Teatro Eduardo De Filippo di Agropoli
Info 3247879696
Martedì 4 gennaio, ore 20.45
Teatro Barone di Melito di Napoli
Info 0813418905, 3281011228
Giovedì 6 gennaio, ore 20.45
Teatro Comunale Costantino Parravano di Caserta
Da venerdì 7 a domenica 9 gennaio 2022
(feriali ore 20.45, domenica ore 18.00)
info 0823444051
Gitiesse Artisti Riuniti e Best Live
presentano
Geppy Gleijeses, Marisa Laurito, Benedetto Casillo in
Così parlò Bellavista
Gold Edition
adattamento teatrale e regia Geppy Gleijeses
dal film e dal romanzo di Luciano De Crescenzo
con
Antonella Cioli, Gigi De Luca, Vittorio Ciorcalo
e Gianluca Ferrato (Cazzaniga)
e con
Ludovica Turrini, Gregorio De Paola, Agostino Pannone,
Walter Cerrotta, Brunella De Feudis
scene Roberto Crea, musiche Claudio Mattone
costumi Gabriella Campagna, luci Luigi Ascione
Note sullo spettacolo … e altro
Il dibattito che si è sviluppato per merito de “il Mattino” sull’opera e la figura di Luciano De Crescenzo, ha un leggero sapore “d’antan”, un po’ da cenacolo culturale anni ‘50, stile Giovannino Guareschi ,quando si discuteva sul livello di fascismo del “Bertoldo” e di questo suo illustre collaboratore.
Luciano De Crescenzo (che ha un vantaggio su Guareschi di circa 5 milioni di copie, avendo venduto 25 milioni di copie delle sue opere in 42 Paesi), ha però incontrato, per altri versi, un destino analogo, a cui, se vogliamo essere onesti, ancora non sfugge.
”Che cos’ è” Luciano De Crescenzo è la domanda più pertinente, non “chi è”. Una strana e anomala figura nel mondo della letteratura, della filosofia, del cinema, della poesia; una figura che ha avuto ed ha troppo successo per essere perdonata. Eppure lui, già nella prefazione alla prima edizione di “Così parlò Bellavista”, forse presago dell’anatema di certa “intellighenzia”, così scriveva: “guai a parlare di mare, di sole, e di cuore napoletano! Cominciando da Malaparte e finendo a Luigi Compagnone, Anna Maria Ortese, Domenico Rea, Raffaele La Capria, Vittorio Viviani e compagnia cantando, il desiderio di togliere il trucco con il quale per tanti anni era stato imbellettato il volto della nostra città ha fatto sì che insieme ai cosmetici è stata tolta forse anche la pelle del viso di un popolo che, pur senza mandolini e chitarre continuava in ogni caso ad avere una propria fisionomia caratteristica. “Quanto sono vere queste parole e quanto poco gli sono state perdonate!
Io sono cresciuto leggendo “Ferito a morte” di La Capria e “Il mare non bagna Napoli” della Ortese, la prima parte che ho interpretato in una commedia in TV a 23 anni con Lilla Brignone, Massimo Ranieri e Pupella Maggio in “In memoria di una signora amica” è stata quella scritta pensando ad Antonio Ghirelli da Patroni Griffi... Ma poi ho imparato che esistono altri grandi che hanno ritratto più bonariamente delizie e vizi del nostro popolo,
come Giuseppe Marotta, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo e, per certi versi la Matilde Serao, de “Il ventre di Napoli”.
E sono allievo di Eduardo De Filippo e Peppino Patroni Griffi, ma non sono cieco. E, nel mio piccolo, so leggere e guardare. E dalle parole profetiche della prefazione a Bellavista, passai poi a interpretare Giorgio, il protagonista giovane di quel film, ma poi ho letto e approfondito l’opera di Luciano.
Egli si definiva un divulgatore, nelle ultime interviste dice: “Io non sono un filosofo, io ho copiato!” e nel nostro ultimo incontro, mentre voleva inginocchiarsi perché portavamo “Bellavista” al San Carlo, mi disse: “No Geppy, io non sono un poeta, sono un quasi poeta”.
Non è vero. Consiglio a tutti di leggere o rileggere “il nano e l’infanta”, scritto e disegnato per conquistare una donna quando aveva vent’ anni, opera di pura poesia, “Raffaele”, “il Dubbio” che forse Luciano considerava la sua opera più amata, in cui tenta di dare una risposta alle “grandi domande” sul Caso, la Necessità, l’ Entropia, il Tempo e lo Spazio (e quasi ci riesce), “Oi dialogoi” in cui, tra sacro e profano, contamina, con metodo platoniano, la speculazione filosofica con i “fattarielli napoletani”, il capitolo dedicato per esempio a Cartesio, al Dubbio e al “cogito ergo sum” nella sua splendida “Storia della filosofia moderna” e infine (ma si potrebbe continuare a lungo) ripensate alla sua fondamentale teoria dell’uomo d’amore e dell’uomo di libertà, elaborata in Così parlò Bellavista.
Luciano, e mi perdonerà chi ha più titolo di me, per quanto mi riguarda, e non credo di sbagliare, non è stato solo un divulgatore: È stato filosofo sui generis, poeta, romanziere, regista, sceneggiatore, umorista, attore, eccetera eccetera... Troppa roba per essere perdonati. O, come avrebbe detto lui, “Troppa grazia Sant’Antonio!!
Sinceramente non pensavo ad adattare, produrre (con Best Live di Alessandro Siani e Sonia Mormone), mettere in scena e interpretare “Così parlò Bellavista”. Il ricordo di quel film è nella memoria mia, e soprattutto della gente napoletana, indelebile e forse intangibile.
C’era un solo modo limpido e affascinante per portarlo in teatro.
Distaccarsi dal film e creare un’opera autonoma, specificamente teatrale. E così nell’adattamento ci sono varie citazioni del romanzo, come ad esempio il secondo “cenacolo” che si conclude con un concetto poetico e geniale, degno del miglior Salvatore Di Giacomo.
Parlando delle case di Napoli legate l’una all’altra dalle corde tese da palazzo a palazzo per stendere i panni ad asciugare, scrive così: “Immaginate per un momento che il Padreterno volesse portarsi in cielo una casa di Napoli. Con sua grande meraviglia si accorgerebbe che piano piano tutte le altre case di Napoli, come se fossero un enorme Gran pavese, se ne verrebbero dietro alla prima, una dietro l’altra, case, corde e panni, canzone ‘e femmene e allucche ‘e guagliune...”
L’adattamento teatrale che ho scritto, come dicevo, non è affatto una pedestre sbobinatura del film. Chi sa di cinema e di teatro ci insegna che sono necessari codici di comunicazione molto diversi. Lo spazio scenico a cui ho pensato e che Roberto Crea ha splendidamente realizzato, ritrae il Palazzo dello Spagnolo, che con i suoi incroci di scale e le sue prospettive diventa un luogo della mente.
Nella corte del palazzo, suddividendo a volte la scena in settori, si svolge tutto il racconto, con il cenacolo, il tavolo dei pomodori, la trattoria, il negozio di arredi sacri e via dicendo. Non avrei potuto condurre in porto questa impresa senza attori straordinari come Marisa Laurito, deliziosa interprete che è stata la migliore amica di Luciano (a questo fatto ci tiene assai!), Benedetto Casillo, mitico Salvatore vice sostituto portiere. E delle musiche in parte originali e in parte nuove del maestro Claudio Mattone.
Ah, dimenticavo: Bellavista sarò io, perdonate l’ardire. Abbiamo voluto ambientare lo spettacolo negli stessi anni del film e in realtà non abbiamo dovuto adeguare all’oggi nemmeno una battuta. Come ci ha insegnato Luciano, dobbiamo avere fede: “Napoli, con il suo spirito d’adattamento, è forse l’ultima speranza che ha il genere umano per sopravvivere “.
I sentimenti nostri, quelli veri, quelli che Luciano ha descritto, non sono cambiati e non cambieranno mai.
Geppy Gleijeses
Teatro Umberto di Nola
info 0815127683, 0818231622
Mercoledì 5 gennaio, ore 20.45
Teatro Comunale Mario Scarpetta di Sala Consilina
Info 3498713124
Giovedì 6 gennaio, ore 20.45
Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere
Info 0823799612
Venerdì 7 gennaio, ore 21.00
Teatro Diana di Nocera Inferiore
info 3347009811
Sabato 8 gennaio, ore 20.45
Prospet
presenta
Gianfranco Gallo in
Un vizietto napoletano
scritto e diretto da Gianfranco Gallo
con Gianni Parisi e Gianluca Di Gennaro
scene Luca Di Napoli, costumi Anna Giordano
Nel 2000, l’anno del Giubileo, sentii di scrivere un mio lavoro ispirato a “La Cage Aux folles”, il testo del 1973 dal quale poi nel 1978 fu tratto il famoso film “Il Vizietto”. Ho citato le date perché oggi, a distanza di quasi 50 anni dal lavoro di Molinaro e a più di 20 dal mio, le loro trame, il loro humus e le loro atmosfere sono diventate un Vintage teatrale di inestimabile valore.
Siamo nel mondo degli artisti gay en travestì, persone che vivevano una sessualità ed una vita libera senza problemi in un’epoca in cui nemmeno si pensava di poter parlare di diritti, di matrimoni, di adozioni nell’ambito del mondo omosessuale, persone a volte imprigionate in un corpo a loro stesse estraneo, altre volte potenti della loro cosciente ambiguità ma sempre empatiche, estroverse, in superficie allegre. Siamo chiaramente nella Commedia, per cui l’argomento dello scontro di due realtà apparentemente incompatibili è qui dipinto con l’acquerello, sotto il quale però, ho cercato di far leggere, a chi voglia interessarsene, un più criptato messaggio.
Lo spettacolo musicale al quale il pubblico assisterà, è un tourbillon di situazioni comiche portate, spero con eleganza e puntualità, fino allo svolgimento finale. Un mix di personaggi, musiche ed esilaranti situazioni che sorprenderanno per la novità delle loro tinte.
Ho cercato l’Umanità e non la caricatura fine a stessa, ho reso ridicolo l’imbarazzo della gente cosiddetta “comune” e non il “diverso”, che è nel mio spettacolo l’unica vera realtà ammessa e consentita; i soli momenti nel quale i travestiti vengono messi al centro della burla avvengono tra di loro.
La mia commedia “Un Vizietto Napoletano”, al suo debutto del 2000 fu accolta da ottima critica e tanto pubblico. Lo spettacolo ha costituito la parte “teatrale” del mio primo film da regista e sceneggiatore, oltre che da attore, film che sarà in circuito nell’autunno 2021.
Gianfranco Gallo
Teatro Verdi di Salerno
Da giovedì 6 a domenica 9 gennaio
(feriali ore 21.00 - festivi ore 18.00)
info 089662141
Gli Ipocriti Melina Balsamo
diretta da Pierfrancesco Favino
presenta
Giuseppe Zeno, Fabio Troiano
in
I soliti ignoti
adattamento teatrale di Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli
tratto dalla sceneggiatura di Mario Monicelli, Suso Cecchi D’amico, Age & Scarpelli
con
Paolo Giovannucci, Salvatore Caruso, Vito Facciolla
Antonio Grosso, Ivano Schiavi, Marilena Anniballi
scene Luigi Ferrigno, costumi Milena Mancini
luci Giuseppe D’Alterio, musiche Pino Marino
regia Vinicio Marchioni
La commedia è la prima versione teatrale del mitico film con la regia di Mario Monicelli, uscito nel 1958 e diventato col tempo un classico imperdibile della cinematografia italiana e non solo.
Le gesta maldestre ed esilaranti di un gruppo di ladri improvvisati sbarcano sulle scene rituffandoci nell' Italia povera ma vitale del Secondo dopoguerra. La regia di Vinicio Marchioni – insieme all’adattamento di Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli - rende merito alla sceneggiatura originale grazie a trovate di scrittura teatrale che contribuiscono a rendere moderna quell'epoca lontana consentendoci di rivivere le atmosfere del periodo.
Note di regia
Ci sono dei film che segnano la nostra vita e I soliti Ignoti, per me, è uno di questi. Come uomo mi sono divertito e commosso di fronte alle peripezie di questo gruppo di scalcinati ladri. Come attore mi sono esaltato davanti alla naturalezza con cui recitano mostri sacri come Mastroianni e Gassman.
Come regista ho amato il perfetto equilibrio con cui Monicelli rende un argomento drammatico in modo leggero. Così l’idea di realizzare lo spettacolo teatrale dal film, mi ha immediatamente conquistato. È una storia bella e necessaria, che ci parla del presente immergendoci nel passato. La povertà del dopoguerra è una piaga che resiste ancora oggi, sebbene in altre forme, in tante zone d’Italia. Vorrei restituire sulla scena l’urgenza sentita dai personaggi di superare la miseria che li affligge, insieme alla vitalità indistruttibile e alla magia di un’Italia passata verso la quale proviamo nostalgia e tenerezza. Spero che gli spettatori possano uscire dal teatro con gli stessi sentimenti che provo io dopo una visione del film: divertiti, commossi e perdutamente innamorati di quei personaggi indimenticabili. Adattare un classico è sempre una sfida rischiosa e difficile. Ma sono le sfide che vale la pena vivere, insieme ai miei compagni di strada.
Vinicio Marchioni
di Napoli Magazine
31/12/2021 - 12:04
Teatro Eduardo De Filippo di Agropoli
Info 3247879696
Martedì 4 gennaio, ore 20.45
Teatro Barone di Melito di Napoli
Info 0813418905, 3281011228
Giovedì 6 gennaio, ore 20.45
Teatro Comunale Costantino Parravano di Caserta
Da venerdì 7 a domenica 9 gennaio 2022
(feriali ore 20.45, domenica ore 18.00)
info 0823444051
Gitiesse Artisti Riuniti e Best Live
presentano
Geppy Gleijeses, Marisa Laurito, Benedetto Casillo in
Così parlò Bellavista
Gold Edition
adattamento teatrale e regia Geppy Gleijeses
dal film e dal romanzo di Luciano De Crescenzo
con
Antonella Cioli, Gigi De Luca, Vittorio Ciorcalo
e Gianluca Ferrato (Cazzaniga)
e con
Ludovica Turrini, Gregorio De Paola, Agostino Pannone,
Walter Cerrotta, Brunella De Feudis
scene Roberto Crea, musiche Claudio Mattone
costumi Gabriella Campagna, luci Luigi Ascione
Note sullo spettacolo … e altro
Il dibattito che si è sviluppato per merito de “il Mattino” sull’opera e la figura di Luciano De Crescenzo, ha un leggero sapore “d’antan”, un po’ da cenacolo culturale anni ‘50, stile Giovannino Guareschi ,quando si discuteva sul livello di fascismo del “Bertoldo” e di questo suo illustre collaboratore.
Luciano De Crescenzo (che ha un vantaggio su Guareschi di circa 5 milioni di copie, avendo venduto 25 milioni di copie delle sue opere in 42 Paesi), ha però incontrato, per altri versi, un destino analogo, a cui, se vogliamo essere onesti, ancora non sfugge.
”Che cos’ è” Luciano De Crescenzo è la domanda più pertinente, non “chi è”. Una strana e anomala figura nel mondo della letteratura, della filosofia, del cinema, della poesia; una figura che ha avuto ed ha troppo successo per essere perdonata. Eppure lui, già nella prefazione alla prima edizione di “Così parlò Bellavista”, forse presago dell’anatema di certa “intellighenzia”, così scriveva: “guai a parlare di mare, di sole, e di cuore napoletano! Cominciando da Malaparte e finendo a Luigi Compagnone, Anna Maria Ortese, Domenico Rea, Raffaele La Capria, Vittorio Viviani e compagnia cantando, il desiderio di togliere il trucco con il quale per tanti anni era stato imbellettato il volto della nostra città ha fatto sì che insieme ai cosmetici è stata tolta forse anche la pelle del viso di un popolo che, pur senza mandolini e chitarre continuava in ogni caso ad avere una propria fisionomia caratteristica. “Quanto sono vere queste parole e quanto poco gli sono state perdonate!
Io sono cresciuto leggendo “Ferito a morte” di La Capria e “Il mare non bagna Napoli” della Ortese, la prima parte che ho interpretato in una commedia in TV a 23 anni con Lilla Brignone, Massimo Ranieri e Pupella Maggio in “In memoria di una signora amica” è stata quella scritta pensando ad Antonio Ghirelli da Patroni Griffi... Ma poi ho imparato che esistono altri grandi che hanno ritratto più bonariamente delizie e vizi del nostro popolo,
come Giuseppe Marotta, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo e, per certi versi la Matilde Serao, de “Il ventre di Napoli”.
E sono allievo di Eduardo De Filippo e Peppino Patroni Griffi, ma non sono cieco. E, nel mio piccolo, so leggere e guardare. E dalle parole profetiche della prefazione a Bellavista, passai poi a interpretare Giorgio, il protagonista giovane di quel film, ma poi ho letto e approfondito l’opera di Luciano.
Egli si definiva un divulgatore, nelle ultime interviste dice: “Io non sono un filosofo, io ho copiato!” e nel nostro ultimo incontro, mentre voleva inginocchiarsi perché portavamo “Bellavista” al San Carlo, mi disse: “No Geppy, io non sono un poeta, sono un quasi poeta”.
Non è vero. Consiglio a tutti di leggere o rileggere “il nano e l’infanta”, scritto e disegnato per conquistare una donna quando aveva vent’ anni, opera di pura poesia, “Raffaele”, “il Dubbio” che forse Luciano considerava la sua opera più amata, in cui tenta di dare una risposta alle “grandi domande” sul Caso, la Necessità, l’ Entropia, il Tempo e lo Spazio (e quasi ci riesce), “Oi dialogoi” in cui, tra sacro e profano, contamina, con metodo platoniano, la speculazione filosofica con i “fattarielli napoletani”, il capitolo dedicato per esempio a Cartesio, al Dubbio e al “cogito ergo sum” nella sua splendida “Storia della filosofia moderna” e infine (ma si potrebbe continuare a lungo) ripensate alla sua fondamentale teoria dell’uomo d’amore e dell’uomo di libertà, elaborata in Così parlò Bellavista.
Luciano, e mi perdonerà chi ha più titolo di me, per quanto mi riguarda, e non credo di sbagliare, non è stato solo un divulgatore: È stato filosofo sui generis, poeta, romanziere, regista, sceneggiatore, umorista, attore, eccetera eccetera... Troppa roba per essere perdonati. O, come avrebbe detto lui, “Troppa grazia Sant’Antonio!!
Sinceramente non pensavo ad adattare, produrre (con Best Live di Alessandro Siani e Sonia Mormone), mettere in scena e interpretare “Così parlò Bellavista”. Il ricordo di quel film è nella memoria mia, e soprattutto della gente napoletana, indelebile e forse intangibile.
C’era un solo modo limpido e affascinante per portarlo in teatro.
Distaccarsi dal film e creare un’opera autonoma, specificamente teatrale. E così nell’adattamento ci sono varie citazioni del romanzo, come ad esempio il secondo “cenacolo” che si conclude con un concetto poetico e geniale, degno del miglior Salvatore Di Giacomo.
Parlando delle case di Napoli legate l’una all’altra dalle corde tese da palazzo a palazzo per stendere i panni ad asciugare, scrive così: “Immaginate per un momento che il Padreterno volesse portarsi in cielo una casa di Napoli. Con sua grande meraviglia si accorgerebbe che piano piano tutte le altre case di Napoli, come se fossero un enorme Gran pavese, se ne verrebbero dietro alla prima, una dietro l’altra, case, corde e panni, canzone ‘e femmene e allucche ‘e guagliune...”
L’adattamento teatrale che ho scritto, come dicevo, non è affatto una pedestre sbobinatura del film. Chi sa di cinema e di teatro ci insegna che sono necessari codici di comunicazione molto diversi. Lo spazio scenico a cui ho pensato e che Roberto Crea ha splendidamente realizzato, ritrae il Palazzo dello Spagnolo, che con i suoi incroci di scale e le sue prospettive diventa un luogo della mente.
Nella corte del palazzo, suddividendo a volte la scena in settori, si svolge tutto il racconto, con il cenacolo, il tavolo dei pomodori, la trattoria, il negozio di arredi sacri e via dicendo. Non avrei potuto condurre in porto questa impresa senza attori straordinari come Marisa Laurito, deliziosa interprete che è stata la migliore amica di Luciano (a questo fatto ci tiene assai!), Benedetto Casillo, mitico Salvatore vice sostituto portiere. E delle musiche in parte originali e in parte nuove del maestro Claudio Mattone.
Ah, dimenticavo: Bellavista sarò io, perdonate l’ardire. Abbiamo voluto ambientare lo spettacolo negli stessi anni del film e in realtà non abbiamo dovuto adeguare all’oggi nemmeno una battuta. Come ci ha insegnato Luciano, dobbiamo avere fede: “Napoli, con il suo spirito d’adattamento, è forse l’ultima speranza che ha il genere umano per sopravvivere “.
I sentimenti nostri, quelli veri, quelli che Luciano ha descritto, non sono cambiati e non cambieranno mai.
Geppy Gleijeses
Teatro Umberto di Nola
info 0815127683, 0818231622
Mercoledì 5 gennaio, ore 20.45
Teatro Comunale Mario Scarpetta di Sala Consilina
Info 3498713124
Giovedì 6 gennaio, ore 20.45
Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere
Info 0823799612
Venerdì 7 gennaio, ore 21.00
Teatro Diana di Nocera Inferiore
info 3347009811
Sabato 8 gennaio, ore 20.45
Prospet
presenta
Gianfranco Gallo in
Un vizietto napoletano
scritto e diretto da Gianfranco Gallo
con Gianni Parisi e Gianluca Di Gennaro
scene Luca Di Napoli, costumi Anna Giordano
Nel 2000, l’anno del Giubileo, sentii di scrivere un mio lavoro ispirato a “La Cage Aux folles”, il testo del 1973 dal quale poi nel 1978 fu tratto il famoso film “Il Vizietto”. Ho citato le date perché oggi, a distanza di quasi 50 anni dal lavoro di Molinaro e a più di 20 dal mio, le loro trame, il loro humus e le loro atmosfere sono diventate un Vintage teatrale di inestimabile valore.
Siamo nel mondo degli artisti gay en travestì, persone che vivevano una sessualità ed una vita libera senza problemi in un’epoca in cui nemmeno si pensava di poter parlare di diritti, di matrimoni, di adozioni nell’ambito del mondo omosessuale, persone a volte imprigionate in un corpo a loro stesse estraneo, altre volte potenti della loro cosciente ambiguità ma sempre empatiche, estroverse, in superficie allegre. Siamo chiaramente nella Commedia, per cui l’argomento dello scontro di due realtà apparentemente incompatibili è qui dipinto con l’acquerello, sotto il quale però, ho cercato di far leggere, a chi voglia interessarsene, un più criptato messaggio.
Lo spettacolo musicale al quale il pubblico assisterà, è un tourbillon di situazioni comiche portate, spero con eleganza e puntualità, fino allo svolgimento finale. Un mix di personaggi, musiche ed esilaranti situazioni che sorprenderanno per la novità delle loro tinte.
Ho cercato l’Umanità e non la caricatura fine a stessa, ho reso ridicolo l’imbarazzo della gente cosiddetta “comune” e non il “diverso”, che è nel mio spettacolo l’unica vera realtà ammessa e consentita; i soli momenti nel quale i travestiti vengono messi al centro della burla avvengono tra di loro.
La mia commedia “Un Vizietto Napoletano”, al suo debutto del 2000 fu accolta da ottima critica e tanto pubblico. Lo spettacolo ha costituito la parte “teatrale” del mio primo film da regista e sceneggiatore, oltre che da attore, film che sarà in circuito nell’autunno 2021.
Gianfranco Gallo
Teatro Verdi di Salerno
Da giovedì 6 a domenica 9 gennaio
(feriali ore 21.00 - festivi ore 18.00)
info 089662141
Gli Ipocriti Melina Balsamo
diretta da Pierfrancesco Favino
presenta
Giuseppe Zeno, Fabio Troiano
in
I soliti ignoti
adattamento teatrale di Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli
tratto dalla sceneggiatura di Mario Monicelli, Suso Cecchi D’amico, Age & Scarpelli
con
Paolo Giovannucci, Salvatore Caruso, Vito Facciolla
Antonio Grosso, Ivano Schiavi, Marilena Anniballi
scene Luigi Ferrigno, costumi Milena Mancini
luci Giuseppe D’Alterio, musiche Pino Marino
regia Vinicio Marchioni
La commedia è la prima versione teatrale del mitico film con la regia di Mario Monicelli, uscito nel 1958 e diventato col tempo un classico imperdibile della cinematografia italiana e non solo.
Le gesta maldestre ed esilaranti di un gruppo di ladri improvvisati sbarcano sulle scene rituffandoci nell' Italia povera ma vitale del Secondo dopoguerra. La regia di Vinicio Marchioni – insieme all’adattamento di Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli - rende merito alla sceneggiatura originale grazie a trovate di scrittura teatrale che contribuiscono a rendere moderna quell'epoca lontana consentendoci di rivivere le atmosfere del periodo.
Note di regia
Ci sono dei film che segnano la nostra vita e I soliti Ignoti, per me, è uno di questi. Come uomo mi sono divertito e commosso di fronte alle peripezie di questo gruppo di scalcinati ladri. Come attore mi sono esaltato davanti alla naturalezza con cui recitano mostri sacri come Mastroianni e Gassman.
Come regista ho amato il perfetto equilibrio con cui Monicelli rende un argomento drammatico in modo leggero. Così l’idea di realizzare lo spettacolo teatrale dal film, mi ha immediatamente conquistato. È una storia bella e necessaria, che ci parla del presente immergendoci nel passato. La povertà del dopoguerra è una piaga che resiste ancora oggi, sebbene in altre forme, in tante zone d’Italia. Vorrei restituire sulla scena l’urgenza sentita dai personaggi di superare la miseria che li affligge, insieme alla vitalità indistruttibile e alla magia di un’Italia passata verso la quale proviamo nostalgia e tenerezza. Spero che gli spettatori possano uscire dal teatro con gli stessi sentimenti che provo io dopo una visione del film: divertiti, commossi e perdutamente innamorati di quei personaggi indimenticabili. Adattare un classico è sempre una sfida rischiosa e difficile. Ma sono le sfide che vale la pena vivere, insieme ai miei compagni di strada.
Vinicio Marchioni