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ADL - De Laurentiis: "Napoli è diventata un grande teatro di posa, i napoletani hanno una marcia in più, sono abituati a sofferenza e dominazione ma poi si riscattano, come rilanciare il cinema italiano? Amma faticà, come dice Conte"
13.06.2025 11:07 di Napoli Magazine

Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni durante un evento al Teatro Bellini di Napoli nell'ambito dell’edizione 2025 degli Stati Generali della Cultura. Il panel si intitola "Ciak, si promuove l'Italia! Il ruolo del cinema e delle serie tv". Ecco le parole del patron azzurro: "Difficile interpretare il ruolo di produttore indipendente? Il cinema è stato protagonista del secolo scorso, basta pensare che a Venezia si pensava di fare uno stadio di calcio ed invece si decise di creare il festival di Venezia, impostando tutto ciò che ancora oggi esiste. Dividiamo il mondo del cinema, per non dire dell'audiovisivo, in due momenti: pre e post-Covid. Noi siamo stati apprezzati dopo la guerra per il cinema neorealista, che non riempiva le sale perchè la gente aveva dei sintomi di paura, ma riconquistò in Europa la stima per il popolo italiano, che non venivano visti più come quelli alleati con Hitler. Abbiamo avuto grandi registi come Rossellini, De Sica, Comencini, poi un momento di ricostruzione del paese che ci ha regalato Oscar con Fellini, ad inizio anni '60 eravamo la seconda cinematografia del mondo perchè avevamo realizzato che il film di genere era quello più appetibile dal pubblico: l'horror di Bava, il western di Leone, ad un certo punto gli americani si sono spaventati quando hanno visto che l'Italia era seconda nel mondo per esportazione. Convinsero un piccolo partito italiano, i socialdemocratici, e nel 1965 c'è stata una legge che ha affossato il cinema a livello industriale, altrimenti non veniva riconosciuta la nazionalità italiana e non si poteva partecipare ai premi governativi. In Italia fino al 1977 avevamo 750 milioni di spettatori all'anno nei cinema, appena uscirono fuori le reti televisive private da 750 siamo scesi a circa 150 milioni di spettatori, e oggi siamo a circa 60 mentre i francesi sono vicini ai 200 milioni di spettatori. Per gli americani il cinema era il più grosso ambasciatore all'estero, era sostenuto dai presidenti. Ora è tutto cambiato: cominiciano a venir fuori le varie piattaforme, tutti credono di modificare la creatività raccontando nelle serie tv la realtà che ci circonda, e quando scatta il Covid tutti chiusi in casa scopriamo la validità della compagnia dello streaming, dove possiamo vedere i film del passato e quelli recenti, e possiamo affezionarci a delle serie televisive di successo o ben fatte. La Disney non poteva uscire nei cinema o ospitare persone nei resort, si è inventata Disney+ ad abbonamento; Apple ha un fatturato enorme si è creata la sua piattaforma, senza parlare di Amazon, di HBO che è entrata in questa mentalità abbandonando le serie televisive fatte fino ad allora. La quantità ha iniziato a prevalere sulla qualità, era complicato fare il produttore cinematografico per le sale, quando sono state riaperte c'era paura dello spettatore. Abbiamo visto che rispetto al 2018 la totalità degli incassi non era più la stessa: quest'anno negli USA c'è il primo momento importante di incassi, col Memorial Day sono stati incassati 315 milioni di dollari, superando così il 2017. Ora al produttore c'è poco spazio per far crescere la propria attività, abbiamo John Boyd che è diventato consulente di Trump e che vuole tornare alle origini, dando titolarità dei diritti ai produttori, che può ri-licenziarli altre volte senza essere soggetto a regole di strangolamento puro. Napoli è diventata un grande teatro di posa, i napoletani hanno una marcia in più: sono abituati a sofferenza e dominazione ma poi si riscattano. Per rilanciare il cinema italiano di cosa c'è bisogno? Il problema è di valutazione, siamo un paese che ha cose che altri non hanno: la bellezza. Che però non sappiamo gestire e non sappiamo mettere a sistema. I più bei monumenti, i più bei teatri, le opere d'arte, i musei. Il Gattopardo è una produzione televisiva che si rifà al romanzo ma non al film di Visconti, ma a chi fanno dirigere quattro puntate? Un inglese. A Capodimonte abbiamo avuto un direttore francese, gli stranieri hanno maggior rispetto e consapevolezza dei nostri valori e li fanno risaltare, noi non sappiamo giocare in casa. Il ministero della Cultura ha avuto sempre parcheggiate persone che politicamente non sapevano dove parcheggiare, l'unico ministro conosciuto con gli attributi era Dario Franceschini che ha portato immediatamente i 70 milioni destinati al cinema e al mondo audiovisivo fino a 600 milioni. Se però poi il ministero distribuisce male questi fondi, uno si deve arrabbiare e vengono fuori le polemiche. Troppe polemiche? Se ad un certo punto io permetto a persone che fanno altre attività, di salumeria, di macelleria, di impadronirsi di determinati fondi per opere che non hanno mai avuto programmazione, il sistema non esiste. Non è detto che il ministro debba avere l'esperienza di me che ho iniziato a 19 anni, a 25 anni ho prodotto e autofinanziato il mio primo film: non mi sono spaventato, ho continuato a fare la gavetta e a 32-33 anni mi sono detto che potevo conquistare il mondo. In America ho fatto film da protagonista, non mi sono spaventato di fronte a film che costavano 70 milioni di dollari. In un ministero serve una sezione operativa, non devono esserci ritardi. Dei 600 milioni, ne erano stati destinati 25 al restauro delle sale o all'apertura di nuove: non sono stati distribuiti. Quest'anno ce ne sono altri 25, per arrivare a 75 milioni, ma ci sono sale che versano in condizioni pazzesche. Si vuole chiuderla ed il cinema italiano si ribella? Gli scudetti del Napoli sono un bagno di mutuo regalo con un popolo. Quando abbiamo fatto la sfilata sul lungomare, la Rai, in un'ora e mezza, ha fatto 70 milioni di spettatori. Non ci sarà mai un film che in un'ora e mezza possa fare 70 milioni di spettatori. Io perché ho avuto successo nel Calcio Napoli? Ho avuto successo per la grande disciplina che ho acquisito nel mondo del cinema. Quando uno realizza dei prodotti dell'ingegno, quindi dei beni immateriali non tangibili, attraverso un processo industriale, secondo me quella è la più grossa scuola del mondo, perché vedrai sempre il particolare nel totale, non lascerai nulla al caso. Io mi inquieto delle volte, quando chiedo: Dove sta il proprietario di quest'azienda? E mi rispondono: No, ma questa azienda è di un fondo… Ho capito, vedo il fondo, non vedo il cielo. Bisogna mettersi in testa quello che dice Conte, amma faticà perchè le cose non te le regala nessuno. Quando sento dire che uno fa i film per sè, è bocciato perchè il cinema è un ponte per il pubblico che è mio committente. Io devo cercare di dargli un'opera che accontenti tutti, non solo pochi eletti. Odissea 2001 nello spazio? Io vedo tutti i film da sempre, non smetto fino all'ultimo fotogramma perchè voglio vedere dove vanno a parare: a volte provo pietas per chi lo ha realizzato e per i pochi spettatori che lo hanno vissuto. Ogni film è una esperienza, c'è un fotogramma che salverai".

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13/06/2025 - 11:07

Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni durante un evento al Teatro Bellini di Napoli nell'ambito dell’edizione 2025 degli Stati Generali della Cultura. Il panel si intitola "Ciak, si promuove l'Italia! Il ruolo del cinema e delle serie tv". Ecco le parole del patron azzurro: "Difficile interpretare il ruolo di produttore indipendente? Il cinema è stato protagonista del secolo scorso, basta pensare che a Venezia si pensava di fare uno stadio di calcio ed invece si decise di creare il festival di Venezia, impostando tutto ciò che ancora oggi esiste. Dividiamo il mondo del cinema, per non dire dell'audiovisivo, in due momenti: pre e post-Covid. Noi siamo stati apprezzati dopo la guerra per il cinema neorealista, che non riempiva le sale perchè la gente aveva dei sintomi di paura, ma riconquistò in Europa la stima per il popolo italiano, che non venivano visti più come quelli alleati con Hitler. Abbiamo avuto grandi registi come Rossellini, De Sica, Comencini, poi un momento di ricostruzione del paese che ci ha regalato Oscar con Fellini, ad inizio anni '60 eravamo la seconda cinematografia del mondo perchè avevamo realizzato che il film di genere era quello più appetibile dal pubblico: l'horror di Bava, il western di Leone, ad un certo punto gli americani si sono spaventati quando hanno visto che l'Italia era seconda nel mondo per esportazione. Convinsero un piccolo partito italiano, i socialdemocratici, e nel 1965 c'è stata una legge che ha affossato il cinema a livello industriale, altrimenti non veniva riconosciuta la nazionalità italiana e non si poteva partecipare ai premi governativi. In Italia fino al 1977 avevamo 750 milioni di spettatori all'anno nei cinema, appena uscirono fuori le reti televisive private da 750 siamo scesi a circa 150 milioni di spettatori, e oggi siamo a circa 60 mentre i francesi sono vicini ai 200 milioni di spettatori. Per gli americani il cinema era il più grosso ambasciatore all'estero, era sostenuto dai presidenti. Ora è tutto cambiato: cominiciano a venir fuori le varie piattaforme, tutti credono di modificare la creatività raccontando nelle serie tv la realtà che ci circonda, e quando scatta il Covid tutti chiusi in casa scopriamo la validità della compagnia dello streaming, dove possiamo vedere i film del passato e quelli recenti, e possiamo affezionarci a delle serie televisive di successo o ben fatte. La Disney non poteva uscire nei cinema o ospitare persone nei resort, si è inventata Disney+ ad abbonamento; Apple ha un fatturato enorme si è creata la sua piattaforma, senza parlare di Amazon, di HBO che è entrata in questa mentalità abbandonando le serie televisive fatte fino ad allora. La quantità ha iniziato a prevalere sulla qualità, era complicato fare il produttore cinematografico per le sale, quando sono state riaperte c'era paura dello spettatore. Abbiamo visto che rispetto al 2018 la totalità degli incassi non era più la stessa: quest'anno negli USA c'è il primo momento importante di incassi, col Memorial Day sono stati incassati 315 milioni di dollari, superando così il 2017. Ora al produttore c'è poco spazio per far crescere la propria attività, abbiamo John Boyd che è diventato consulente di Trump e che vuole tornare alle origini, dando titolarità dei diritti ai produttori, che può ri-licenziarli altre volte senza essere soggetto a regole di strangolamento puro. Napoli è diventata un grande teatro di posa, i napoletani hanno una marcia in più: sono abituati a sofferenza e dominazione ma poi si riscattano. Per rilanciare il cinema italiano di cosa c'è bisogno? Il problema è di valutazione, siamo un paese che ha cose che altri non hanno: la bellezza. Che però non sappiamo gestire e non sappiamo mettere a sistema. I più bei monumenti, i più bei teatri, le opere d'arte, i musei. Il Gattopardo è una produzione televisiva che si rifà al romanzo ma non al film di Visconti, ma a chi fanno dirigere quattro puntate? Un inglese. A Capodimonte abbiamo avuto un direttore francese, gli stranieri hanno maggior rispetto e consapevolezza dei nostri valori e li fanno risaltare, noi non sappiamo giocare in casa. Il ministero della Cultura ha avuto sempre parcheggiate persone che politicamente non sapevano dove parcheggiare, l'unico ministro conosciuto con gli attributi era Dario Franceschini che ha portato immediatamente i 70 milioni destinati al cinema e al mondo audiovisivo fino a 600 milioni. Se però poi il ministero distribuisce male questi fondi, uno si deve arrabbiare e vengono fuori le polemiche. Troppe polemiche? Se ad un certo punto io permetto a persone che fanno altre attività, di salumeria, di macelleria, di impadronirsi di determinati fondi per opere che non hanno mai avuto programmazione, il sistema non esiste. Non è detto che il ministro debba avere l'esperienza di me che ho iniziato a 19 anni, a 25 anni ho prodotto e autofinanziato il mio primo film: non mi sono spaventato, ho continuato a fare la gavetta e a 32-33 anni mi sono detto che potevo conquistare il mondo. In America ho fatto film da protagonista, non mi sono spaventato di fronte a film che costavano 70 milioni di dollari. In un ministero serve una sezione operativa, non devono esserci ritardi. Dei 600 milioni, ne erano stati destinati 25 al restauro delle sale o all'apertura di nuove: non sono stati distribuiti. Quest'anno ce ne sono altri 25, per arrivare a 75 milioni, ma ci sono sale che versano in condizioni pazzesche. Si vuole chiuderla ed il cinema italiano si ribella? Gli scudetti del Napoli sono un bagno di mutuo regalo con un popolo. Quando abbiamo fatto la sfilata sul lungomare, la Rai, in un'ora e mezza, ha fatto 70 milioni di spettatori. Non ci sarà mai un film che in un'ora e mezza possa fare 70 milioni di spettatori. Io perché ho avuto successo nel Calcio Napoli? Ho avuto successo per la grande disciplina che ho acquisito nel mondo del cinema. Quando uno realizza dei prodotti dell'ingegno, quindi dei beni immateriali non tangibili, attraverso un processo industriale, secondo me quella è la più grossa scuola del mondo, perché vedrai sempre il particolare nel totale, non lascerai nulla al caso. Io mi inquieto delle volte, quando chiedo: Dove sta il proprietario di quest'azienda? E mi rispondono: No, ma questa azienda è di un fondo… Ho capito, vedo il fondo, non vedo il cielo. Bisogna mettersi in testa quello che dice Conte, amma faticà perchè le cose non te le regala nessuno. Quando sento dire che uno fa i film per sè, è bocciato perchè il cinema è un ponte per il pubblico che è mio committente. Io devo cercare di dargli un'opera che accontenti tutti, non solo pochi eletti. Odissea 2001 nello spazio? Io vedo tutti i film da sempre, non smetto fino all'ultimo fotogramma perchè voglio vedere dove vanno a parare: a volte provo pietas per chi lo ha realizzato e per i pochi spettatori che lo hanno vissuto. Ogni film è una esperienza, c'è un fotogramma che salverai".