Si è tenuta oggi presso il Real Albergo dei Poveri di Napoli l’inaugurazione di Ancora qui. Prologo. L’Albergo dei Poveri e la memoria delle cose, a cura di Laura Valente, direttrice artistica di Napoli 2500. Pur all’interno di un programma ampio e variegato, questa mostra costituisce uno dei momenti più significativi delle Celebrazioni di Napoli 2500 del Comune di Napoli, fortemente voluta dal Sindaco Gaetano Manfredi. L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al 2 marzo 2026 (ingresso gratuito su prenotazione).
Si tratta di un’apertura straordinaria, che consente al pubblico – per la prima volta – l’accesso al magnifico Refettorio monumentale del complesso, in un momento in cui i lavori di restauro sono ancora in corso. Una condivisione temporanea e preziosa di un luogo carico di storia, destinato a tornare a vivere in molti dei suoi spazi già dalla metà del 2026.
“Questo appuntamento rappresenta un nuovo passo nel percorso di restituzione alla città di uno dei suoi luoghi più straordinari e simbolici. Il Real Albergo dei Poveri non è soltanto un capolavoro architettonico: è un manifesto dell’identità di Napoli, della sua storia sociale, del suo rapporto profondo con la solidarietà, l’inclusione e la cultura. Fin dal mio insediamento ho indicato il recupero e la valorizzazione del Real Albergo dei Poveri come una priorità strategica per la città, perché qui possiamo leggere al tempo stesso la memoria e il futuro di Napoli. Non a caso ho più volte sottolineato che l’Albergo dei Poveri aspira a rappresentare la Napoli che valorizza la sua storia proiettandosi verso il domani. Nell’ambito di Napoli 2500, la rassegna con cui il Comune di Napoli insieme a tantissimi partner ha voluto celebrare i 2500 anni di Neapolis, questo appuntamento assume un valore ancora più forte: ci permette di riannodare i fili della nostra identità e restituire ai cittadini uno spazio pubblico che deve tornare a vivere. Ringrazio tutti coloro che hanno lavorato per questo, e in particolare la direzione artistica di Laura Valente per aver dato al RAP la centralità in questo viaggio durato un anno”. Dichiara Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli.
Durante i lavori di ristrutturazione sono emersi numerosi reperti originali, appartenuti a chi visse tra queste mura: tracce materiali di un’umanità che il percorso espositivo valorizza e rilegge in chiave poetica e civile. Questi ritrovamenti dialogheranno con una serie di interventi artistici originali. Un omaggio alla vocazione educativa, formativa e sociale del Real Albergo dei Poveri (chiamato comunemente RAP), da sempre “fabrica del saper fare”.
Intrecciando arte contemporanea, fotografia, installazione e performance Ancora qui_Prologo cerca di restituire - attraverso i linguaggi del presente - il senso della memoria custodita in questo luogo. Un archivio in cammino, scandito dagli oggetti ritrovati durante i lavori di restauro in dialogo con opere di artisti del segno come Norma Jeane e Antonella Romano o maestri della fotografia come Mimmo Jodice e Luciano Romano. Documenti rari che testimoniano aspetti meno conosciuti della vita quotidiana al RAP. Dal 1781 quelle bambine e quei bambini impararono mestieri e furono educati "al fare": uscirono da questo luogo formati per essere calzolai, bandisti, scrivani, sarte, intagliatrici, ricamatrici e molto altro ancora. A cui si aggiungono un racconto originale della scrittrice Viola Ardone e una colonna sonora creata da una sintesi di voci d’archivio e suoni contemporanei firmata da Massimo Cordovani.
In mostra: scarpe (adulti e bambini); oggetti vari: piatti, bicchieri, caffettiere, posate, letti, valigie, macchine da scrivere, preziosi documenti dell’esercito e altri reperti d’epoca.
Molti i filoni narrativi: la nascita delle scuole dell’arte, la generosità dei donors (nel 1874 la famiglia Rothschild è tra quelle che sostiene questo ‘modello di inclusione sociale che insegna a saper fare’) ma anche la crudeltà del regime (si rasano le teste delle bambine fino al primo mestruo per poterle poi dare in moglie al miglior offerente delle classi agiate), l’investimento sulla lingua dei segni (il tema di un’allieva è una lama che definisce un contesto, un periodo ma anche il mondo di chi attraversa la vita senza parole).
“Non è una mostra, né un museo. È un punto di partenza. Dal silenzio delle stanze dell’Albergo dei Poveri riemergono scarpine, ciotole, letti, frammenti di vita quotidiana. Oggetti semplici, ma capaci di restituire la presenza di chi qui ha vissuto, lavorato, atteso e anche sognato. “Ancora qui” è il prologo di un percorso di ricerca e di racconto: un cammino che parte dalle cose ritrovate, un invito a riconoscere che la memoria non è mai conclusa, ma continua a formarsi e a parlare nel tempo, attraverso ciò che resta. Un lavoro che si costruirà, passo dopo passo, con nuove scoperte, nuovi sguardi, nuove memorie. Perché ogni oggetto, ogni traccia, ogni segno di vita è ancora qui — e continua a parlarci”, Laura Valente, curatrice di “Ancora qui” e direttrice artistica di Napoli2500.
Voluto da Carlo di Borbone e da sua moglie Maria Amalia di Sassonia nel 1751 come rifugio per gli indigenti del Regno, L’Albergo dei Poveri (RAP) fu pensato da Ferdinando Fuga come il più grande edificio d’Europa. Un luogo di accoglienza e riscatto, non di reclusione. Re e regine, religiosi e architetti vi proiettarono l’utopia di una città che potesse redimere la propria miseria attraverso il lavoro e l’istruzione. Padre Gregorio Maria Rocco promosse una raccolta di donazioni per il sostegno del Real Albergo dei Poveri e per tutta la vita fu accanto agli ultimi, agli emarginati che non voleva nessuno. Tanto che Alexandre Dumas così lo descrive alla sua morte: “Nel corso dell’anno 1782 morì a Napoli, in età di 82 anni, un monaco domenicano, più popolare, e più celebre pe’ suoi sermoni, di quel che non sono stati in Francia Flechier, Fenelon, Bossuet […]. Questo monaco si chiamava Padre Rocco. Egli era più potente a Napoli del Sindaco, dell’Arcivescovo, ed anche del Re”. All’Albergo dei Poveri l’infanzia non aveva nome: orfani, abbandonati, figli di condannati. Le donne furono le prime lavoratrici invisibili: povere, abbandonate, “disonorate”, malate o prostitute. Entrate alla fine del Settecento, avviarono opifici e laboratori di guanti, fiori e spilli, motore silenzioso dell’istituto. Nel tempo, nuove autorità religiose e laiche ne controllarono le vite e i destini: poche ricevettero una dote, molte, troppe finirono a fare le cameriere a servizio della nobiltà e della borghesia. Rimasto incompiuto, il “gigante” di via Foria continua a interrogare Napoli: un sogno di giustizia sociale scolpito nella pietra.
Gli artisti di Ancora qui
Mimmo Jodice
Alla fine degli anni Novanta Mimmo Jodice (Napoli 1934 -2025), fotografo tra i più celebri e accreditati della scena internazionale, recentemente scomparso, ha viaggiato all’interno di questa straordinaria architettura, al tempo totalmente abbandonata. Nelle immagini in bianco e nero del «Real Albergo dei Poveri» c’è tutta la sensibilità e la tecnica: il bianco come la luce, protagonista assoluta, che si insinua dovunque, mettendo in chiaro il presente-passato-futuro della “fabbrica”; il nero come il colore dell’umana miseria. «Questo “progetto” – dichiarò – è per me un viaggio nella storia e nella memoria. È un luogo nato col segno negativo. Non ha mai avuto una vita felice così come non potevano averla i pezzenti del regno che vi trovavano rifugio. Tutto qui mi ricorda un passato di lacrime e sangue». Jodice, attraverso una mostra e il libro omonimo edito da Federico Motta, ha rappresentato il luogo com’era, tra cortili desolati e muri cadenti, brandelli di tende e resti di mobili e archivi calpestati: come la fotografia in mostra, data in dono a questo progetto prima della sua scomparsa. E per questo si ringrazia la moglie e musa Angela e i figli Barbara e Francesco, che ne custodiscono la memoria e l’arte.
Mimmo Jodice, Real Albergo dei Poveri, Napoli, Opera nr. 16
Norma Jeane
Norma Jeane, Napoli, 2025, stampa a getto su tela di cotone intelaiata, 190 x 117 x 6 cm
Un progetto di arte pubblica pensato per il Real Albergo dei Poveri.
L’artista Norma Jeane sceglie la polvere — residuo minimo e universale della presenza umana — come materia simbolica per raccontare la memoria del luogo. Ciò che resta, quasi invisibile, diventa segno tangibile del passaggio di vite e secoli, metafora della continuità tra l’architettura e chi l’ha abitata. La polvere è stata raccolta in punti significativi dell’edificio e in altri luoghi emblematici della città di Napoli (Albergo dei Poveri, Ipogeo dei Cristallini, Maschio Angioino, Castel Nuovo). Il materiale è stato poi scansionato ad altissima risoluzione — senza copertura per interagire con le variazioni della luce naturale — per rivelare forme e colori nascosti (tecnica originale presentata per la prima volta nella primavera 2025 alla Schirn Kunsthalle di Francoforte). Ne nasce Napoli, un’immagine su tela di grandi dimensioni: impronta luminosa della materia del tempo. L’opera, concepita come lascito permanente alla città di Napoli, sarà collocata all’interno dell’Albergo dei Poveri.
Tutti i materiali utilizzati (inchiostri e tela privi di acidi e lignina) sono certificati “fine art” e conformi a ISO 9706 / qualità museale per la massima resistenza all’invecchiamento.
Viola Ardone
Viola Ardone, nata a Napoli nel 1974, si è laureata in Lettere con una tesi in Storia del teatro, ha lavorato nel campo dell’editoria e attualmente insegna italiano e latino al liceo. Ha pubblicato per Salani i romanzi La ricetta del cuore in subbuglio (2012) e Una rivoluzione sentimentale (2016) e per Einaudi Il treno dei bambini (2019), tradotto in 40 lingue dal quale è tratto l’omonimo film di Cristina Comencini, Oliva Denaro (2021) e Grande Meraviglia (2023), Tanta ancora vita (2025). Collabora con il Corriere del mezzogiorno, la Repubblica, La Stampa. Per Ancora Qui ha scritto un racconto originale.
Luciano Romano
Le ciotole di metallo ossidato che hanno distribuito il cibo, le scarpe sedimentate di polvere e pioggia che pure qui venivano fabbricate, le carte alla rinfusa che documentano la complessa organizzazione del sito, sono le uniche tracce di vita di quello che ancor prima di essere il più grande edificio del Settecento è stato il simbolo di un’utopia sociale senza precedenti. È inevitabile pensare alla vita delle giovani donne e uomini che qui avevano trovato un tetto, un lavoro, un’istruzione, ma anche l’irrimediabile perdita dell’identità, dispersa nelle 430 stanze del palazzo, reclusa nelle camerate lunghe quaranta metri, nella promiscuità della convivenza forzata.
È a loro, a questi ragazzi inquieti, fragili e dimenticati che Romano dedica un pensiero. Lo posso solo immaginare, e mettere in scena, perché nulla o quasi so di loro. Ma so che sotto questo tetto hanno vissuto le speranze e i sogni simili a quelli di ogni altro adolescente della terra.
Antonella Romano
Antonella Romano classe '70 vive e lavora a Napoli. Nel 1993 si avvicina al teatro come
attrice sperimentando diversi linguaggi, in cui la forza dell'espressione corporea sul palcoscenico e convive con la necessità di plasmare la materia, per modulare l'espressione dei luoghi che abita e in cui riversa la sua cifra stilistica sotto forma di sculture realizzate intrecciando fili di ferro lavorati a mano. Un rituale lento che porta alla realizzazione di figure e di oggetti leggeri e delicati, sempre legati allo spazio e alle storie a cui sono dedicati.
Massimo Cordovani
È un compositore e performer musicale particolarmente attivo in ambito teatrale. È stato fondatore e autore della band techno punk Narcolexia con cui ha realizzato due album per BMG Ricordi e Self. Tra le ultime musiche composte per il teatro quelle per “Parenti terribili” di Jean Cocteau, con la regia di Filippo Dini, che ha debuttato nel 2024. Sound designer per il Museo della Scienza e Tecnologia "Leonardo da Vinci" di Milano. Per RAP ha composto una colonna sonora originale, con inserimenti delle voci conservate negli archivi sonori della prima metà del Novecento.
Laura Valente - curatrice di Ancora qui e direttrice artistica di Napoli2500
Milano, Londra, New York: queste le città di una formazione, che al liceo Classico aggiunge due lauree in Musicologia e Gestione e Comunicazione delle Imprese Culturali. Su una linea parallela, studi di danza e pianoforte. La sua carriera comincia e si consolida nei Teatri alla Scala di Milano e San Carlo di Napoli. Fa parte del Cid Unesco “per le innovative direzioni artistiche” di importanti festival. Per la guida del Museo Madre (2018-2021) “Artribune” la nomina “Migliore Presidente”. Dal 2021 è Consigliere tecnico del Ministero della Cultura per i nuovi musei e la valorizzazione dei Beni culturali. Dal 2022 firma il progetto Art of Education, Museo Diffuso per L’Università Luiss Guido Carli (Roma), piattaforma triennale di sperimentazione artistica contemporanea, inclusione e sostenibilità. E’ suo il progetto scientifico e la curatela del Museo nazionale dedicato a Enrico Caruso, inaugurato a Palazzo Reale di Napoli il 19 luglio 2023, progetto finalista al Compasso d’Oro. Nel 2024 è nominata dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi direttrice artistica delle Celebrazioni per i 2500 anni di Neapolis e referente della programmazione sociale e culturale del Real Albergo dei Poveri. Sua l’ideazione del festival ‘AlFaro’, a luglio 2025, che restituisce il Molo San Vincenzo al pubblico e il progetto di inclusione sociale attraverso i valori della carta Costituzionale “Futuro Quotidiano” all’Albergo dei Poveri. A settembre 2025 il Giornale dell’Arte la ha inclusa nella ‘Power100 dell’Arte’. A Marzo 2026 la cerimonia di consegna a New York del Premio Maria Callas “per la dedizione e la visione del suo lavoro per la cultura”.

di Napoli Magazine
02/12/2025 - 12:57
Si è tenuta oggi presso il Real Albergo dei Poveri di Napoli l’inaugurazione di Ancora qui. Prologo. L’Albergo dei Poveri e la memoria delle cose, a cura di Laura Valente, direttrice artistica di Napoli 2500. Pur all’interno di un programma ampio e variegato, questa mostra costituisce uno dei momenti più significativi delle Celebrazioni di Napoli 2500 del Comune di Napoli, fortemente voluta dal Sindaco Gaetano Manfredi. L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al 2 marzo 2026 (ingresso gratuito su prenotazione).
Si tratta di un’apertura straordinaria, che consente al pubblico – per la prima volta – l’accesso al magnifico Refettorio monumentale del complesso, in un momento in cui i lavori di restauro sono ancora in corso. Una condivisione temporanea e preziosa di un luogo carico di storia, destinato a tornare a vivere in molti dei suoi spazi già dalla metà del 2026.
“Questo appuntamento rappresenta un nuovo passo nel percorso di restituzione alla città di uno dei suoi luoghi più straordinari e simbolici. Il Real Albergo dei Poveri non è soltanto un capolavoro architettonico: è un manifesto dell’identità di Napoli, della sua storia sociale, del suo rapporto profondo con la solidarietà, l’inclusione e la cultura. Fin dal mio insediamento ho indicato il recupero e la valorizzazione del Real Albergo dei Poveri come una priorità strategica per la città, perché qui possiamo leggere al tempo stesso la memoria e il futuro di Napoli. Non a caso ho più volte sottolineato che l’Albergo dei Poveri aspira a rappresentare la Napoli che valorizza la sua storia proiettandosi verso il domani. Nell’ambito di Napoli 2500, la rassegna con cui il Comune di Napoli insieme a tantissimi partner ha voluto celebrare i 2500 anni di Neapolis, questo appuntamento assume un valore ancora più forte: ci permette di riannodare i fili della nostra identità e restituire ai cittadini uno spazio pubblico che deve tornare a vivere. Ringrazio tutti coloro che hanno lavorato per questo, e in particolare la direzione artistica di Laura Valente per aver dato al RAP la centralità in questo viaggio durato un anno”. Dichiara Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli.
Durante i lavori di ristrutturazione sono emersi numerosi reperti originali, appartenuti a chi visse tra queste mura: tracce materiali di un’umanità che il percorso espositivo valorizza e rilegge in chiave poetica e civile. Questi ritrovamenti dialogheranno con una serie di interventi artistici originali. Un omaggio alla vocazione educativa, formativa e sociale del Real Albergo dei Poveri (chiamato comunemente RAP), da sempre “fabrica del saper fare”.
Intrecciando arte contemporanea, fotografia, installazione e performance Ancora qui_Prologo cerca di restituire - attraverso i linguaggi del presente - il senso della memoria custodita in questo luogo. Un archivio in cammino, scandito dagli oggetti ritrovati durante i lavori di restauro in dialogo con opere di artisti del segno come Norma Jeane e Antonella Romano o maestri della fotografia come Mimmo Jodice e Luciano Romano. Documenti rari che testimoniano aspetti meno conosciuti della vita quotidiana al RAP. Dal 1781 quelle bambine e quei bambini impararono mestieri e furono educati "al fare": uscirono da questo luogo formati per essere calzolai, bandisti, scrivani, sarte, intagliatrici, ricamatrici e molto altro ancora. A cui si aggiungono un racconto originale della scrittrice Viola Ardone e una colonna sonora creata da una sintesi di voci d’archivio e suoni contemporanei firmata da Massimo Cordovani.
In mostra: scarpe (adulti e bambini); oggetti vari: piatti, bicchieri, caffettiere, posate, letti, valigie, macchine da scrivere, preziosi documenti dell’esercito e altri reperti d’epoca.
Molti i filoni narrativi: la nascita delle scuole dell’arte, la generosità dei donors (nel 1874 la famiglia Rothschild è tra quelle che sostiene questo ‘modello di inclusione sociale che insegna a saper fare’) ma anche la crudeltà del regime (si rasano le teste delle bambine fino al primo mestruo per poterle poi dare in moglie al miglior offerente delle classi agiate), l’investimento sulla lingua dei segni (il tema di un’allieva è una lama che definisce un contesto, un periodo ma anche il mondo di chi attraversa la vita senza parole).
“Non è una mostra, né un museo. È un punto di partenza. Dal silenzio delle stanze dell’Albergo dei Poveri riemergono scarpine, ciotole, letti, frammenti di vita quotidiana. Oggetti semplici, ma capaci di restituire la presenza di chi qui ha vissuto, lavorato, atteso e anche sognato. “Ancora qui” è il prologo di un percorso di ricerca e di racconto: un cammino che parte dalle cose ritrovate, un invito a riconoscere che la memoria non è mai conclusa, ma continua a formarsi e a parlare nel tempo, attraverso ciò che resta. Un lavoro che si costruirà, passo dopo passo, con nuove scoperte, nuovi sguardi, nuove memorie. Perché ogni oggetto, ogni traccia, ogni segno di vita è ancora qui — e continua a parlarci”, Laura Valente, curatrice di “Ancora qui” e direttrice artistica di Napoli2500.
Voluto da Carlo di Borbone e da sua moglie Maria Amalia di Sassonia nel 1751 come rifugio per gli indigenti del Regno, L’Albergo dei Poveri (RAP) fu pensato da Ferdinando Fuga come il più grande edificio d’Europa. Un luogo di accoglienza e riscatto, non di reclusione. Re e regine, religiosi e architetti vi proiettarono l’utopia di una città che potesse redimere la propria miseria attraverso il lavoro e l’istruzione. Padre Gregorio Maria Rocco promosse una raccolta di donazioni per il sostegno del Real Albergo dei Poveri e per tutta la vita fu accanto agli ultimi, agli emarginati che non voleva nessuno. Tanto che Alexandre Dumas così lo descrive alla sua morte: “Nel corso dell’anno 1782 morì a Napoli, in età di 82 anni, un monaco domenicano, più popolare, e più celebre pe’ suoi sermoni, di quel che non sono stati in Francia Flechier, Fenelon, Bossuet […]. Questo monaco si chiamava Padre Rocco. Egli era più potente a Napoli del Sindaco, dell’Arcivescovo, ed anche del Re”. All’Albergo dei Poveri l’infanzia non aveva nome: orfani, abbandonati, figli di condannati. Le donne furono le prime lavoratrici invisibili: povere, abbandonate, “disonorate”, malate o prostitute. Entrate alla fine del Settecento, avviarono opifici e laboratori di guanti, fiori e spilli, motore silenzioso dell’istituto. Nel tempo, nuove autorità religiose e laiche ne controllarono le vite e i destini: poche ricevettero una dote, molte, troppe finirono a fare le cameriere a servizio della nobiltà e della borghesia. Rimasto incompiuto, il “gigante” di via Foria continua a interrogare Napoli: un sogno di giustizia sociale scolpito nella pietra.
Gli artisti di Ancora qui
Mimmo Jodice
Alla fine degli anni Novanta Mimmo Jodice (Napoli 1934 -2025), fotografo tra i più celebri e accreditati della scena internazionale, recentemente scomparso, ha viaggiato all’interno di questa straordinaria architettura, al tempo totalmente abbandonata. Nelle immagini in bianco e nero del «Real Albergo dei Poveri» c’è tutta la sensibilità e la tecnica: il bianco come la luce, protagonista assoluta, che si insinua dovunque, mettendo in chiaro il presente-passato-futuro della “fabbrica”; il nero come il colore dell’umana miseria. «Questo “progetto” – dichiarò – è per me un viaggio nella storia e nella memoria. È un luogo nato col segno negativo. Non ha mai avuto una vita felice così come non potevano averla i pezzenti del regno che vi trovavano rifugio. Tutto qui mi ricorda un passato di lacrime e sangue». Jodice, attraverso una mostra e il libro omonimo edito da Federico Motta, ha rappresentato il luogo com’era, tra cortili desolati e muri cadenti, brandelli di tende e resti di mobili e archivi calpestati: come la fotografia in mostra, data in dono a questo progetto prima della sua scomparsa. E per questo si ringrazia la moglie e musa Angela e i figli Barbara e Francesco, che ne custodiscono la memoria e l’arte.
Mimmo Jodice, Real Albergo dei Poveri, Napoli, Opera nr. 16
Norma Jeane
Norma Jeane, Napoli, 2025, stampa a getto su tela di cotone intelaiata, 190 x 117 x 6 cm
Un progetto di arte pubblica pensato per il Real Albergo dei Poveri.
L’artista Norma Jeane sceglie la polvere — residuo minimo e universale della presenza umana — come materia simbolica per raccontare la memoria del luogo. Ciò che resta, quasi invisibile, diventa segno tangibile del passaggio di vite e secoli, metafora della continuità tra l’architettura e chi l’ha abitata. La polvere è stata raccolta in punti significativi dell’edificio e in altri luoghi emblematici della città di Napoli (Albergo dei Poveri, Ipogeo dei Cristallini, Maschio Angioino, Castel Nuovo). Il materiale è stato poi scansionato ad altissima risoluzione — senza copertura per interagire con le variazioni della luce naturale — per rivelare forme e colori nascosti (tecnica originale presentata per la prima volta nella primavera 2025 alla Schirn Kunsthalle di Francoforte). Ne nasce Napoli, un’immagine su tela di grandi dimensioni: impronta luminosa della materia del tempo. L’opera, concepita come lascito permanente alla città di Napoli, sarà collocata all’interno dell’Albergo dei Poveri.
Tutti i materiali utilizzati (inchiostri e tela privi di acidi e lignina) sono certificati “fine art” e conformi a ISO 9706 / qualità museale per la massima resistenza all’invecchiamento.
Viola Ardone
Viola Ardone, nata a Napoli nel 1974, si è laureata in Lettere con una tesi in Storia del teatro, ha lavorato nel campo dell’editoria e attualmente insegna italiano e latino al liceo. Ha pubblicato per Salani i romanzi La ricetta del cuore in subbuglio (2012) e Una rivoluzione sentimentale (2016) e per Einaudi Il treno dei bambini (2019), tradotto in 40 lingue dal quale è tratto l’omonimo film di Cristina Comencini, Oliva Denaro (2021) e Grande Meraviglia (2023), Tanta ancora vita (2025). Collabora con il Corriere del mezzogiorno, la Repubblica, La Stampa. Per Ancora Qui ha scritto un racconto originale.
Luciano Romano
Le ciotole di metallo ossidato che hanno distribuito il cibo, le scarpe sedimentate di polvere e pioggia che pure qui venivano fabbricate, le carte alla rinfusa che documentano la complessa organizzazione del sito, sono le uniche tracce di vita di quello che ancor prima di essere il più grande edificio del Settecento è stato il simbolo di un’utopia sociale senza precedenti. È inevitabile pensare alla vita delle giovani donne e uomini che qui avevano trovato un tetto, un lavoro, un’istruzione, ma anche l’irrimediabile perdita dell’identità, dispersa nelle 430 stanze del palazzo, reclusa nelle camerate lunghe quaranta metri, nella promiscuità della convivenza forzata.
È a loro, a questi ragazzi inquieti, fragili e dimenticati che Romano dedica un pensiero. Lo posso solo immaginare, e mettere in scena, perché nulla o quasi so di loro. Ma so che sotto questo tetto hanno vissuto le speranze e i sogni simili a quelli di ogni altro adolescente della terra.
Antonella Romano
Antonella Romano classe '70 vive e lavora a Napoli. Nel 1993 si avvicina al teatro come
attrice sperimentando diversi linguaggi, in cui la forza dell'espressione corporea sul palcoscenico e convive con la necessità di plasmare la materia, per modulare l'espressione dei luoghi che abita e in cui riversa la sua cifra stilistica sotto forma di sculture realizzate intrecciando fili di ferro lavorati a mano. Un rituale lento che porta alla realizzazione di figure e di oggetti leggeri e delicati, sempre legati allo spazio e alle storie a cui sono dedicati.
Massimo Cordovani
È un compositore e performer musicale particolarmente attivo in ambito teatrale. È stato fondatore e autore della band techno punk Narcolexia con cui ha realizzato due album per BMG Ricordi e Self. Tra le ultime musiche composte per il teatro quelle per “Parenti terribili” di Jean Cocteau, con la regia di Filippo Dini, che ha debuttato nel 2024. Sound designer per il Museo della Scienza e Tecnologia "Leonardo da Vinci" di Milano. Per RAP ha composto una colonna sonora originale, con inserimenti delle voci conservate negli archivi sonori della prima metà del Novecento.
Laura Valente - curatrice di Ancora qui e direttrice artistica di Napoli2500
Milano, Londra, New York: queste le città di una formazione, che al liceo Classico aggiunge due lauree in Musicologia e Gestione e Comunicazione delle Imprese Culturali. Su una linea parallela, studi di danza e pianoforte. La sua carriera comincia e si consolida nei Teatri alla Scala di Milano e San Carlo di Napoli. Fa parte del Cid Unesco “per le innovative direzioni artistiche” di importanti festival. Per la guida del Museo Madre (2018-2021) “Artribune” la nomina “Migliore Presidente”. Dal 2021 è Consigliere tecnico del Ministero della Cultura per i nuovi musei e la valorizzazione dei Beni culturali. Dal 2022 firma il progetto Art of Education, Museo Diffuso per L’Università Luiss Guido Carli (Roma), piattaforma triennale di sperimentazione artistica contemporanea, inclusione e sostenibilità. E’ suo il progetto scientifico e la curatela del Museo nazionale dedicato a Enrico Caruso, inaugurato a Palazzo Reale di Napoli il 19 luglio 2023, progetto finalista al Compasso d’Oro. Nel 2024 è nominata dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi direttrice artistica delle Celebrazioni per i 2500 anni di Neapolis e referente della programmazione sociale e culturale del Real Albergo dei Poveri. Sua l’ideazione del festival ‘AlFaro’, a luglio 2025, che restituisce il Molo San Vincenzo al pubblico e il progetto di inclusione sociale attraverso i valori della carta Costituzionale “Futuro Quotidiano” all’Albergo dei Poveri. A settembre 2025 il Giornale dell’Arte la ha inclusa nella ‘Power100 dell’Arte’. A Marzo 2026 la cerimonia di consegna a New York del Premio Maria Callas “per la dedizione e la visione del suo lavoro per la cultura”.
