NAPOLI - Amici carissimi mi raccontano che Roberto Baggio potrebbe allenare il Modena, il Modena nuovo di Totò Caliendo e dei suoi compagni d’avventura. Ringrazio per la segnalazione, che ha il pregio di restituirmi una giovinezza perduta.
Oh, sentite qui. Estate 1987. Faceva un caldo porco pure allora. Caliendo era già Caliendo, cioè un affabulatore meraviglioso. Nel calcio italiano e mondiale spopolava Diego Armando Maradona. Che di Caliendo è stato sempre un estimatore.
Bene, il Pibe de Oro aveva due fratelli. Uno si chiamava Hugo ed era stato preso dall’Ascoli. L’altro si chiamava Lalo e sognava l’Italia. Totò, che è sempre Caliendo, una sera buttò lì: potrei far ingaggiare Lalo dal Montale Rangone! Era una balla affascinante, detta con il sorriso sulle labbra. Ma un giornale, non dico quale, rovinosamente abboccò.
Ovviamente, Lalo Maradona al Montale lo videro giusto in fotografia. Perché racconto l’episodio? Perché io a Caliendo voglio bene. Sul serio. L’ho conosciuto nella seconda metà degli anni Settanta. Pure all’epoca le sue esternazioni avrebbero meritate di essere sottotitolate alla pagina 777 di Televideo, perché talvolta si avvinghiava in feroci corpo a corpo con il congiuntivo. Ma che importa? Aveva appena smesso di vendere enciclopedie porta a porta alle massaie e si era inventato un mestiere: procuratore di calciatori.
E’ stato un pioniere, Totò. Cominciò con Antognoni e lo fece lavorare anche per il povero Gigi Montagnani, all’alba del 1981, come testimonial dello Zeta Due.
Arrivò in cima: al mondiale del 1990, finale Germania-Argentina, 18 giocatori su 22 in campo erano suoi clienti! Il ‘New York Times’ gli dedicò una paginata. Lui, con un estro degno di Totò e di Pulcinella, le sparava grossissime: ma è sempre stato bravo nel mestiere e i calciatori gli volevano bene, perché li faceva guadagnare benissimo.
Per dire, nessuno se lo ricorda, ma Baggio non sarebbe esistito, come fuoriclasse, senza Caliendo. Da ragazzo si spaccava sempre le ginocchia e a Firenze si erano stufati. Totò lo mise su un aereo, lo fece operare in Francia
e regalò al calcio un Campionissimo. L’uomo è così: scremate il trenta per cento delle dichiarazioni (anche il quaranta, via), ma prendete il buono che c’è.
Non sono mancati, nella sua esistenza, momenti bui. Ad un certo punto gli tolsero praticamente tutto, tra rogne giudiziarie e coltellate alle spalle. Ripartì da zero. Andai a trovarlo a fine 1993. Mi disse: solo tu ti sei ricordato, grazie.
Ecco, io non credo che Baggio allenerà il Modena, come Lalo Maradona non giocò nel Montale. Ma a Caliendo voglio bene. E se mi tradisce coi gialli, gliela farò pagare!
di Napoli Magazine
10/07/2012 - 12:20
NAPOLI - Amici carissimi mi raccontano che Roberto Baggio potrebbe allenare il Modena, il Modena nuovo di Totò Caliendo e dei suoi compagni d’avventura. Ringrazio per la segnalazione, che ha il pregio di restituirmi una giovinezza perduta.
Oh, sentite qui. Estate 1987. Faceva un caldo porco pure allora. Caliendo era già Caliendo, cioè un affabulatore meraviglioso. Nel calcio italiano e mondiale spopolava Diego Armando Maradona. Che di Caliendo è stato sempre un estimatore.
Bene, il Pibe de Oro aveva due fratelli. Uno si chiamava Hugo ed era stato preso dall’Ascoli. L’altro si chiamava Lalo e sognava l’Italia. Totò, che è sempre Caliendo, una sera buttò lì: potrei far ingaggiare Lalo dal Montale Rangone! Era una balla affascinante, detta con il sorriso sulle labbra. Ma un giornale, non dico quale, rovinosamente abboccò.
Ovviamente, Lalo Maradona al Montale lo videro giusto in fotografia. Perché racconto l’episodio? Perché io a Caliendo voglio bene. Sul serio. L’ho conosciuto nella seconda metà degli anni Settanta. Pure all’epoca le sue esternazioni avrebbero meritate di essere sottotitolate alla pagina 777 di Televideo, perché talvolta si avvinghiava in feroci corpo a corpo con il congiuntivo. Ma che importa? Aveva appena smesso di vendere enciclopedie porta a porta alle massaie e si era inventato un mestiere: procuratore di calciatori.
E’ stato un pioniere, Totò. Cominciò con Antognoni e lo fece lavorare anche per il povero Gigi Montagnani, all’alba del 1981, come testimonial dello Zeta Due.
Arrivò in cima: al mondiale del 1990, finale Germania-Argentina, 18 giocatori su 22 in campo erano suoi clienti! Il ‘New York Times’ gli dedicò una paginata. Lui, con un estro degno di Totò e di Pulcinella, le sparava grossissime: ma è sempre stato bravo nel mestiere e i calciatori gli volevano bene, perché li faceva guadagnare benissimo.
Per dire, nessuno se lo ricorda, ma Baggio non sarebbe esistito, come fuoriclasse, senza Caliendo. Da ragazzo si spaccava sempre le ginocchia e a Firenze si erano stufati. Totò lo mise su un aereo, lo fece operare in Francia
e regalò al calcio un Campionissimo. L’uomo è così: scremate il trenta per cento delle dichiarazioni (anche il quaranta, via), ma prendete il buono che c’è.
Non sono mancati, nella sua esistenza, momenti bui. Ad un certo punto gli tolsero praticamente tutto, tra rogne giudiziarie e coltellate alle spalle. Ripartì da zero. Andai a trovarlo a fine 1993. Mi disse: solo tu ti sei ricordato, grazie.
Ecco, io non credo che Baggio allenerà il Modena, come Lalo Maradona non giocò nel Montale. Ma a Caliendo voglio bene. E se mi tradisce coi gialli, gliela farò pagare!