Intervistato da Repubblica l'ex campione francese Michele Platini ha ricordato ancora una volta Diego Armando Maradona parlando delle differenze che l' hanno sempre separati: “Non siamo mai stati nemici, ma venivamo da esperienze, famiglie, paesi e passioni diverse. La nostra educazione, la nostra crescita è andata per strade che non si incrociavano. Lui veniva dall’Argentina dove il pallone è antico, ancestrale, viscerale, un modo di vivere del popolo. Lì il calcio è primordiale, è un graffito delle caverne, è un tatuaggio sulla pelle. Io sono nato in Francia dove la gente se ne fregava del pallone, e non credeva che quello del calciatore potesse essere un lavoro. - continua Platini – Diego è stato eccessivo, ma raramente ha sbagliato gioco. In campo è stato magnifico e magico, sul resto della sua vita non mi permetto di entrare. Non avrei mai potuto vivere come lui, con cento persone sempre addosso, ma del resto a lui la mia vita discreta sarebbe sembrata troppo vuota. Quando sono arrivato a Torino la Juve aveva 20 Scudetti, quando lui è arrivato il Napoli ne aveva zero. La geografia dei risultati conta e lui non solo ha vinto, ma è stato aggregatore, è riuscito a far capire che bisognava far crescere la società”.
di Napoli Magazine
27/11/2024 - 23:00
Intervistato da Repubblica l'ex campione francese Michele Platini ha ricordato ancora una volta Diego Armando Maradona parlando delle differenze che l' hanno sempre separati: “Non siamo mai stati nemici, ma venivamo da esperienze, famiglie, paesi e passioni diverse. La nostra educazione, la nostra crescita è andata per strade che non si incrociavano. Lui veniva dall’Argentina dove il pallone è antico, ancestrale, viscerale, un modo di vivere del popolo. Lì il calcio è primordiale, è un graffito delle caverne, è un tatuaggio sulla pelle. Io sono nato in Francia dove la gente se ne fregava del pallone, e non credeva che quello del calciatore potesse essere un lavoro. - continua Platini – Diego è stato eccessivo, ma raramente ha sbagliato gioco. In campo è stato magnifico e magico, sul resto della sua vita non mi permetto di entrare. Non avrei mai potuto vivere come lui, con cento persone sempre addosso, ma del resto a lui la mia vita discreta sarebbe sembrata troppo vuota. Quando sono arrivato a Torino la Juve aveva 20 Scudetti, quando lui è arrivato il Napoli ne aveva zero. La geografia dei risultati conta e lui non solo ha vinto, ma è stato aggregatore, è riuscito a far capire che bisognava far crescere la società”.