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SHOW TIME - Gino Rivieccio su "NM": "Napoli, da mesi è un ristorante che ha cambiato gestione e menù"
10.11.2023 23:59 di Napoli Magazine

NAPOLI - "Se avessimo voluto prendere in panchina uno che faceva i disegnini, allora sarebbe stato meglio ingaggiare Vauro, vignettista raffinato che ci sarebbe costato di meno e avrebbe strappato una risata in più". Così mio nipote di 15 anni dopo aver visto Garcia appuntare su un foglio gli schemi dell’ennesima esibizione modesta esibita contro i mediocri tedeschi del Berlino l’altra sera in un tiepido Maradona. Purtroppo il Napoli da mesi è un ristorante che ha cambiato gestione e menu. Ci sono giornate in cui a tavola arrivano piatti cucinati bene (penso al primo tempo contro il Real o al secondo contro il Milan) e altre (in prevalenza) dove si alternano pietanze scotte a contorni insipidi. Quello che manca quasi sempre è il sale e non solo in campo ma anche nella testa di qualcuno. Anche l’altra sera come a Salerno abbiamo visto una squadra squilibrata, scollegata tra i vari reparti e con alcuni calciatori in evidente stato confusionale. Ci hanno salvato le energie di Politano (da un mese il migliore in campo) e le riserve mentali e fisiche di Lobotka che ormai fa tutto: il centrale, il centrocampista, la cucina, rassetta i letti dell’attacco e quando si trova fa pure le pulizie in difesa. Sconcertante poi è il regresso di quelli che fino a poco tempo fa sembravano l’arma in più del Napoli. A questo punto l’interrogativo è legittimo: le responsabilità sono tutte del tecnico francese oppure ci sono altre questioni? E se la squadra mostrasse un appagamento da scudetto? Oppure una certa insofferenza per schemi e dettami non graditi se non una fibrillazione per i contratti in sospeso? Sono queste le domande che De Laurentiis in primis deve porsi. Forse le risposte sono più vicine di quanto sembrino. Intanto domenica arriva l’Empoli di quell’Andreazzoli che spesso ci ha messo in difficoltà. Poi ci sarà la sosta che dovrebbe servire a rischiarare le idee ma soprattutto a farci capire che tipo di cucina lo chef vuole mandare a tavola dalla partita con l’Atalanta in poi. L’importante è saperlo.

 

 
 
Gino Rivieccio

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com

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NAPOLI - "Se avessimo voluto prendere in panchina uno che faceva i disegnini, allora sarebbe stato meglio ingaggiare Vauro, vignettista raffinato che ci sarebbe costato di meno e avrebbe strappato una risata in più". Così mio nipote di 15 anni dopo aver visto Garcia appuntare su un foglio gli schemi dell’ennesima esibizione modesta esibita contro i mediocri tedeschi del Berlino l’altra sera in un tiepido Maradona. Purtroppo il Napoli da mesi è un ristorante che ha cambiato gestione e menu. Ci sono giornate in cui a tavola arrivano piatti cucinati bene (penso al primo tempo contro il Real o al secondo contro il Milan) e altre (in prevalenza) dove si alternano pietanze scotte a contorni insipidi. Quello che manca quasi sempre è il sale e non solo in campo ma anche nella testa di qualcuno. Anche l’altra sera come a Salerno abbiamo visto una squadra squilibrata, scollegata tra i vari reparti e con alcuni calciatori in evidente stato confusionale. Ci hanno salvato le energie di Politano (da un mese il migliore in campo) e le riserve mentali e fisiche di Lobotka che ormai fa tutto: il centrale, il centrocampista, la cucina, rassetta i letti dell’attacco e quando si trova fa pure le pulizie in difesa. Sconcertante poi è il regresso di quelli che fino a poco tempo fa sembravano l’arma in più del Napoli. A questo punto l’interrogativo è legittimo: le responsabilità sono tutte del tecnico francese oppure ci sono altre questioni? E se la squadra mostrasse un appagamento da scudetto? Oppure una certa insofferenza per schemi e dettami non graditi se non una fibrillazione per i contratti in sospeso? Sono queste le domande che De Laurentiis in primis deve porsi. Forse le risposte sono più vicine di quanto sembrino. Intanto domenica arriva l’Empoli di quell’Andreazzoli che spesso ci ha messo in difficoltà. Poi ci sarà la sosta che dovrebbe servire a rischiarare le idee ma soprattutto a farci capire che tipo di cucina lo chef vuole mandare a tavola dalla partita con l’Atalanta in poi. L’importante è saperlo.

 

 
 
Gino Rivieccio

 

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