L'Editoriale
L'EDITORIALE - Antonio Petrazzuolo: "Napoli, una vittoria che non allontana dubbi e paure"
21.09.2023 23:55 di Napoli Magazine

NAPOLI - Perdonatemi se non riesco a gioire per la vittoria del Napoli a Braga. Di buono ci sono sicuramente i tre punti, ottimi perche' ottenuti all'esordio in Champions League e in trasferta. Ma, considerato l'avversario (tecnicamente con delle lacune evidenti), era lecito attendersi molto di piu'. Almeno il gol del raddoppio in largo anticipo, dopo il vantaggio rocambolesco firmato da Di Lorenzo (migliore in campo). Troppe occasioni sprecate: dal colpo di testa del capitano, alla traversa centrata da Osimhen, senza dimenticare le altre occasioni capitate tra i piedi del nigeriano, di Zielinski e Kvara (quest'ultimo non ancora al top della condizione). Il Braga, tra l'altro, l'aveva anche rimessa in piedi la partita, sfruttando una clamorosa incertezza di Juan Jesus. Il fato, o forse San Gennaro che ci ha messo la sua mano, ha fatto sì che il Napoli siglasse poco dopo il secondo gol, che piu' che un'autorete mi è sembrato un generosissimo colpo da biliardo di Niakatè nella propria porta. C'è poco da ridere, anche se spesso (probabilmente per un riflesso involontario) vedo Garcia propenso a farlo quando gli vengono poste domande sulla fase difensiva latitante e sulla mancanza di identità. Ad essere sinceri, proprio li', c'e' molto da lavorare, perche' la linea arretrata esce molto male dai tentativi di fuorigioco, senza considerare che (orfani di Rrahmani) nessuno ha comandato il reparto. Uno svarione di Ostigard, rimediato da Leo con un tocco in angolo, poi tanti interventi a vuoto sul centro sinistra dove Juan Jesus e Olivera hanno sbandato in piu' circostanze. Il tutto mentre il centrocampo è apparso in evidente difficolta', con Anguissa spesso e volentieri in ritardo, mentre Lobotka veniva relegato in piu' di una circostanza sull'out mancino e Zielinski (menomale per l'assist sull'autogol) fluttuava tra le linee alla ricerca di una soluzione illuminante. Salvando la buona volonta' di Politano, con Osimhen nervoso per la mira sfortunata e il georgiano a corrente alternata, restano da capire le sostituzioni: dopo il "caso" Zerbin, dentro Raspadori sottopunta (che si e' visto poco), Simeone invece ha visto la luce del campo al novantesimo cosi' come il tanto acclamato Natan, utilizzato come quinto in aggiunta sulle palle alte (per far fronte al tenero forcing finale del Braga). Il segnale che e' arrivato, fino al 92° e per gran parte del secondo tempo, è stato quello di un Napoli timoroso, che avrebbe potuto prendere gol in qualsiasi momento. Stavolta la differenza tecnica ha fatto sì che la squadra riuscisse a portare a casa la vittoria, ma se dinanzi ci fossero stati avversari leggermente piu' organizzati (vedi la Lazio, per esempio, per non citare il Real Madrid) le azioni pericolose da fronteggiare sarebbero state certamente molteplici e molto piu' pericolose. Dispiace dirlo, ma il Napoli di Spalletti, forte, autoritario, perentorio, sicuro dei propri mezzi, non c'è più. Ora c'è una squadra sostanzialmente lenta e prevedibile che non riesce ad imporre il proprio gioco, le proprie idee e il proprio credo, perche' non mostra di esserne in possesso. Eppure gran parte della rosa e' la stessa della scorsa stagione, per cui se squadra e tecnico non faranno immediatamente fronte compatto, riemergendo dalle ceneri dell'incertezza dilagante mostrata sin qui in ogni partita griffata Garcia, continueranno ad inasprirsi gli animi, con i mugugni che gia' hanno preso forma nelle teste e sulle labbra di chi ha veramente a cuore le sorti del Napoli, perchè (purtroppo) a nessuno sta piacendo questa "nuova era" calcistica all'ombra del Vesuvio. Garcia comunque appare ottimista, prende appunti e predica calma, un po' come aveva fatto Mario Rui alla vigilia del match (parlando di pessimismo eccessivo) o Juan Jesus (che a Sky, nel post gara, ha fatto capire di essere forte e capace di sopportare le critiche per gli evidenti errori commessi): tutto molto bello, ma dalle parole poi bisogna passare ai fatti. E il campo finora non sta trasmettendo segnali che autorizzano ad esaltarsi. Se la musica non dovesse cambiare a breve, De Laurentiis non resterà a guardare in silenzio. I dubbi e le paure, oltre che una personalità fragile del tutto estranea a quella del recente passato, non possono appartenere alla squadra campione d'Italia.

 

 

Antonio Petrazzuolo
 
 
Napoli Magazine
 
 
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21/09/2023 - 23:55

NAPOLI - Perdonatemi se non riesco a gioire per la vittoria del Napoli a Braga. Di buono ci sono sicuramente i tre punti, ottimi perche' ottenuti all'esordio in Champions League e in trasferta. Ma, considerato l'avversario (tecnicamente con delle lacune evidenti), era lecito attendersi molto di piu'. Almeno il gol del raddoppio in largo anticipo, dopo il vantaggio rocambolesco firmato da Di Lorenzo (migliore in campo). Troppe occasioni sprecate: dal colpo di testa del capitano, alla traversa centrata da Osimhen, senza dimenticare le altre occasioni capitate tra i piedi del nigeriano, di Zielinski e Kvara (quest'ultimo non ancora al top della condizione). Il Braga, tra l'altro, l'aveva anche rimessa in piedi la partita, sfruttando una clamorosa incertezza di Juan Jesus. Il fato, o forse San Gennaro che ci ha messo la sua mano, ha fatto sì che il Napoli siglasse poco dopo il secondo gol, che piu' che un'autorete mi è sembrato un generosissimo colpo da biliardo di Niakatè nella propria porta. C'è poco da ridere, anche se spesso (probabilmente per un riflesso involontario) vedo Garcia propenso a farlo quando gli vengono poste domande sulla fase difensiva latitante e sulla mancanza di identità. Ad essere sinceri, proprio li', c'e' molto da lavorare, perche' la linea arretrata esce molto male dai tentativi di fuorigioco, senza considerare che (orfani di Rrahmani) nessuno ha comandato il reparto. Uno svarione di Ostigard, rimediato da Leo con un tocco in angolo, poi tanti interventi a vuoto sul centro sinistra dove Juan Jesus e Olivera hanno sbandato in piu' circostanze. Il tutto mentre il centrocampo è apparso in evidente difficolta', con Anguissa spesso e volentieri in ritardo, mentre Lobotka veniva relegato in piu' di una circostanza sull'out mancino e Zielinski (menomale per l'assist sull'autogol) fluttuava tra le linee alla ricerca di una soluzione illuminante. Salvando la buona volonta' di Politano, con Osimhen nervoso per la mira sfortunata e il georgiano a corrente alternata, restano da capire le sostituzioni: dopo il "caso" Zerbin, dentro Raspadori sottopunta (che si e' visto poco), Simeone invece ha visto la luce del campo al novantesimo cosi' come il tanto acclamato Natan, utilizzato come quinto in aggiunta sulle palle alte (per far fronte al tenero forcing finale del Braga). Il segnale che e' arrivato, fino al 92° e per gran parte del secondo tempo, è stato quello di un Napoli timoroso, che avrebbe potuto prendere gol in qualsiasi momento. Stavolta la differenza tecnica ha fatto sì che la squadra riuscisse a portare a casa la vittoria, ma se dinanzi ci fossero stati avversari leggermente piu' organizzati (vedi la Lazio, per esempio, per non citare il Real Madrid) le azioni pericolose da fronteggiare sarebbero state certamente molteplici e molto piu' pericolose. Dispiace dirlo, ma il Napoli di Spalletti, forte, autoritario, perentorio, sicuro dei propri mezzi, non c'è più. Ora c'è una squadra sostanzialmente lenta e prevedibile che non riesce ad imporre il proprio gioco, le proprie idee e il proprio credo, perche' non mostra di esserne in possesso. Eppure gran parte della rosa e' la stessa della scorsa stagione, per cui se squadra e tecnico non faranno immediatamente fronte compatto, riemergendo dalle ceneri dell'incertezza dilagante mostrata sin qui in ogni partita griffata Garcia, continueranno ad inasprirsi gli animi, con i mugugni che gia' hanno preso forma nelle teste e sulle labbra di chi ha veramente a cuore le sorti del Napoli, perchè (purtroppo) a nessuno sta piacendo questa "nuova era" calcistica all'ombra del Vesuvio. Garcia comunque appare ottimista, prende appunti e predica calma, un po' come aveva fatto Mario Rui alla vigilia del match (parlando di pessimismo eccessivo) o Juan Jesus (che a Sky, nel post gara, ha fatto capire di essere forte e capace di sopportare le critiche per gli evidenti errori commessi): tutto molto bello, ma dalle parole poi bisogna passare ai fatti. E il campo finora non sta trasmettendo segnali che autorizzano ad esaltarsi. Se la musica non dovesse cambiare a breve, De Laurentiis non resterà a guardare in silenzio. I dubbi e le paure, oltre che una personalità fragile del tutto estranea a quella del recente passato, non possono appartenere alla squadra campione d'Italia.

 

 

Antonio Petrazzuolo
 
 
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