Una serata di luci al Dall'Ara, per narrare un secolo di storia rossoblù. Cento anni conditi di simboli del calcio, ma impastati anche da giocatori 'normalì, a modo loro indelebili per sempre nel cuore dei tifosi. Così le celebrazioni per il centenario del Bologna hanno visto la curva intitolata a Giacomo Bulgarelli dedicare ovazioni appassionate e commosse a Roberto Baggio, Beppe Savoldi e Ezio Pascutti, ma non esitare nello scandire a gran voce i nomi di attori meno importanti, ma amatissimi, come lo svedese alto due metri Kenneth Andersson, il russo Igor Kolivanov con le sue capriole, o gli italiani Lorenzo Marronarro, Carlo Nervo o Michele Paramatti. Una celebrazione iniziata nel pomeriggio, con paracadutisti planati sullo stadio, che ha vissuto il suo momento più alto nella sfilata delle 'star', in un 'Dall'Arà non pieno da subito forse come la società si aspettava. E ancora una volta, seppur nell'assordante rimbombo di applausi e olè, si è sentito risuonare quel «Noi non siamo amici di Moggi», riferito allo sgradito rapporto dichiarato più volte tra la famiglia Menarini, proprietaria del club e l'ex dg della Juventus, uomo simbolo di calciopoli. «Questa società ha contribuito al calcio italiano con alti e bassi», ha detto Renzo Ulivieri, allenatore che riportò il Bologna dalla serie C1 alla A, dal 1994 al 1998. «Io ricordo con grande gioia quegli anni, in cui bisognava fare delle battute per spiegare ai bolognesi che erano sfide importantissime quelle contro il Crevalcore (comune della pianura bolognese apparso per un pò in C1 ndr). E subito dopo ha abbracciato l'altissimo Andersson. »Che strano effetto tornare qua da turista«, ha detto il goleador venuto dalla Svezia, come hanno cantato i nostalgicì della 'terza torre di Bolognà . Nella serata i ricordi si accavallano e si inseguono. Per Beppe Signori: »Quelli più belli sono legati a quando si andava in giro per l'Europa a sognare la coppa Uefa«. E si può scherzare sul celebre gol di Ezio Pascutti, immortalato nei poster in tutti i bar della città in tuffo assieme a un Burgnich anticipato. »Nessuno si accorse che mi imbalzai sulla linea di porta«, ha raccontato l'autore di quella rete immortalata da Maurizio Parenti, fotografo dell'ANSA. C'è anche chi, come Alberto Zaccheroni, figlio di una famiglia di interisti »in cui si sapeva a memoria la formazione dell'Inter di Herrera, poteva snocciolare a suo padre con orgoglio quella del Bologna campione d'Italia nel 1964«. »Affezionatissimo a Bologna«, ha assicurato di esserlo l'ex tecnico dell'Inter, Roberto Mancini, che con i rossoblù ha esordito in serie A. Emozionato Giovanni Galli, che nella partitella delle 'Vecchie Gloriè ha indossato la maglia del figlio Nicolò. Vicino al debutto in maglia rossoblù, il ragazzo morì non ancora diciottenne nel 2001, in un incidente, tornando a casa da un allenamento. A lui è stato intitolato il centro tecnico di Casteldebole. »Mi fa piacere far parte di questa festa e sono grato a questa città per come lo ha ricordato«, ha detto Galli. Tutti in piedi, poi per un omaggio filmato ad Angelo Schiavio, miglior marcatore nella storia della squadra e a Giacomo Bulgarelli, scomparso proprio nell'anno del centenario che lo avrebbe incoronato. »Solo un capitano - è partito dalla curva, proprio prima che scendesse in campo la squadra dell'ultimo scudetto, quello del 1964, la squadra che Bulgarelli contribuiva a far giocare «da paradiso» come disse Fulvio Bernardini.
Fonte: Ansa