Cultura & Gossip
NEWS - Il tenore napoletano Vincenzo Costanzo debutta al Teatro San Carlo nel giorno del compleanno il 5 ottobre
04.10.2025 10:59 di Napoli Magazine
aA

Dopo il trionfo di Tosca, con otto recite tutte esaurite, il Teatro di San Carlo conferma ancora una volta il proprio ruolo di riferimento nel panorama operistico internazionale, con l’attesissimo “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi. Repliche fino a sabato 11 ottobre, per la ripresa di una produzione storica, firmata da Massimo Pizzi Gasparon Contarini, che cura anche la versione moderna delle scene e dei costumi storici di Pierluigi Samaritani e il disegno luci, con le coreografie sono di Gino Potente. Un'imponente scalinata, elegante e ben costruita, un'immensa vetrata oltre la quale scorrono nubi inquietanti, tagli di luce bianca che scolpiscono i personaggi della corte di Riccardo esaltando i colori dei magnifici costumi: l'immagine che si offre all'apertura del sipario non sarà più inedita, ma colpisce sempre per la sua bellezza.

Sul podio, alla testa delle masse orchestrali e corali, queste ultime, preparate da Fabrizio Cassi, ci sarà Pinchas Steinberg. Accanto ad Anna Netrebko, Ludovic Tézier interpreterà Renato e Piero Pretti Riccardo, gli spettacoli del 5 e 10 ottobre, con l’ucraina Oksana Dyka, nel ruolo di Amelia, e due eccellenze campane in palcoscenico, il baritono Ernesto Petti e il tenore Vincenzo Costanzo, a completare il cast, Elizabeth De Shong che darà voce a Ulrica, Cassandre Berthon sarà il paggio, Oscar, mentre Romano Dal Zovo Samuel, Adriano Gramigni vestirà i panni di Tom, mentre Maurizio Bove, già allievo dell’Accademia di Canto, quelli di Silvano. Vincenzo Costanzo, tenore napoletano e premio Caruso, domenica 5 festeggerà il suo trentaquattresimo compleanno, in scena debuttando nel ruolo di Riccardo, sulle tavole del palcoscenico del “suo” teatro, un segno del destino, questo.

Se Heidegger riconosce nella parola della poesia uno spazio di declinazione o di vibrazione, nel quale si sviluppano i segreti e i molti risvolti della parola, e leggere l’opera di un poeta è qualcosa di “destinale”, di necessario, lo stesso vale per la musica e una dimensione unica in cui attraverso l’ascolto profondo ci si può imbattere nel musicista che svelerà ciò che continuamente nasconde e conserva dentro di sé. Quindi, possiamo dire di Vincenzo Costanzo, tenore per destino: “Sono profondamente felice di cantare al Teatro San Carlo, da protagonista e debuttante – ha rivelato il tenore Premio Enrico Caruso – in un ruolo a me caro, affatto semplice, Riccardo, per il quale ho da ringraziare la direzione del massimo partenopeo per la scelta, e il destino che mi ha voluto qui proprio nel giorno del mio compleanno. Riccardo è il motore dell’opera, finchè lui vive gli altri hanno vita, magari per combatterlo, quando muore, un lutto irreparabile si abbatte sull’intera comunità, sugli amici e i nemici.

Lui seduce Amelia, favorisce la congiura, sfida la morte nel campo dei supplizi, gridando un inno alla vita, certamente uno dei più ardenti duetti d’amore che si conoscano, con la graziosa, infantile conclusione, lui arma la mano al suo migliore amico e organizza la fatale danza, alla quale interviene, con immutata fiducia in se stesso, è un personaggio che affronta un rischio continuo che la vocalità verdiana esalta oltre misura”. Il “ballo” verdiano oggi appare come il primo saggio di una più sapiente maturità, che rinfresca e ammorbidisce i colori della tavolozza verdiana, dopo il traguardo di un precedente cammino stilistico, ripetuto con estrema sicurezza all’interno della trilogia. La seconda maniera, inaugurata dal Ballo in maschera, concorda col suo carattere di “ballata”. Il brillio dei movimenti di danza, accompagnati da una vis ritmica quasi da opera comica, tengono il Ballo vicino al mezzo sorriso dell’aforisma. Ecco il paggio Oscar (il doppio di Riccardo, il simbolo della frivolezza), scintillante soprano di coloratura, Cupido settecentesco o spiritello shakespeariano, quindi, i parodistici commenti dei congiurati, nel campo dei supplizi, perfino il “Fuggi, fuggi per l’orrida via”, che è una tarantella, seppure da tregenda. Momenti che contrastano il tenebrore e il luminismo estatico dell’ “Eri tu” (fa pensare in chiave più intimista al “Cortigiani” di Rigoletto), o le fanatiche progressioni di Ulrica, non lontana da Azucena, come anche le grida laceranti e il pathos di Amelia. Finchè, nello scioglimento della congiura, la felpata mazurca per archi soli, nasconde il sangue che già scorre. Amelia esiste per Riccardo, incantata da Riccardo, anche se fedele al marito, si libera dell’incantesimo, ma non dall’affetto per Riccardo, soltanto quando avrà da riflettere sulla propria umiliazione di madre. Accanto a lei Renato rappresenta la difesa della famiglia ed esce in un’invettiva al suo signore, disperata e insieme pugnace. Riccardo è sotto accusa e senza scampo; ma la cosa non lo tocca. Egli è nel grembo del sogno, nel delirio che lo ha finalmente appagato. Nessuno può svegliarlo. Potrebbe salvarsi qualora usasse il cinismo di un Don Giovanni, ma la sua sostanziale purezza glielo impedisce.

ULTIMISSIME CULTURA & GOSSIP
TUTTE LE ULTIMISSIME
NOTIZIE SUCCESSIVE >>>
NEWS - Il tenore napoletano Vincenzo Costanzo debutta al Teatro San Carlo nel giorno del compleanno il 5 ottobre

di Napoli Magazine

04/10/2025 - 10:59

Dopo il trionfo di Tosca, con otto recite tutte esaurite, il Teatro di San Carlo conferma ancora una volta il proprio ruolo di riferimento nel panorama operistico internazionale, con l’attesissimo “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi. Repliche fino a sabato 11 ottobre, per la ripresa di una produzione storica, firmata da Massimo Pizzi Gasparon Contarini, che cura anche la versione moderna delle scene e dei costumi storici di Pierluigi Samaritani e il disegno luci, con le coreografie sono di Gino Potente. Un'imponente scalinata, elegante e ben costruita, un'immensa vetrata oltre la quale scorrono nubi inquietanti, tagli di luce bianca che scolpiscono i personaggi della corte di Riccardo esaltando i colori dei magnifici costumi: l'immagine che si offre all'apertura del sipario non sarà più inedita, ma colpisce sempre per la sua bellezza.

Sul podio, alla testa delle masse orchestrali e corali, queste ultime, preparate da Fabrizio Cassi, ci sarà Pinchas Steinberg. Accanto ad Anna Netrebko, Ludovic Tézier interpreterà Renato e Piero Pretti Riccardo, gli spettacoli del 5 e 10 ottobre, con l’ucraina Oksana Dyka, nel ruolo di Amelia, e due eccellenze campane in palcoscenico, il baritono Ernesto Petti e il tenore Vincenzo Costanzo, a completare il cast, Elizabeth De Shong che darà voce a Ulrica, Cassandre Berthon sarà il paggio, Oscar, mentre Romano Dal Zovo Samuel, Adriano Gramigni vestirà i panni di Tom, mentre Maurizio Bove, già allievo dell’Accademia di Canto, quelli di Silvano. Vincenzo Costanzo, tenore napoletano e premio Caruso, domenica 5 festeggerà il suo trentaquattresimo compleanno, in scena debuttando nel ruolo di Riccardo, sulle tavole del palcoscenico del “suo” teatro, un segno del destino, questo.

Se Heidegger riconosce nella parola della poesia uno spazio di declinazione o di vibrazione, nel quale si sviluppano i segreti e i molti risvolti della parola, e leggere l’opera di un poeta è qualcosa di “destinale”, di necessario, lo stesso vale per la musica e una dimensione unica in cui attraverso l’ascolto profondo ci si può imbattere nel musicista che svelerà ciò che continuamente nasconde e conserva dentro di sé. Quindi, possiamo dire di Vincenzo Costanzo, tenore per destino: “Sono profondamente felice di cantare al Teatro San Carlo, da protagonista e debuttante – ha rivelato il tenore Premio Enrico Caruso – in un ruolo a me caro, affatto semplice, Riccardo, per il quale ho da ringraziare la direzione del massimo partenopeo per la scelta, e il destino che mi ha voluto qui proprio nel giorno del mio compleanno. Riccardo è il motore dell’opera, finchè lui vive gli altri hanno vita, magari per combatterlo, quando muore, un lutto irreparabile si abbatte sull’intera comunità, sugli amici e i nemici.

Lui seduce Amelia, favorisce la congiura, sfida la morte nel campo dei supplizi, gridando un inno alla vita, certamente uno dei più ardenti duetti d’amore che si conoscano, con la graziosa, infantile conclusione, lui arma la mano al suo migliore amico e organizza la fatale danza, alla quale interviene, con immutata fiducia in se stesso, è un personaggio che affronta un rischio continuo che la vocalità verdiana esalta oltre misura”. Il “ballo” verdiano oggi appare come il primo saggio di una più sapiente maturità, che rinfresca e ammorbidisce i colori della tavolozza verdiana, dopo il traguardo di un precedente cammino stilistico, ripetuto con estrema sicurezza all’interno della trilogia. La seconda maniera, inaugurata dal Ballo in maschera, concorda col suo carattere di “ballata”. Il brillio dei movimenti di danza, accompagnati da una vis ritmica quasi da opera comica, tengono il Ballo vicino al mezzo sorriso dell’aforisma. Ecco il paggio Oscar (il doppio di Riccardo, il simbolo della frivolezza), scintillante soprano di coloratura, Cupido settecentesco o spiritello shakespeariano, quindi, i parodistici commenti dei congiurati, nel campo dei supplizi, perfino il “Fuggi, fuggi per l’orrida via”, che è una tarantella, seppure da tregenda. Momenti che contrastano il tenebrore e il luminismo estatico dell’ “Eri tu” (fa pensare in chiave più intimista al “Cortigiani” di Rigoletto), o le fanatiche progressioni di Ulrica, non lontana da Azucena, come anche le grida laceranti e il pathos di Amelia. Finchè, nello scioglimento della congiura, la felpata mazurca per archi soli, nasconde il sangue che già scorre. Amelia esiste per Riccardo, incantata da Riccardo, anche se fedele al marito, si libera dell’incantesimo, ma non dall’affetto per Riccardo, soltanto quando avrà da riflettere sulla propria umiliazione di madre. Accanto a lei Renato rappresenta la difesa della famiglia ed esce in un’invettiva al suo signore, disperata e insieme pugnace. Riccardo è sotto accusa e senza scampo; ma la cosa non lo tocca. Egli è nel grembo del sogno, nel delirio che lo ha finalmente appagato. Nessuno può svegliarlo. Potrebbe salvarsi qualora usasse il cinismo di un Don Giovanni, ma la sua sostanziale purezza glielo impedisce.