TORINO - Sveglia all'alba, il più delle volte intorno alle quattro. E subito in pista, a guidare gli autobus per il traffico di Firenze. Dei quattro fratelli Quagliarella, Adriano è quello che più somiglia a Fabio. E’ il più vicino d’età - ha 4 anni in più - e come il “fratellino” ha lasciato la Campania, dove invece vivono ancora Gennaro e Tina, entrambi infermieri. Adriano e Fabio sono accomunati dal calcio: «Siamo cresciuti giocando insieme in casa con la pallina da tennis: io mi sono fermato in C2, lui è arrivato alla Juventus. Giusto così. Ero un difensore che tirava calci, a me sono mancate le sue qualità e la sua determinazione».
Quando ha capito che suo fratello avrebbe sfondato?
«Da bimbi si vedeva che Fabio aveva qualcosa in più, anche contro quelli della mia età. Un altro indizio a 13 anni, quando ha lasciato Castellammare di Stabia per trasferirsi nel settore giovanile del Torino. Ma che il suo sogno si era realizzato l’ho capito nel 2005, in Ascoli-Milan: che effetto vederlo sfilare in campo accanto a un mito come Shevchenko».
A 13 anni Fabio si è trasferito a Torino, sponda granata.
«Io subito non la presi benissimo. Ero contento per lui, però in camera mi mancava il mio fratellino».
E per Fabio come fu il trasferimento?
«I primi anni duri, spesso ci chiamava piangendo. Io lo andavo a trovare una volta al mese. Più di una volta papà gli disse: “Non sei obbligato, ti posso riportare a casa anche domani”. Ma Fabio da questo punto di vista non ci ha mai sentito. La parola “smettere” non lo ha nemmeno mai sfiorato. E’ un caparbio, non è un caso che sia riuscito a realizzare il suo sogno. Però...».
Però...
«Altro che Torino, i viaggi più faticosi erano quelli per andarlo a trovare a Udine: ore e ore in cuccetta, partivamo alle 10 di sera e arrivavamo alle 8 del mattino».
Una fotografia della vostra camera di Castellammare.
«Un museo calcistico. Il poster gigante di Maradona e tantissime foto di noi due: ricordo quelle di Fabio ragazzino con Buffon e Cannavaro, all’epoca già protagonisti del Parma. Pensare che adesso Gigi è un suo compagno fa impressione. Tornando a Maradona, quante volte abbiamo litigato per la sua figurina. Fabio sogna di incontrarlo: magari, come ho letto, succede in finale di coppa Italia. Sarebbe il massimo».
di Napoli Magazine
06/04/2012 - 04:47
TORINO - Sveglia all'alba, il più delle volte intorno alle quattro. E subito in pista, a guidare gli autobus per il traffico di Firenze. Dei quattro fratelli Quagliarella, Adriano è quello che più somiglia a Fabio. E’ il più vicino d’età - ha 4 anni in più - e come il “fratellino” ha lasciato la Campania, dove invece vivono ancora Gennaro e Tina, entrambi infermieri. Adriano e Fabio sono accomunati dal calcio: «Siamo cresciuti giocando insieme in casa con la pallina da tennis: io mi sono fermato in C2, lui è arrivato alla Juventus. Giusto così. Ero un difensore che tirava calci, a me sono mancate le sue qualità e la sua determinazione».
Quando ha capito che suo fratello avrebbe sfondato?
«Da bimbi si vedeva che Fabio aveva qualcosa in più, anche contro quelli della mia età. Un altro indizio a 13 anni, quando ha lasciato Castellammare di Stabia per trasferirsi nel settore giovanile del Torino. Ma che il suo sogno si era realizzato l’ho capito nel 2005, in Ascoli-Milan: che effetto vederlo sfilare in campo accanto a un mito come Shevchenko».
A 13 anni Fabio si è trasferito a Torino, sponda granata.
«Io subito non la presi benissimo. Ero contento per lui, però in camera mi mancava il mio fratellino».
E per Fabio come fu il trasferimento?
«I primi anni duri, spesso ci chiamava piangendo. Io lo andavo a trovare una volta al mese. Più di una volta papà gli disse: “Non sei obbligato, ti posso riportare a casa anche domani”. Ma Fabio da questo punto di vista non ci ha mai sentito. La parola “smettere” non lo ha nemmeno mai sfiorato. E’ un caparbio, non è un caso che sia riuscito a realizzare il suo sogno. Però...».
Però...
«Altro che Torino, i viaggi più faticosi erano quelli per andarlo a trovare a Udine: ore e ore in cuccetta, partivamo alle 10 di sera e arrivavamo alle 8 del mattino».
Una fotografia della vostra camera di Castellammare.
«Un museo calcistico. Il poster gigante di Maradona e tantissime foto di noi due: ricordo quelle di Fabio ragazzino con Buffon e Cannavaro, all’epoca già protagonisti del Parma. Pensare che adesso Gigi è un suo compagno fa impressione. Tornando a Maradona, quante volte abbiamo litigato per la sua figurina. Fabio sogna di incontrarlo: magari, come ho letto, succede in finale di coppa Italia. Sarebbe il massimo».