NAPOLI - Mazz' e panell' fann' e figl' bell, panell' senza mazz' fann e figl' pazz. Che tradotto dopo Napoli-Fiorentina, diventa qualcosa tipo "ci voleva sto ritiro, perché sennò con tutta quella movida si scordavano come si vince". Quella stessa movida palesata e condannata dal Patron dopo la brutta sconfitta contro la Lazio, valsa l'addio alla Coppa Italia. Chiariamo: il Napoli al San Paolo ha giocato alla grande e al di là del ritiro forzato s'è visto un buon gioco, che tradotto in gol vuol dire 3 a 0. Anzi 4 a 0, se non fosse stato per la cecità momentanea e particolarmente bestemmiata di chi di dovere. Segna il Diavulillo, segna, udite-udite, Callejon e già che c'eravamo segna pure il nostro capitano. Segno che se si vuole, si può fare. E se ritiro=gol, allora fateli restare a Castel Volturno per l'amor del cielo! Trasferite pure le famiglie, arredategli le stanze, inchiodateli al campo, serrate le porte e buttate le chiavi! Qualunque cosa pur di vedere il nostro Gonzalo segnare un gran gol, al di là della colossale svista di chi non lo ha assegnato. Il Napoli stravince in una calda domenica di primavera e per un attimo fa dimenticare le delusioni e le amarezze dell'ultimo mese quando di tirarla in rete senza prendere gol non se ne parlava neppure. E invece la Fiorentina di gol incassati ne porta a casa tre. Tutti belli, tutti grandi, tutti da urlo. Quegli stessi gol che domani varranno il caffè offerto dal tifoso napoletano. Gli azzurri di Benitez dimostrano ancora una volta che quando vuole il Napoli c'è, e noi con lui. È un Napoli fiero, dignitoso e vittorioso quello che va in scena in un San Paolo non gremito ma che la sua parte la fa. E io la vittoria di questo Napoli l'ho vista, per la prima volta, dalla Curva B. La casa del compianto Pasquale, per capirci. La curva che non molla, che va al di là del risultato, al di là del 90° minuto come si è tatuato addosso chi in questa squadra ci crede, chi crede nella maglia, azzurra, al di là di chi la indossa. Chi un attimo prima del fischio d'inizio è un papà che mostra orgoglioso la foto della figlia, o un professionista che parla orgoglioso del suo lavoro, e un attimo dopo pare avere un solo amore: il Napoli. Il mondo attorno si ferma, nella curva B, così come nella Curva A, curve vere, fatte di cori, bandiere e striscioni, del San Paolo. Non c'è storia, non c'è famiglia, non c'è lavoro: c'è solo la passione di chi tifa tutto il tempo, di chi sostiene senza sosta. In curva B, la storia è quella che inizia nel 1926, la famiglia sono i fratelli "non di DNA" con cui condividere i 90 minuti, le trasferte, l'onore e il rispetto. E il lavoro è esserci. Per la squadra. Per onorare curva e compagni. Per vincere, sempre. Nelle Curve vere, non esistono differenze, non esiste ceto, non esiste privilegio. Un attimo prima sei un dirigente, quello dopo il fischio d'inizio, sei il tifoso. E basta. Ma è anche il posto dove trovi due bimbi tifosissimi, con la maglia del loro idolo che cantano a squarciagola sotto gli occhi soddisfatti dei loro papà. Bimbi di scuola elementare che tu guardi e ti scappa per forza un sorriso e ti sembra che siano loro la risposta al brutto del calcio. Ti sembra così lontano il calcio che sa di morte, di vergogna e di cattiveria. Bimbi che ti fanno ricordare che il buono c'è e che sta lì, 4 file sotto di te. La curva B è quel posto surreale dove si consumano rituali, di chi indossa la stessa maglia, sempre, di chi si siede allo stesso posto, sempre, di chi inneggia alla fratellanza vera e alla passione azzurra sincera. Di chi sventola bandiere e canta tutto il tempo e oltre. Di chi ai gol esulta come non pensavi si potesse fare e prima ancora dell'ultimo minuto è già pronto alla prossima partita. Di chi uscito dalla stadio torna alla propria vita fino ai prossimi 90 minuti. Napoli-Fiorentina è stato tutto questo, e forse è stato anche la partita di una timida speranza di ripartire, una speranza che sta lì e guai a chi ce la tocca.
Nunzia Marciano
Napoli Magazine
Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com
di Napoli Magazine
13/04/2015 - 22:04
NAPOLI - Mazz' e panell' fann' e figl' bell, panell' senza mazz' fann e figl' pazz. Che tradotto dopo Napoli-Fiorentina, diventa qualcosa tipo "ci voleva sto ritiro, perché sennò con tutta quella movida si scordavano come si vince". Quella stessa movida palesata e condannata dal Patron dopo la brutta sconfitta contro la Lazio, valsa l'addio alla Coppa Italia. Chiariamo: il Napoli al San Paolo ha giocato alla grande e al di là del ritiro forzato s'è visto un buon gioco, che tradotto in gol vuol dire 3 a 0. Anzi 4 a 0, se non fosse stato per la cecità momentanea e particolarmente bestemmiata di chi di dovere. Segna il Diavulillo, segna, udite-udite, Callejon e già che c'eravamo segna pure il nostro capitano. Segno che se si vuole, si può fare. E se ritiro=gol, allora fateli restare a Castel Volturno per l'amor del cielo! Trasferite pure le famiglie, arredategli le stanze, inchiodateli al campo, serrate le porte e buttate le chiavi! Qualunque cosa pur di vedere il nostro Gonzalo segnare un gran gol, al di là della colossale svista di chi non lo ha assegnato. Il Napoli stravince in una calda domenica di primavera e per un attimo fa dimenticare le delusioni e le amarezze dell'ultimo mese quando di tirarla in rete senza prendere gol non se ne parlava neppure. E invece la Fiorentina di gol incassati ne porta a casa tre. Tutti belli, tutti grandi, tutti da urlo. Quegli stessi gol che domani varranno il caffè offerto dal tifoso napoletano. Gli azzurri di Benitez dimostrano ancora una volta che quando vuole il Napoli c'è, e noi con lui. È un Napoli fiero, dignitoso e vittorioso quello che va in scena in un San Paolo non gremito ma che la sua parte la fa. E io la vittoria di questo Napoli l'ho vista, per la prima volta, dalla Curva B. La casa del compianto Pasquale, per capirci. La curva che non molla, che va al di là del risultato, al di là del 90° minuto come si è tatuato addosso chi in questa squadra ci crede, chi crede nella maglia, azzurra, al di là di chi la indossa. Chi un attimo prima del fischio d'inizio è un papà che mostra orgoglioso la foto della figlia, o un professionista che parla orgoglioso del suo lavoro, e un attimo dopo pare avere un solo amore: il Napoli. Il mondo attorno si ferma, nella curva B, così come nella Curva A, curve vere, fatte di cori, bandiere e striscioni, del San Paolo. Non c'è storia, non c'è famiglia, non c'è lavoro: c'è solo la passione di chi tifa tutto il tempo, di chi sostiene senza sosta. In curva B, la storia è quella che inizia nel 1926, la famiglia sono i fratelli "non di DNA" con cui condividere i 90 minuti, le trasferte, l'onore e il rispetto. E il lavoro è esserci. Per la squadra. Per onorare curva e compagni. Per vincere, sempre. Nelle Curve vere, non esistono differenze, non esiste ceto, non esiste privilegio. Un attimo prima sei un dirigente, quello dopo il fischio d'inizio, sei il tifoso. E basta. Ma è anche il posto dove trovi due bimbi tifosissimi, con la maglia del loro idolo che cantano a squarciagola sotto gli occhi soddisfatti dei loro papà. Bimbi di scuola elementare che tu guardi e ti scappa per forza un sorriso e ti sembra che siano loro la risposta al brutto del calcio. Ti sembra così lontano il calcio che sa di morte, di vergogna e di cattiveria. Bimbi che ti fanno ricordare che il buono c'è e che sta lì, 4 file sotto di te. La curva B è quel posto surreale dove si consumano rituali, di chi indossa la stessa maglia, sempre, di chi si siede allo stesso posto, sempre, di chi inneggia alla fratellanza vera e alla passione azzurra sincera. Di chi sventola bandiere e canta tutto il tempo e oltre. Di chi ai gol esulta come non pensavi si potesse fare e prima ancora dell'ultimo minuto è già pronto alla prossima partita. Di chi uscito dalla stadio torna alla propria vita fino ai prossimi 90 minuti. Napoli-Fiorentina è stato tutto questo, e forse è stato anche la partita di una timida speranza di ripartire, una speranza che sta lì e guai a chi ce la tocca.
Nunzia Marciano
Napoli Magazine
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