A "1 Football Club", programma radiofonico condotto da Luca Cerchione in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Luciano Tarallo, ex preparatore dei portieri del Napoli
"Il massimo sarebbe passare la semifinale e poi vincere anche la Supercoppa. Il Napoli può farcela, può aggiungere questo traguardo e speriamo tutti che, come ha fatto l’anno scorso, riesca a riprendersi dopo il piccolo declino delle ultime due partite e fare il colpo grosso. È ovviamente quello che ci auguriamo tutti".
Lei parla di declino nelle ultime due gare, una in Champions e l’ultima in Serie A contro l’Udinese. Il Napoli è di nuovo in calo dal punto di vista fisico?
"Sì, ma non solo fisico. L’età media incide, aumenta la percezione dello sforzo e riduce la resistenza alla fatica. Questo succede perché influisce sia sul carico cognitivo sia sulla connessione tra mente e corpo e la conseguenza è una reazione a catena".
Secondo lei, lo staff non ha dato abbastanza spazio alle seconde linee, che oggi avrebbero potuto garantire qualche uomo meno stanco?
"Napoli in calo fisico ma anche mentale, uno dei limiti di Conte è la gestione delle rotazioni. Sicuramente chi lavora nello staff ha il polso della situazione meglio di chi guarda da fuori. Noi possiamo giudicare solo per quello che vediamo. Probabilmente non hanno ritenuto opportuno dare più spazio alle seconde linee, ma col senno di poi qualche rotazione in più avrebbe potuto aiutare".
Considerando che Meret era già stato retrocesso a vice prima dell’infortunio, è giusto secondo lei la scelta di puntare su Milinkovic-Savic?
"Per quanto mi riguarda, sicuramente no. Ho sempre avuto una grande stima degli allenatori, ma la mia idea è che Alex Meret sia uno dei portieri più forti in Italia. Non posso valutare un portiere solo per il rinvio da 70 metri. Nelle ultime partite Milinkovic-Savic ha subito gol che hanno lasciato un po’ di amaro in bocca, anche per via di posture particolari come la croce iberica".
Parla della postura, quasi da Hockey su ghiaccio?
"Sì, è una postura strana, che ricorda più un portiere da calcio a cinque che uno da calcio a undici. Lascia perplessi in alcune situazioni, come su certi gol presi come nell’ultima gara a Udine".
Lei fa una similitudine con il tennis, parlando di colpi con effetto, ce lo può spiegare meglio?
"Alcuni tiri sono colpi vincenti che spiazzano il portiere grazie all’effetto, allo spin. Nel calcio lo spin è l’effetto che il calciatore riesce a dare alla palla con la maestria nel colpirla. È un gesto tecnico difficile, che pochi sanno usare davvero. Qui sta la differenza tra il campione e il giocatore normale, decidere in una frazione di secondo la scelta migliore".
Il Napoli ha scelto un portiere forte nel gioco con i piedi, soprattutto per il lancio lungo e non tanto per la costruzione dal basso. Senza Lukaku, che è bravo a giocare spalle alla porta, questo tipo di scelta perde di senso?
"Sì, perde senso. I dati lo dicono chiaramente, oggi tutti i portieri di Serie A sanno fare lanci da 60-70 metri, non scopriamo certo l’acqua calda. Le statistiche distinguono tra passaggi corti, medi e lunghi, ma a quei livelli lo sanno fare tutti. Come dice un mio grande amico, il portiere deve saper ‘sparare’. Tutto il resto rischia di far perdere la base stessa del ruolo".