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MOSTRA - "Leonardo Da Vinci - Il Codice Atlantico", dal 6 dicembre al 7 giugno al Chiostro maiolicato di Santa Chiara a Napoli
05.12.2025 13:11 di Napoli Magazine
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Per la prima volta a Napoli, il genio di Leonardo da Vinci arriva al Chiostro maiolicato di Santa Chiara con alcuni dei suoi più preziosi disegni: i fogli del Codice Atlantico, il più vasto e affascinante corpus di scritti e disegni del genio toscano conservati fino ad oggi nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano.
 
Dal 6 dicembre 2025 al 7 giugno 2026, i visitatori potranno immergersi nel mondo straordinario del maestro del Rinascimento, esplorando la sua incredibile capacità di unire arte, scienza e invenzione.
 
Leonardo da Vinci (1452–1519) - pittore, scultore, architetto, ingegnere, scienziato, inventore e considerato uno dei più grandi geni della storia - incarnò perfettamente l’ideale dell’Uomo Rinascimentale. Nato a Vinci, vicino Firenze, lavorò per le più importanti corti italiane, da Milano a Firenze a Roma e molte delle sue opere (come La Gioconda e L’Ultima Cena) sono tra i capolavori più celebri dell’arte universale.

Ma Leonardo fu anche un instancabile osservatore della natura: studiò infatti il corpo umano, il volo degli uccelli, l’acqua e le macchine, lasciando migliaia di disegni e appunti che testimoniano la sua curiosità senza confini e la sua visione straordinariamente moderna.

Tra questi, il Codice Atlantico è la più vasta raccolta di scritti e disegni di Leonardo giunta fino a noi e comprende 1.119 fogli realizzati tra il 1478 e il 1519, che spaziano da studi di anatomia a progetti di macchine, da disegni architettonici a riflessioni sulla geometria, sull’idraulica e sulla natura. Il nome deriva dal grande formato dei fogli, simile a quello degli atlanti geografici, mentre la raccolta fu assemblata nel XVI secolo dallo scultore Pompeo Leoni, che riunì fogli sparsi appartenuti a diversi taccuini. Dopo secoli di dispersioni e restauri, il Codice Atlantico rappresenta oggi un documento imprescindibile per comprendere la mente universale di Leonardo da Vinci.
 
A Napoli, con la preziosa curatela di Monsignor Alberto Rocca, Dottore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e Direttore della Pinacoteca, saranno esposti sei fogli originali – tre alla volta, da dicembre a marzo (fogli 518v, 239r e 816r) e da marzo a giugno (fogli 142, 281 e 1775) – che offrono uno sguardo ravvicinato sui temi più affascinanti della ricerca leonardesca. I visitatori potranno ammirare la celebre scrittura specchiata dell’artista, seguire l’evoluzione della sua grafia e dei suoi appunti, e scoprire come il disegno funzionasse come strumento di indagine scientifica e pittorica. Tra figure antropomorfe, studi geometrici e annotazioni tecniche, i fogli rivelano i rapporti di Leonardo con i maggiori scienziati e matematici del suo tempo, come Luca Pacioli, e raccontano la stretta relazione tra studio e creazione artistica che caratterizzava ogni fase del suo lavoro.
 
La mostra sarà arricchita da supporti multimediali, ingrandimenti e trascrizioni, per guidare il pubblico nell’esplorazione dettagliata di ciascun foglio e rendere accessibili anche i più complessi contenuti dei codici.

La cornice scelta per questo straordinario evento non è casuale: il Monastero di Santa Chiara, uno dei complessi monumentali più importanti di Napoli, costruito nel XIV secolo da Roberto d’Angiò e dalla regina Sancia di Maiorca, con il suo chiostro ricoperto di maioliche policrome settecentesche firmate da Domenico Antonio Vaccaro, offre uno scenario di rara bellezza in cui l’arte e la natura dialogano armoniosamente. Gravemente danneggiato durante i bombardamenti del 1943, il complesso è stato fedelmente ricostruito e oggi rappresenta non solo un luogo di culto, ma anche un simbolo dell’arte, della storia e della spiritualità napoletana.
 
Questa mostra rappresenta un’occasione unica per scoprire Leonardo da Vinci al di là dei suoi capolavori più celebri: un’occasione per entrare nella mente di un genio che ha anticipato di secoli scienza e tecnologia, e che continua a stupire con la sua curiosità, la sua capacità di osservare il mondo e la sua inesauribile inventiva.
 
Per la prima volta a Napoli, il Codice Atlantico invita il pubblico a guardare da vicino l’universo leonardesco e a lasciarsi sorprendere dalla modernità di uno dei più grandi geni della storia.
 
Col patrocinio del Comune di Napoli, l’esposizione è realizzata grazie alla collaborazione tra la Provincia Napoletana del Ss. Cuore di Gesù dell’Ordine dei Frati Minori e il FEC (Fondo Edifici di Culto) ed è organizzata da Arthemisia in collaborazione con la Pinacoteca Ambrosiana.

La curatela scientifica è di Monsignor Alberto Rocca, con il contributo didattico e divulgativo di Costantino d’Orazio. Il catalogo è edito da Moebius.

Special partner della mostra è Sole365.
 
Il Codice Atlantico

Il Codice Atlantico è la più vasta raccolta di scritti e disegni di Leonardo da Vinci, un insieme monumentale che racconta non solo il lavoro di un artista, ma il percorso mentale di uno dei più grandi pensatori della storia. Il nome deriva non da un’idea di vastità geografica, ma dal formato dei fogli, grandi come quelli utilizzati per realizzare gli atlanti geografici dell’età moderna, capaci di contenere senza costrizioni disegni, appunti e schemi che richiedevano molto spazio.

La sua origine non è unitaria: non si tratta di un vero libro, ma di una raccolta composta da fogli sparsi, creati in momenti diversi della vita di Leonardo, fra il 1478 e il 1519. In essi convivono idee giovanili e riflessioni mature, schizzi immediati e progetti complessi, intuizioni geniali e tentativi non portati a compimento. Leonardo non scriveva necessariamente per pubblicare, ma soprattutto per pensare: ogni pagina è un laboratorio del pensiero, un luogo in cui il disegno diventa strumento di ragionamento.

Dopo la sua morte i fogli passarono al suo allievo Francesco Melzi, che li conservò con cura, consapevole del loro valore. Tuttavia, col tempo e attraverso passaggi ereditari poco controllati, molti fogli andarono dispersi. Alla fine del Cinquecento fu Pompeo Leoni, scultore milanese alla corte di Filippo II di Spagna e grande collezionista, a raccogliere parte di questi frammenti e a riordinarli formando il Codice Atlantico così come lo conosciamo oggi. Il suo gesto da una parte ha evitato la dispersione dei fogli, dall’altra ne ha interrotto il filo originario che legava le pagine in un ordine di creazione oggi molto difficile da ricostruire.

Nel Codice troviamo temi che superano i confini delle discipline e del sapere: studi di ingegneria militare, macchine per il volo, meccanismi idraulici, strumenti musicali, automi, progetti per edifici e città, osservazioni botaniche, esperimenti sulla geometria e sulla proporzione, riflessioni sulla natura umana e sul movimento dei corpi. Non esiste settore del sapere che Leonardo non abbia interrogato. Una pagina può mostrare una macchina tessile e, accanto, il profilo di una cascata e un calcolo di proporzioni architettoniche. È questo apparente disordine, questo procedere libero, che ci restituisce l’essenza del suo metodo: Leonardo non divideva il sapere, ma lo attraversava. L’acqua, ad esempio, compare come tema ricorrente. Egli la osserva, la disegna, la descrive come forza, come energia, come materia che modella la terra. La studia per costruire macchine, per prevenire le inondazioni, per creare scenografie teatrali. La vede come chiave di comprensione dell’universo, come immagine della vita. Allo stesso modo, il tema del volo occupa decenni della sua ricerca. Nel Codice troviamo studi di ali, membrane, sistemi di leve e pulegge, macchine che imitano il movimento degli uccelli. Leonardo osserva gli animali, li seziona con lo sguardo, ne studia il funzionamento. Il volo, per lui, non è solo conquista fisica della verticalità ma aspirazione alla conoscenza assoluta.

Il Codice Atlantico è oggi conservato perlopiù a Milano, presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, una delle più antiche istituzioni culturali d’Europa. La sua presenza in questo luogo meraviglioso è il risultato di un lungo percorso di scambi, dispersioni e restituzioni. Oggi non è consultabile come un unico volume, ma in una serie di fogli sciolti e restaurati, esposti a rotazione per garantirne la conservazione. Guardando una pagina del Codice Atlantico, si ha l’impressione di entrare nella mente di Leonardo, in costante movimento. I segni sono rapidi, le parole scorrono al contrario, da destra verso sinistra, in quella che chiamiamo “scrittura speculare”, forse dettata dall’abitudine di scrivere con la mano sinistra. In questo modo, l’artista non avrebbe rischiato di macchiare il foglio, spalmando l’inchiostro con il palmo della mano. I disegni non sono studi accademici ma esplorazioni: Leonardo sembra voler afferrare l’essenza delle cose più che rappresentarne la forma finita. Il Codice non mostra risultati ma processi. È il documento di un pensare incessante, di una ricerca che non si arresta mai. È il racconto di un uomo che non separava arte e scienza perché sapeva che conoscere significa vedere, e vedere significa immaginare. E forse è proprio questo il suo valore più grande: ricordarci che la conoscenza non è un punto di arrivo, ma un viaggio senza fine.
 
FOGLIO 518v

Il foglio 518v del Codice Atlantico ci introduce in uno dei territori più affascinanti del pensiero di Leonardo: quello in cui la geometria non è solo disciplina astratta, ma strumento per comprendere la struttura profonda della materia e delle forme naturali. La pagina appare come un intreccio di figure geometriche – piramidi, coni, cilindri, sfere, poliedri – che Leonardo analizza attraverso relazioni di proporzione, trasformazioni ed equivalenze. La sua indagine vuole dimostrare come le forme si possano generare l’una dall’altra perché il mondo delle figure è governate da leggi comuni e trasversali.

Particolarmente significativo è il ragionamento sul rapporto tra la superficie laterale del cono e la base, dove Leonardo stabilisce che quando l’ipotenusa – cioè il lato inclinato del cono – è uguale al diametro della base, allora la superficie laterale è esattamente doppia rispetto alla superficie della base stessa. È una formulazione sorprendentemente chiara di un principio che sarà formalizzato più tardi nella geometria solida. Egli lo dimostra attraverso un linguaggio misto di disegno e parola: i tratti sintetici delle figure indicano le relazioni mentre il testo chiarisce la conclusione.

Accanto a questo studio compare una riflessione sulla sfera: Leonardo immagina di costruire una sfera partendo da un cubo composto da “piastre avvitate”, trasformandolo gradualmente attraverso una tornitura. L’idea mostra il suo interesse per le tecniche artigiane e meccaniche: la geometria si traduce in procedura concreta, in gesto. Nello stesso foglio compare anche la proiezione del moto di una semisfera e lo studio delle relazioni tra cerchi concentrici, dimostrando come Leonardo fosse già consapevole delle trasformazioni tra volumi e superfici.

In questo foglio, come in molti altri del Codice Atlantico, il pensiero non procede per linee separate ma per associazioni.

La sfera nasce dal cubo, la piramide dal triangolo, il cerchio dal moto: ogni figura è una variazione dell’altra, come se la forma fosse una materia fluida, capace di trasformarsi senza perdere armonia.

Tra le forme geometriche e gli appunti si annida un profilo, un volto dall’espressione angosciata, colto mentre emette un urlo. Questo dettaglio ci permette di ipotizzare una datazione per questo foglio: la figura potrebbe infatti costituire uno schizzo di uno dei soldati impegnati nella Battaglia di Anghiari, progettata a Firenze tra il 1503 e il 1504.
 
FOGLIO 239r

Il foglio 239r del Codice Atlantico è un esempio eloquente di come i materiali di lavoro nella bottega di Leonardo fossero oggetti vivi, attraversati da mani e pensieri diversi prima di assumere un significato definitivo. Il supporto è una carta grossolana, che assorbe l’inchiostro e lascia trasparire ciò che si trova sul verso: una condizione che testimonia un uso quotidiano, privo di formalità. Prima che Leonardo lo utilizzasse, il foglio sembra essere stato impiegato dagli allievi per tracciare, a carboncino, disegni licenziosi oggi quasi invisibili: un dettaglio che ci restituisce la dimensione concreta e vivace della bottega, luogo di studio ma anche di gioco, imitazione e sperimentazione. In seguito, la superficie fu occupata da esercizi geometrici e annotazioni. Una testa di giovane uomo, di profilo e a sanguigna ripassata a penna, non è attribuibile a Leonardo ma a un collaboratore, forse intento a esercitarsi nella resa plastica del volto. Sulla parte inferiore compaiono cinque figure di cerchi concentrici legati al cosiddetto “ludo geometrico”, un gioco matematico che Leonardo utilizzava per esplorare rapporti proporzionali e dinamiche di crescita. Accanto ai cerchi si osservano due intrecci di nastri, forme che si avvicinano alle sue celebri strutture nodali, indagini sulla continuità del segno e sul movimento nello spazio. La divisione 365:8 riportata sul foglio, insieme ad altre cifre annotate in colonna, rimanda probabilmente a calcoli relativi alla ripartizione dell’anno solare secondo cicli ricorrenti. La frase annotata a sinistra – “e le parti eguali tanto diminuiscano in numero quanto crescano in magnitudine; e de converso tanto crescano in numero quanto diminuiscano di grandezza” – chiarisce il principio studiato: una legge di equilibrio tra quantità e proporzione. Questo foglio, nel suo aspetto frammentario, testimonia l’ampiezza del metodo leonardiano: osservare, misurare, giocare con le forme per comprendere l’armonia profonda che regola il mondo.
 
FOGLIO 816r

Il foglio 816r del Codice Atlantico è uno dei più discussi dell’intera raccolta, non solo per la complessità dei suoi contenuti ma anche per la storia materiale che lo caratterizza. La carta presenta ampi ritagli lungo i margini e una piega centrale che divide il foglio in due parti diseguali, segno di un uso pratico e prolungato nel tempo. Proprio questa stratificazione ha provocato, tra Ottocento e Novecento, un intenso dibattito attributivo: alcuni studiosi, come Beltrami e Fumagalli, ritennero che le scritte presenti fossero parte di una lettera di Leonardo a Cecilia Gallerani, ipotesi oggi considerata infondata. Carlo Pedretti ha invece dimostrato come quelle righe appartengano alla mano di Francesco Melzi, allievo e segretario di Leonardo, e siano state apposte in un momento successivo. È Melzi, infatti, a tracciare con matita e penna la figura femminile e le note che celebrano la bellezza di Roma e della Campania, definita «opera dell’alegreza della Natura». L’intonazione affettiva e descrittiva di questo elogio, accompagnata da formule come «Amantissima mia Diva» e il nome Cecilia scritto in margine, restituisce un tono privato e quasi confidenziale, ma si tratta di una rielaborazione successiva, non di parole leonardiane.

Gli scritti autografi di Leonardo sul foglio appartengono invece a contesti completamente differenti e sono riconoscibili per tipologia grafica e argomento. Nella parte superiore Leonardo affronta il tema del comportamento dei raggi solari attraverso le nuvole: descrive come la luce filtri tra gli interstizi delle masse vaporose, illuminando l’aria sottostante con un percorso rettilineo e dilatabile. È un’osservazione fisica e atmosferica, coerente con le sue ricerche sulla meteorologia e sulla percezione visiva. Più in basso Leonardo passa allo studio delle ombre e della loro proiezione, analizzando i gradienti di luce e oscurità in relazione alle superfici. Al centro del foglio compaiono invece note di meccanica e statica: schemi di bilance e pesi, accompagnati dal ragionamento sul concetto di equilibrio impossibile in una bilancia dalle braccia perfettamente uguali perché il punto matematico – privo di corpo – non le può sostenere. Anche le due semplici operazioni aritmetiche riportate (20×12=240; 240×500=120000) rientrano in queste considerazioni di proporzione e misura.

Il foglio 816r rivela dunque il carattere più tipico del metodo leonardiano: il simultaneo procedere di osservazione scientifica, disegno sperimentale e riflessione teorica. Accanto a Leonardo, la presenza di Melzi testimonia la vita del Codice come strumento condiviso, continuamente riletto e abitato. È un foglio che non restituisce una singola idea ma la circolazione di idee: una pagina viva, che registra il lavoro di una mente e della sua scuola nel loro tempo.

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MOSTRA - "Leonardo Da Vinci - Il Codice Atlantico", dal 6 dicembre al 7 giugno al Chiostro maiolicato di Santa Chiara a Napoli

di Napoli Magazine

05/12/2025 - 13:11

Per la prima volta a Napoli, il genio di Leonardo da Vinci arriva al Chiostro maiolicato di Santa Chiara con alcuni dei suoi più preziosi disegni: i fogli del Codice Atlantico, il più vasto e affascinante corpus di scritti e disegni del genio toscano conservati fino ad oggi nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano.
 
Dal 6 dicembre 2025 al 7 giugno 2026, i visitatori potranno immergersi nel mondo straordinario del maestro del Rinascimento, esplorando la sua incredibile capacità di unire arte, scienza e invenzione.
 
Leonardo da Vinci (1452–1519) - pittore, scultore, architetto, ingegnere, scienziato, inventore e considerato uno dei più grandi geni della storia - incarnò perfettamente l’ideale dell’Uomo Rinascimentale. Nato a Vinci, vicino Firenze, lavorò per le più importanti corti italiane, da Milano a Firenze a Roma e molte delle sue opere (come La Gioconda e L’Ultima Cena) sono tra i capolavori più celebri dell’arte universale.

Ma Leonardo fu anche un instancabile osservatore della natura: studiò infatti il corpo umano, il volo degli uccelli, l’acqua e le macchine, lasciando migliaia di disegni e appunti che testimoniano la sua curiosità senza confini e la sua visione straordinariamente moderna.

Tra questi, il Codice Atlantico è la più vasta raccolta di scritti e disegni di Leonardo giunta fino a noi e comprende 1.119 fogli realizzati tra il 1478 e il 1519, che spaziano da studi di anatomia a progetti di macchine, da disegni architettonici a riflessioni sulla geometria, sull’idraulica e sulla natura. Il nome deriva dal grande formato dei fogli, simile a quello degli atlanti geografici, mentre la raccolta fu assemblata nel XVI secolo dallo scultore Pompeo Leoni, che riunì fogli sparsi appartenuti a diversi taccuini. Dopo secoli di dispersioni e restauri, il Codice Atlantico rappresenta oggi un documento imprescindibile per comprendere la mente universale di Leonardo da Vinci.
 
A Napoli, con la preziosa curatela di Monsignor Alberto Rocca, Dottore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e Direttore della Pinacoteca, saranno esposti sei fogli originali – tre alla volta, da dicembre a marzo (fogli 518v, 239r e 816r) e da marzo a giugno (fogli 142, 281 e 1775) – che offrono uno sguardo ravvicinato sui temi più affascinanti della ricerca leonardesca. I visitatori potranno ammirare la celebre scrittura specchiata dell’artista, seguire l’evoluzione della sua grafia e dei suoi appunti, e scoprire come il disegno funzionasse come strumento di indagine scientifica e pittorica. Tra figure antropomorfe, studi geometrici e annotazioni tecniche, i fogli rivelano i rapporti di Leonardo con i maggiori scienziati e matematici del suo tempo, come Luca Pacioli, e raccontano la stretta relazione tra studio e creazione artistica che caratterizzava ogni fase del suo lavoro.
 
La mostra sarà arricchita da supporti multimediali, ingrandimenti e trascrizioni, per guidare il pubblico nell’esplorazione dettagliata di ciascun foglio e rendere accessibili anche i più complessi contenuti dei codici.

La cornice scelta per questo straordinario evento non è casuale: il Monastero di Santa Chiara, uno dei complessi monumentali più importanti di Napoli, costruito nel XIV secolo da Roberto d’Angiò e dalla regina Sancia di Maiorca, con il suo chiostro ricoperto di maioliche policrome settecentesche firmate da Domenico Antonio Vaccaro, offre uno scenario di rara bellezza in cui l’arte e la natura dialogano armoniosamente. Gravemente danneggiato durante i bombardamenti del 1943, il complesso è stato fedelmente ricostruito e oggi rappresenta non solo un luogo di culto, ma anche un simbolo dell’arte, della storia e della spiritualità napoletana.
 
Questa mostra rappresenta un’occasione unica per scoprire Leonardo da Vinci al di là dei suoi capolavori più celebri: un’occasione per entrare nella mente di un genio che ha anticipato di secoli scienza e tecnologia, e che continua a stupire con la sua curiosità, la sua capacità di osservare il mondo e la sua inesauribile inventiva.
 
Per la prima volta a Napoli, il Codice Atlantico invita il pubblico a guardare da vicino l’universo leonardesco e a lasciarsi sorprendere dalla modernità di uno dei più grandi geni della storia.
 
Col patrocinio del Comune di Napoli, l’esposizione è realizzata grazie alla collaborazione tra la Provincia Napoletana del Ss. Cuore di Gesù dell’Ordine dei Frati Minori e il FEC (Fondo Edifici di Culto) ed è organizzata da Arthemisia in collaborazione con la Pinacoteca Ambrosiana.

La curatela scientifica è di Monsignor Alberto Rocca, con il contributo didattico e divulgativo di Costantino d’Orazio. Il catalogo è edito da Moebius.

Special partner della mostra è Sole365.
 
Il Codice Atlantico

Il Codice Atlantico è la più vasta raccolta di scritti e disegni di Leonardo da Vinci, un insieme monumentale che racconta non solo il lavoro di un artista, ma il percorso mentale di uno dei più grandi pensatori della storia. Il nome deriva non da un’idea di vastità geografica, ma dal formato dei fogli, grandi come quelli utilizzati per realizzare gli atlanti geografici dell’età moderna, capaci di contenere senza costrizioni disegni, appunti e schemi che richiedevano molto spazio.

La sua origine non è unitaria: non si tratta di un vero libro, ma di una raccolta composta da fogli sparsi, creati in momenti diversi della vita di Leonardo, fra il 1478 e il 1519. In essi convivono idee giovanili e riflessioni mature, schizzi immediati e progetti complessi, intuizioni geniali e tentativi non portati a compimento. Leonardo non scriveva necessariamente per pubblicare, ma soprattutto per pensare: ogni pagina è un laboratorio del pensiero, un luogo in cui il disegno diventa strumento di ragionamento.

Dopo la sua morte i fogli passarono al suo allievo Francesco Melzi, che li conservò con cura, consapevole del loro valore. Tuttavia, col tempo e attraverso passaggi ereditari poco controllati, molti fogli andarono dispersi. Alla fine del Cinquecento fu Pompeo Leoni, scultore milanese alla corte di Filippo II di Spagna e grande collezionista, a raccogliere parte di questi frammenti e a riordinarli formando il Codice Atlantico così come lo conosciamo oggi. Il suo gesto da una parte ha evitato la dispersione dei fogli, dall’altra ne ha interrotto il filo originario che legava le pagine in un ordine di creazione oggi molto difficile da ricostruire.

Nel Codice troviamo temi che superano i confini delle discipline e del sapere: studi di ingegneria militare, macchine per il volo, meccanismi idraulici, strumenti musicali, automi, progetti per edifici e città, osservazioni botaniche, esperimenti sulla geometria e sulla proporzione, riflessioni sulla natura umana e sul movimento dei corpi. Non esiste settore del sapere che Leonardo non abbia interrogato. Una pagina può mostrare una macchina tessile e, accanto, il profilo di una cascata e un calcolo di proporzioni architettoniche. È questo apparente disordine, questo procedere libero, che ci restituisce l’essenza del suo metodo: Leonardo non divideva il sapere, ma lo attraversava. L’acqua, ad esempio, compare come tema ricorrente. Egli la osserva, la disegna, la descrive come forza, come energia, come materia che modella la terra. La studia per costruire macchine, per prevenire le inondazioni, per creare scenografie teatrali. La vede come chiave di comprensione dell’universo, come immagine della vita. Allo stesso modo, il tema del volo occupa decenni della sua ricerca. Nel Codice troviamo studi di ali, membrane, sistemi di leve e pulegge, macchine che imitano il movimento degli uccelli. Leonardo osserva gli animali, li seziona con lo sguardo, ne studia il funzionamento. Il volo, per lui, non è solo conquista fisica della verticalità ma aspirazione alla conoscenza assoluta.

Il Codice Atlantico è oggi conservato perlopiù a Milano, presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, una delle più antiche istituzioni culturali d’Europa. La sua presenza in questo luogo meraviglioso è il risultato di un lungo percorso di scambi, dispersioni e restituzioni. Oggi non è consultabile come un unico volume, ma in una serie di fogli sciolti e restaurati, esposti a rotazione per garantirne la conservazione. Guardando una pagina del Codice Atlantico, si ha l’impressione di entrare nella mente di Leonardo, in costante movimento. I segni sono rapidi, le parole scorrono al contrario, da destra verso sinistra, in quella che chiamiamo “scrittura speculare”, forse dettata dall’abitudine di scrivere con la mano sinistra. In questo modo, l’artista non avrebbe rischiato di macchiare il foglio, spalmando l’inchiostro con il palmo della mano. I disegni non sono studi accademici ma esplorazioni: Leonardo sembra voler afferrare l’essenza delle cose più che rappresentarne la forma finita. Il Codice non mostra risultati ma processi. È il documento di un pensare incessante, di una ricerca che non si arresta mai. È il racconto di un uomo che non separava arte e scienza perché sapeva che conoscere significa vedere, e vedere significa immaginare. E forse è proprio questo il suo valore più grande: ricordarci che la conoscenza non è un punto di arrivo, ma un viaggio senza fine.
 
FOGLIO 518v

Il foglio 518v del Codice Atlantico ci introduce in uno dei territori più affascinanti del pensiero di Leonardo: quello in cui la geometria non è solo disciplina astratta, ma strumento per comprendere la struttura profonda della materia e delle forme naturali. La pagina appare come un intreccio di figure geometriche – piramidi, coni, cilindri, sfere, poliedri – che Leonardo analizza attraverso relazioni di proporzione, trasformazioni ed equivalenze. La sua indagine vuole dimostrare come le forme si possano generare l’una dall’altra perché il mondo delle figure è governate da leggi comuni e trasversali.

Particolarmente significativo è il ragionamento sul rapporto tra la superficie laterale del cono e la base, dove Leonardo stabilisce che quando l’ipotenusa – cioè il lato inclinato del cono – è uguale al diametro della base, allora la superficie laterale è esattamente doppia rispetto alla superficie della base stessa. È una formulazione sorprendentemente chiara di un principio che sarà formalizzato più tardi nella geometria solida. Egli lo dimostra attraverso un linguaggio misto di disegno e parola: i tratti sintetici delle figure indicano le relazioni mentre il testo chiarisce la conclusione.

Accanto a questo studio compare una riflessione sulla sfera: Leonardo immagina di costruire una sfera partendo da un cubo composto da “piastre avvitate”, trasformandolo gradualmente attraverso una tornitura. L’idea mostra il suo interesse per le tecniche artigiane e meccaniche: la geometria si traduce in procedura concreta, in gesto. Nello stesso foglio compare anche la proiezione del moto di una semisfera e lo studio delle relazioni tra cerchi concentrici, dimostrando come Leonardo fosse già consapevole delle trasformazioni tra volumi e superfici.

In questo foglio, come in molti altri del Codice Atlantico, il pensiero non procede per linee separate ma per associazioni.

La sfera nasce dal cubo, la piramide dal triangolo, il cerchio dal moto: ogni figura è una variazione dell’altra, come se la forma fosse una materia fluida, capace di trasformarsi senza perdere armonia.

Tra le forme geometriche e gli appunti si annida un profilo, un volto dall’espressione angosciata, colto mentre emette un urlo. Questo dettaglio ci permette di ipotizzare una datazione per questo foglio: la figura potrebbe infatti costituire uno schizzo di uno dei soldati impegnati nella Battaglia di Anghiari, progettata a Firenze tra il 1503 e il 1504.
 
FOGLIO 239r

Il foglio 239r del Codice Atlantico è un esempio eloquente di come i materiali di lavoro nella bottega di Leonardo fossero oggetti vivi, attraversati da mani e pensieri diversi prima di assumere un significato definitivo. Il supporto è una carta grossolana, che assorbe l’inchiostro e lascia trasparire ciò che si trova sul verso: una condizione che testimonia un uso quotidiano, privo di formalità. Prima che Leonardo lo utilizzasse, il foglio sembra essere stato impiegato dagli allievi per tracciare, a carboncino, disegni licenziosi oggi quasi invisibili: un dettaglio che ci restituisce la dimensione concreta e vivace della bottega, luogo di studio ma anche di gioco, imitazione e sperimentazione. In seguito, la superficie fu occupata da esercizi geometrici e annotazioni. Una testa di giovane uomo, di profilo e a sanguigna ripassata a penna, non è attribuibile a Leonardo ma a un collaboratore, forse intento a esercitarsi nella resa plastica del volto. Sulla parte inferiore compaiono cinque figure di cerchi concentrici legati al cosiddetto “ludo geometrico”, un gioco matematico che Leonardo utilizzava per esplorare rapporti proporzionali e dinamiche di crescita. Accanto ai cerchi si osservano due intrecci di nastri, forme che si avvicinano alle sue celebri strutture nodali, indagini sulla continuità del segno e sul movimento nello spazio. La divisione 365:8 riportata sul foglio, insieme ad altre cifre annotate in colonna, rimanda probabilmente a calcoli relativi alla ripartizione dell’anno solare secondo cicli ricorrenti. La frase annotata a sinistra – “e le parti eguali tanto diminuiscano in numero quanto crescano in magnitudine; e de converso tanto crescano in numero quanto diminuiscano di grandezza” – chiarisce il principio studiato: una legge di equilibrio tra quantità e proporzione. Questo foglio, nel suo aspetto frammentario, testimonia l’ampiezza del metodo leonardiano: osservare, misurare, giocare con le forme per comprendere l’armonia profonda che regola il mondo.
 
FOGLIO 816r

Il foglio 816r del Codice Atlantico è uno dei più discussi dell’intera raccolta, non solo per la complessità dei suoi contenuti ma anche per la storia materiale che lo caratterizza. La carta presenta ampi ritagli lungo i margini e una piega centrale che divide il foglio in due parti diseguali, segno di un uso pratico e prolungato nel tempo. Proprio questa stratificazione ha provocato, tra Ottocento e Novecento, un intenso dibattito attributivo: alcuni studiosi, come Beltrami e Fumagalli, ritennero che le scritte presenti fossero parte di una lettera di Leonardo a Cecilia Gallerani, ipotesi oggi considerata infondata. Carlo Pedretti ha invece dimostrato come quelle righe appartengano alla mano di Francesco Melzi, allievo e segretario di Leonardo, e siano state apposte in un momento successivo. È Melzi, infatti, a tracciare con matita e penna la figura femminile e le note che celebrano la bellezza di Roma e della Campania, definita «opera dell’alegreza della Natura». L’intonazione affettiva e descrittiva di questo elogio, accompagnata da formule come «Amantissima mia Diva» e il nome Cecilia scritto in margine, restituisce un tono privato e quasi confidenziale, ma si tratta di una rielaborazione successiva, non di parole leonardiane.

Gli scritti autografi di Leonardo sul foglio appartengono invece a contesti completamente differenti e sono riconoscibili per tipologia grafica e argomento. Nella parte superiore Leonardo affronta il tema del comportamento dei raggi solari attraverso le nuvole: descrive come la luce filtri tra gli interstizi delle masse vaporose, illuminando l’aria sottostante con un percorso rettilineo e dilatabile. È un’osservazione fisica e atmosferica, coerente con le sue ricerche sulla meteorologia e sulla percezione visiva. Più in basso Leonardo passa allo studio delle ombre e della loro proiezione, analizzando i gradienti di luce e oscurità in relazione alle superfici. Al centro del foglio compaiono invece note di meccanica e statica: schemi di bilance e pesi, accompagnati dal ragionamento sul concetto di equilibrio impossibile in una bilancia dalle braccia perfettamente uguali perché il punto matematico – privo di corpo – non le può sostenere. Anche le due semplici operazioni aritmetiche riportate (20×12=240; 240×500=120000) rientrano in queste considerazioni di proporzione e misura.

Il foglio 816r rivela dunque il carattere più tipico del metodo leonardiano: il simultaneo procedere di osservazione scientifica, disegno sperimentale e riflessione teorica. Accanto a Leonardo, la presenza di Melzi testimonia la vita del Codice come strumento condiviso, continuamente riletto e abitato. È un foglio che non restituisce una singola idea ma la circolazione di idee: una pagina viva, che registra il lavoro di una mente e della sua scuola nel loro tempo.