Amir Rrahmani, difensore del Napoli, ha rilasciato un'intervista a Cronache di Napoli. Ecco un estratto.
“Napoli è casa mia. Basti pensare che vivo 11 mesi qui e che solo un mese torno a casa, in Kosovo. Sì, Napoli è una nuova casa. Sto meglio e sto lavorando per cercare di rientrare il prima possibile. Non sappiamo ancora in quale partita potrò rientrare ma dobbiamo essere preparati e soprattutto non rischiare nulla. Sono fermo da tanto tempo e perciò bisogna fare le cose con calma. E poi non è importante in quale partita ma che io rientri il prima possibile e soprattutto che sia sicuro in campo”.
Lei è ormai da sette anni a Napoli: si sente investito anche di un ruolo di leader?
“Sì, mi sento leader. Perché, vuoi o non vuoi, sono da tanti anni a Napoli e ad avere questa ‘anzianità di servizio’ siamo pochi. Poi ovviamente ognuno ha la sua responsabilità di essere leader, ognuno lo è a modo suo: qualcuno lo è in maniera più ‘rumorosa’, qualche altro lo è invece in silenzio. Ma alla fine siamo accomunati tutti dall’idea di portare sempre più in alto il Napoli”.
Questo di oggi è il Napoli più forte in cui abbia giocato?
“Onestamente non so dirlo e non è una risposta politica perché negli anni abbiamo avuto giocatori veramente molto forti. Credo che non riuscirei a rispondere anche se dovessi pensarci per giorni e giorni”.
A proposito di giocatori nuovi, quest’estate è arrivato Kevin De Bruyne: come è entrato l’uomo più che il campione nel vostro spogliatoio?
"È un ragazzo bravo, intelligente che ha saputo subito entrare in sintonia col resto della squadra. Questo però anche agevolato dal nostro spogliatoio. Negli anni sono venuti tanti giocatori che sono subito entrati in sintonia con noi perché il nostro è un gruppo molto aperto, ha sempre accolto chi arrivava. Kevin è per noi è un giocatore fondamentale: gli staremo vicino perché solo aiutandoci uno con l’altro possiamo portare il Napoli in alto”.
Questo al di là della concorrenza interna che pure esiste…
"È una cosa normale nelle grandi squadre dove ci sono almeno 2-3 giocatori importanti per ruolo. Ma noi non facciamo distinzione, ci supportiamo tutti a vicenda. Perché alla fine quello che conta non è il singolo ma il risultato a cui la squadra arriva”.
I numeri dicono che senza di lei il Napoli è passato da 0 gol in 2 partite a 9 gol in 6 partite: cosa non ha funzionato?
“Non è una questione di Rrahmani o di un altro giocatore. Quando tutta la squadra difende è sempre più facile per i difensori perchè hanno meno lavoro. Poi, certo, nel calcio ci sono anche i dettagli che decidono un’azione. Una lettura difensiva più lenta determina magari un gol e, quindi, l’esito di una partita. Non c’è insomma un segreto ma state sicuri che se la squadra ha una efficace fase difensiva tutto in campo diventa più semplice”.
In questi anni ha giocato in difesa al fianco prima di Koulibaly poi Kim e ora di Buongiorno e Juan Jesus: la difesa azzurra ha sempre funzionato e lei ha rappresentato una costante…
“In effetti negli anni sono arrivati e andati via diversi giocatori e invece io sono rimasto qui e le cose in effetti hanno sempre funzionato. Anche per questo il mio desiderio è di stare qui il più a lungo possibile”.
Quando un giocatore sta fuori per infortunio e segue le partite dei compagni cosa prova?
“Ora lo posso dire: un’ansia tremenda. Quando i miei familiari mi dicevano che erano emozionati nel vedermi giocare non ci credevo, giocando non riuscivo a capire. E invece ora li capisco benissimo perchè soffro quando sono in tribuna e peggio ancora quando vedo la partita dei miei compagni in tv. C’è un’emozione fortissima, una paura e un’ansia che non sai spiegare. Mi accade così sia per il Napoli che per la mia Nazionale, il Kosovo. Quando sei in campo a queste cose non pensi perchè sei concentrato sulla partita, pensi ad altre cose. Invece quando non gioco la vivo come la vive un tifoso sfegatato. Sono emozioni diverse ma certo intense quasi allo stesso modo”.
E quando ha visto il Napoli perdere a San Siro contro il Milan come ha reagito?
“Ero dispiaciuto per la sconfitta ma anche arrabbiato per non aver potuto dare una mano ai miei compagni in campo”.
Come spogliatoio e come gruppo credete alla possibilità di poter vincere un altro scudetto dopo quello dell’anno scorso?
“Non lo abbiamo detto né in occasione del terzo nè del quarto e non lo diremo oggi. La nostra filosofia è dare sempre il massimo in ogni partita perchè la strada è molto molto molto lunga. La storia di un campionato può cambiare facilmente da una partita all’altra, nel calcio non sai come va. Ovviamente dobbiamo essere fiduciosi nelle nostre capacità e lavorare tanto. Pensare a quello che sarà alla fine è prematuro, pensiamo solo a lavorare sodo”.
Rispetto alla scorsa stagione ma anche al campionato 2022-2023 al vertice c’è maggiore equilibrio, ci sono diverse rivali attrezzate tra Milan, Inter, Roma e Juve quale vede come antagonista principale del Napoli?
“Tutte quelle citate. Ad oggi non sappiamo ancora il reale valore di ognuna perchè siamo soltanto all’inizio della stagione e siamo tutte vicine in classifica. Non ho un’idea definite di gerarchie ma sono sicuro di una cosa: tutte le big daranno battaglia per il tricolore. E noi siamo prontissimi ad affrontarle”.
Ha vinto due scudetti in tre anni: che cosa è cambiato anche nella mentalità di un gruppo che ha fatto l’abitudine ad essere vincente?
“La cosa fondamentale resta pensare ad una partita per volta come se fosse la più importante di tutte, essere concentrati a vincerla. Ormai, grazie al presidente De Laurentiis che ha fatto grandi investimenti, abbiamo una squadra forte da anni e dunque siamo sempre stati convinti di poter vincere. Perciò alla fine gli scudetti sono una ricompensa, la conferma che hai lavorato bene”.
Tra i due scudetti che ha vinto quale è stato quello che le è rimasto più dentro?
“Il primo è stato divertente perchè avevamo un vantaggio importante in classifica e non avevamo tante pressioni, direi che ce lo siamo goduto. Invece il secondo è stato molto difficile ma più intenso. Naturalmente tutti e due hanno la loro importanza nella mia vita perchè è la prima volta che ho vinto uno scudetto in Italia. E poi vincerne due in cinque anni è una cosa grande. Perchè sappiamo tutti che quando lo vince una squadra del Sud vale di più”.
Nel suo percorso napoletano è stato allenato da Gattuso, Spalletti e ora da Conte: quali sono le differenze tra questi allenatori?
“A prescindere da quello che è il ruolo del tecnico, ogni persona è diversa. E ognuno ha il suo carattere ma anche il suo metodo di lavoro e la sua disciplina. Ognuno perciò ha le sue caratteristiche e con ognuno puoi avere o non avere feeling, dipende dalle situazioni e dai momenti che la squadra vive. Posso però dire che sono stato allenato da tutti bravi tecnici che hanno contribuito a portare il Napoli a questi due scudetti percorrendo una lunga strada”.
La costante è che con tutti questi tre allenatori lei ha sempre giocato titolare e Conte l’ha definita un computer e un soldato…
“Ci sono tipi di diversi di difensori: quelli che seguono alla lettera le indicazioni dell’allenatore e quelli che le seguono meno perchè magari hanno più qualità. Questo discorso ovviamente non vale per gli attaccanti ma vale certamente per noi difensori e per i centrocampisti che dobbiamo seguire di più quello che l’allenatore vuole. Ogni tecnico ha il suo modo di giocare e di allenare ma sta a noi seguire le loro indicazioni. Perchè, alla fine, l’allenatore è il nostro comandante. E noi in campo siamo soldati”.
Allora ha ragione Conte, che la definisce uno dei più forti difensori al mondo: più una gratificazione o uno sprone a impegnarsi ulteriormente?
“Sicuramente mi spinge a impegnarmi di più perché nel calcio quello che conta è quello che succede oggi non quello che successo ieri o la stagione passata. è importante dare il massimo ogni giorno perchè la gente vuole il risultato subito. E ricorda non le vittorie ma le sconfitte. Per questo dico che quando si vince una partita bisogna dimenticarselo in fretta e pensare subito a vincere la partita successiva. Ma questo è il calcio è in generale lo sport professionistico”.
Ha un soprannome con cui la chiamano i suoi compagni?
“No, mi chiamano semplicemente Amir”.
Non ha ancora giocato in Champions League: dove può arrivare il Napoli?
“Speriamo il più in alto possibile come in tutte le altre competizioni. Lavoriamo per arrivare al meglio, per essere tutti felici”.
Il Napoli è arrivato al massimo ai quarti, fare meglio significa arrivare in semifinale…
“Perché no? Dobbiamo lavorare ed essere pazienti”.
A proposito: la doppia sfida europea col Milan è un rimpianto?
“Sì perché eravamo in un buon momento ma ora guardiamo avanti e cerchiamo di fare ancora meglio”.
Il suo Kosovo è a un passo dal Mondiale: da capitano cosa vorrebbe dire la qualificazione?
“Sarebbe un sogno ma è anche vero che negli ultimi anni abbiamo fatto molto bene anche in Nations League. Ora possiamo lottare per il secondo ma anche per il primo posto. Un traguardo straordinario per un paese così piccolo”. Una storia di riscatto per un paese che in passato è stato martoriato dalla guerra…
“Tutti i ragazzi che giocano in Nazionale sognano di portare la Nazionale a un Mondiale o ad un Europeo per far felice un intero popolo che ha sofferto tanto in passato. Ho sempre voluto essere un ambasciatore del Kosovo e porto la bandiera ovunque”.
E gli scenari di guerra oggi nel mondo che reazione suscitano in lei?
“Sto male quando vedo certe immagini o sento certo notizie. Sono assolutamente contrario e spero che cessino ovunque”.
Lei non ha tatuaggi: per un altro scudetto infrangerebbe la regola?
“Non lo dico perché sono scaramantico. Non succede ma se succede…”.
di Napoli Magazine
16/10/2025 - 10:35
Amir Rrahmani, difensore del Napoli, ha rilasciato un'intervista a Cronache di Napoli. Ecco un estratto.
“Napoli è casa mia. Basti pensare che vivo 11 mesi qui e che solo un mese torno a casa, in Kosovo. Sì, Napoli è una nuova casa. Sto meglio e sto lavorando per cercare di rientrare il prima possibile. Non sappiamo ancora in quale partita potrò rientrare ma dobbiamo essere preparati e soprattutto non rischiare nulla. Sono fermo da tanto tempo e perciò bisogna fare le cose con calma. E poi non è importante in quale partita ma che io rientri il prima possibile e soprattutto che sia sicuro in campo”.
Lei è ormai da sette anni a Napoli: si sente investito anche di un ruolo di leader?
“Sì, mi sento leader. Perché, vuoi o non vuoi, sono da tanti anni a Napoli e ad avere questa ‘anzianità di servizio’ siamo pochi. Poi ovviamente ognuno ha la sua responsabilità di essere leader, ognuno lo è a modo suo: qualcuno lo è in maniera più ‘rumorosa’, qualche altro lo è invece in silenzio. Ma alla fine siamo accomunati tutti dall’idea di portare sempre più in alto il Napoli”.
Questo di oggi è il Napoli più forte in cui abbia giocato?
“Onestamente non so dirlo e non è una risposta politica perché negli anni abbiamo avuto giocatori veramente molto forti. Credo che non riuscirei a rispondere anche se dovessi pensarci per giorni e giorni”.
A proposito di giocatori nuovi, quest’estate è arrivato Kevin De Bruyne: come è entrato l’uomo più che il campione nel vostro spogliatoio?
"È un ragazzo bravo, intelligente che ha saputo subito entrare in sintonia col resto della squadra. Questo però anche agevolato dal nostro spogliatoio. Negli anni sono venuti tanti giocatori che sono subito entrati in sintonia con noi perché il nostro è un gruppo molto aperto, ha sempre accolto chi arrivava. Kevin è per noi è un giocatore fondamentale: gli staremo vicino perché solo aiutandoci uno con l’altro possiamo portare il Napoli in alto”.
Questo al di là della concorrenza interna che pure esiste…
"È una cosa normale nelle grandi squadre dove ci sono almeno 2-3 giocatori importanti per ruolo. Ma noi non facciamo distinzione, ci supportiamo tutti a vicenda. Perché alla fine quello che conta non è il singolo ma il risultato a cui la squadra arriva”.
I numeri dicono che senza di lei il Napoli è passato da 0 gol in 2 partite a 9 gol in 6 partite: cosa non ha funzionato?
“Non è una questione di Rrahmani o di un altro giocatore. Quando tutta la squadra difende è sempre più facile per i difensori perchè hanno meno lavoro. Poi, certo, nel calcio ci sono anche i dettagli che decidono un’azione. Una lettura difensiva più lenta determina magari un gol e, quindi, l’esito di una partita. Non c’è insomma un segreto ma state sicuri che se la squadra ha una efficace fase difensiva tutto in campo diventa più semplice”.
In questi anni ha giocato in difesa al fianco prima di Koulibaly poi Kim e ora di Buongiorno e Juan Jesus: la difesa azzurra ha sempre funzionato e lei ha rappresentato una costante…
“In effetti negli anni sono arrivati e andati via diversi giocatori e invece io sono rimasto qui e le cose in effetti hanno sempre funzionato. Anche per questo il mio desiderio è di stare qui il più a lungo possibile”.
Quando un giocatore sta fuori per infortunio e segue le partite dei compagni cosa prova?
“Ora lo posso dire: un’ansia tremenda. Quando i miei familiari mi dicevano che erano emozionati nel vedermi giocare non ci credevo, giocando non riuscivo a capire. E invece ora li capisco benissimo perchè soffro quando sono in tribuna e peggio ancora quando vedo la partita dei miei compagni in tv. C’è un’emozione fortissima, una paura e un’ansia che non sai spiegare. Mi accade così sia per il Napoli che per la mia Nazionale, il Kosovo. Quando sei in campo a queste cose non pensi perchè sei concentrato sulla partita, pensi ad altre cose. Invece quando non gioco la vivo come la vive un tifoso sfegatato. Sono emozioni diverse ma certo intense quasi allo stesso modo”.
E quando ha visto il Napoli perdere a San Siro contro il Milan come ha reagito?
“Ero dispiaciuto per la sconfitta ma anche arrabbiato per non aver potuto dare una mano ai miei compagni in campo”.
Come spogliatoio e come gruppo credete alla possibilità di poter vincere un altro scudetto dopo quello dell’anno scorso?
“Non lo abbiamo detto né in occasione del terzo nè del quarto e non lo diremo oggi. La nostra filosofia è dare sempre il massimo in ogni partita perchè la strada è molto molto molto lunga. La storia di un campionato può cambiare facilmente da una partita all’altra, nel calcio non sai come va. Ovviamente dobbiamo essere fiduciosi nelle nostre capacità e lavorare tanto. Pensare a quello che sarà alla fine è prematuro, pensiamo solo a lavorare sodo”.
Rispetto alla scorsa stagione ma anche al campionato 2022-2023 al vertice c’è maggiore equilibrio, ci sono diverse rivali attrezzate tra Milan, Inter, Roma e Juve quale vede come antagonista principale del Napoli?
“Tutte quelle citate. Ad oggi non sappiamo ancora il reale valore di ognuna perchè siamo soltanto all’inizio della stagione e siamo tutte vicine in classifica. Non ho un’idea definite di gerarchie ma sono sicuro di una cosa: tutte le big daranno battaglia per il tricolore. E noi siamo prontissimi ad affrontarle”.
Ha vinto due scudetti in tre anni: che cosa è cambiato anche nella mentalità di un gruppo che ha fatto l’abitudine ad essere vincente?
“La cosa fondamentale resta pensare ad una partita per volta come se fosse la più importante di tutte, essere concentrati a vincerla. Ormai, grazie al presidente De Laurentiis che ha fatto grandi investimenti, abbiamo una squadra forte da anni e dunque siamo sempre stati convinti di poter vincere. Perciò alla fine gli scudetti sono una ricompensa, la conferma che hai lavorato bene”.
Tra i due scudetti che ha vinto quale è stato quello che le è rimasto più dentro?
“Il primo è stato divertente perchè avevamo un vantaggio importante in classifica e non avevamo tante pressioni, direi che ce lo siamo goduto. Invece il secondo è stato molto difficile ma più intenso. Naturalmente tutti e due hanno la loro importanza nella mia vita perchè è la prima volta che ho vinto uno scudetto in Italia. E poi vincerne due in cinque anni è una cosa grande. Perchè sappiamo tutti che quando lo vince una squadra del Sud vale di più”.
Nel suo percorso napoletano è stato allenato da Gattuso, Spalletti e ora da Conte: quali sono le differenze tra questi allenatori?
“A prescindere da quello che è il ruolo del tecnico, ogni persona è diversa. E ognuno ha il suo carattere ma anche il suo metodo di lavoro e la sua disciplina. Ognuno perciò ha le sue caratteristiche e con ognuno puoi avere o non avere feeling, dipende dalle situazioni e dai momenti che la squadra vive. Posso però dire che sono stato allenato da tutti bravi tecnici che hanno contribuito a portare il Napoli a questi due scudetti percorrendo una lunga strada”.
La costante è che con tutti questi tre allenatori lei ha sempre giocato titolare e Conte l’ha definita un computer e un soldato…
“Ci sono tipi di diversi di difensori: quelli che seguono alla lettera le indicazioni dell’allenatore e quelli che le seguono meno perchè magari hanno più qualità. Questo discorso ovviamente non vale per gli attaccanti ma vale certamente per noi difensori e per i centrocampisti che dobbiamo seguire di più quello che l’allenatore vuole. Ogni tecnico ha il suo modo di giocare e di allenare ma sta a noi seguire le loro indicazioni. Perchè, alla fine, l’allenatore è il nostro comandante. E noi in campo siamo soldati”.
Allora ha ragione Conte, che la definisce uno dei più forti difensori al mondo: più una gratificazione o uno sprone a impegnarsi ulteriormente?
“Sicuramente mi spinge a impegnarmi di più perché nel calcio quello che conta è quello che succede oggi non quello che successo ieri o la stagione passata. è importante dare il massimo ogni giorno perchè la gente vuole il risultato subito. E ricorda non le vittorie ma le sconfitte. Per questo dico che quando si vince una partita bisogna dimenticarselo in fretta e pensare subito a vincere la partita successiva. Ma questo è il calcio è in generale lo sport professionistico”.
Ha un soprannome con cui la chiamano i suoi compagni?
“No, mi chiamano semplicemente Amir”.
Non ha ancora giocato in Champions League: dove può arrivare il Napoli?
“Speriamo il più in alto possibile come in tutte le altre competizioni. Lavoriamo per arrivare al meglio, per essere tutti felici”.
Il Napoli è arrivato al massimo ai quarti, fare meglio significa arrivare in semifinale…
“Perché no? Dobbiamo lavorare ed essere pazienti”.
A proposito: la doppia sfida europea col Milan è un rimpianto?
“Sì perché eravamo in un buon momento ma ora guardiamo avanti e cerchiamo di fare ancora meglio”.
Il suo Kosovo è a un passo dal Mondiale: da capitano cosa vorrebbe dire la qualificazione?
“Sarebbe un sogno ma è anche vero che negli ultimi anni abbiamo fatto molto bene anche in Nations League. Ora possiamo lottare per il secondo ma anche per il primo posto. Un traguardo straordinario per un paese così piccolo”. Una storia di riscatto per un paese che in passato è stato martoriato dalla guerra…
“Tutti i ragazzi che giocano in Nazionale sognano di portare la Nazionale a un Mondiale o ad un Europeo per far felice un intero popolo che ha sofferto tanto in passato. Ho sempre voluto essere un ambasciatore del Kosovo e porto la bandiera ovunque”.
E gli scenari di guerra oggi nel mondo che reazione suscitano in lei?
“Sto male quando vedo certe immagini o sento certo notizie. Sono assolutamente contrario e spero che cessino ovunque”.
Lei non ha tatuaggi: per un altro scudetto infrangerebbe la regola?
“Non lo dico perché sono scaramantico. Non succede ma se succede…”.