In Evidenza
ON AIR - Trotta: "Napoli, trovare un sostituto di Anguissa è quasi impossibile, il 4-3-3 è l'abito ideale per questa squadra, Spalletti ha voglia di tornare in campo, dire no alla Juve è difficile"
30.10.2025 12:18 di Napoli Magazine
aA

A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto, in esclusiva radiofonica nazionale, Ivano Trotta, allenatore ed ex centrocampista, tra le tante, di Napoli e Juventus. Di seguito, un estratto dell’intervista.

Come giudica la scelta della Juventus di affidare la panchina a Spalletti e la decisione dello stesso Spalletti di accettarla?

“La scelta della Juventus è corretta, considerando quello che abbiamo visto anche con la Nazionale. Non è mai semplice scegliere un allenatore, ma credo che la Juve abbia puntato molto sull’esperienza, sull’indubbia capacità di Spalletti e sulla sua voglia di riscatto. In questo momento, lui ha grande fame, e la trattativa è stata piuttosto rapida: la Juventus, in questo caso, aveva il coltello dalla parte del manico, anche dal punto di vista economico. Era chiaro che Spalletti avesse voglia di tornare in campo, e dire di no alla Juventus è difficile per chiunque. La sua è una scelta in linea con il calcio moderno e con ciò che deve rappresentare un professionista. Non è il primo allenatore a passare dal Napoli alla Juve: ricordiamo Capello, che dopo la Roma andò proprio alla Juventus. Quindi, certe polemiche lasciano un po’ il tempo che trovano. Sento parlare del famoso tatuaggio dello scudetto e delle dichiarazioni di Spalletti, quando disse che non avrebbe mai indossato una tuta diversa da quella del Napoli o affrontato il Napoli da avversario. Ma poi le cose cambiano: quello scudetto resterà un ricordo indelebile, un segno sulla pelle e nella storia di un anno straordinario. Tuttavia, il futuro non si ferma lì. Anche perché, con il presidente, non si erano lasciati benissimo. Insomma, io vedo una scelta coerente con ciò che deve fare un professionista del calcio. Spesso si tende a fare la morale agli allenatori o ai calciatori quando prendono certe decisioni, dimenticando che ognuno, nel proprio percorso lavorativo, cerca semplicemente di migliorarsi. Ognuno di noi, nella propria carriera, cerca di crescere, di migliorarsi e di fare il meglio per sé stesso. Non possiamo fare la morale a Spalletti. Ha riportato lo scudetto a Napoli dopo 33 anni, poi ha vissuto un periodo complicato con la Nazionale e ora aveva bisogno di rilanciarsi. È un percorso naturale, umano e professionale".

C’è chi sostiene che quello scudetto del Napoli abbia un po’ “incartato” l’ambiente, creando un senso di onnipotenza intorno a una squadra che dopo ha perso brillantezza.

“Sì, ma ogni stagione è diversa. Allenatori e giocatori cambiano, così come le condizioni. Da una domenica all’altra puoi essere definito un brocco o un campione: è il bello e il brutto del calcio. In quegli anni a Napoli sono passati tanti allenatori, ma solo Spalletti è riuscito a riportare lo scudetto. Lui ha fatto qualcosa di straordinario, ha stracciato un campionato, e questo resterà per sempre nella storia del club e nella memoria dei tifosi. Poi la vita, calcistica e non, va avanti. Le cose cambiano di continuo, ed è giusto che sia così. E aggiungo una cosa: spesso si giudicano solo le scelte dei professionisti, ma non si guarda mai la stessa situazione al contrario. Faccio un esempio: Pellegrini alla Roma. Non sta vivendo un grande momento, ha avuto problemi fisici, ma quel contratto importante gliel’ha fatto la società. Nessuno l’ha obbligata. Eppure lui, da capitano, ha sempre messo la faccia e ha continuato a lavorare da professionista. Lo stesso vale per altri casi: ricordiamo Totti e Spalletti, tra cui c’erano stati rapporti molto tesi. Eppure oggi vanno a cena insieme. Nel calcio, davvero, non mi meraviglia più nulla".

Restando su Spalletti, molti tifosi del Napoli si chiedono che tipo di accoglienza riceverà quando tornerà allo stadio Maradona da allenatore della Juventus. Secondo lei, sarà applaudito o fischiato?

“Fischiato, sicuramente. Perché, purtroppo, ha indossato una cravatta che per i tifosi del Napoli non doveva mai mettere. Capisco perfettamente i tifosi: loro restano legati alla maglia, mentre allenatori e giocatori passano. È normale che prevalga l’emotività. Anche Zielinski è stato fischiato quando è tornato, nonostante sia sempre stato un ragazzo serio e professionale. Nel calcio di oggi, però, è tutto cambiato: ci sono procuratori, contratti, strategie di comunicazione, e i movimenti di mercato iniziano mesi prima. Non c’è più il romanticismo di una volta. Ma comprendo i tifosi: per loro la maglia resta, mentre gli altri vanno e vengono".

Parlando del Napoli attuale, sembra che manchi un vero sostituto di Anguissa: un centrocampista capace di dare equilibrio ma anche di saltare l’uomo. È d’accordo?

“Sì, ma trovare un sostituto di Anguissa oggi è quasi impossibile. È un giocatore straordinario: ha fisico, corsa, tecnica, capacità d’interdizione e anche inserimento. Giocatori universali così non se ne trovano facilmente. Elmas e McTominay sono ottimi, ma hanno caratteristiche diverse. Puoi trovare un centrocampista che dia equilibrio, ma un altro Anguissa no: non c’è un vero clone nel calcio moderno".

Il Napoli, senza De Bruyne, e con un centrocampo composto da McTominay e Anguissa come mezzali, non gioca forse meglio con il 4-3-3?

“Sono totalmente d’accordo con Conte. Ho sentito gente dire che l’infortunio di De Bruyne avrebbe ‘avvantaggiato’ il Napoli: una follia. Io ho sempre sostenuto che il Napoli col 4-3-3 gioca trecento volte meglio. È il suo abito naturale. Poi è chiaro che, in una squadra così importante, si possano alternare grandi giocatori a seconda degli impegni. Una volta gioca De Bruyne, un’altra McTominay, un’altra ancora Anguissa: è giusto ruotare, ma il modulo deve restare quello. Il 4-3-3 è il vestito perfetto per questa squadra. Capisco Conte quando cerca di far convivere i suoi campioni, ma il sistema di gioco ideale per il Napoli resta quello: dà equilibrio, intensità e valorizza tutti, anche lo stesso De Bruyne, che nel modulo precedente, paradossalmente, veniva penalizzato.”

ULTIMISSIME IN EVIDENZA
TUTTE LE ULTIMISSIME
NOTIZIE SUCCESSIVE >>>
ON AIR - Trotta: "Napoli, trovare un sostituto di Anguissa è quasi impossibile, il 4-3-3 è l'abito ideale per questa squadra, Spalletti ha voglia di tornare in campo, dire no alla Juve è difficile"

di Napoli Magazine

30/10/2025 - 12:18

A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto, in esclusiva radiofonica nazionale, Ivano Trotta, allenatore ed ex centrocampista, tra le tante, di Napoli e Juventus. Di seguito, un estratto dell’intervista.

Come giudica la scelta della Juventus di affidare la panchina a Spalletti e la decisione dello stesso Spalletti di accettarla?

“La scelta della Juventus è corretta, considerando quello che abbiamo visto anche con la Nazionale. Non è mai semplice scegliere un allenatore, ma credo che la Juve abbia puntato molto sull’esperienza, sull’indubbia capacità di Spalletti e sulla sua voglia di riscatto. In questo momento, lui ha grande fame, e la trattativa è stata piuttosto rapida: la Juventus, in questo caso, aveva il coltello dalla parte del manico, anche dal punto di vista economico. Era chiaro che Spalletti avesse voglia di tornare in campo, e dire di no alla Juventus è difficile per chiunque. La sua è una scelta in linea con il calcio moderno e con ciò che deve rappresentare un professionista. Non è il primo allenatore a passare dal Napoli alla Juve: ricordiamo Capello, che dopo la Roma andò proprio alla Juventus. Quindi, certe polemiche lasciano un po’ il tempo che trovano. Sento parlare del famoso tatuaggio dello scudetto e delle dichiarazioni di Spalletti, quando disse che non avrebbe mai indossato una tuta diversa da quella del Napoli o affrontato il Napoli da avversario. Ma poi le cose cambiano: quello scudetto resterà un ricordo indelebile, un segno sulla pelle e nella storia di un anno straordinario. Tuttavia, il futuro non si ferma lì. Anche perché, con il presidente, non si erano lasciati benissimo. Insomma, io vedo una scelta coerente con ciò che deve fare un professionista del calcio. Spesso si tende a fare la morale agli allenatori o ai calciatori quando prendono certe decisioni, dimenticando che ognuno, nel proprio percorso lavorativo, cerca semplicemente di migliorarsi. Ognuno di noi, nella propria carriera, cerca di crescere, di migliorarsi e di fare il meglio per sé stesso. Non possiamo fare la morale a Spalletti. Ha riportato lo scudetto a Napoli dopo 33 anni, poi ha vissuto un periodo complicato con la Nazionale e ora aveva bisogno di rilanciarsi. È un percorso naturale, umano e professionale".

C’è chi sostiene che quello scudetto del Napoli abbia un po’ “incartato” l’ambiente, creando un senso di onnipotenza intorno a una squadra che dopo ha perso brillantezza.

“Sì, ma ogni stagione è diversa. Allenatori e giocatori cambiano, così come le condizioni. Da una domenica all’altra puoi essere definito un brocco o un campione: è il bello e il brutto del calcio. In quegli anni a Napoli sono passati tanti allenatori, ma solo Spalletti è riuscito a riportare lo scudetto. Lui ha fatto qualcosa di straordinario, ha stracciato un campionato, e questo resterà per sempre nella storia del club e nella memoria dei tifosi. Poi la vita, calcistica e non, va avanti. Le cose cambiano di continuo, ed è giusto che sia così. E aggiungo una cosa: spesso si giudicano solo le scelte dei professionisti, ma non si guarda mai la stessa situazione al contrario. Faccio un esempio: Pellegrini alla Roma. Non sta vivendo un grande momento, ha avuto problemi fisici, ma quel contratto importante gliel’ha fatto la società. Nessuno l’ha obbligata. Eppure lui, da capitano, ha sempre messo la faccia e ha continuato a lavorare da professionista. Lo stesso vale per altri casi: ricordiamo Totti e Spalletti, tra cui c’erano stati rapporti molto tesi. Eppure oggi vanno a cena insieme. Nel calcio, davvero, non mi meraviglia più nulla".

Restando su Spalletti, molti tifosi del Napoli si chiedono che tipo di accoglienza riceverà quando tornerà allo stadio Maradona da allenatore della Juventus. Secondo lei, sarà applaudito o fischiato?

“Fischiato, sicuramente. Perché, purtroppo, ha indossato una cravatta che per i tifosi del Napoli non doveva mai mettere. Capisco perfettamente i tifosi: loro restano legati alla maglia, mentre allenatori e giocatori passano. È normale che prevalga l’emotività. Anche Zielinski è stato fischiato quando è tornato, nonostante sia sempre stato un ragazzo serio e professionale. Nel calcio di oggi, però, è tutto cambiato: ci sono procuratori, contratti, strategie di comunicazione, e i movimenti di mercato iniziano mesi prima. Non c’è più il romanticismo di una volta. Ma comprendo i tifosi: per loro la maglia resta, mentre gli altri vanno e vengono".

Parlando del Napoli attuale, sembra che manchi un vero sostituto di Anguissa: un centrocampista capace di dare equilibrio ma anche di saltare l’uomo. È d’accordo?

“Sì, ma trovare un sostituto di Anguissa oggi è quasi impossibile. È un giocatore straordinario: ha fisico, corsa, tecnica, capacità d’interdizione e anche inserimento. Giocatori universali così non se ne trovano facilmente. Elmas e McTominay sono ottimi, ma hanno caratteristiche diverse. Puoi trovare un centrocampista che dia equilibrio, ma un altro Anguissa no: non c’è un vero clone nel calcio moderno".

Il Napoli, senza De Bruyne, e con un centrocampo composto da McTominay e Anguissa come mezzali, non gioca forse meglio con il 4-3-3?

“Sono totalmente d’accordo con Conte. Ho sentito gente dire che l’infortunio di De Bruyne avrebbe ‘avvantaggiato’ il Napoli: una follia. Io ho sempre sostenuto che il Napoli col 4-3-3 gioca trecento volte meglio. È il suo abito naturale. Poi è chiaro che, in una squadra così importante, si possano alternare grandi giocatori a seconda degli impegni. Una volta gioca De Bruyne, un’altra McTominay, un’altra ancora Anguissa: è giusto ruotare, ma il modulo deve restare quello. Il 4-3-3 è il vestito perfetto per questa squadra. Capisco Conte quando cerca di far convivere i suoi campioni, ma il sistema di gioco ideale per il Napoli resta quello: dà equilibrio, intensità e valorizza tutti, anche lo stesso De Bruyne, che nel modulo precedente, paradossalmente, veniva penalizzato.”