A "1 Football Club", programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Giovanni D’Avino, ex fisioterapista del Napoli. Di seguito, un estratto dell'intervista.
Che emozioni ha provato nel vedere trionfare il Napoli dopo trentatré anni, con lo scudetto conquistato da Spalletti?
“Innanzitutto sono onorato di aver fatto parte, per oltre tredici anni, della società. Ne vado davvero fiero: è stato un mio sogno, e l’ho realizzato. Mi è solo dispiaciuto non essere presente nei momenti della festa, ma sono orgoglioso di aver contribuito, anche da un punto di vista professionale, alla costruzione del progetto fino al 2018. Quello scudetto, in un certo senso, lo avevamo già sfiorato: al di là del gioco espresso, nel 2018 restò un po’ l’amaro in bocca per non aver coronato il sogno nonostante i 91 punti. Essendo tifosissimo del Napoli, anzi, mi ritengo un tifoso “purosangue” fin da bambino, è stata una gioia immensa, simile a quella vissuta ai tempi di Diego. E, in parte, sento anche questi ultimi due scudetti come miei, perché ho lavorato a lungo in questa società. Quindi sì, mi sento di averne vissuto un pezzetto anch’io. Credo che chiunque abbia fatto parte anche solo per un giorno dell’avventura di De Laurentiis debba sentire suoi questi scudetti. Tutti hanno contribuito, ciascuno con il proprio ruolo. Mi vengono in mente tantissimi sacrifici fatti per entrare a far parte della società: non solo entrarci, ma restarci, perché devi dimostrare ogni giorno le tue qualità. Ho lavorato con giocatori importantissimi, per lunghi periodi, e sono davvero soddisfatto del mio percorso. Certo, se avessi potuto esserci nella festa dello scudetto sarebbe stato il coronamento perfetto, ma va bene così. Sono felice per i miei colleghi che hanno potuto viverlo da vicino: io l’ho fatto nel mio piccolo, nel mio mondo, e ne sono estremamente orgoglioso".
Qual è stato il calciatore più forte che lei abbia visto giocare nella sua esperienza in azzurro?
“Domanda difficile. Ne ho visti e conosciuti tantissimi, dal 2007 al 2018. Ho avuto rapporti di collaborazione molto stretti con diversi di loro, quindi è complicato sceglierne uno solo. Dipende anche dai ruoli. In attacco, sicuramente Higuaín e Cavani sono stati straordinari, mentre tra i centrocampisti ho sempre stimato moltissimo Marek Hamšík. Poi non posso non citare Lavezzi, con cui ho un rapporto di grande amicizia, e ancora Reina, Albiol, Callejón, Mertens… giocatori di spessore umano e professionale altissimo. Ognuno di loro ha lasciato un segno nella storia del Napoli. Nomi che, ancora oggi, farebbero la differenza al Napoli, nonostante oggi si competa su palcoscenici ancora più prestigiosi rispetto al passato".
Dal punto di vista di chi conosce bene lo staff medico e fisioterapico, come ha interpretato le parole di Conte, che ha tirato in ballo i suoi ex colleghi?
“Credo che quelle parole vadano lette con equilibrio. Probabilmente erano frutto della tensione del post-partita, più che di una vera critica. Io conosco bene alcuni membri dell’attuale staff medico, con cui ho lavorato per anni. Posso dire che siano professionisti seri, scrupolosi, molto preparati. Nel calcio funziona così: quando si vince, tutto va bene; quando qualcosa non va, si cerca sempre un punto debole da colpevolizzare. In realtà, queste situazioni vanno gestite all’interno dello spogliatoio, tra lo staff, trovando insieme la quadra. Mi è dispiaciuto ascoltare certe dichiarazioni, ma voglio pensare che Conte abbia voluto semplicemente spronare tutti a dare ancora di più, piuttosto che criticare. Da un manager esperto come lui, mi aspetto che certe questioni vengano discusse internamente, nelle quattro mura del centro sportivo".
Anche perché, mi corregga se sbaglio, non può essere colpa di una sola componente se ci sono state già quindici defezioni muscolari ad inizio novembre…
“Esatto, innanzitutto, bisogna dire che qualche settimana fa è uscito uno studio della UEFA che ha rilevato un aumento del 46% degli infortuni rispetto all’anno scorso. Quindi è un trend generale, non solo del Napoli. Gli infortuni dipendono da moltissimi fattori: certo, può esserci stata qualche procedura non perfetta, ma non è quello l’unico motivo. Ci sono variabili come il carico di lavoro, la frequenza delle partite, la stanchezza accumulata. Anche l’anno scorso avemmo un periodo difficile da gennaio in poi, pur giocando una sola volta a settimana. Quest’anno, invece, si gioca ogni tre giorni: è inevitabile che ci siano più problemi. Inoltre, un giocatore può essere guarito clinicamente ma non ancora pronto atleticamente. Servono tempo e gradualità per tornare in condizione. Spero che tutti rientrino presto, in buona forma, perché serve ritrovare brillantezza. Il Napoli ha una rosa forte, ma tatticamente deve ancora trovare la giusta identità. Conte dovrà individuare l’assetto migliore per far esprimere la squadra ai suoi livelli, anche perché il presidente ha fatto investimenti importanti per allungare la rosa. Bisognerebbe esprimere un calcio all’altezza della qualità di questa rosa".
di Napoli Magazine
06/11/2025 - 12:16
A "1 Football Club", programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Giovanni D’Avino, ex fisioterapista del Napoli. Di seguito, un estratto dell'intervista.
Che emozioni ha provato nel vedere trionfare il Napoli dopo trentatré anni, con lo scudetto conquistato da Spalletti?
“Innanzitutto sono onorato di aver fatto parte, per oltre tredici anni, della società. Ne vado davvero fiero: è stato un mio sogno, e l’ho realizzato. Mi è solo dispiaciuto non essere presente nei momenti della festa, ma sono orgoglioso di aver contribuito, anche da un punto di vista professionale, alla costruzione del progetto fino al 2018. Quello scudetto, in un certo senso, lo avevamo già sfiorato: al di là del gioco espresso, nel 2018 restò un po’ l’amaro in bocca per non aver coronato il sogno nonostante i 91 punti. Essendo tifosissimo del Napoli, anzi, mi ritengo un tifoso “purosangue” fin da bambino, è stata una gioia immensa, simile a quella vissuta ai tempi di Diego. E, in parte, sento anche questi ultimi due scudetti come miei, perché ho lavorato a lungo in questa società. Quindi sì, mi sento di averne vissuto un pezzetto anch’io. Credo che chiunque abbia fatto parte anche solo per un giorno dell’avventura di De Laurentiis debba sentire suoi questi scudetti. Tutti hanno contribuito, ciascuno con il proprio ruolo. Mi vengono in mente tantissimi sacrifici fatti per entrare a far parte della società: non solo entrarci, ma restarci, perché devi dimostrare ogni giorno le tue qualità. Ho lavorato con giocatori importantissimi, per lunghi periodi, e sono davvero soddisfatto del mio percorso. Certo, se avessi potuto esserci nella festa dello scudetto sarebbe stato il coronamento perfetto, ma va bene così. Sono felice per i miei colleghi che hanno potuto viverlo da vicino: io l’ho fatto nel mio piccolo, nel mio mondo, e ne sono estremamente orgoglioso".
Qual è stato il calciatore più forte che lei abbia visto giocare nella sua esperienza in azzurro?
“Domanda difficile. Ne ho visti e conosciuti tantissimi, dal 2007 al 2018. Ho avuto rapporti di collaborazione molto stretti con diversi di loro, quindi è complicato sceglierne uno solo. Dipende anche dai ruoli. In attacco, sicuramente Higuaín e Cavani sono stati straordinari, mentre tra i centrocampisti ho sempre stimato moltissimo Marek Hamšík. Poi non posso non citare Lavezzi, con cui ho un rapporto di grande amicizia, e ancora Reina, Albiol, Callejón, Mertens… giocatori di spessore umano e professionale altissimo. Ognuno di loro ha lasciato un segno nella storia del Napoli. Nomi che, ancora oggi, farebbero la differenza al Napoli, nonostante oggi si competa su palcoscenici ancora più prestigiosi rispetto al passato".
Dal punto di vista di chi conosce bene lo staff medico e fisioterapico, come ha interpretato le parole di Conte, che ha tirato in ballo i suoi ex colleghi?
“Credo che quelle parole vadano lette con equilibrio. Probabilmente erano frutto della tensione del post-partita, più che di una vera critica. Io conosco bene alcuni membri dell’attuale staff medico, con cui ho lavorato per anni. Posso dire che siano professionisti seri, scrupolosi, molto preparati. Nel calcio funziona così: quando si vince, tutto va bene; quando qualcosa non va, si cerca sempre un punto debole da colpevolizzare. In realtà, queste situazioni vanno gestite all’interno dello spogliatoio, tra lo staff, trovando insieme la quadra. Mi è dispiaciuto ascoltare certe dichiarazioni, ma voglio pensare che Conte abbia voluto semplicemente spronare tutti a dare ancora di più, piuttosto che criticare. Da un manager esperto come lui, mi aspetto che certe questioni vengano discusse internamente, nelle quattro mura del centro sportivo".
Anche perché, mi corregga se sbaglio, non può essere colpa di una sola componente se ci sono state già quindici defezioni muscolari ad inizio novembre…
“Esatto, innanzitutto, bisogna dire che qualche settimana fa è uscito uno studio della UEFA che ha rilevato un aumento del 46% degli infortuni rispetto all’anno scorso. Quindi è un trend generale, non solo del Napoli. Gli infortuni dipendono da moltissimi fattori: certo, può esserci stata qualche procedura non perfetta, ma non è quello l’unico motivo. Ci sono variabili come il carico di lavoro, la frequenza delle partite, la stanchezza accumulata. Anche l’anno scorso avemmo un periodo difficile da gennaio in poi, pur giocando una sola volta a settimana. Quest’anno, invece, si gioca ogni tre giorni: è inevitabile che ci siano più problemi. Inoltre, un giocatore può essere guarito clinicamente ma non ancora pronto atleticamente. Servono tempo e gradualità per tornare in condizione. Spero che tutti rientrino presto, in buona forma, perché serve ritrovare brillantezza. Il Napoli ha una rosa forte, ma tatticamente deve ancora trovare la giusta identità. Conte dovrà individuare l’assetto migliore per far esprimere la squadra ai suoi livelli, anche perché il presidente ha fatto investimenti importanti per allungare la rosa. Bisognerebbe esprimere un calcio all’altezza della qualità di questa rosa".