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L'EX - Ottavio Bianchi: "Napoli è nel mio cuore, per me è stata una lezione di vita, con Diego farei il giro del mondo, Osimhen è unico"
06.10.2023 10:10 di Napoli Magazine

NAPOLI - Ottavio Bianchi, ex allenatore e calciatore del Napoli, vincitore del primo Scudetto degli azzurri, ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport nel giorno del suo ottantesimo compleanno:

 

Dalla Spal fino a Maradona: come lo pensa?

 

"Con grande tristezza per la sua fine. Sento ancora il suo preparatore Signorini e anch’io dico che con Diego farei il giro del mondo, con Maradona no".

 

Che ricordo ha di Napoli?

 

"Napoli e i napoletani sono nel mio cuore. Lì ho ancora tanti amici e io dico che Napoli non è quella dei luoghi comuni. Per me ha rappresentato una lezione di vita, perché a Napoli sono stato rispettato da tutti come uomo, prima che come giocatore o allenatore. Napoli è unica, per la cultura, il senso dell’umorismo, la raffinatezza. Io sono fortunato perché l’ho vissuta in due epoche diverse".

 

Che idea si è fatto delle polemiche attorno ad Osimhen?

 

"Non mi piace parlare di cose che non conosco. Dico soltanto che Osimhen è unico e ha già dimostrato il suo valore. E in generale aggiungo che occorre il rispetto dei ruoli, perché il giocatore deve fare il giocatore mentre l’allenatore fa l’allenatore".

 

Che ricordo ha dell'esperienza e dello Scudetto con il Napoli?

 

"La sera dello scudetto ero già in pigiama quando il presidente Ferlaino mi trascinò giù per un giro in città. Ero un recluso, per mia scelta, non è stato divertente. Non frequentavo nessuno, tranne il mio vice Casati, il direttore dell’albergo, il dirigente e amico Enrico Verga, Raffaele, il cuoco di Soccavo, e ogni tanto a cena Pesaola, intelligente e divertente. La famiglia l’avevo mandata via. Da giocatore ci avevo vissuto cinque anni. A Napoli devo il gusto e la mia educazione culturale, ilteatro con la Melato, i concerti di Dalla. A Napoli ho imparato a vivere, a mangiare, a vestirmi, a leggere la storia, ad ascoltare la musica. Mi ha arricchito e maturato. È stata una sorgente. Ma da allenatore sapevo che la bellezza tenta, seduce, coinvolge. I sensi vogliono la loro parte. Napoli ti dà, ti insegna a godere, e tu non avverti il pericolo. Mettevo in guardia giocatori, famiglie, mogli, figlie. Nessuno mi ha mai dato retta".

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L'EX - Ottavio Bianchi: "Napoli è nel mio cuore, per me è stata una lezione di vita, con Diego farei il giro del mondo, Osimhen è unico"

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06/10/2023 - 10:10

NAPOLI - Ottavio Bianchi, ex allenatore e calciatore del Napoli, vincitore del primo Scudetto degli azzurri, ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport nel giorno del suo ottantesimo compleanno:

 

Dalla Spal fino a Maradona: come lo pensa?

 

"Con grande tristezza per la sua fine. Sento ancora il suo preparatore Signorini e anch’io dico che con Diego farei il giro del mondo, con Maradona no".

 

Che ricordo ha di Napoli?

 

"Napoli e i napoletani sono nel mio cuore. Lì ho ancora tanti amici e io dico che Napoli non è quella dei luoghi comuni. Per me ha rappresentato una lezione di vita, perché a Napoli sono stato rispettato da tutti come uomo, prima che come giocatore o allenatore. Napoli è unica, per la cultura, il senso dell’umorismo, la raffinatezza. Io sono fortunato perché l’ho vissuta in due epoche diverse".

 

Che idea si è fatto delle polemiche attorno ad Osimhen?

 

"Non mi piace parlare di cose che non conosco. Dico soltanto che Osimhen è unico e ha già dimostrato il suo valore. E in generale aggiungo che occorre il rispetto dei ruoli, perché il giocatore deve fare il giocatore mentre l’allenatore fa l’allenatore".

 

Che ricordo ha dell'esperienza e dello Scudetto con il Napoli?

 

"La sera dello scudetto ero già in pigiama quando il presidente Ferlaino mi trascinò giù per un giro in città. Ero un recluso, per mia scelta, non è stato divertente. Non frequentavo nessuno, tranne il mio vice Casati, il direttore dell’albergo, il dirigente e amico Enrico Verga, Raffaele, il cuoco di Soccavo, e ogni tanto a cena Pesaola, intelligente e divertente. La famiglia l’avevo mandata via. Da giocatore ci avevo vissuto cinque anni. A Napoli devo il gusto e la mia educazione culturale, ilteatro con la Melato, i concerti di Dalla. A Napoli ho imparato a vivere, a mangiare, a vestirmi, a leggere la storia, ad ascoltare la musica. Mi ha arricchito e maturato. È stata una sorgente. Ma da allenatore sapevo che la bellezza tenta, seduce, coinvolge. I sensi vogliono la loro parte. Napoli ti dà, ti insegna a godere, e tu non avverti il pericolo. Mettevo in guardia giocatori, famiglie, mogli, figlie. Nessuno mi ha mai dato retta".