà di destra della classifica. I limiti della squadra di Garcia quest’anno sono emersi negli scontri con compagini di pari livello (o quasi) ed è proprio in questo contesto che ci si devono attendere gli auspicati progressi. Ecco allora che per avere il quadro più chiaro della situazione bisognerà attendere la fine del mese di novembre e l’inizio di dicembre quando gli azzurri dovranno affrontare uno dopo l’altro tre impegni (Atalanta, Inter e Juventus) che daranno un responso definitivo sulle reali prospettive. La squadra fa bene a pensare positivo e le dichiarazioni relative alla fiducia nel poter recuperare lo svantaggio perfino dalla prima in classifica sono le benvenute. Significa che il morale è alto e che i giocatori non si sentono inferiori a nessuno. E questo è il giusto presupposto per puntare a raggiungere risultati brillanti, dando nuovamente grandi soddisfazioni ai tifosi.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-11-07T11:00:00ZNAPOLI - Con la vittoria all’Arechi e la contemporanea sconfitta dell’Atalanta il Napoli si è ripreso il quarto posto in classifica e la virtuale qualificazione per la Champions League del prossimo anno. E’ un risultato che conta poco, visto che siamo alle prime battute di un campionato che si concluderà soltanto sul finire della prossima primavera. C’è tanto tempo ancora davanti, tantissime partite da giocare in campionato e in Champions League e sarebbe assurdo pensare che possa essere bastata una vittoria per mettere le cose a posto. Lo stesso discorso vale per una eventuale sconfitta: perdere oggi significherebbe poco e certamente tutti i traguardi resterebbero ancora aperti. Tuttavia una considerazione va fatta, perché ciò che il Napoli ha mostrato in questo inizio di stagione dall’andamento altalenante qualcosa dovrà pur significare. E allora diciamo che un paio di squadre (l’Inter e la Juventus) sembrano quest’anno avere qualcosa in più rispetto agli azzurri. L’Inter soprattutto pare essere il Napoli dello scorso anno, una specie di ruspa che abbatte tutti gli ostacoli ed è capace in un modo o in un altro di portare a casa il risultato. I tentennamenti del Napoli dipendono probabilmente dallo choc provocato dal cambio dell’allenatore e da una campagna acquisti/cessioni al termine della quale la rosa si è un po’ indebolita rispetto a quella della passata stagione. La vittoria rimediata a Salerno contro una squadra che, non dimentichiamolo, è ultima in classifica e non ha ancora vinto una partita, non deve e non può esaltare i tifosi. La prestazione complessivamente è stata buona (ma non straordinaria) e sicuramente in campo si è vista la grandissima differenza di rango tecnico-tattico tra le due formazioni. Ma il problema del Napoli non è certo confrontarsi con avversarie che stazionano nella metà di destra della classifica. I limiti della squadra di Garcia quest’anno sono emersi negli scontri con compagini di pari livello (o quasi) ed è proprio in questo contesto che ci si devono attendere gli auspicati progressi. Ecco allora che per avere il quadro più chiaro della situazione bisognerà attendere la fine del mese di novembre e l’inizio di dicembre quando gli azzurri dovranno affrontare uno dopo l’altro tre impegni (Atalanta, Inter e Juventus) che daranno un responso definitivo sulle reali prospettive. La squadra fa bene a pensare positivo e le dichiarazioni relative alla fiducia nel poter recuperare lo svantaggio perfino dalla prima in classifica sono le benvenute. Significa che il morale è alto e che i giocatori non si sentono inferiori a nessuno. E questo è il giusto presupposto per puntare a raggiungere risultati brillanti, dando nuovamente grandi soddisfazioni ai tifosi.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171357547MR Z - Napoli, atteggiamento duale e un solo traguardo raggiungibileNAPOLI - Il Napoli di Garcia continua ad avere un atteggiamento duale, un comportamento contraddittorio con lunghi periodi di sostanziale assenza dei suoi giocatori dal terreno di gioco alternati a risposte emotivamente e agonisticamente valide. La sofferta partita con il Milan di domenica scorsa conferma limiti tattici e atletici di una squadra che stenta a ritrovare se stessa. Le differenze tra il Napoli di Spalletti e quello di Garcia si evidenziano nel tempo con una regolarità che porta a pensare che non si tratti ormai più di una inevitabile sindrome da cambiamento della guida tecnica. Purtroppo c’è qualcosa di più e di maggiormente preoccupante. Una vena di incertezza, un senso di smarrimento, una mancanza di punti di riferimento spesso aleggiano in campo tra le maglie azzurre e non fanno immaginare nulla di buono per il futuro di questa squadra. Personalmente ritengo che gli addii di Kim (Società incolpevole) e di Lozano siano stati sottovalutati. I contraccolpi che hanno generato sono evidenti: la difesa è meno sicura di sé e l’attacco mostra un deficit di fantasia che in certi momenti è destinato a decidere il corso delle partite. Se mi si chiede di quantificare da un lato il valore in negativo dell’orrendo primo tempo giocato con il Milan e dall’altro gli aspetti positivi della (breve) reazione registrata nella prima parte del secondo tempo, propendo ahimè per dare maggiore risalto alla parte negativa che non a quella positiva. È vero che nella ripresa una reazione c’è stata ed è culminata con lo splendido gol di Politano e la prodezza balistica di Raspadori. Ma dopo? Il Napoli è stato costretto a dover subire nuovamente la pressione del Milan, a salvarsi con qualche affanno da una ulteriore capitolazione e a mostrare una timida reazione soltanto nel finale con il tiro di Kvara deviato con un piede da Maignan. Troppo poco. Il primo tempo disastroso avrebbe potuto essere perdonato (fino a un certo punto) se la reazione della squadra fossa stata talmente intensa e duratura da arrivare fino al fischio finale. Invece è sembrato che gli azzurri una volta raggiunto il pareggio si siano sentiti svuotati da ogni energia e che non vedessero l’ora di sentire i tre dischi finali di Orsato per correre negli spogliatoi. Un altro tema da valutare è il diverso approccio alla gara che il Napoli ha a seconda che affronti una squadra di rango o una formazione di secondo o terzo livello. Gli azzurri sono forti con i deboli e deboli con i forti e questo nel calcio è un difetto caratteriale estremamente grave. La domanda finale è: è in grado Garcia di correggere questi difetti? La risposta è semplice: fino a ora (in tre mesi e mezzo di lavoro) ha dimostrato di non farcela. Il futuro dunque è pieno di nubi all’orizzonte, ma nonostante tutto crediamo che il traguardo del quarto posto in classifica (l’unico che al momento appare realisticamente raggiungibile) sia alla portata di questa squadra. Per il resto, sic stantibus rebus, è inutile farsi illusioni.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-10-31T11:00:00ZNAPOLI - Il Napoli di Garcia continua ad avere un atteggiamento duale, un comportamento contraddittorio con lunghi periodi di sostanziale assenza dei suoi giocatori dal terreno di gioco alternati a risposte emotivamente e agonisticamente valide. La sofferta partita con il Milan di domenica scorsa conferma limiti tattici e atletici di una squadra che stenta a ritrovare se stessa. Le differenze tra il Napoli di Spalletti e quello di Garcia si evidenziano nel tempo con una regolarità che porta a pensare che non si tratti ormai più di una inevitabile sindrome da cambiamento della guida tecnica. Purtroppo c’è qualcosa di più e di maggiormente preoccupante. Una vena di incertezza, un senso di smarrimento, una mancanza di punti di riferimento spesso aleggiano in campo tra le maglie azzurre e non fanno immaginare nulla di buono per il futuro di questa squadra. Personalmente ritengo che gli addii di Kim (Società incolpevole) e di Lozano siano stati sottovalutati. I contraccolpi che hanno generato sono evidenti: la difesa è meno sicura di sé e l’attacco mostra un deficit di fantasia che in certi momenti è destinato a decidere il corso delle partite. Se mi si chiede di quantificare da un lato il valore in negativo dell’orrendo primo tempo giocato con il Milan e dall’altro gli aspetti positivi della (breve) reazione registrata nella prima parte del secondo tempo, propendo ahimè per dare maggiore risalto alla parte negativa che non a quella positiva. È vero che nella ripresa una reazione c’è stata ed è culminata con lo splendido gol di Politano e la prodezza balistica di Raspadori. Ma dopo? Il Napoli è stato costretto a dover subire nuovamente la pressione del Milan, a salvarsi con qualche affanno da una ulteriore capitolazione e a mostrare una timida reazione soltanto nel finale con il tiro di Kvara deviato con un piede da Maignan. Troppo poco. Il primo tempo disastroso avrebbe potuto essere perdonato (fino a un certo punto) se la reazione della squadra fossa stata talmente intensa e duratura da arrivare fino al fischio finale. Invece è sembrato che gli azzurri una volta raggiunto il pareggio si siano sentiti svuotati da ogni energia e che non vedessero l’ora di sentire i tre dischi finali di Orsato per correre negli spogliatoi. Un altro tema da valutare è il diverso approccio alla gara che il Napoli ha a seconda che affronti una squadra di rango o una formazione di secondo o terzo livello. Gli azzurri sono forti con i deboli e deboli con i forti e questo nel calcio è un difetto caratteriale estremamente grave. La domanda finale è: è in grado Garcia di correggere questi difetti? La risposta è semplice: fino a ora (in tre mesi e mezzo di lavoro) ha dimostrato di non farcela. Il futuro dunque è pieno di nubi all’orizzonte, ma nonostante tutto crediamo che il traguardo del quarto posto in classifica (l’unico che al momento appare realisticamente raggiungibile) sia alla portata di questa squadra. Per il resto, sic stantibus rebus, è inutile farsi illusioni.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171355732MR Z - Napoli, conta solo vincereNAPOLI - Questa sera nello stadio Olimpico di Berlino, testimone della straordinaria vittoria dell’Italia nel Mundial 2006, quando la Nazionale di Marcello Lippi sconfisse in finale la Francia ai calci di rigore, il Napoli si giocherà una buona fetta dei suoi destini stagionali. Continuare la strada in Champions League è un traguardo fondamentale e occorre che gli azzurri riescano a ottenere questo risultato a tutti i costi. Per farlo serve una vittoria contro i tedeschi. Anzi, per meglio dire, ne servono due: nella gara di questa sera e in quella che mercoledì 8 novembre vedrà impegnata la squadra di Garcia, sempre contro i tedeschi nello stadio ‘Maradona’. Con sei punti in più in tasca gli azzurri blinderebbero la conquista quanto meno del secondo posto nel girone e con esso la qualificazione agli ottavi di finale della più prestigiosa competizione europea. Il Napoli visto a Verona ce la può fare senz’altro pur dovendo scontate le assenze di Osimhen e di Anguissa . L’Union Berlino attraversa d’altronde un momento di grave crisi e sembra aver del tutto smarrito la compattezza di squadra che lo scorso anno l’aveva portata a qualificarsi per la Champions League. I tedeschi, addirittura, hanno perso le ultime otto partite disputate, fra campionato e coppa, e nella classifica della Bundesliga sono piazzati al quart’ultimo posto, con soli sei punti all’attivo. Tuttavia il Napoli non deve ritenere che quella di stasera a Berlino sarà una passeggiata, sarebbe un gravissimo errore. La partita si giocherà in uno stadio riempito da 72mila tifosi che sicuramente faranno sentire il loro peso e le partite, non va dimenticato, si vincono sempre sul campo, mai grazie ai pronostici della vigilia. Sugli spalti dello stadio Olimpico, comunque, saranno presenti anche diverse migliaia di sostenitori azzurri. Oltre a quelli arrivati da Napoli, infatti, tiferanno per la squadra di Garcia anche tantissimi napoletani residenti in Germania che non faranno mancare il loro appoggio appassionato alla squadra del cuore. È mai come in questo momento così importante il Napoli ha bisogno dell’appoggio dei suoi impareggiabili tifosi.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-10-24T17:00:00ZNAPOLI - Questa sera nello stadio Olimpico di Berlino, testimone della straordinaria vittoria dell’Italia nel Mundial 2006, quando la Nazionale di Marcello Lippi sconfisse in finale la Francia ai calci di rigore, il Napoli si giocherà una buona fetta dei suoi destini stagionali. Continuare la strada in Champions League è un traguardo fondamentale e occorre che gli azzurri riescano a ottenere questo risultato a tutti i costi. Per farlo serve una vittoria contro i tedeschi. Anzi, per meglio dire, ne servono due: nella gara di questa sera e in quella che mercoledì 8 novembre vedrà impegnata la squadra di Garcia, sempre contro i tedeschi nello stadio ‘Maradona’. Con sei punti in più in tasca gli azzurri blinderebbero la conquista quanto meno del secondo posto nel girone e con esso la qualificazione agli ottavi di finale della più prestigiosa competizione europea. Il Napoli visto a Verona ce la può fare senz’altro pur dovendo scontate le assenze di Osimhen e di Anguissa . L’Union Berlino attraversa d’altronde un momento di grave crisi e sembra aver del tutto smarrito la compattezza di squadra che lo scorso anno l’aveva portata a qualificarsi per la Champions League. I tedeschi, addirittura, hanno perso le ultime otto partite disputate, fra campionato e coppa, e nella classifica della Bundesliga sono piazzati al quart’ultimo posto, con soli sei punti all’attivo. Tuttavia il Napoli non deve ritenere che quella di stasera a Berlino sarà una passeggiata, sarebbe un gravissimo errore. La partita si giocherà in uno stadio riempito da 72mila tifosi che sicuramente faranno sentire il loro peso e le partite, non va dimenticato, si vincono sempre sul campo, mai grazie ai pronostici della vigilia. Sugli spalti dello stadio Olimpico, comunque, saranno presenti anche diverse migliaia di sostenitori azzurri. Oltre a quelli arrivati da Napoli, infatti, tiferanno per la squadra di Garcia anche tantissimi napoletani residenti in Germania che non faranno mancare il loro appoggio appassionato alla squadra del cuore. È mai come in questo momento così importante il Napoli ha bisogno dell’appoggio dei suoi impareggiabili tifosi.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171352120MISTER Z - Napoli, ADL è estremamente deluso: fiducia a tempo o taglio immediato?NAPOLI - Darci un taglio o portare pazienza? De Laurentiis a quanto pare (non si tratta certo di argomenti sui quali la Società può fare un comunicato ufficiale e dunque ci si deve basare su indiscrezioni e sensazioni) è estremamente deluso per il rendimento del suo Napoli e in casi come questi non si può fare altro che attribuirne la responsabilità all’allenatore. Garcia per il momento – dopo il ‘vertice’ di ieri - rimarrebbe al proprio posto ma si tratta di una fiducia (o meglio, di una non sfiducia) a tempo. Alla ripresa del campionato il Napoli sarà impegnato a Verona, poi con il Milan al ‘Maradona’, quindi a Salerno e infine ancora in casa con l’Empoli (con l’intermezzo della trasferta di Champions in Germania per affrontare l’Union Berlino). Garcia si salverà se la squadra dovesse fare bottino pieno o qualcosa di simile. Diversamente il casting che – sempre secondo indiscrezioni – il presidente avrebbe riservatamente già avviato arriverebbe a un finale concreto. La difficoltà nel trovare un nuovo allenatore comunque esiste e non sarebbe facile fare un passo così importante. Sulla piazza è disponibile Antonio Conte, ma l’ex Commissario Tecnico della Nazionale, si sa, non è favorevole a prendere squadre in corsa. Poi c’è Tudor il quale potrebbe puntare alla panchina di una squadra di un campionato diverso dalla serie A. Esistono inoltre altri profili ‘minori’ e su questi è probabile che De Laurentiis possa avere più di una riserva. Insomma un cambio in panchina non è scontato, sia perché Garcia ha ancora qualche carta da giocarsi, sia perché trovare un sostituto di rango è cosa alquanto difficile. Certo la situazione non è drammatica, ma sicuramente è seria. La Fiorentina ha impartito agli azzurri una lezione di calcio che lascia pensare. Anche la Lazio di Sarri era passata al ‘Maradona’ senza colpo ferire, ma in quel caso almeno il primo tempo degli azzurri poteva essere salvato. Domenica scorsa, invece, la squadra e soprattutto il suo tecnico sono parsi essere andati a finire completamente nel pallone. Confusione, disordine in campo, decisioni cervellotiche e azzardate in panchina: questo il mix micidiale che ha portato una (cospicua) parte dei tifosi a fischiare la squadra, cosa che non si sentiva da molto tempo. Riuscirà Garcia a raddrizzare la barca che comincia a fare acqua da tutte le parti? Riuscirà a recuperare un buon rapporto con tutti i calciatori della rosa? (Dopo i ‘casi’ Kvaratskhelia e Osimhen, anche Politano lo ha mandato a quel paese dopo la sostituzione). E soprattutto il tecnico riuscirà in tempi brevi a dare finalmente una identità certa e un gioco valido alla squadra che appare in troppe occasioni ancor oggi, a tre mesi dall’insediamento dell’allenatore, una banda scalcinata e sconclusionata?     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-10-10T11:00:00ZNAPOLI - Darci un taglio o portare pazienza? De Laurentiis a quanto pare (non si tratta certo di argomenti sui quali la Società può fare un comunicato ufficiale e dunque ci si deve basare su indiscrezioni e sensazioni) è estremamente deluso per il rendimento del suo Napoli e in casi come questi non si può fare altro che attribuirne la responsabilità all’allenatore. Garcia per il momento – dopo il ‘vertice’ di ieri - rimarrebbe al proprio posto ma si tratta di una fiducia (o meglio, di una non sfiducia) a tempo. Alla ripresa del campionato il Napoli sarà impegnato a Verona, poi con il Milan al ‘Maradona’, quindi a Salerno e infine ancora in casa con l’Empoli (con l’intermezzo della trasferta di Champions in Germania per affrontare l’Union Berlino). Garcia si salverà se la squadra dovesse fare bottino pieno o qualcosa di simile. Diversamente il casting che – sempre secondo indiscrezioni – il presidente avrebbe riservatamente già avviato arriverebbe a un finale concreto. La difficoltà nel trovare un nuovo allenatore comunque esiste e non sarebbe facile fare un passo così importante. Sulla piazza è disponibile Antonio Conte, ma l’ex Commissario Tecnico della Nazionale, si sa, non è favorevole a prendere squadre in corsa. Poi c’è Tudor il quale potrebbe puntare alla panchina di una squadra di un campionato diverso dalla serie A. Esistono inoltre altri profili ‘minori’ e su questi è probabile che De Laurentiis possa avere più di una riserva. Insomma un cambio in panchina non è scontato, sia perché Garcia ha ancora qualche carta da giocarsi, sia perché trovare un sostituto di rango è cosa alquanto difficile. Certo la situazione non è drammatica, ma sicuramente è seria. La Fiorentina ha impartito agli azzurri una lezione di calcio che lascia pensare. Anche la Lazio di Sarri era passata al ‘Maradona’ senza colpo ferire, ma in quel caso almeno il primo tempo degli azzurri poteva essere salvato. Domenica scorsa, invece, la squadra e soprattutto il suo tecnico sono parsi essere andati a finire completamente nel pallone. Confusione, disordine in campo, decisioni cervellotiche e azzardate in panchina: questo il mix micidiale che ha portato una (cospicua) parte dei tifosi a fischiare la squadra, cosa che non si sentiva da molto tempo. Riuscirà Garcia a raddrizzare la barca che comincia a fare acqua da tutte le parti? Riuscirà a recuperare un buon rapporto con tutti i calciatori della rosa? (Dopo i ‘casi’ Kvaratskhelia e Osimhen, anche Politano lo ha mandato a quel paese dopo la sostituzione). E soprattutto il tecnico riuscirà in tempi brevi a dare finalmente una identità certa e un gioco valido alla squadra che appare in troppe occasioni ancor oggi, a tre mesi dall’insediamento dell’allenatore, una banda scalcinata e sconclusionata?     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171349468MISTER Z - Napoli, è tempo di accelerareNAPOLI - Gli striscioni, i festoni, le gigantografie dei nostri eroi del terzo scudetto cominciano ormai a scolorire e tuttavia rimangono ancora appesi indecorosamente in tante strade di Napoli. I tifosi che con tanta gioia li appesero per festeggiare a maggio scorso (sembra passato un secolo, ma si tratta solo di poco più di quattro mesi) farebbero bene a darsi da fare per ripulire tutto. Lo scudetto è un tenero, appassionato ricordo che tutti ci portiamo dentro, ma il tempo è passato e non bisogna guardare ad altro che al futuro. Il futuro del Napoli oggi come lo scorso anno si chiama campionato e si chiama anche Champions League. Le polemiche, i malumori, le critiche, i dissapori ce li siamo lasciati alle spalle. Sono bastate le ultime due partite, con l’Udinese e con il Lecce, per capire che dopo gli sbandamenti di inizio stagione, dovuti essenzialmente al cambio di guida tecnica, gli azzurri hanno finalmente imboccato la strada giusta e da ora in poi la lotta con l’Inter, il Milan, la Juventus (e forse con qualche altro outsider) sarà tutta da gustare. Ma questa sera al ‘Maradona’ ritroveremo una vecchia amica e l’attesa si sta facendo spasmodica. Mi riferisco, lo avrete capito, a quella musichetta prima dell’inizio dell’epica sfida ai blancos di Carlo Ancelotti che ogni volta ci mette dentro un’allegria, una frenesia, una gioia che rimane il regalo più bello che il Napoli ci possa fare. Attendiamo con ansia il boato ‘The Champions’ che solo il pubblico del ‘Maradona’ è capace di regalare. E ci aspettiamo dalla squadra, ora che ha ritrovato la strada maestra, un’altra prestazione convincente. Con il Real, lo sappiamo tutti, si può anche perdere, non a caso stiamo parlando di una delle squadre più forti al mondo e più titolate. Ma quel che ci interessa è che il Napoli ci faccia sognare, sia degno – come sicuramente lo sarà – della sfida e ci faccia divertire. E se dovesse arrivare anche una vittoria…     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-10-03T06:05:00ZNAPOLI - Gli striscioni, i festoni, le gigantografie dei nostri eroi del terzo scudetto cominciano ormai a scolorire e tuttavia rimangono ancora appesi indecorosamente in tante strade di Napoli. I tifosi che con tanta gioia li appesero per festeggiare a maggio scorso (sembra passato un secolo, ma si tratta solo di poco più di quattro mesi) farebbero bene a darsi da fare per ripulire tutto. Lo scudetto è un tenero, appassionato ricordo che tutti ci portiamo dentro, ma il tempo è passato e non bisogna guardare ad altro che al futuro. Il futuro del Napoli oggi come lo scorso anno si chiama campionato e si chiama anche Champions League. Le polemiche, i malumori, le critiche, i dissapori ce li siamo lasciati alle spalle. Sono bastate le ultime due partite, con l’Udinese e con il Lecce, per capire che dopo gli sbandamenti di inizio stagione, dovuti essenzialmente al cambio di guida tecnica, gli azzurri hanno finalmente imboccato la strada giusta e da ora in poi la lotta con l’Inter, il Milan, la Juventus (e forse con qualche altro outsider) sarà tutta da gustare. Ma questa sera al ‘Maradona’ ritroveremo una vecchia amica e l’attesa si sta facendo spasmodica. Mi riferisco, lo avrete capito, a quella musichetta prima dell’inizio dell’epica sfida ai blancos di Carlo Ancelotti che ogni volta ci mette dentro un’allegria, una frenesia, una gioia che rimane il regalo più bello che il Napoli ci possa fare. Attendiamo con ansia il boato ‘The Champions’ che solo il pubblico del ‘Maradona’ è capace di regalare. E ci aspettiamo dalla squadra, ora che ha ritrovato la strada maestra, un’altra prestazione convincente. Con il Real, lo sappiamo tutti, si può anche perdere, non a caso stiamo parlando di una delle squadre più forti al mondo e più titolate. Ma quel che ci interessa è che il Napoli ci faccia sognare, sia degno – come sicuramente lo sarà – della sfida e ci faccia divertire. E se dovesse arrivare anche una vittoria…     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171346853MISTER Z - Napoli, la reazione di Osimhen tra forma e sostanzaNAPOLI - Tutto è bene quel che finisce bene. Ma fino a un certo punto. Sulla ribellione di Osimhen nei confronti di Garcia nei minuti finali della partita pareggiata dal Napoli a Bologna, c’è infatti da fare qualche considerazione ulteriore. Sarebbe troppo semplicistico dire che dopo la reazione infuriata dell’allenatore che ci sarebbe stata negli spogliatoi e dopo le scuse nei confronti del tecnico e dei compagni di squadra arrivate da parte del giocatore alla ripresa degli allenamenti a Castel Volturno, la questione sia chiuso lì. Sono infatti ancora da approfondire i motivi per i quali il calciatore nigeriano ha messo in atto la sua protesta che sicuramente ha del clamoroso perché effettuata in campo, davanti agli occhi dei compagni di squadra e dell’intero pubblico che occupava gli spalti dello stadio Dall’Ara. La ‘forma’ alla quale ho fatto ricorso Osimhen era sicuramente sbagliata, ma la ‘sostanza’? Certamente il calciatore avrebbe fatto bene a contare fino a 10 e, se fosse servito, perfino fino a 100, prima di dare in escandescenze. D’altro canto non è nuovo a certe performance e dunque da un ragazzo istintivo come lui alcune reazioni eccessive sono per certi versi perfino naturali. Osimhen avrebbe dovuto attendere la fine della partita e dire ciò che pensava all’allenatore negli spogliatoi o, meglio ancora, il giorno dopo nell’ufficio di Garcia nel chiuso nelle stanze di Castel Volturno. Ma torniamo alla sostanza della sua protesta. Quel che ha fatto osservare Osimhen con le parole e con i gesti aveva un significato molto chiaro: a pochi minuti dalla fine una partita che il Napoli avrebbe potuto e dovuto vincere e nella quale l’avversario era riuscito fino a quel momento ad effettuare la miseria di un solo tiro in porta, perché non utilizzare due attaccanti d’area di rigore invece di uno soltanto? In sostanza il calciatore si chiedeva e chiedeva al suo allenatore perché invece di far entrare Simeone al suo posto non aveva scelto di inserire l’argentino al suo fianco? E allora, diciamoci la verità: Osimhen aveva perfettamente ragione. Come possa essere venuto in mente Garcia di effettuare una sostituzione di tipo conservativo, piuttosto che cercare di dare la spallata definitiva al Bologna, rimane per quel che mi riguarda un mistero. E dire che il tecnico, in tempi non sospetti, vale a dire prima ancora dell’inizio del campionato, aveva precisato che lo schema tattico utilizzato, in linea di principio il 4-3-3 non era per lui un dogma irrinunciabile e che avrebbe potuto modificarlo sia tra una partita e l’altra, sia in corso d’opera cioè durante le fasi di un incontro, a seconda delle necessità. E invece, nulla… Tirando le somme c’è allora da dire che Osimhen e tutti i giocatori della rosa (ricordiamoci di Kvaratskhelia…) è opportuno che si diano una calmata perché il ruolo dell’allenatore è sacro e va rispettato sempre in campo e fuori dal terreno di gioco. Quanto al tecnico però, è auspicabile che anche lui si dia una buona regolata e che certe decisioni, che sembrano naturali, scontate ed elementari a tutti, in certi momenti cruciali siano condivise e adottate anche da chi comanda dalla panchina.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-09-26T21:08:00ZNAPOLI - Tutto è bene quel che finisce bene. Ma fino a un certo punto. Sulla ribellione di Osimhen nei confronti di Garcia nei minuti finali della partita pareggiata dal Napoli a Bologna, c’è infatti da fare qualche considerazione ulteriore. Sarebbe troppo semplicistico dire che dopo la reazione infuriata dell’allenatore che ci sarebbe stata negli spogliatoi e dopo le scuse nei confronti del tecnico e dei compagni di squadra arrivate da parte del giocatore alla ripresa degli allenamenti a Castel Volturno, la questione sia chiuso lì. Sono infatti ancora da approfondire i motivi per i quali il calciatore nigeriano ha messo in atto la sua protesta che sicuramente ha del clamoroso perché effettuata in campo, davanti agli occhi dei compagni di squadra e dell’intero pubblico che occupava gli spalti dello stadio Dall’Ara. La ‘forma’ alla quale ho fatto ricorso Osimhen era sicuramente sbagliata, ma la ‘sostanza’? Certamente il calciatore avrebbe fatto bene a contare fino a 10 e, se fosse servito, perfino fino a 100, prima di dare in escandescenze. D’altro canto non è nuovo a certe performance e dunque da un ragazzo istintivo come lui alcune reazioni eccessive sono per certi versi perfino naturali. Osimhen avrebbe dovuto attendere la fine della partita e dire ciò che pensava all’allenatore negli spogliatoi o, meglio ancora, il giorno dopo nell’ufficio di Garcia nel chiuso nelle stanze di Castel Volturno. Ma torniamo alla sostanza della sua protesta. Quel che ha fatto osservare Osimhen con le parole e con i gesti aveva un significato molto chiaro: a pochi minuti dalla fine una partita che il Napoli avrebbe potuto e dovuto vincere e nella quale l’avversario era riuscito fino a quel momento ad effettuare la miseria di un solo tiro in porta, perché non utilizzare due attaccanti d’area di rigore invece di uno soltanto? In sostanza il calciatore si chiedeva e chiedeva al suo allenatore perché invece di far entrare Simeone al suo posto non aveva scelto di inserire l’argentino al suo fianco? E allora, diciamoci la verità: Osimhen aveva perfettamente ragione. Come possa essere venuto in mente Garcia di effettuare una sostituzione di tipo conservativo, piuttosto che cercare di dare la spallata definitiva al Bologna, rimane per quel che mi riguarda un mistero. E dire che il tecnico, in tempi non sospetti, vale a dire prima ancora dell’inizio del campionato, aveva precisato che lo schema tattico utilizzato, in linea di principio il 4-3-3 non era per lui un dogma irrinunciabile e che avrebbe potuto modificarlo sia tra una partita e l’altra, sia in corso d’opera cioè durante le fasi di un incontro, a seconda delle necessità. E invece, nulla… Tirando le somme c’è allora da dire che Osimhen e tutti i giocatori della rosa (ricordiamoci di Kvaratskhelia…) è opportuno che si diano una calmata perché il ruolo dell’allenatore è sacro e va rispettato sempre in campo e fuori dal terreno di gioco. Quanto al tecnico però, è auspicabile che anche lui si dia una buona regolata e che certe decisioni, che sembrano naturali, scontate ed elementari a tutti, in certi momenti cruciali siano condivise e adottate anche da chi comanda dalla panchina.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171345171MR Z - Napoli, ora bisogna reagire!NAPOLI - Che dire? Rispetto al Napoli di Spalletti che soltanto qualche mese fa ha stracciato tutte le avversarie, mancano Kim e Lozano e i sostituti che sono arrivati al loro posto al momento non sono ancora pervenuti. Basta questo per giustificare la trasformazione della squadra da incantevole cigno a brutto anatroccolo? Onestamente non so dare una risposta. Certo la difesa con la partenza del coreano si è clamorosamente indebolita e almeno a me mancano tremendamente le accelerazioni sulla fascia destra del messicano, uno dei pochi che era in grado di superare il diretto avversario nel duello uomo contro uomo. Ma da questo a diventare la squadra sgarrupata che abbiamo visto fino a ora in campionato, ne corre. Qualcosa di diverso, di più profondo che ha determinato questa mutazione genetica ci deve essere e va individuato. Le colpe di ciò che sta accadendo possono essere attribuite a Garcia? Bisogna ammettere che certe decisioni dell’allenatore lasciano un po’ perplessi (la nuova posizione pensata per Lobotka che abbandona Anguissa al proprio destino, la sostituzione di Kvaratskelia con Zerbin invece che con Simeone nei minuti finali di Genoa-Napoli, quando si sarebbe dovuto e potuto puntare alla vittoria, sono indubbiamente due esempi che fanno riflettere) ma quello che soprattutto preoccupa è la mancanza di quella cattiveria agonistica che lo scorso anno animava la squadra e che oggi sembra essere stata smarrita. E allora nasce spontanea e inevitabile un’altra domanda: perché i calciatori del Napoli non hanno più quella luce, quello sguardo da belve feroci che mostravano fino a qualche mese fa? Sazietà, rilassamento? Che altro? Certo il gesto piuttosto esplicito di Kvara al momento della sostituzione a Genova fa capire che la sintonia tra la squadra (o almeno di qualcuno della squadra) e l’allenatore non è al momento piena. E’ chiato che il georgiano non ha capito il motivo per il quale era stato tolto dal campo proprio nel momento in cui serviva il maggiore sforzo offensivo per tentare di vincere una partita che sembrava già persa. E’ su questi aspetti che De Laurentiis, in mancanza di una figura che faccia da ponte tra i calciatori e la Società, è chiamato con urgenza a fare chiarezza. Intanto arriva la trasferta di Braga, la prima del girone di Champions League che è particolarmente rischiosa per il Napoli, a maggior ragione per il momento particolarmente delicato che la squadra sta attraversando. Una vittoria potrebbe rimettere le cose a posto, dando all’ambiante quella spinta morale e quell’entusiasmo di cui ha bisogno. Un passo falso porterebbe verso una (mini)crisi dagli esiti imprevedibili. Speriamo che sia la volta buona per risorgere.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-09-19T09:00:00ZNAPOLI - Che dire? Rispetto al Napoli di Spalletti che soltanto qualche mese fa ha stracciato tutte le avversarie, mancano Kim e Lozano e i sostituti che sono arrivati al loro posto al momento non sono ancora pervenuti. Basta questo per giustificare la trasformazione della squadra da incantevole cigno a brutto anatroccolo? Onestamente non so dare una risposta. Certo la difesa con la partenza del coreano si è clamorosamente indebolita e almeno a me mancano tremendamente le accelerazioni sulla fascia destra del messicano, uno dei pochi che era in grado di superare il diretto avversario nel duello uomo contro uomo. Ma da questo a diventare la squadra sgarrupata che abbiamo visto fino a ora in campionato, ne corre. Qualcosa di diverso, di più profondo che ha determinato questa mutazione genetica ci deve essere e va individuato. Le colpe di ciò che sta accadendo possono essere attribuite a Garcia? Bisogna ammettere che certe decisioni dell’allenatore lasciano un po’ perplessi (la nuova posizione pensata per Lobotka che abbandona Anguissa al proprio destino, la sostituzione di Kvaratskelia con Zerbin invece che con Simeone nei minuti finali di Genoa-Napoli, quando si sarebbe dovuto e potuto puntare alla vittoria, sono indubbiamente due esempi che fanno riflettere) ma quello che soprattutto preoccupa è la mancanza di quella cattiveria agonistica che lo scorso anno animava la squadra e che oggi sembra essere stata smarrita. E allora nasce spontanea e inevitabile un’altra domanda: perché i calciatori del Napoli non hanno più quella luce, quello sguardo da belve feroci che mostravano fino a qualche mese fa? Sazietà, rilassamento? Che altro? Certo il gesto piuttosto esplicito di Kvara al momento della sostituzione a Genova fa capire che la sintonia tra la squadra (o almeno di qualcuno della squadra) e l’allenatore non è al momento piena. E’ chiato che il georgiano non ha capito il motivo per il quale era stato tolto dal campo proprio nel momento in cui serviva il maggiore sforzo offensivo per tentare di vincere una partita che sembrava già persa. E’ su questi aspetti che De Laurentiis, in mancanza di una figura che faccia da ponte tra i calciatori e la Società, è chiamato con urgenza a fare chiarezza. Intanto arriva la trasferta di Braga, la prima del girone di Champions League che è particolarmente rischiosa per il Napoli, a maggior ragione per il momento particolarmente delicato che la squadra sta attraversando. Una vittoria potrebbe rimettere le cose a posto, dando all’ambiante quella spinta morale e quell’entusiasmo di cui ha bisogno. Un passo falso porterebbe verso una (mini)crisi dagli esiti imprevedibili. Speriamo che sia la volta buona per risorgere.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171343548MR Z - Napoli, siamo appena a inizio stagione: piano con le sentenze!NAPOLI - Non si è ancora giocata la quarta giornata di campionato e già sembra che per Rudi Garcia e per il suo Napoli stia per giungere il momento della verità, da dentro o fuori, senza possibilità di appello. E’ evidente che siamo di fronte a un’esagerazione. La stagione è appena cominciata e se il passo della squadra non è ancora sciolto e disinvolto non significa che le cose non possano cambiare in men che non si dica. La sconfitta con la Lazio, prima della sosta per gli impegni delle Nazionali che vedono coinvolti per 15 giocatori della rosa, ha indubbiamente lasciato il segno. Dubbi, incertezze, paragoni con il passato sono le inevitabili conseguenze di ciò che si è visto in campo nel match contro i biancocelesti e Garcia e i suoi ragazzi sono chiamati a sciogliere questi dilemmi al più presto, possibilmente già in occasione dell’impegno di sabato prossimo a Marassi contro il Genoa. L’allenatore deve risolvere diverse grane. Innanzitutto c’è la condizione atletica della squadra che appare approssimativa. Nel secondo tempo contro la squadra di Sarri, il Napoli aveva il fiato corto, alcuni calciatori azzurri non riuscivano a dare intensità e ritmo alla loro corsa. Poi ci sono le questioni tattiche, prima fra tutte la posizione di Lobotka che Garcia non vuole più piazzato davanti alla propria area di rigore, pronto a contrastare e al tempo stesso a prendere in mano le redini del gioco della sua squadra, ma che pretende si disimpegni almeno una ventina di metri più avanti a sostegno del gioco d’attacco. Ciò lascia scoperto il fianco alle ripartenze veloci delle avversarie come ha ampiamente dimostrato la partita con la Lazio. Ma ci sono altri problemi. Kvaratskhelia fino a ora non ha avuto la possibilità di esprimersi al meglio anche per un impiego parziale e quando è partito da titolare è stato sostituito. C’è poi l’eterno dilemma sul ruolo di Raspadori. E’ una prima punta (in questo caso sarebbe chiuso da Osimhen)? E’ una sottopunta (allora per farlo giocare si dovrebbe mutare lo schema tattico dal 4-3-3 al 4-2-3-1)? E’ un esterno (se così fosse dovrebbero fargli spazio o Kvara o Politano/Lindstrom)? Infine Natan. L’oggetto misterioso sta per svelare le sue doti o neanche a Genova lo vedremo in campo? La sostituzione (fino a questo momento mancata) di Kim sembra essere il principale problema con il quale deve confrontarsi l’allenatore. La velocità del coreano, il suo tempismo in area di rigore, perfino la sua capacità di rilanciare l’azione e la pericolosità sotto la porta avversaria con i poderosi stacchi di testa sono caratteristiche dalle quali non si può prescindere a cuor leggero. La speranza (che per il momento è solo tale, visto che non vi sono certezze in materia) è che il giovane brasiliano possa mantenere le promesse, adeguarsi al più presto al gioco europeo e diventare un punto di riferimento per i compagni di squadra. Insomma i problemi sono tanti, alcuni di più facile soluzione, altri meno. Ma altro tempo a disposizione per risolvere i vari enigmi non c’è. Gli impegni (anche quelli internazionali) sono ormai alle porte e il Napoli deve urgentemente ritrovare se stesso.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-09-12T19:00:00ZNAPOLI - Non si è ancora giocata la quarta giornata di campionato e già sembra che per Rudi Garcia e per il suo Napoli stia per giungere il momento della verità, da dentro o fuori, senza possibilità di appello. E’ evidente che siamo di fronte a un’esagerazione. La stagione è appena cominciata e se il passo della squadra non è ancora sciolto e disinvolto non significa che le cose non possano cambiare in men che non si dica. La sconfitta con la Lazio, prima della sosta per gli impegni delle Nazionali che vedono coinvolti per 15 giocatori della rosa, ha indubbiamente lasciato il segno. Dubbi, incertezze, paragoni con il passato sono le inevitabili conseguenze di ciò che si è visto in campo nel match contro i biancocelesti e Garcia e i suoi ragazzi sono chiamati a sciogliere questi dilemmi al più presto, possibilmente già in occasione dell’impegno di sabato prossimo a Marassi contro il Genoa. L’allenatore deve risolvere diverse grane. Innanzitutto c’è la condizione atletica della squadra che appare approssimativa. Nel secondo tempo contro la squadra di Sarri, il Napoli aveva il fiato corto, alcuni calciatori azzurri non riuscivano a dare intensità e ritmo alla loro corsa. Poi ci sono le questioni tattiche, prima fra tutte la posizione di Lobotka che Garcia non vuole più piazzato davanti alla propria area di rigore, pronto a contrastare e al tempo stesso a prendere in mano le redini del gioco della sua squadra, ma che pretende si disimpegni almeno una ventina di metri più avanti a sostegno del gioco d’attacco. Ciò lascia scoperto il fianco alle ripartenze veloci delle avversarie come ha ampiamente dimostrato la partita con la Lazio. Ma ci sono altri problemi. Kvaratskhelia fino a ora non ha avuto la possibilità di esprimersi al meglio anche per un impiego parziale e quando è partito da titolare è stato sostituito. C’è poi l’eterno dilemma sul ruolo di Raspadori. E’ una prima punta (in questo caso sarebbe chiuso da Osimhen)? E’ una sottopunta (allora per farlo giocare si dovrebbe mutare lo schema tattico dal 4-3-3 al 4-2-3-1)? E’ un esterno (se così fosse dovrebbero fargli spazio o Kvara o Politano/Lindstrom)? Infine Natan. L’oggetto misterioso sta per svelare le sue doti o neanche a Genova lo vedremo in campo? La sostituzione (fino a questo momento mancata) di Kim sembra essere il principale problema con il quale deve confrontarsi l’allenatore. La velocità del coreano, il suo tempismo in area di rigore, perfino la sua capacità di rilanciare l’azione e la pericolosità sotto la porta avversaria con i poderosi stacchi di testa sono caratteristiche dalle quali non si può prescindere a cuor leggero. La speranza (che per il momento è solo tale, visto che non vi sono certezze in materia) è che il giovane brasiliano possa mantenere le promesse, adeguarsi al più presto al gioco europeo e diventare un punto di riferimento per i compagni di squadra. Insomma i problemi sono tanti, alcuni di più facile soluzione, altri meno. Ma altro tempo a disposizione per risolvere i vari enigmi non c’è. Gli impegni (anche quelli internazionali) sono ormai alle porte e il Napoli deve urgentemente ritrovare se stesso.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171342220MISTER Z - Napoli, una serie di considerazioni dopo il campanello d'allarme scattato contro la LazioNAPOLI - La sconfitta con la Lazio offre lo spunto per una serie di considerazioni che vanno fatte sul Napoli e su Garcia per tentare di capire se si tratta di un campanello d’allarme che potrebbe preludere a ulteriori rovesci o se invece va considerata un episodio destinato a ripetersi difficilmente. Ecco allora, schematicamente, le valutazioni del caso. 1) La vittoria della Lazio è figlia di un atteggiamento tattico dei biancocelesti, al quale Maurizio Sarri si è convertito strada facendo nel corso della sua carriera, improntato a un difensivismo esasperato e al contropiede come principale, se non esclusiva, arma offensiva. Anche il Napoli di Spalletti aveva dimostrato di soffrire particolarmente l’atteggiamento di chiusura ermetica delle difese che preclude gli spazi di manovra a Osimhen e Kvaratskhelia e limita in maniera consistente le capacità offensive degli azzurri. Quando l’avversario che pratica il catenaccio appartiene alle seconde file della classifica i problemi si possono superare in un modo o nell’altro, ma quando l’antagonista è posizionata nel lato sinistro della graduatoria tutto si fa più difficile; 2) In attesa di vedere all’opera Natan, il buco lasciato in difesa dalla partenza di Kim risulta non riparabile con le forze di cui dispone al momento l’allenatore. E ciò vale specialmente quando bisogna fronteggiare una squadra di velocisti, come è appunto la Lazio; 3) A maggior ragione per l’assenza del coreano in difesa, la modifica tattica decisa da Garcia e che riguarda Lobotka induce a qualche perplessità. L’allenatore vuole che lo slovacco – che con Spalletti era il perno del gioco posizionato davanti alla sua area di rigore – agisca dal cerchio del centrocampo in su, con l’intenzione di sfruttarne le capacità di penetrazione in verticale nella difesa avversaria, a sostegno dell’azione degli attaccanti. Questo atteggiamento tattico, però, finisce inevitabilmente per liberare spazi agli avversari in una zona estremamente delicate del terreno di gioco e lascia troppo isolato Anguissa, cui viene affidato troppo spesso in solitudine il compito di costruire la barriera di contenimento davanti all’area di rigore; 4) La condizione atletica della squadra lascia ancora a desiderare, come dimostra chiaramente in crollo fisico a partire dalla metà del secondo tempo della sfida con la Lazio. Da che cosa dipende? E’ frutto di un’impostazione che guarda alla lunga distanza, data dal preparatore atletico e dall’allenatore a Dimaro e a Castel di Sangro, o dipende da altro? La risposta a questo interrogativo la si avrà soltanto alla ripresa del campionato ma se non si evidenziasse un pronto recupero in termini atletici della squadra le conseguenze potrebbero essere preoccupanti. Per concludere, la prima sconfitta in campionato e lo svantaggio di tre punti accumulato nei confronti delle due battistrada milanesi devono far riflettere ma non devono spaventare. Il Napoli ha le potenzialità per tornare a riprendere subito il cammino e tornare a essere la splendida macchina che tutti abbiamo ammirato lo scorso anno.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-09-05T21:58:00ZNAPOLI - La sconfitta con la Lazio offre lo spunto per una serie di considerazioni che vanno fatte sul Napoli e su Garcia per tentare di capire se si tratta di un campanello d’allarme che potrebbe preludere a ulteriori rovesci o se invece va considerata un episodio destinato a ripetersi difficilmente. Ecco allora, schematicamente, le valutazioni del caso. 1) La vittoria della Lazio è figlia di un atteggiamento tattico dei biancocelesti, al quale Maurizio Sarri si è convertito strada facendo nel corso della sua carriera, improntato a un difensivismo esasperato e al contropiede come principale, se non esclusiva, arma offensiva. Anche il Napoli di Spalletti aveva dimostrato di soffrire particolarmente l’atteggiamento di chiusura ermetica delle difese che preclude gli spazi di manovra a Osimhen e Kvaratskhelia e limita in maniera consistente le capacità offensive degli azzurri. Quando l’avversario che pratica il catenaccio appartiene alle seconde file della classifica i problemi si possono superare in un modo o nell’altro, ma quando l’antagonista è posizionata nel lato sinistro della graduatoria tutto si fa più difficile; 2) In attesa di vedere all’opera Natan, il buco lasciato in difesa dalla partenza di Kim risulta non riparabile con le forze di cui dispone al momento l’allenatore. E ciò vale specialmente quando bisogna fronteggiare una squadra di velocisti, come è appunto la Lazio; 3) A maggior ragione per l’assenza del coreano in difesa, la modifica tattica decisa da Garcia e che riguarda Lobotka induce a qualche perplessità. L’allenatore vuole che lo slovacco – che con Spalletti era il perno del gioco posizionato davanti alla sua area di rigore – agisca dal cerchio del centrocampo in su, con l’intenzione di sfruttarne le capacità di penetrazione in verticale nella difesa avversaria, a sostegno dell’azione degli attaccanti. Questo atteggiamento tattico, però, finisce inevitabilmente per liberare spazi agli avversari in una zona estremamente delicate del terreno di gioco e lascia troppo isolato Anguissa, cui viene affidato troppo spesso in solitudine il compito di costruire la barriera di contenimento davanti all’area di rigore; 4) La condizione atletica della squadra lascia ancora a desiderare, come dimostra chiaramente in crollo fisico a partire dalla metà del secondo tempo della sfida con la Lazio. Da che cosa dipende? E’ frutto di un’impostazione che guarda alla lunga distanza, data dal preparatore atletico e dall’allenatore a Dimaro e a Castel di Sangro, o dipende da altro? La risposta a questo interrogativo la si avrà soltanto alla ripresa del campionato ma se non si evidenziasse un pronto recupero in termini atletici della squadra le conseguenze potrebbero essere preoccupanti. Per concludere, la prima sconfitta in campionato e lo svantaggio di tre punti accumulato nei confronti delle due battistrada milanesi devono far riflettere ma non devono spaventare. Il Napoli ha le potenzialità per tornare a riprendere subito il cammino e tornare a essere la splendida macchina che tutti abbiamo ammirato lo scorso anno.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171340519MISTER Z - Napoli, si delinea la rosaNAPOLI - Bene, è arrivato Lindstrom. Dovrà sostituire Lozano, destinato a lasciare Napoli se nelle fasi finali del calciomercato si riuscirà a trovargli una sistemazione adatta, oppure a rimanere inutilmente emarginato e pagato profumatamente per un’intera stagione. A questo proposito, De Laurentiis ha giustamente detto che i contratti vanno rispettati e dunque Spalletti dovrà pagarsi l’acquisita libertà di sedersi sulla panchina della Nazionale. Ma come mai il contratto di Lozano, pure a suo tempo liberamente sottoscritto da entrambe le parti, il presidente del Napoli non intende onorarlo fino in fondo, pretendendo unilateralmente di diminuire la cifra pattuita? Misteri del calcio. Tornando al calciomercato, il bilancio, almeno fino a questo momento cioè a 3 giorni dalla chiusura, è oggettivamente deludente. La squadra sicuramente non è stata rinforzata. Kim è andato via e in attesa che si manifestino le caratteristiche tecniche e atletiche dell’oggetto misterioso Natan, il ruolo rimane scoperto. Lindstrom dovrà mostrare il suo valore ma a meno di grossi miglioramenti dell’ultima ora e nel ricordo di ciò che ha mostrato lo scorso anno con la maglia dell’Eintracht, non sembra essere maggiormente dotato rispetto al messicano che si appresta a sostituire. Quanto a Cajuste che prende il posto di Ndombele rappresenta oggettivamente un’incognita e il suo reale valore è tutto da dimostrare. Se a ciò si aggiunge che Demme è destinato a lasciare Napoli e che probabilmente la stessa sorte toccherà a Gaetano, si vede bene come - a meno di clamorosi colpi di scena finali - la rosa affidata a Garcia appare meno solida e omogenea rispetto a quella di cui disponeva lo scorso anno Spalletti. Questo non significa che il Napoli non possa vivere una stagione di successi che faccia entusiasmare i suoi tifosi. Il telaio della squadra resta solido e le avversarie non si sono rinforzate chissà quanto. Tuttavia con le possibilità economiche di cui almeno in teoria poteva disporre la Società ci si sarebbe aspettati una presenza più concreta sul mercato. Che dire? Speriamo che nelle ultime ore disponibili avvenga un miracolo che riporti quantomeno la rosa nel suo complesso sui livelli di quella della passata stagione.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-08-29T07:00:00ZNAPOLI - Bene, è arrivato Lindstrom. Dovrà sostituire Lozano, destinato a lasciare Napoli se nelle fasi finali del calciomercato si riuscirà a trovargli una sistemazione adatta, oppure a rimanere inutilmente emarginato e pagato profumatamente per un’intera stagione. A questo proposito, De Laurentiis ha giustamente detto che i contratti vanno rispettati e dunque Spalletti dovrà pagarsi l’acquisita libertà di sedersi sulla panchina della Nazionale. Ma come mai il contratto di Lozano, pure a suo tempo liberamente sottoscritto da entrambe le parti, il presidente del Napoli non intende onorarlo fino in fondo, pretendendo unilateralmente di diminuire la cifra pattuita? Misteri del calcio. Tornando al calciomercato, il bilancio, almeno fino a questo momento cioè a 3 giorni dalla chiusura, è oggettivamente deludente. La squadra sicuramente non è stata rinforzata. Kim è andato via e in attesa che si manifestino le caratteristiche tecniche e atletiche dell’oggetto misterioso Natan, il ruolo rimane scoperto. Lindstrom dovrà mostrare il suo valore ma a meno di grossi miglioramenti dell’ultima ora e nel ricordo di ciò che ha mostrato lo scorso anno con la maglia dell’Eintracht, non sembra essere maggiormente dotato rispetto al messicano che si appresta a sostituire. Quanto a Cajuste che prende il posto di Ndombele rappresenta oggettivamente un’incognita e il suo reale valore è tutto da dimostrare. Se a ciò si aggiunge che Demme è destinato a lasciare Napoli e che probabilmente la stessa sorte toccherà a Gaetano, si vede bene come - a meno di clamorosi colpi di scena finali - la rosa affidata a Garcia appare meno solida e omogenea rispetto a quella di cui disponeva lo scorso anno Spalletti. Questo non significa che il Napoli non possa vivere una stagione di successi che faccia entusiasmare i suoi tifosi. Il telaio della squadra resta solido e le avversarie non si sono rinforzate chissà quanto. Tuttavia con le possibilità economiche di cui almeno in teoria poteva disporre la Società ci si sarebbe aspettati una presenza più concreta sul mercato. Che dire? Speriamo che nelle ultime ore disponibili avvenga un miracolo che riporti quantomeno la rosa nel suo complesso sui livelli di quella della passata stagione.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171300933MISTER Z - Napoli, si può pronunciare quella parolina magica o è presto?NAPOLI - A 12 giornate dalla fine del campionato il Napoli, grazie alla vittoria sull’Atalanta, ha nuovamente aumentato a 18 punti il suo vantaggio sulla seconda in classifica che è ancora l’Inter. L’entusiasmo dei tifosi cresce di giorno in giorno e in molti casi sta già strabordando fino a mettere in scena fenomeni che sanno tanto di festeggiamenti (troppo?) anticipati. Non c’è ormai quartiere della città in cui non si assista per le strade allo sventolio delle bandiere. I palazzi sono tappezzati da festoni, le facce dei calciatori e di Spalletti risaltano per ogni dove, il colore azzurro predomina dappertutto. Il numero di coloro i quali – per realismo o per scaramanzia – sono fermi sulla posizione di non voler neppure pronunciare quella parolina magica che tutti sognano da 33 anni si riduce sempre di più, anche se resistono sacche di appassionati tetragoni, che non fanno sconti su questo delicato argomento. E allora è arrivato il momento di porci anche noi il problema: si può pronunciare quella benedetta parola o è meglio far finta di niente e attendere che questo frutto tanto dolce e succoso si maturi ancor di più, prima di coglierlo dalla pianta? Facciamoci aiutare dall’esame del calendario. Mancano 12 partite alla fine che aggiudicano al massimo 36 punti a chi dovesse sempre vincere da ora fino alla fine del torneo. Significa che il Napoli – avendone 18 di vantaggio - può permettersi di procurarsi esattamente la metà dei punti che deve invece totalizzare l’Inter per raggiungere gli azzurri. Perché la squadra di Simone Inzaghi agguanti quella di Spalletti c’è bisogno, ad esempio, che la prima vinca sempre fino alla fine del torneo e che la seconda perda sei partite. E’ realistico tutto ciò? Guardiamola da un’altra angolazione: al Napoli basta vincere sei partite delle 12 complessive che rimangono da giocare per festeggiare (a patto di battere l’Inter in casa anche con un solo gol di scarto). Allora guardiamo il calendario. Il Napoli deve giocare fino al 4 giugno sei partite in casa (Milan, Verona, Salernitana, Fiorentina, Inter e Sampdoria) e sei fuori (Torino, Lecce, Juventus, Udinese, Monza e Bologna). Oggettivamente c’è da essere fiduciosi. Più guardo queste tabelle e più mi vado convincendo che, tutto sommato, quelli che espongono bandiere e striscioni nonostante che il campionato si concluda soltanto fra due mesi e mezzo, non sono poi così tanto avventati. Più passano i giorni, più vedo giocare questa meravigliosa squadra e sempre di più, anche a me, viene la voglia di pronunciare quella parolina magica e, perché no, gridarla addirittura a squarciagola. In fondo sono solo tre sillabe: SCU-DET-TO. Ecco qua, mi è scappata e ora mi sento più libero e più felice.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-03-14T11:00:00ZNAPOLI - A 12 giornate dalla fine del campionato il Napoli, grazie alla vittoria sull’Atalanta, ha nuovamente aumentato a 18 punti il suo vantaggio sulla seconda in classifica che è ancora l’Inter. L’entusiasmo dei tifosi cresce di giorno in giorno e in molti casi sta già strabordando fino a mettere in scena fenomeni che sanno tanto di festeggiamenti (troppo?) anticipati. Non c’è ormai quartiere della città in cui non si assista per le strade allo sventolio delle bandiere. I palazzi sono tappezzati da festoni, le facce dei calciatori e di Spalletti risaltano per ogni dove, il colore azzurro predomina dappertutto. Il numero di coloro i quali – per realismo o per scaramanzia – sono fermi sulla posizione di non voler neppure pronunciare quella parolina magica che tutti sognano da 33 anni si riduce sempre di più, anche se resistono sacche di appassionati tetragoni, che non fanno sconti su questo delicato argomento. E allora è arrivato il momento di porci anche noi il problema: si può pronunciare quella benedetta parola o è meglio far finta di niente e attendere che questo frutto tanto dolce e succoso si maturi ancor di più, prima di coglierlo dalla pianta? Facciamoci aiutare dall’esame del calendario. Mancano 12 partite alla fine che aggiudicano al massimo 36 punti a chi dovesse sempre vincere da ora fino alla fine del torneo. Significa che il Napoli – avendone 18 di vantaggio - può permettersi di procurarsi esattamente la metà dei punti che deve invece totalizzare l’Inter per raggiungere gli azzurri. Perché la squadra di Simone Inzaghi agguanti quella di Spalletti c’è bisogno, ad esempio, che la prima vinca sempre fino alla fine del torneo e che la seconda perda sei partite. E’ realistico tutto ciò? Guardiamola da un’altra angolazione: al Napoli basta vincere sei partite delle 12 complessive che rimangono da giocare per festeggiare (a patto di battere l’Inter in casa anche con un solo gol di scarto). Allora guardiamo il calendario. Il Napoli deve giocare fino al 4 giugno sei partite in casa (Milan, Verona, Salernitana, Fiorentina, Inter e Sampdoria) e sei fuori (Torino, Lecce, Juventus, Udinese, Monza e Bologna). Oggettivamente c’è da essere fiduciosi. Più guardo queste tabelle e più mi vado convincendo che, tutto sommato, quelli che espongono bandiere e striscioni nonostante che il campionato si concluda soltanto fra due mesi e mezzo, non sono poi così tanto avventati. Più passano i giorni, più vedo giocare questa meravigliosa squadra e sempre di più, anche a me, viene la voglia di pronunciare quella parolina magica e, perché no, gridarla addirittura a squarciagola. In fondo sono solo tre sillabe: SCU-DET-TO. Ecco qua, mi è scappata e ora mi sento più libero e più felice.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171299407MISTER Z - Napoli, nulla è cambiatoNAPOLI - Cerchiamo di stare calmi ed evitiamo di farci del male da soli. La sconfitta di venerdì scorso con la Lazio è soltanto un momento, un piccolo e irrilevante incidente di percorso nel lungo cammino che il Napoli ha intrapreso all’inizio della stagione e che sta con portando avanti con grande determinazione e con risultati eccezionali. Poteva capitare ed è capitato. Il campionato gli azzurri non lo avevano già vinto prima della gara con i laziali e sicuramente non lo hanno perso adesso, dopo la sconfitta. La verità è che il successo per la squadra di Sarri è arrivato soltanto grazie alla profonda conoscenza che l’ex allenatore del Napoli ha dimostrato di avere dell’avversaria. La squadra di Spalletti si è trovata improvvisamente impoverita nelle idee e gli schemi conosciuti a memoria non hanno trovato la consueta applicazione, si sono inariditi. Un ruolo determinante per l’esito della sfida l’ha avuto l’atteggiamento della difesa della Lazio che per tutto il corso della gara ha avuto la costanza di rimanere altissima, fin sulla linea del centrocampo, bloccando in tal modo le percussioni di Osimhen nella zona centrale del campo e anche quelle di Lozano e di Kvaratskhelia sulle fasce laterali. Insomma si è trattato della tipica partita destinata a concludersi sullo 0-0 se non fosse stato per una circostanza fortuita, una debole respinta di Kvara sulla quale Vecino ha trovato il tiro della domenica. Se lo ripetesse altre cento volte non indovinerebbe mai più l’angolino della porta di Meret. E allora bisogna davvero drammatizzare? Assolutamente no. Il Napoli riprenderà il suo cammino sicuramente già a partire dalla gara di sabato prossimo con l’Atalanta. Il vantaggio è nettissimo e nulla è cambiato rispetto a prima. E poi c’è Spalletti. L’allenatore sa bene come affrontare questi momenti e come ricaricare la squadra, dando ai suoi uomini ancora fiducia e facendo subito ritrovare loro la concentrazione, la volontà, la forza d’animo. Il resto, statene certi, verrà naturalmente.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-03-07T22:00:00ZNAPOLI - Cerchiamo di stare calmi ed evitiamo di farci del male da soli. La sconfitta di venerdì scorso con la Lazio è soltanto un momento, un piccolo e irrilevante incidente di percorso nel lungo cammino che il Napoli ha intrapreso all’inizio della stagione e che sta con portando avanti con grande determinazione e con risultati eccezionali. Poteva capitare ed è capitato. Il campionato gli azzurri non lo avevano già vinto prima della gara con i laziali e sicuramente non lo hanno perso adesso, dopo la sconfitta. La verità è che il successo per la squadra di Sarri è arrivato soltanto grazie alla profonda conoscenza che l’ex allenatore del Napoli ha dimostrato di avere dell’avversaria. La squadra di Spalletti si è trovata improvvisamente impoverita nelle idee e gli schemi conosciuti a memoria non hanno trovato la consueta applicazione, si sono inariditi. Un ruolo determinante per l’esito della sfida l’ha avuto l’atteggiamento della difesa della Lazio che per tutto il corso della gara ha avuto la costanza di rimanere altissima, fin sulla linea del centrocampo, bloccando in tal modo le percussioni di Osimhen nella zona centrale del campo e anche quelle di Lozano e di Kvaratskhelia sulle fasce laterali. Insomma si è trattato della tipica partita destinata a concludersi sullo 0-0 se non fosse stato per una circostanza fortuita, una debole respinta di Kvara sulla quale Vecino ha trovato il tiro della domenica. Se lo ripetesse altre cento volte non indovinerebbe mai più l’angolino della porta di Meret. E allora bisogna davvero drammatizzare? Assolutamente no. Il Napoli riprenderà il suo cammino sicuramente già a partire dalla gara di sabato prossimo con l’Atalanta. Il vantaggio è nettissimo e nulla è cambiato rispetto a prima. E poi c’è Spalletti. L’allenatore sa bene come affrontare questi momenti e come ricaricare la squadra, dando ai suoi uomini ancora fiducia e facendo subito ritrovare loro la concentrazione, la volontà, la forza d’animo. Il resto, statene certi, verrà naturalmente.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171297632MR Z - Napoli, la forza di chi vola!NAPOLI - Il Napoli vola in campionato e in Champions League, straccia gli avversari che trova lungo il cammino, impone la sua forza, la sua organizzazione, il suo gioco. Se il divario con le avversarie nella lotta per il titolo tricolore si fa ogni settimana più profondo, se la storica qualificazione ai quarti di finale di Champions è vicinissima grazie all’impresa compiuta a Francoforte, la maggior parte del merito va ai calciatori che costituiscono questo straordinario gruppo vincente e va in pari misura a Luciano Spalletti, il tecnico che ha messo insieme e fuso alla perfezione le tante professionalità che gli sono state messe a disposizione dalla Società. Esiste però un mondo sommerso, un dietro le quinte che in pochi conoscono, che non raggiunge mai la ribalta, che non è caratterizzato da fama e notorietà riservate ai principali protagonisti di questa meravigliosa cavalcata, i cui meriti, però, non sono da meno. E’ giusto pertanto che un faro ogni tanto punti anche su questi personaggi e illumini il loro lavoro, il contributo che danno ogni giorno a far funzionare nel migliore dei modi quella macchina perfetta che è il Napoli. Francesco Sinatti e Francesco Cacciapuoti sono il preparatore atletico e il vice preparatore atletico il cui compito è fondamentale nella gestione della squadra. Il loro lavoro viene effettuato in assonanza, in stretta sinergia con quello di Spalletti. Sono loro a programmare l’attività dei calciatori, a modularne l’impegno fisico nelle lunghe sedute di allenamento, a decidere i carichi di lavoro in base agli impegni della squadra. E’ un’attività che sta dando i suoi frutti in maniera davvero straordinaria. Il Napoli – lo si vede in ogni partita – corre molto più degli avversari. Non ci sono pause nel gioco, non ci sono cali di tensione e di rendimento. Quanto agli incidenti, quest’anno sono ridotti al lumicino, segno anche questo di una programmazione e di una scientificità di metodo che Sinatti e Cacciapuoti hanno dato al loro lavoro e che rende possibile il miracolo di una squadra che corre a doppia velocità rispetto alle altre e con straordinarie capacità di recupero tra un impegno e l’altro. Sinatti aveva già fatto parte del team di supporto all’allenatore del Napoli con Sarri in panchina e si era affermato sin da allora come uno dei più qualificati preparatori atletici in circolazione. De Laurentiis lo ha voluto richiamare quest’anno. E non solo. E’ stato infatti deciso di affiancargli nel ruolo di vice il giovane Francesco Cacciapuoti, napoletano doc, fattosi largo in Società con Ancelotti allenatore, quando gli venne affidata in particolare la prevenzione e la gestione degli infortuni (si deve sostanzialmente a lui il recupero totale di Ghoulam dopo la lunga fase di sosta dovuta ai ripetuti infortuni subiti dal franco-algerino). Cacciapuoti si integra perfettamente con Sinatti e i due costituiscono una coppia dalle enormi capacità della quale l’allenatore e i calciatori si fidano ciecamente. Se il Napoli sta battendo tutti i record, se la squadra polverizza gli avversari in Italia e in Europa gran parte del merito va ascritto anche a loro.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-02-28T22:50:00ZNAPOLI - Il Napoli vola in campionato e in Champions League, straccia gli avversari che trova lungo il cammino, impone la sua forza, la sua organizzazione, il suo gioco. Se il divario con le avversarie nella lotta per il titolo tricolore si fa ogni settimana più profondo, se la storica qualificazione ai quarti di finale di Champions è vicinissima grazie all’impresa compiuta a Francoforte, la maggior parte del merito va ai calciatori che costituiscono questo straordinario gruppo vincente e va in pari misura a Luciano Spalletti, il tecnico che ha messo insieme e fuso alla perfezione le tante professionalità che gli sono state messe a disposizione dalla Società. Esiste però un mondo sommerso, un dietro le quinte che in pochi conoscono, che non raggiunge mai la ribalta, che non è caratterizzato da fama e notorietà riservate ai principali protagonisti di questa meravigliosa cavalcata, i cui meriti, però, non sono da meno. E’ giusto pertanto che un faro ogni tanto punti anche su questi personaggi e illumini il loro lavoro, il contributo che danno ogni giorno a far funzionare nel migliore dei modi quella macchina perfetta che è il Napoli. Francesco Sinatti e Francesco Cacciapuoti sono il preparatore atletico e il vice preparatore atletico il cui compito è fondamentale nella gestione della squadra. Il loro lavoro viene effettuato in assonanza, in stretta sinergia con quello di Spalletti. Sono loro a programmare l’attività dei calciatori, a modularne l’impegno fisico nelle lunghe sedute di allenamento, a decidere i carichi di lavoro in base agli impegni della squadra. E’ un’attività che sta dando i suoi frutti in maniera davvero straordinaria. Il Napoli – lo si vede in ogni partita – corre molto più degli avversari. Non ci sono pause nel gioco, non ci sono cali di tensione e di rendimento. Quanto agli incidenti, quest’anno sono ridotti al lumicino, segno anche questo di una programmazione e di una scientificità di metodo che Sinatti e Cacciapuoti hanno dato al loro lavoro e che rende possibile il miracolo di una squadra che corre a doppia velocità rispetto alle altre e con straordinarie capacità di recupero tra un impegno e l’altro. Sinatti aveva già fatto parte del team di supporto all’allenatore del Napoli con Sarri in panchina e si era affermato sin da allora come uno dei più qualificati preparatori atletici in circolazione. De Laurentiis lo ha voluto richiamare quest’anno. E non solo. E’ stato infatti deciso di affiancargli nel ruolo di vice il giovane Francesco Cacciapuoti, napoletano doc, fattosi largo in Società con Ancelotti allenatore, quando gli venne affidata in particolare la prevenzione e la gestione degli infortuni (si deve sostanzialmente a lui il recupero totale di Ghoulam dopo la lunga fase di sosta dovuta ai ripetuti infortuni subiti dal franco-algerino). Cacciapuoti si integra perfettamente con Sinatti e i due costituiscono una coppia dalle enormi capacità della quale l’allenatore e i calciatori si fidano ciecamente. Se il Napoli sta battendo tutti i record, se la squadra polverizza gli avversari in Italia e in Europa gran parte del merito va ascritto anche a loro.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171295953MISTER Z - Napoli, vai dritto per la tua strada!NAPOLI - Oliver Glasner, l’allenatore dell’Eintracht mette le mani avanti e approfitta della conferenza stampa di presentazione della partita che questa sera si giocherà al Deutsche Bank Park per giustificare una eventuale eliminazione della sua squadra dalla Champions, ad opera del Napoli, sostenendo che gli azzurri non giocano un calcio ‘italiano’ ma addirittura ‘anti-italiano’. Ma che cosa vuol dire? Forse il tecnico tedesco è fermo al calcio di alcuni decenni fa, quando in linea di massima gli allenatori delle squadre italiane prediligevano una tattica estremamente difensivistica e puntavano esclusivamente sul contropiede per concretizzare le loro velleità offensive. Da quando i tecnici di casa nostra la pensavano così, sono passati miliardi e miliardi di metri cubi di acqua sotto i ponti. Oggi tranne rare eccezioni tra le squadre di primo livello – l’Inter che ha battuto il Napoli nel girone d’andata e la Juventus che ha subito la manita al ‘Maradona’, tanto per fare un paio di esempi – questa tattica (difesa a oltranza e contropiede) in Italia è un’esclusiva delle formazioni che lottano per la sopravvivenza le quali, quando si trovano di fronte ad avversarie di vertice, pensano di farla franca mettendo il pullman davanti alla porta. Ma in Germania – ci si domanda - questo non succede? Comunque gli azzurri questa sera dovranno andare per la loro strada, quel che dice l’allenatore dell’Eintracht lascia il tempo che trova. Ci aspettiamo grande concentrazione e grande intensità di gioco. Il Napoli vuole sempre comandare la partita, mantenere il possesso palla e lo farà sicuramente anche questa sera. Al resto dovranno pensarci quei tipetti poco raccomandabili che giocano in attacco. Glasner ha detto di voler chiudere il Napoli nella propria metà campo per non lasciargli l’iniziativa. Forse l’allenatore dell’Eintracht non sa che i signori Lozano, Kvaratskhelia e Osimhen sono capaci di creare gioco negli ultimi 20 metri del terreno di gioco, ma anche di far partire contropiedi micidiali quando la loro squadra viene attaccata. Sì, proprio il contropiede, quello che Glasner sostiene che proprio il Napoli di Spalletti abbia ripudiato. Stia attento perché con gli azzurri in campo, quest’anno tutto è possibile e non c’è soluzione tattica che non venga sperimentata e attuata.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-02-21T14:00:00ZNAPOLI - Oliver Glasner, l’allenatore dell’Eintracht mette le mani avanti e approfitta della conferenza stampa di presentazione della partita che questa sera si giocherà al Deutsche Bank Park per giustificare una eventuale eliminazione della sua squadra dalla Champions, ad opera del Napoli, sostenendo che gli azzurri non giocano un calcio ‘italiano’ ma addirittura ‘anti-italiano’. Ma che cosa vuol dire? Forse il tecnico tedesco è fermo al calcio di alcuni decenni fa, quando in linea di massima gli allenatori delle squadre italiane prediligevano una tattica estremamente difensivistica e puntavano esclusivamente sul contropiede per concretizzare le loro velleità offensive. Da quando i tecnici di casa nostra la pensavano così, sono passati miliardi e miliardi di metri cubi di acqua sotto i ponti. Oggi tranne rare eccezioni tra le squadre di primo livello – l’Inter che ha battuto il Napoli nel girone d’andata e la Juventus che ha subito la manita al ‘Maradona’, tanto per fare un paio di esempi – questa tattica (difesa a oltranza e contropiede) in Italia è un’esclusiva delle formazioni che lottano per la sopravvivenza le quali, quando si trovano di fronte ad avversarie di vertice, pensano di farla franca mettendo il pullman davanti alla porta. Ma in Germania – ci si domanda - questo non succede? Comunque gli azzurri questa sera dovranno andare per la loro strada, quel che dice l’allenatore dell’Eintracht lascia il tempo che trova. Ci aspettiamo grande concentrazione e grande intensità di gioco. Il Napoli vuole sempre comandare la partita, mantenere il possesso palla e lo farà sicuramente anche questa sera. Al resto dovranno pensarci quei tipetti poco raccomandabili che giocano in attacco. Glasner ha detto di voler chiudere il Napoli nella propria metà campo per non lasciargli l’iniziativa. Forse l’allenatore dell’Eintracht non sa che i signori Lozano, Kvaratskhelia e Osimhen sono capaci di creare gioco negli ultimi 20 metri del terreno di gioco, ma anche di far partire contropiedi micidiali quando la loro squadra viene attaccata. Sì, proprio il contropiede, quello che Glasner sostiene che proprio il Napoli di Spalletti abbia ripudiato. Stia attento perché con gli azzurri in campo, quest’anno tutto è possibile e non c’è soluzione tattica che non venga sperimentata e attuata.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171294405MISTER Z - Napoli, la capolista se ne va, assist da Champions League!NAPOLI - La domanda che tutti si pongono è la seguente: può il Napoli pensare di puntare con tutte le sue forze sia al campionato che alla Champions League o deve limitarsi a considerare lo scudetto come unico traguardo effettivamente raggiungibile e dunque affrontare il torneo continentale con aria dimessa, quasi come se rappresentasse un intralcio? I dati numerici parlano chiaro. Quindici punti di vantaggio sulla inseguitrice più vicina sono un patrimonio che a sedici giornate dalla conclusione del campionato dà ampi margini di sicurezza. Oggettivamente affinché l’Inter riesca a farsi davvero minacciosa dovrebbero accadere una serie di disgrazie continuate e aggravate da far rallentare gli azzurri fino quasi a farli fermare. Sconfitte a raffica, morale sotto i tacchi, dinamiche di gioco smarrite, ambiente ostile, polemiche intestine… E’ possibile che si realizzi un simile scenario? Realisticamente no. E allora quali sono i rischi che comporterebbe affrontare le prossime sfide di Champions con fiero cipiglio e con grande concentrazione e voglia di vincere? Giocare al massimo con l’Eintracht significa impegnarsi per due partite e fare un viaggio abbastanza comodo a Francoforte dove si arriva in meno di due ore di volo. Ammesso che il Napoli passasse il turno e si qualificasse per la prima volta nella storia della Società ai quarti di finale di Champions si dovrebbe poi attendere l’esito del sorteggio per capire il valore del nuovo avversario. Il Napoli di oggi potrebbe puntare a raggiungere la semifinale o dovremmo considerarlo spacciato nella sfida con una delle altre sette squadre più forti d’Europa? Io penso che la squadra di Spalletti oggi come oggi non parta battuta con nessun avversario, in Italia, in Europa e nel mondo. Può sconfiggere tutti e non deve aver paura di nessuno. Quindi hanno pienamente ragione De Laurentiis e Spalletti i quali hanno fatto chiaramente intendere che gli azzurri si giocheranno tutte le loro carte fino in fondo e con grande determinazione in entrambe le manifestazioni nella quali sono ancora impegnati. La rosa è molto ampia e in tutti i reparti c’è abbondante copertura. L’ambiente, i tifosi sicuramente daranno tutto l’aiuto che necessità perché con l’entusiasmo che c’è in giro venire a fare risultato al ‘Maradona’ non è e non sarà facile per chicchessia. Dunque avanti così, senza paura e senza esitazione. Per questo Napoli ogni successo è possibile.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-02-14T22:12:00ZNAPOLI - La domanda che tutti si pongono è la seguente: può il Napoli pensare di puntare con tutte le sue forze sia al campionato che alla Champions League o deve limitarsi a considerare lo scudetto come unico traguardo effettivamente raggiungibile e dunque affrontare il torneo continentale con aria dimessa, quasi come se rappresentasse un intralcio? I dati numerici parlano chiaro. Quindici punti di vantaggio sulla inseguitrice più vicina sono un patrimonio che a sedici giornate dalla conclusione del campionato dà ampi margini di sicurezza. Oggettivamente affinché l’Inter riesca a farsi davvero minacciosa dovrebbero accadere una serie di disgrazie continuate e aggravate da far rallentare gli azzurri fino quasi a farli fermare. Sconfitte a raffica, morale sotto i tacchi, dinamiche di gioco smarrite, ambiente ostile, polemiche intestine… E’ possibile che si realizzi un simile scenario? Realisticamente no. E allora quali sono i rischi che comporterebbe affrontare le prossime sfide di Champions con fiero cipiglio e con grande concentrazione e voglia di vincere? Giocare al massimo con l’Eintracht significa impegnarsi per due partite e fare un viaggio abbastanza comodo a Francoforte dove si arriva in meno di due ore di volo. Ammesso che il Napoli passasse il turno e si qualificasse per la prima volta nella storia della Società ai quarti di finale di Champions si dovrebbe poi attendere l’esito del sorteggio per capire il valore del nuovo avversario. Il Napoli di oggi potrebbe puntare a raggiungere la semifinale o dovremmo considerarlo spacciato nella sfida con una delle altre sette squadre più forti d’Europa? Io penso che la squadra di Spalletti oggi come oggi non parta battuta con nessun avversario, in Italia, in Europa e nel mondo. Può sconfiggere tutti e non deve aver paura di nessuno. Quindi hanno pienamente ragione De Laurentiis e Spalletti i quali hanno fatto chiaramente intendere che gli azzurri si giocheranno tutte le loro carte fino in fondo e con grande determinazione in entrambe le manifestazioni nella quali sono ancora impegnati. La rosa è molto ampia e in tutti i reparti c’è abbondante copertura. L’ambiente, i tifosi sicuramente daranno tutto l’aiuto che necessità perché con l’entusiasmo che c’è in giro venire a fare risultato al ‘Maradona’ non è e non sarà facile per chicchessia. Dunque avanti così, senza paura e senza esitazione. Per questo Napoli ogni successo è possibile.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 064398812171292864MR Z - Ritratto di Osimhen, campione umile dentro e fuori dal campoNAPOLI - Parliamo di Osimhen. Campione in campo e campione fuori dal campo. Da pochi giorni (il 29 dicembre scorso) ha compiuto 24 anni ma nonostante la giovane età è già un leader a tutti i livelli. A luglio del 2020 quando arrivò al Napoli dal Lille c’era grande attesa per un giovanissimo calciatore, sconosciuto ai più, che prometteva di diventare un campione ma che ancora doveva far conoscere tutte le sue qualità. Poi gli infortuni subiti sia nella prima che nella seconda stagione in maglia azzurra ne avevano rallentato - ma non fermato - la crescita. Ora Osimhen è esploso in tutta la sua grandezza, dimostrandosi un attaccante moderno, fortissimo fisicamente, bravo a mantenere da solo in apprensione le difese avversarie, in grado di segnare gol indifferentemente con i piedi e con la testa e capace di performance atletiche che raramente si sono viste sui campi di calcio. Tutti ricordano che Cristiano Ronaldo nel 2019 in una partita con la Sampdoria mandò il pallone in rete impattandolo con la fronte a 2,56 metri di altezza. E’ stato calcolato che l’attaccante nigeriano, saltando da fermo a piedi uniti, l’altro ieri nella gara con lo Spezia è arrivato a toccare quota 2,58 metri, due centimetri in più del calciatore portoghese. E’ un dato davvero impressionante che dimostra di quale pasta atletica sia fatto Osimhen. Come se non bastassero le imprese tecniche (16 gol segnati in 16 partite giocate, una delle quali da subentrato) c’è poi il suo comportamento fuori dal terreno di gioco che ne conferma il ruolo di leader e ne evidenzia il carattere maturo e responsabile, tipico dei grandi campioni dello sport. L’essersi precipitato in tribuna, a La Spezia, per scusarsi con la ragazza che aveva inavvertitamente colpito con una pallonata scagliata dal terreno di gioco durante il riscaldamento, ne dimostra tutta la cifra umana e caratteriale. In tanti altri, al suo posto, se ne sarebbero infischiati di quanto accaduto e avrebbero continuato a pensare all’allenamento. Lui no. Questo dimostra che si possono raggiungere livelli di top player sul campo e rimanere umili, corretti, educati, gentili, perbene, garbati. Pensando a Osimhen l’unico cruccio che ci inquieta, l’unica preoccupazione che ci attanaglia riguarda le offerte che molto presto arriveranno per strapparcelo e portarlo nel mondo dei Paperoni del calcio. E’ vero, lo sappiamo, sarà difficile se non impossibile trattenerlo a lungo. Ma quel che è certo è che, comunque andrà a finire, lo ricorderemo sempre come uno dei più bravi e più sensibili calciatori che abbiano mai indossato la maglia azzurra.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com2024-03-28T09:49:01Z2023-02-07T22:36:00ZNAPOLI - Parliamo di Osimhen. Campione in campo e campione fuori dal campo. Da pochi giorni (il 29 dicembre scorso) ha compiuto 24 anni ma nonostante la giovane età è già un leader a tutti i livelli. A luglio del 2020 quando arrivò al Napoli dal Lille c’era grande attesa per un giovanissimo calciatore, sconosciuto ai più, che prometteva di diventare un campione ma che ancora doveva far conoscere tutte le sue qualità. Poi gli infortuni subiti sia nella prima che nella seconda stagione in maglia azzurra ne avevano rallentato - ma non fermato - la crescita. Ora Osimhen è esploso in tutta la sua grandezza, dimostrandosi un attaccante moderno, fortissimo fisicamente, bravo a mantenere da solo in apprensione le difese avversarie, in grado di segnare gol indifferentemente con i piedi e con la testa e capace di performance atletiche che raramente si sono viste sui campi di calcio. Tutti ricordano che Cristiano Ronaldo nel 2019 in una partita con la Sampdoria mandò il pallone in rete impattandolo con la fronte a 2,56 metri di altezza. E’ stato calcolato che l’attaccante nigeriano, saltando da fermo a piedi uniti, l’altro ieri nella gara con lo Spezia è arrivato a toccare quota 2,58 metri, due centimetri in più del calciatore portoghese. E’ un dato davvero impressionante che dimostra di quale pasta atletica sia fatto Osimhen. Come se non bastassero le imprese tecniche (16 gol segnati in 16 partite giocate, una delle quali da subentrato) c’è poi il suo comportamento fuori dal terreno di gioco che ne conferma il ruolo di leader e ne evidenzia il carattere maturo e responsabile, tipico dei grandi campioni dello sport. L’essersi precipitato in tribuna, a La Spezia, per scusarsi con la ragazza che aveva inavvertitamente colpito con una pallonata scagliata dal terreno di gioco durante il riscaldamento, ne dimostra tutta la cifra umana e caratteriale. In tanti altri, al suo posto, se ne sarebbero infischiati di quanto accaduto e avrebbero continuato a pensare all’allenamento. Lui no. Questo dimostra che si possono raggiungere livelli di top player sul campo e rimanere umili, corretti, educati, gentili, perbene, garbati. Pensando a Osimhen l’unico cruccio che ci inquieta, l’unica preoccupazione che ci attanaglia riguarda le offerte che molto presto arriveranno per strapparcelo e portarlo nel mondo dei Paperoni del calcio. E’ vero, lo sappiamo, sarà difficile se non impossibile trattenerlo a lungo. Ma quel che è certo è che, comunque andrà a finire, lo ricorderemo sempre come uno dei più bravi e più sensibili calciatori che abbiano mai indossato la maglia azzurra.     Mario Zaccaria   Napoli Magazine    Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.comCopyright - Napoli Magazine 1998-2016. Tutti i diritti riservati. Napoli Magazine S.r.l. - P.I. 06439881217