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IL GRAFFIO - L'analisi di Corbo: "Il Napoli si sveglia quando Messi era già a Lisbona"
09.08.2020 13:28 di Napoli Magazine

Gattuso ha negli occhi trent’anni di calcio. Ha visto bene, felice l’immagine dell’Everest da scalare. È Messi la irraggiungibile vetta del pianeta calcio, se guida nella più serena potenza il suo Barcellona, se la squadra catalana gioca con le tensioni di un fresco secondo posto che vale una disfatta quando a gioire sono i castigliani del Real Madrid, se sulle sue piste incontra un indaffarato Mario Rui e un imbambolato Koulibaly. Il Napoli ha solo fantasticato la vetta asiatica da 8.848 metri, neanche ci prova, si arrampica per i primi minuti, limitandosi a un accattivante palleggio iniziale con pressing alto, sembra irritato il Barcellona, ma scatta la prima scintilla dopo 11 minuti con un gol ravvolto di ombre, il difensore francese Clement Lenglet sul corner spazza via Demme, che a sua volta come in un tamponamento in retromarcia fa cadere Koulibaly. Il gigante della difesa non è lucido neanche più avanti, quando per rinviare colpisce non la palla ma la caviglia destra di Messi, ormai protagonista. Incassa infatti un rigore tradotto dall’uruguaiano Suarez, talvolta feroce quasi sempre temibile. Messi ormai fa sua la partita, avendola schiodata con il secondo gol in uno slalom acrobatico, roba da sci nautico, scansa come bandierine Mario Rui, Insigne e il solito Koulibaly. Cade. Si rialza, recupera e segna di sinistro curvandosi come in planata. Messi è spettacolo. Messi è magia. Messi è il Barcellona. Ma il Napoli gli concede troppo. Mario Rui deve badare anche all’insidioso portoricano che scende in libertà alla sinistra, ma anche a Messi. La mediana come sempre non fa filtro. Se c’è da palleggiare si compiace di farlo, se deve fare argine rivela la sua fragilità. Demme è bloccato dalla punta centrale Griezman se imposta, sparisce nella fase passiva, rimarcando quel buco nero da non trascurare al mercato. Con Di Lorenzo protetto così così da Callejon e impegnato da Jordi Alba, con Mario Rui compresso a sinistra: il Napoli soffre sulle corsie esterne, sfrecciano Semedo e Jordi Alba. Sono lesioni strutturali che si riverberano al centro, favorendo Sergi Roberto con Zielinski, Rakitic e De Jong con Demme (giustamente sostituito da Lobotka) e Fabian Ruiz. Non solo il gol di Insigne su rigore a fine primo tempo, nella ripresa prevale finalmente il Napoli, quando la partita era stata però già decisa e Messi sbarcava a Lisbona nei quarti di Champions. La ripresa nè lodevole, pochi tiri ma assalto caparbio, bene gli inseriti Politano, il più tenace Milik, il veloce Lozano. Lasciando il dubbio che la formazione immutabile non sia ancora la migliore possibile, se in campionato si è classificata settimana un motivo ci sarà. Insigne parla da capitano a giura che l'anno prossimo sarà diverso, che la squadra c'è, è forte e farà bene. Meglio ascoltare qualche frase di Gattuso quando parla di errori e mezz'ora di corto circuito. Bravo Gennaro, squadra da rinnovare e potenziare, voleva Barcellona per capire che è al tramonto?

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09/08/2024 - 13:28

Gattuso ha negli occhi trent’anni di calcio. Ha visto bene, felice l’immagine dell’Everest da scalare. È Messi la irraggiungibile vetta del pianeta calcio, se guida nella più serena potenza il suo Barcellona, se la squadra catalana gioca con le tensioni di un fresco secondo posto che vale una disfatta quando a gioire sono i castigliani del Real Madrid, se sulle sue piste incontra un indaffarato Mario Rui e un imbambolato Koulibaly. Il Napoli ha solo fantasticato la vetta asiatica da 8.848 metri, neanche ci prova, si arrampica per i primi minuti, limitandosi a un accattivante palleggio iniziale con pressing alto, sembra irritato il Barcellona, ma scatta la prima scintilla dopo 11 minuti con un gol ravvolto di ombre, il difensore francese Clement Lenglet sul corner spazza via Demme, che a sua volta come in un tamponamento in retromarcia fa cadere Koulibaly. Il gigante della difesa non è lucido neanche più avanti, quando per rinviare colpisce non la palla ma la caviglia destra di Messi, ormai protagonista. Incassa infatti un rigore tradotto dall’uruguaiano Suarez, talvolta feroce quasi sempre temibile. Messi ormai fa sua la partita, avendola schiodata con il secondo gol in uno slalom acrobatico, roba da sci nautico, scansa come bandierine Mario Rui, Insigne e il solito Koulibaly. Cade. Si rialza, recupera e segna di sinistro curvandosi come in planata. Messi è spettacolo. Messi è magia. Messi è il Barcellona. Ma il Napoli gli concede troppo. Mario Rui deve badare anche all’insidioso portoricano che scende in libertà alla sinistra, ma anche a Messi. La mediana come sempre non fa filtro. Se c’è da palleggiare si compiace di farlo, se deve fare argine rivela la sua fragilità. Demme è bloccato dalla punta centrale Griezman se imposta, sparisce nella fase passiva, rimarcando quel buco nero da non trascurare al mercato. Con Di Lorenzo protetto così così da Callejon e impegnato da Jordi Alba, con Mario Rui compresso a sinistra: il Napoli soffre sulle corsie esterne, sfrecciano Semedo e Jordi Alba. Sono lesioni strutturali che si riverberano al centro, favorendo Sergi Roberto con Zielinski, Rakitic e De Jong con Demme (giustamente sostituito da Lobotka) e Fabian Ruiz. Non solo il gol di Insigne su rigore a fine primo tempo, nella ripresa prevale finalmente il Napoli, quando la partita era stata però già decisa e Messi sbarcava a Lisbona nei quarti di Champions. La ripresa nè lodevole, pochi tiri ma assalto caparbio, bene gli inseriti Politano, il più tenace Milik, il veloce Lozano. Lasciando il dubbio che la formazione immutabile non sia ancora la migliore possibile, se in campionato si è classificata settimana un motivo ci sarà. Insigne parla da capitano a giura che l'anno prossimo sarà diverso, che la squadra c'è, è forte e farà bene. Meglio ascoltare qualche frase di Gattuso quando parla di errori e mezz'ora di corto circuito. Bravo Gennaro, squadra da rinnovare e potenziare, voleva Barcellona per capire che è al tramonto?