NAPOLI - E allora? Dove eravamo rimasti sulla questione carattere della squadra? Spalletti, dopo la vittoria con la Lazio, si era tolto il sassolino dalla scarpa, parlando degli attributi dei suoi uomini, che erano stati messi in mostra nell’ultima mezz’ora (non prima, per la verità) della sfida dell’Olimpico con i biancocelesti. Ma evidentemente quanto già mostrato la settimana precedente a Cagliari (e anche in precedenti casi durante la stagione) con un atteggiamento passivo ed impaurito, non era una cattiveria della critica, rispondeva alla realtà. Dopo Cagliari si era voluto evidenziare che gli azzurri mancano di quell’atteggiamento guerriero che dovrebbe sempre animare chi, come loro, è in lotta per traguardi importanti. Invece lo spirito battagliero, la spavalderia, la sicurezza di sé che si era vista ad inizio di stagione è andata decisamente e forse irrimediabilmente smarrita. La squadra è sempre timorosa, contratta, quasi paurosa. Se si trova davanti un’avversaria – come domenica sera il Milan – che ha studiato con meticolosità e precisione l’atteggiamento tattico migliore per imbrigliarne la fluidità di manovra, rimane bloccata, non sa che cosa fare, a quale santo votarsi. La ricerca inutile e affannosa di Osimhen con lanci profondi che costringono il nigeriano, circondato dal ‘nemico’ ad avventurarsi in sgroppate quasi sempre improduttive sono lo specchio della pochezza tattica della squadra nella quale da molto tempo ormai troppi interpreti suonano i propri strumenti da soli, senza essere allineati al resto dell’orchestra. Vogliamo parlare del contributo dato domenica sera da Politano, Zielinski e Insigne? Il nulla cosmico sia in fase di appoggio a Osimhen (dove erano le volte in cui l’attaccante, lottando da solo contro i due centrali di difesa rossoneri, è riuscito a liberarsi e non aveva vicino nessuno che ne avesse seguito l’azione?) sia nel compito non meno importante di dare una mano ai poveri Ruiz e Lobotka, sistematicamente presi in mezzo dai centrocampisti avversari. In queste condizioni la rinuncia a un inutile e velleitario 4-2-3-1 sarebbe stata l’unica soluzione praticabile. Ma il cambio di modulo in corsa è previsto tra le opzioni possibili? Sono state mai organizzate prove in al senso o sarebbe necessario che in casi come questi i protagonisti dovessero impegnarsi per recitare a soggetto? Tutti questi interrogativi dovranno accompagnare il Napoli nella fase finale della stagione che volge al termine e anche nella prossima. L’adeguamento della rosa, pur nelle ristrettezze e negli atteggiamenti prudenti, conservativi e…risparmiosi da tenere sul mercato, passa anche per un disegno tattico chiaro da dare alla squadra. Ora però l’importante è stringere i denti e cercare di portare a casa la qualificazione alla Champions del prossimo anno. Gli allarmismi non servono, ma un sano realismo sì. Il Napoli, a dieci giornate dalla fine del campionato, ha dieci punti di vantaggio sulle quinte in classifica, Roma e Atalanta (che deve ancora recuperare una partita). E’ un margine ampio. Cerchiamo di non farci del male da soli.
Mario Zaccaria
Napoli Magazine
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di Napoli Magazine
08/03/2022 - 23:05
NAPOLI - E allora? Dove eravamo rimasti sulla questione carattere della squadra? Spalletti, dopo la vittoria con la Lazio, si era tolto il sassolino dalla scarpa, parlando degli attributi dei suoi uomini, che erano stati messi in mostra nell’ultima mezz’ora (non prima, per la verità) della sfida dell’Olimpico con i biancocelesti. Ma evidentemente quanto già mostrato la settimana precedente a Cagliari (e anche in precedenti casi durante la stagione) con un atteggiamento passivo ed impaurito, non era una cattiveria della critica, rispondeva alla realtà. Dopo Cagliari si era voluto evidenziare che gli azzurri mancano di quell’atteggiamento guerriero che dovrebbe sempre animare chi, come loro, è in lotta per traguardi importanti. Invece lo spirito battagliero, la spavalderia, la sicurezza di sé che si era vista ad inizio di stagione è andata decisamente e forse irrimediabilmente smarrita. La squadra è sempre timorosa, contratta, quasi paurosa. Se si trova davanti un’avversaria – come domenica sera il Milan – che ha studiato con meticolosità e precisione l’atteggiamento tattico migliore per imbrigliarne la fluidità di manovra, rimane bloccata, non sa che cosa fare, a quale santo votarsi. La ricerca inutile e affannosa di Osimhen con lanci profondi che costringono il nigeriano, circondato dal ‘nemico’ ad avventurarsi in sgroppate quasi sempre improduttive sono lo specchio della pochezza tattica della squadra nella quale da molto tempo ormai troppi interpreti suonano i propri strumenti da soli, senza essere allineati al resto dell’orchestra. Vogliamo parlare del contributo dato domenica sera da Politano, Zielinski e Insigne? Il nulla cosmico sia in fase di appoggio a Osimhen (dove erano le volte in cui l’attaccante, lottando da solo contro i due centrali di difesa rossoneri, è riuscito a liberarsi e non aveva vicino nessuno che ne avesse seguito l’azione?) sia nel compito non meno importante di dare una mano ai poveri Ruiz e Lobotka, sistematicamente presi in mezzo dai centrocampisti avversari. In queste condizioni la rinuncia a un inutile e velleitario 4-2-3-1 sarebbe stata l’unica soluzione praticabile. Ma il cambio di modulo in corsa è previsto tra le opzioni possibili? Sono state mai organizzate prove in al senso o sarebbe necessario che in casi come questi i protagonisti dovessero impegnarsi per recitare a soggetto? Tutti questi interrogativi dovranno accompagnare il Napoli nella fase finale della stagione che volge al termine e anche nella prossima. L’adeguamento della rosa, pur nelle ristrettezze e negli atteggiamenti prudenti, conservativi e…risparmiosi da tenere sul mercato, passa anche per un disegno tattico chiaro da dare alla squadra. Ora però l’importante è stringere i denti e cercare di portare a casa la qualificazione alla Champions del prossimo anno. Gli allarmismi non servono, ma un sano realismo sì. Il Napoli, a dieci giornate dalla fine del campionato, ha dieci punti di vantaggio sulle quinte in classifica, Roma e Atalanta (che deve ancora recuperare una partita). E’ un margine ampio. Cerchiamo di non farci del male da soli.
Mario Zaccaria
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