Golazo
GOLAZO - Adolfo Mollichelli su "NM": "Caro Diego, straparlano di te, ma ti conoscono?"
28.06.2018 15:50 di Napoli Magazine

NAPOLI - Dalla mano de Diòs a los dedos de Diòs il passo è stato breve. Diego fa sempre notizia e non potrebbe essere altrimenti. Per la sua grandezza infinita in campo calcistico. In queste ore, dopo lo sfogo in Argentina-Nigeria, è stato attaccato e difeso. Attaccato con astio da chi fa professione di falso moralismo. Difeso malissimo da vip ultrà. L'etica? Parola troppo grossa. Difesa a spada tratta a prescindere, come avrebbe detto Totò? Puerile. Un testimonial del mondiale non dovrebbe abbandonarsi a certi gesti poco edificanti? Okay, mi sta bene. Mi verrebbe da dire, sempre meno dannosi delle borse piene di danari altrui che politici e trafficanti traffichini sottraggono alla comunità civile. Diego è rimasto la cebollita che fu. Un Peter Pan che è stato costretto a crescere. Grande e maledetto, come un Caravaggio. Con le sue idee rivoluzionarie agitate in una tempesta di sentimenti. Il suo amore per il Che, per la Cuba castrista, genuina attrazione verso i più deboli. La lotta ai poteri calcistici frutto di un istinto ribelle. Non è stato un santo. Non lo è. Ma ha pagato, e a caro prezzo, le sue debolezze. S'è drogato, ma non ha spacciato. Ha dato tanto a tutti coloro che gli stavano (stanno) vicino. Senza mai pretendere "ricevute". Un colpevole consapevole, ecco chi è Diego. Non mi pare che sia stato posto l'accento - nei vari commenti di questi giorni - sulla sua genuità, ricca di slanci e povera di cultura, magari. Capace di segnare un gol mondiale con la mano e giustificarlo con l'intervento del padreterno, già. E ammirevole per sportività sul campo. Diego è sempre stato alla rincorsa di un mondo nuovo. Come quando vinse la battaglia con il Napoli e tornò a giocare a Siviglia (1992). Era come un bambino felice di ritrovare il giocattolo preferito, smarrito nella soffitta delle colpe dolorose. Seguii sul posto, a stretto contatto con Diego, quei giorni della rinascita. Ne ho fatto oggetto di un libro di prossima pubblicazione. Caro Diego, parlano e straparlano di te. Ma ti conoscono?

 

 

Adolfo Mollichelli

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com 

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GOLAZO - Adolfo Mollichelli su "NM": "Caro Diego, straparlano di te, ma ti conoscono?"

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28/06/2024 - 15:50

NAPOLI - Dalla mano de Diòs a los dedos de Diòs il passo è stato breve. Diego fa sempre notizia e non potrebbe essere altrimenti. Per la sua grandezza infinita in campo calcistico. In queste ore, dopo lo sfogo in Argentina-Nigeria, è stato attaccato e difeso. Attaccato con astio da chi fa professione di falso moralismo. Difeso malissimo da vip ultrà. L'etica? Parola troppo grossa. Difesa a spada tratta a prescindere, come avrebbe detto Totò? Puerile. Un testimonial del mondiale non dovrebbe abbandonarsi a certi gesti poco edificanti? Okay, mi sta bene. Mi verrebbe da dire, sempre meno dannosi delle borse piene di danari altrui che politici e trafficanti traffichini sottraggono alla comunità civile. Diego è rimasto la cebollita che fu. Un Peter Pan che è stato costretto a crescere. Grande e maledetto, come un Caravaggio. Con le sue idee rivoluzionarie agitate in una tempesta di sentimenti. Il suo amore per il Che, per la Cuba castrista, genuina attrazione verso i più deboli. La lotta ai poteri calcistici frutto di un istinto ribelle. Non è stato un santo. Non lo è. Ma ha pagato, e a caro prezzo, le sue debolezze. S'è drogato, ma non ha spacciato. Ha dato tanto a tutti coloro che gli stavano (stanno) vicino. Senza mai pretendere "ricevute". Un colpevole consapevole, ecco chi è Diego. Non mi pare che sia stato posto l'accento - nei vari commenti di questi giorni - sulla sua genuità, ricca di slanci e povera di cultura, magari. Capace di segnare un gol mondiale con la mano e giustificarlo con l'intervento del padreterno, già. E ammirevole per sportività sul campo. Diego è sempre stato alla rincorsa di un mondo nuovo. Come quando vinse la battaglia con il Napoli e tornò a giocare a Siviglia (1992). Era come un bambino felice di ritrovare il giocattolo preferito, smarrito nella soffitta delle colpe dolorose. Seguii sul posto, a stretto contatto con Diego, quei giorni della rinascita. Ne ho fatto oggetto di un libro di prossima pubblicazione. Caro Diego, parlano e straparlano di te. Ma ti conoscono?

 

 

Adolfo Mollichelli

 

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