A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto - in esclusiva radiofonica in Campania - Andrea Agostinelli, allenatore ex Napoli ed ex calciatore, tra le tante, di Napoli ed Atalanta. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Mister, il tema di giornata è chiaramente l’infortunio, purtroppo piuttosto grave, di Kevin De Bruyne. Ottavo infortunio muscolare: cosa non sta funzionando?
“Bisogna fare un’analisi precisa. Non sempre è possibile dare una risposta certa, però quando ci sono così tanti infortuni muscolari, qualcosa che non va c’è. Questo è un compito che spetta allo staff medico insieme a quello tecnico, perché in presenza di così tanti problemi bisogna verificare più aspetti. Io credo che molto dipenda dai tanti impegni ravvicinati: giocare continuamente rende difficile gestire e bilanciare tutto. Detto questo, non è un problema solo del Napoli: anche la Lazio, ad esempio, ha avuto molte problematiche muscolari, e chi gioca le coppe è naturalmente più esposto. L’incidenza degli infortuni muscolari aumenta con l’aumentare delle partite. Tuttavia, il numero nel caso del Napoli è molto più alto rispetto alle altre squadre impegnate in più competizioni: forse il corto circuito è nella gestione della preparazione o della fase di recupero. Gli errori possono capitare anche nello staff medico, non solo ai giocatori. Ma la verità assoluta non ce l’ha nessuno. La preparazione incide, certo, ma anche i campi di allenamento, le condizioni climatiche, la tipologia di carichi. Nel caso del Napoli, però, i campi di Castel Volturno sono sempre gli stessi, quindi non ci sono problemi strutturali. In altri casi, come a Roma con la Lazio, hanno riscontrato che i campi non erano perfetti, e questo ha potuto influire. Sono tanti i fattori: non c’è una sola causa. E comunque, come dicevo, la verità assoluta non la scopre mai nessuno. Certo è che ora Conte dovrà interrogare sé stesso ed il suo staff per capire cosa non stia funzionando”.
Si aspetta un ritorno al 4-3-3, vista la contemporanea assenza di De Bruyne e di Lobotka?
“Sì, credo proprio di sì. Penso che si tornerà al modulo che ha rappresentato un po’ il vecchio Napoli. Però permettimi una cosa: si parla tanto di numeri e moduli, ma non sono quelli a far vincere. Ti aiutano, certo, ma ciò che conta è l’atteggiamento. Contro l’Inter, ad esempio, il Napoli ha vinto non per il modulo, ma per la rabbia, la determinazione, la ‘cazzimma’. I giocatori avevano dentro quella fame di riscatto dopo la partita precedente. Quello spirito lì, non i numeri, ti fa vincere. I moduli non ti fanno vincere: vincono i giocatori, con il loro atteggiamento. E il Napoli lo ha dimostrato".
Faccio un passo indietro e torno su Napoli–Inter, una gara segnata da molte polemiche per il rigore assegnato agli azzurri per il fallo di Mkhitaryan su Di Lorenzo. Le chiedo: secondo lei quel rigore c’era?
“Secondo me no. Ma più in generale credo che vadano cambiate alcune regole. Il calcio è fatto di contatti: se andiamo a sanzionare ogni contatto, dovremmo dare cinquanta rigori a partita. Il problema è anche il protocollo VAR: non è chiaro quando deve intervenire e quando no. Bisognerebbe togliere il protocollo e lasciare che l’arbitro vada a rivedere ogni episodio dubbio, punto. Inoltre, perché questi rigori si vedono solo in Italia? All’estero non si fischiano certi contatti, e il calcio resta più fluido. Non è una questione di tifoserie o colori: è proprio la filosofia di gioco che da noi è diventata troppo rigida. Guarda anche i falli di mano: un giocatore si protegge il viso, il braccio è attaccato al corpo, eppure si dà rigore. Non ha senso. Bisogna rivedere il regolamento, altrimenti i giocatori in area cercheranno sempre il minimo contatto. E non è questo il calcio. Aggiungo: alcune dichiarazioni, come quelle di Bergonzi, hanno gettato ombre sulla sportività di Di Lorenzo, un giocatore che ha sempre incarnato fair play e correttezza. Dire che Di Lorenzo sia stato antisportivo è ingiusto e fuori luogo. Parliamo di un professionista irreprensibile, con una carriera lunga e pulita".
Indipendentemente da quell’episodio, il Napoli ha meritato la vittoria contro l’Inter?
“Assolutamente sì. Ha strameritato. Era una partita rischiosa, perché l’Inter veniva da un periodo di grande fiducia e il Napoli poteva essere nervoso per il 6-2 di Eindhoven, ma il gruppo di Conte ha dato una risposta forte. È stata la dimostrazione che, anche se può capitare una disavventura, il Napoli resta competitivo e consapevole della propria forza. E fammi dire una cosa: Anguissa è troppo sottovalutato. Stiamo parlando di uno dei centrocampisti più forti d’Europa. Il gol che ha fatto è stato straordinario, per equilibrio, potenza e precisione. Tanta roba, davvero: è difficile trovare in Europa un calciatore che unisca la quantità alla qualità come lui. Quando arrivò al Napoli segnava un gol ogni cinquanta partite. Ora si inserisce, segna di testa, di piede, partecipa al gioco. È diventato un giocatore completo, uno dei più forti centrocampisti europei, senza dubbio".
Come giudica il confronto acceso, nei gesti e nelle parole, tra mister Conte e Lautaro Martínez?
“Ma guarda, sono cose vecchie di quando il mister era all’Inter, che non sono poi così gravi. Qualche rimasuglio c’era, si è visto, ma queste situazioni nascono e muoiono lì. Fanno parte della tensione di partite così importanti. Non ci vedo nulla di grave: ognuno ha il proprio carattere e va bene così.”
di Napoli Magazine
28/10/2025 - 11:56
A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto - in esclusiva radiofonica in Campania - Andrea Agostinelli, allenatore ex Napoli ed ex calciatore, tra le tante, di Napoli ed Atalanta. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Mister, il tema di giornata è chiaramente l’infortunio, purtroppo piuttosto grave, di Kevin De Bruyne. Ottavo infortunio muscolare: cosa non sta funzionando?
“Bisogna fare un’analisi precisa. Non sempre è possibile dare una risposta certa, però quando ci sono così tanti infortuni muscolari, qualcosa che non va c’è. Questo è un compito che spetta allo staff medico insieme a quello tecnico, perché in presenza di così tanti problemi bisogna verificare più aspetti. Io credo che molto dipenda dai tanti impegni ravvicinati: giocare continuamente rende difficile gestire e bilanciare tutto. Detto questo, non è un problema solo del Napoli: anche la Lazio, ad esempio, ha avuto molte problematiche muscolari, e chi gioca le coppe è naturalmente più esposto. L’incidenza degli infortuni muscolari aumenta con l’aumentare delle partite. Tuttavia, il numero nel caso del Napoli è molto più alto rispetto alle altre squadre impegnate in più competizioni: forse il corto circuito è nella gestione della preparazione o della fase di recupero. Gli errori possono capitare anche nello staff medico, non solo ai giocatori. Ma la verità assoluta non ce l’ha nessuno. La preparazione incide, certo, ma anche i campi di allenamento, le condizioni climatiche, la tipologia di carichi. Nel caso del Napoli, però, i campi di Castel Volturno sono sempre gli stessi, quindi non ci sono problemi strutturali. In altri casi, come a Roma con la Lazio, hanno riscontrato che i campi non erano perfetti, e questo ha potuto influire. Sono tanti i fattori: non c’è una sola causa. E comunque, come dicevo, la verità assoluta non la scopre mai nessuno. Certo è che ora Conte dovrà interrogare sé stesso ed il suo staff per capire cosa non stia funzionando”.
Si aspetta un ritorno al 4-3-3, vista la contemporanea assenza di De Bruyne e di Lobotka?
“Sì, credo proprio di sì. Penso che si tornerà al modulo che ha rappresentato un po’ il vecchio Napoli. Però permettimi una cosa: si parla tanto di numeri e moduli, ma non sono quelli a far vincere. Ti aiutano, certo, ma ciò che conta è l’atteggiamento. Contro l’Inter, ad esempio, il Napoli ha vinto non per il modulo, ma per la rabbia, la determinazione, la ‘cazzimma’. I giocatori avevano dentro quella fame di riscatto dopo la partita precedente. Quello spirito lì, non i numeri, ti fa vincere. I moduli non ti fanno vincere: vincono i giocatori, con il loro atteggiamento. E il Napoli lo ha dimostrato".
Faccio un passo indietro e torno su Napoli–Inter, una gara segnata da molte polemiche per il rigore assegnato agli azzurri per il fallo di Mkhitaryan su Di Lorenzo. Le chiedo: secondo lei quel rigore c’era?
“Secondo me no. Ma più in generale credo che vadano cambiate alcune regole. Il calcio è fatto di contatti: se andiamo a sanzionare ogni contatto, dovremmo dare cinquanta rigori a partita. Il problema è anche il protocollo VAR: non è chiaro quando deve intervenire e quando no. Bisognerebbe togliere il protocollo e lasciare che l’arbitro vada a rivedere ogni episodio dubbio, punto. Inoltre, perché questi rigori si vedono solo in Italia? All’estero non si fischiano certi contatti, e il calcio resta più fluido. Non è una questione di tifoserie o colori: è proprio la filosofia di gioco che da noi è diventata troppo rigida. Guarda anche i falli di mano: un giocatore si protegge il viso, il braccio è attaccato al corpo, eppure si dà rigore. Non ha senso. Bisogna rivedere il regolamento, altrimenti i giocatori in area cercheranno sempre il minimo contatto. E non è questo il calcio. Aggiungo: alcune dichiarazioni, come quelle di Bergonzi, hanno gettato ombre sulla sportività di Di Lorenzo, un giocatore che ha sempre incarnato fair play e correttezza. Dire che Di Lorenzo sia stato antisportivo è ingiusto e fuori luogo. Parliamo di un professionista irreprensibile, con una carriera lunga e pulita".
Indipendentemente da quell’episodio, il Napoli ha meritato la vittoria contro l’Inter?
“Assolutamente sì. Ha strameritato. Era una partita rischiosa, perché l’Inter veniva da un periodo di grande fiducia e il Napoli poteva essere nervoso per il 6-2 di Eindhoven, ma il gruppo di Conte ha dato una risposta forte. È stata la dimostrazione che, anche se può capitare una disavventura, il Napoli resta competitivo e consapevole della propria forza. E fammi dire una cosa: Anguissa è troppo sottovalutato. Stiamo parlando di uno dei centrocampisti più forti d’Europa. Il gol che ha fatto è stato straordinario, per equilibrio, potenza e precisione. Tanta roba, davvero: è difficile trovare in Europa un calciatore che unisca la quantità alla qualità come lui. Quando arrivò al Napoli segnava un gol ogni cinquanta partite. Ora si inserisce, segna di testa, di piede, partecipa al gioco. È diventato un giocatore completo, uno dei più forti centrocampisti europei, senza dubbio".
Come giudica il confronto acceso, nei gesti e nelle parole, tra mister Conte e Lautaro Martínez?
“Ma guarda, sono cose vecchie di quando il mister era all’Inter, che non sono poi così gravi. Qualche rimasuglio c’era, si è visto, ma queste situazioni nascono e muoiono lì. Fanno parte della tensione di partite così importanti. Non ci vedo nulla di grave: ognuno ha il proprio carattere e va bene così.”