NAPOLI - Diego Armando Maradona ha rilasciato un’intervista ai microfoni di AFA Play, raccontando quelli che sono stati i momenti salienti della sua vita e della sua carriera.
SULL’ESORDIO CON L’ARGENTINOS : "Si giocava contro il Talleres alle tre o quattro del pomeriggio, faceva un caldo incredibile, ma eravamo poveri, talmente poveri che mi presentai con i pantaloni di velluto. Erano gli unici che avevo. Quando i giocatori dell’Argentinos mi videro vestito così, pensavano mi fossi confuso con l’abbigliamento. La verità è che non avevamo un guardaroba".
SUL MONDIALE DEL 1986 E LA MANO DE DIOS: "Avevamo una squadra mediocre. A Barranquilla ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti cosa pensavamo l’uno dell’altro. In quei giorni giocammo contro lo Junior e non superammo la metà campo. Eravamo scarsi, molto scarsi, una banda di cani. Decidemmo di non andare a Bogotà e andammo direttamente in Messico. Lì il gruppo si fece forte. La mano de Dios? Quando la palla si alzò mi dissi ‘Non la prenderò mai, vieni giù per favore. Ho avuto un’idea: mettere una mano e mettere la testa. Quando sono caduto non ho capito dove fosse finita la palla. Guardo: rete! Inizio a gridare: ‘Gol! Gol!” E Checho (Sergio Batista, ndr), quell’idiota di Checho mi chiese se avessi segnato con la mano. ‘Tappati la bocca, idiota, e abbracciami’ gli dissi. Lì iniziarono ad abbracciarmi tutti. Anche Valdano era incredulo: ‘Non dirmi che è stato di mano? Dopo ti dico, smettila di rompere le palle".
QUANDO DIEGO PIANSE PER IL POCHO "El Pocho si presentò con delle scarpe verdi e mi chiese se mi piacevano. Gli risposi: ‘No, se indossi queste con me non ti allenerai’. Poi si presentò con un paio azzurre. Il Pocho è stato l’unico che ho dovuto lasciar fuori dalla lista in Sudafrica. Piangevo per Lavezzi, ma era una questione tra lui e Martin Palermo. Al Titan dovevo molto. Beh, anche al Pocho. Però dovevo decidere".
di Napoli Magazine
17/04/2020 - 19:42
NAPOLI - Diego Armando Maradona ha rilasciato un’intervista ai microfoni di AFA Play, raccontando quelli che sono stati i momenti salienti della sua vita e della sua carriera.
SULL’ESORDIO CON L’ARGENTINOS : "Si giocava contro il Talleres alle tre o quattro del pomeriggio, faceva un caldo incredibile, ma eravamo poveri, talmente poveri che mi presentai con i pantaloni di velluto. Erano gli unici che avevo. Quando i giocatori dell’Argentinos mi videro vestito così, pensavano mi fossi confuso con l’abbigliamento. La verità è che non avevamo un guardaroba".
SUL MONDIALE DEL 1986 E LA MANO DE DIOS: "Avevamo una squadra mediocre. A Barranquilla ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti cosa pensavamo l’uno dell’altro. In quei giorni giocammo contro lo Junior e non superammo la metà campo. Eravamo scarsi, molto scarsi, una banda di cani. Decidemmo di non andare a Bogotà e andammo direttamente in Messico. Lì il gruppo si fece forte. La mano de Dios? Quando la palla si alzò mi dissi ‘Non la prenderò mai, vieni giù per favore. Ho avuto un’idea: mettere una mano e mettere la testa. Quando sono caduto non ho capito dove fosse finita la palla. Guardo: rete! Inizio a gridare: ‘Gol! Gol!” E Checho (Sergio Batista, ndr), quell’idiota di Checho mi chiese se avessi segnato con la mano. ‘Tappati la bocca, idiota, e abbracciami’ gli dissi. Lì iniziarono ad abbracciarmi tutti. Anche Valdano era incredulo: ‘Non dirmi che è stato di mano? Dopo ti dico, smettila di rompere le palle".
QUANDO DIEGO PIANSE PER IL POCHO "El Pocho si presentò con delle scarpe verdi e mi chiese se mi piacevano. Gli risposi: ‘No, se indossi queste con me non ti allenerai’. Poi si presentò con un paio azzurre. Il Pocho è stato l’unico che ho dovuto lasciar fuori dalla lista in Sudafrica. Piangevo per Lavezzi, ma era una questione tra lui e Martin Palermo. Al Titan dovevo molto. Beh, anche al Pocho. Però dovevo decidere".