A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Omar El Kaddouri, allenatore ed ex centrocampista, tra le tante, di Napoli e Torino. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Omar, come si vive questa nuova dimensione da allenatore?
“È stata una mia scelta, ci pensavo già da un po’. Sinceramente mi sto divertendo tanto e mi piace davvero molto. So che ho ancora tanto da imparare, ma va bene così, anche se qualcuno mi dice che potrei ancora giocare qualche anno: ho solo 35 anni… Ma ormai la mia testa è proiettata verso questa nuova carriera".
Ma la vita da allenatore è realmente più stressante rispetto a quella da calciatore?
“Al momento sto allenando dei ragazzi (l’Ars et Labor Under 17, ndr), quindi non c’è ancora tutto questo stress. Però, se vuoi fare bene, devi dedicare molto più tempo rispetto a quando giocavi. Il calciatore va al campo, si allena, torna a casa, pensa a cosa mangiare o a fare qualche esercizio: finisce lì. L’allenatore invece deve preparare gli allenamenti, gestire venticinque ragazzi, capire chi ha problemi personali, chi è in difficoltà. Devi pensare a tante cose, molto di più. È più impegnativo, ma anche più stimolante".
Parliamo ora della prossima sfida di campionato tra Torino e Napoli. Il Toro fatica a decollare sotto la guida di Baroni: crede che abbia la forza per poter infastidire il Napoli?
"Il Torino ha fatto meno punti di quelli che meriterebbe per la squadra che ha. Sta facendo un po’ di fatica, ma se guardiamo bene, tolta la partita con l’Inter dove ha giocato male, contro Roma e Lazio ha raccolto quattro punti in due partite. È una squadra che, contro le big, riesce sempre a dire la sua. Anche con la Fiorentina ha pareggiato, quindi è competitiva. Magari soffre un po’ contro le squadre più piccole, ma resta una buona squadra, con un bravo allenatore. Per questo il Napoli non deve pensare che sarà una partita facile".
Lei è stato, per fare un parallelismo, una sorta di “vittima” del 4-3-3 napoletano, perché per caratteristiche era uno di quei giocatori che si è visto ridurre drasticamente il minutaggio, pur restando spesso decisivo. Torna di moda un discorso simile con De Bruyne: che idea si è fatto?
“Parlando di me, sì, è vero. Io ero al Torino e dovevano riscattarmi, ma poi ho sentito che sarebbe arrivato Sarri, che giocava con il 4-3-3. Mi sentivo pronto e contento di poter giocare in quel Napoli. Poi, ovviamente, con quel modulo non era facile trovare spazio, ma potevo adattarmi anche da mezzala, da esterno o persino da trequartista. Ero convinto di poterci stare, e alla fine mi sono divertito. In quel Napoli potevo fare pure il terzino, tanto giocavamo un calcio bello, divertente. Sono stati un anno e mezzo splendidi, in cui ho imparato tanto accanto a grandi campioni. Non ho rimpianti. Per quanto riguarda De Bruyne, parliamo di un giocatore straordinario. In Italia ce ne sono pochissimi come lui. Forse non è ancora abituato a difendere con l’intensità che chiede Conte, ma gli serve solo un po’ di tempo per adattarsi. Ha giocato per tanti anni in Inghilterra, dove il calcio è diverso, più fisico, meno tattico. Già nelle ultime partite si è visto che sta tornando al suo livello, e secondo me farà grandi cose quest’anno per il Napoli".
Juventus-Milan è stata una partita piuttosto bloccata, quasi un manuale su come non far giocare né sé stessi né gli avversari.
“Sì, è stata una partita un po’ noiosa, con poche occasioni da gol. Ma capita. Ho visto anche Milan-Napoli: nel primo tempo il Napoli ha fatto male, nel secondo ha meritato di più, forse anche il pareggio. Il campionato è lungo, tutti possono vincere contro tutti. Ogni partita conta e non bisogna dare nulla per scontato".
Scott McTominay, premiato l’anno scorso come miglior giocatore della Serie A, quest’anno sembra faticare a carburare. Secondo lei è un problema fisico o è la presenza di De Bruyne a togliergli spazio?
"Quando arriva un giocatore come De Bruyne, la squadra deve adattarsi. L’anno scorso McTominay è stato decisivo, ma ora bisogna trovare un nuovo equilibrio. È normale. De Bruyne deve adattarsi al gioco del Napoli, e anche i compagni devono abituarsi a giocare con lui. A volte, dopo una stagione straordinaria, è normale iniziare la successiva con più difficoltà: ci sono più aspettative, le squadre avversarie ti conoscono meglio. McTominay l’anno scorso era una sorpresa, ora è un riferimento. Secondo me è solo un momento passeggero: resta un giocatore fortissimo, e sono convinto che tornerà presto ai suoi livelli. Il Napoli ha bisogno di lui".
Riprendendo il discorso sulla metodologia di Conte, che chiede sempre grande intensità e sacrificio. Crede che i tanti infortuni muscolari in casa Napoli, già numerosi lo scorso anno e ancora di più in questa stagione, siano collegati a questo tipo di lavoro?
“Beh, chi ha lavorato con Conte sa quanto siano intensi i suoi allenamenti. È vero, a volte può capitare qualche infortunio in più, ma poi vedi i risultati: le sue squadre, nelle ultime giornate, stanno sempre meglio delle altre. È un metodo che può togliere qualcosa nell’immediato, ma alla lunga paga. Io lo dissi anche l’anno scorso, appena Conte firmò per il Napoli: per me il Napoli era tra i favoriti, non per la rosa ma per l’allenatore. Conte è, secondo me, il migliore in Italia, uno che migliora i giocatori e trasmette mentalità vincente. Certo, si lavora tanto, e può succedere che qualcuno si faccia male, ma i giocatori lo accettano se questo serve per vincere. Bisogna lasciarlo lavorare, perché ovunque è andato ha dimostrato di essere un vincente. In sostanza, è vero che il tanto sacrificio richiesto da Conte può portare qualche infortunio, ma il rovescio della medaglia è che arrivano anche le soddisfazioni sul campo. Alla fine è quello che conta: vincere e fare bene. I sacrifici servono a questo".
di Napoli Magazine
09/10/2025 - 11:22
A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Omar El Kaddouri, allenatore ed ex centrocampista, tra le tante, di Napoli e Torino. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Omar, come si vive questa nuova dimensione da allenatore?
“È stata una mia scelta, ci pensavo già da un po’. Sinceramente mi sto divertendo tanto e mi piace davvero molto. So che ho ancora tanto da imparare, ma va bene così, anche se qualcuno mi dice che potrei ancora giocare qualche anno: ho solo 35 anni… Ma ormai la mia testa è proiettata verso questa nuova carriera".
Ma la vita da allenatore è realmente più stressante rispetto a quella da calciatore?
“Al momento sto allenando dei ragazzi (l’Ars et Labor Under 17, ndr), quindi non c’è ancora tutto questo stress. Però, se vuoi fare bene, devi dedicare molto più tempo rispetto a quando giocavi. Il calciatore va al campo, si allena, torna a casa, pensa a cosa mangiare o a fare qualche esercizio: finisce lì. L’allenatore invece deve preparare gli allenamenti, gestire venticinque ragazzi, capire chi ha problemi personali, chi è in difficoltà. Devi pensare a tante cose, molto di più. È più impegnativo, ma anche più stimolante".
Parliamo ora della prossima sfida di campionato tra Torino e Napoli. Il Toro fatica a decollare sotto la guida di Baroni: crede che abbia la forza per poter infastidire il Napoli?
"Il Torino ha fatto meno punti di quelli che meriterebbe per la squadra che ha. Sta facendo un po’ di fatica, ma se guardiamo bene, tolta la partita con l’Inter dove ha giocato male, contro Roma e Lazio ha raccolto quattro punti in due partite. È una squadra che, contro le big, riesce sempre a dire la sua. Anche con la Fiorentina ha pareggiato, quindi è competitiva. Magari soffre un po’ contro le squadre più piccole, ma resta una buona squadra, con un bravo allenatore. Per questo il Napoli non deve pensare che sarà una partita facile".
Lei è stato, per fare un parallelismo, una sorta di “vittima” del 4-3-3 napoletano, perché per caratteristiche era uno di quei giocatori che si è visto ridurre drasticamente il minutaggio, pur restando spesso decisivo. Torna di moda un discorso simile con De Bruyne: che idea si è fatto?
“Parlando di me, sì, è vero. Io ero al Torino e dovevano riscattarmi, ma poi ho sentito che sarebbe arrivato Sarri, che giocava con il 4-3-3. Mi sentivo pronto e contento di poter giocare in quel Napoli. Poi, ovviamente, con quel modulo non era facile trovare spazio, ma potevo adattarmi anche da mezzala, da esterno o persino da trequartista. Ero convinto di poterci stare, e alla fine mi sono divertito. In quel Napoli potevo fare pure il terzino, tanto giocavamo un calcio bello, divertente. Sono stati un anno e mezzo splendidi, in cui ho imparato tanto accanto a grandi campioni. Non ho rimpianti. Per quanto riguarda De Bruyne, parliamo di un giocatore straordinario. In Italia ce ne sono pochissimi come lui. Forse non è ancora abituato a difendere con l’intensità che chiede Conte, ma gli serve solo un po’ di tempo per adattarsi. Ha giocato per tanti anni in Inghilterra, dove il calcio è diverso, più fisico, meno tattico. Già nelle ultime partite si è visto che sta tornando al suo livello, e secondo me farà grandi cose quest’anno per il Napoli".
Juventus-Milan è stata una partita piuttosto bloccata, quasi un manuale su come non far giocare né sé stessi né gli avversari.
“Sì, è stata una partita un po’ noiosa, con poche occasioni da gol. Ma capita. Ho visto anche Milan-Napoli: nel primo tempo il Napoli ha fatto male, nel secondo ha meritato di più, forse anche il pareggio. Il campionato è lungo, tutti possono vincere contro tutti. Ogni partita conta e non bisogna dare nulla per scontato".
Scott McTominay, premiato l’anno scorso come miglior giocatore della Serie A, quest’anno sembra faticare a carburare. Secondo lei è un problema fisico o è la presenza di De Bruyne a togliergli spazio?
"Quando arriva un giocatore come De Bruyne, la squadra deve adattarsi. L’anno scorso McTominay è stato decisivo, ma ora bisogna trovare un nuovo equilibrio. È normale. De Bruyne deve adattarsi al gioco del Napoli, e anche i compagni devono abituarsi a giocare con lui. A volte, dopo una stagione straordinaria, è normale iniziare la successiva con più difficoltà: ci sono più aspettative, le squadre avversarie ti conoscono meglio. McTominay l’anno scorso era una sorpresa, ora è un riferimento. Secondo me è solo un momento passeggero: resta un giocatore fortissimo, e sono convinto che tornerà presto ai suoi livelli. Il Napoli ha bisogno di lui".
Riprendendo il discorso sulla metodologia di Conte, che chiede sempre grande intensità e sacrificio. Crede che i tanti infortuni muscolari in casa Napoli, già numerosi lo scorso anno e ancora di più in questa stagione, siano collegati a questo tipo di lavoro?
“Beh, chi ha lavorato con Conte sa quanto siano intensi i suoi allenamenti. È vero, a volte può capitare qualche infortunio in più, ma poi vedi i risultati: le sue squadre, nelle ultime giornate, stanno sempre meglio delle altre. È un metodo che può togliere qualcosa nell’immediato, ma alla lunga paga. Io lo dissi anche l’anno scorso, appena Conte firmò per il Napoli: per me il Napoli era tra i favoriti, non per la rosa ma per l’allenatore. Conte è, secondo me, il migliore in Italia, uno che migliora i giocatori e trasmette mentalità vincente. Certo, si lavora tanto, e può succedere che qualcuno si faccia male, ma i giocatori lo accettano se questo serve per vincere. Bisogna lasciarlo lavorare, perché ovunque è andato ha dimostrato di essere un vincente. In sostanza, è vero che il tanto sacrificio richiesto da Conte può portare qualche infortunio, ma il rovescio della medaglia è che arrivano anche le soddisfazioni sul campo. Alla fine è quello che conta: vincere e fare bene. I sacrifici servono a questo".