Da Ventura a Ventura. L'avevamo lasciato nel post partita del Meazza, tutti gli occhi d'Italia puntati addosso, feroci. Il ct teneva lo sguardo basso, un sospiro pesante ogni due battute: faticosi sussurri, più che dichiarazioni, a rimarcare l'affanno di dover spiegare il fallimento nazionale molto più grande di lui.
Oggi, poco meno di un anno dopo, di quel Gian Piero Ventura non c'è traccia. L'uomo che troviamo a Veronello, in occasione della presentazione ufficiale da allenatore del Chievo, sembra sereno e a suo agio. Lo fa capire sin dalle prime battute ("Mi aspettavate, eh?"). Aiutato dalla nuova occasione che, dopo quel nefasto 13 novembre, finalmente è arrivata. E forse anche dall'audience davanti a sé: senz'altro curiosa, ma non soffocante.
Il clima è disteso, e lui entra subito nella parte. Pochi convenevoli - la conferenza parte subito -, ma il modo di fare è affabile, da zio. Quello conosciuto a Bari e a Torino. Disinvolto con la stampa, ride e scherza con il presidente Campedelli, che sembra già stravedere per lui: "Avere un profilo simile sulla nostra panchina è innanzitutto un onore".
Fonte: Gianlucadimarzio.com