Le ondate di calore marine non risparmiano nessuno, nemmeno le spugne, organismi noti per la loro resistenza e stabilità ecologica. È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn e appena pubblicato sulla rivista BMC Environmental Microbiome. La ricerca, realizzata sull’isola d’Ischia dal team dell’Ischia Marine Centre nell’ambito del progetto NBFC-PNRR, rivela come le elevate temperature possano alterare profondamente il microbioma associato alle spugne, con conseguenze anche letali.
Le spugne – organismi antichissimi e privi di veri organi – ospitano al loro interno una ricchissima comunità microbica che può arrivare a rappresentare fino al 50% del loro volume. Questi simbionti svolgono funzioni vitali: supportano la crescita, difendono l’organismo, regolano il metabolismo. Per questo le spugne sono considerate modelli ideali per studiare l’olobionte, l’unità ecologica formata da un organismo e dalla sua comunità microbica associata.
Al centro dello studio, una delle specie più comuni del Mediterraneo: Petrosia ficiformis. Durante un’immersione scientifica nella grotta semisommersa di Punta Vico, i ricercatori Laura Núñez-Pons, Luigi Maria Cusano, Antonia Chiarore, Alice Mirasole, Núria Teixidó, Jana Efremova e Valerio Mazzella hanno osservato una situazione insolita: dopo un’ondata di caldo marino, alcuni individui di P. ficiformis mostravano ampie lesioni necrotiche, mentre altri apparivano perfettamente sani.
Per capire cosa stesse accadendo, il team ha raccolto campioni sia dagli individui malati sia da quelli in buone condizioni. È seguito un lavoro meticoloso di estrazione del DNA, sequenziamento e analisi del microbioma di ciascun campione, con l’obiettivo di individuare differenze nella composizione microbica.
Il verdetto è stato netto: le spugne colpite presentano un microbioma completamente alterato, con la scomparsa quasi totale dei simbionti tipici della specie e la loro sostituzione con batteri opportunisti, non simbiotici. Una disbiosi severa che in molti casi porta alla morte dell’organismo.
Lo studio dimostra come gli effetti del cambiamento climatico possano colpire anche organismi considerati robusti. Tuttavia, c’è un segnale di speranza: gli individui che riescono a trattenere i loro simbionti chiave – i cosiddetti keystone taxa – mantengono l’equilibrio interno e mostrano una maggiore resilienza allo stress termico. Nelle spugne sane, infatti, queste specie microbiche cruciali preservano la funzionalità del sistema, evitando il collasso delle interazioni che sostengono l’olobionte.
Una ricerca che mette in luce, ancora una volta, quanto la salute del mare sia strettamente legata ai delicati equilibri tra organismi e microbiomi, oggi sempre più minacciati dall’aumento delle temperature.
di Napoli Magazine
16/12/2025 - 14:29
Le ondate di calore marine non risparmiano nessuno, nemmeno le spugne, organismi noti per la loro resistenza e stabilità ecologica. È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn e appena pubblicato sulla rivista BMC Environmental Microbiome. La ricerca, realizzata sull’isola d’Ischia dal team dell’Ischia Marine Centre nell’ambito del progetto NBFC-PNRR, rivela come le elevate temperature possano alterare profondamente il microbioma associato alle spugne, con conseguenze anche letali.
Le spugne – organismi antichissimi e privi di veri organi – ospitano al loro interno una ricchissima comunità microbica che può arrivare a rappresentare fino al 50% del loro volume. Questi simbionti svolgono funzioni vitali: supportano la crescita, difendono l’organismo, regolano il metabolismo. Per questo le spugne sono considerate modelli ideali per studiare l’olobionte, l’unità ecologica formata da un organismo e dalla sua comunità microbica associata.
Al centro dello studio, una delle specie più comuni del Mediterraneo: Petrosia ficiformis. Durante un’immersione scientifica nella grotta semisommersa di Punta Vico, i ricercatori Laura Núñez-Pons, Luigi Maria Cusano, Antonia Chiarore, Alice Mirasole, Núria Teixidó, Jana Efremova e Valerio Mazzella hanno osservato una situazione insolita: dopo un’ondata di caldo marino, alcuni individui di P. ficiformis mostravano ampie lesioni necrotiche, mentre altri apparivano perfettamente sani.
Per capire cosa stesse accadendo, il team ha raccolto campioni sia dagli individui malati sia da quelli in buone condizioni. È seguito un lavoro meticoloso di estrazione del DNA, sequenziamento e analisi del microbioma di ciascun campione, con l’obiettivo di individuare differenze nella composizione microbica.
Il verdetto è stato netto: le spugne colpite presentano un microbioma completamente alterato, con la scomparsa quasi totale dei simbionti tipici della specie e la loro sostituzione con batteri opportunisti, non simbiotici. Una disbiosi severa che in molti casi porta alla morte dell’organismo.
Lo studio dimostra come gli effetti del cambiamento climatico possano colpire anche organismi considerati robusti. Tuttavia, c’è un segnale di speranza: gli individui che riescono a trattenere i loro simbionti chiave – i cosiddetti keystone taxa – mantengono l’equilibrio interno e mostrano una maggiore resilienza allo stress termico. Nelle spugne sane, infatti, queste specie microbiche cruciali preservano la funzionalità del sistema, evitando il collasso delle interazioni che sostengono l’olobionte.
Una ricerca che mette in luce, ancora una volta, quanto la salute del mare sia strettamente legata ai delicati equilibri tra organismi e microbiomi, oggi sempre più minacciati dall’aumento delle temperature.