NAPOLI - Così, i nostri euforici tifosi danno tanto fastidio a Giuseppe Marotta, ad della Juventus. Avete letto cosa ha detto il dirigente bianconero, dopo i festeggiamenti per la vittoria del Napoli sulla squadra bianconera, no? Ha detto: “Ci ha dato fastidio l'eccessiva euforia, quella tipica di una squadra di provincia che quando vince contro una grande squadra, festeggia tantissimo. Era solo una gara da tre punti”. Il signor Marotta usa il plurale maiestatico, quello che adottano i re quando parlano di se stessi. E anche qui, la cosa mi fa sorridere. Conobbi Marotta tanti, tanti anni fa, quando cominciava la sua carriera in quel di Monza, in Brianza. Allora aveva ancora tutti i suoi capelli, un'arruffata massa di ricci e aveva già gli occhi con lo strabismo di Venere. E, lasciatemelo dire, era molto, molto più simpatico di quanto lo sia oggi. Ma lo capisco: i rapporti che ha con la famiglia Agnelli, notoriamente un gruppo simpaticone e alla mano, non poteva non cambiarlo. Ha acquisito tutta la prosopopea agnelliana, quell'aria di chi ti dice: “Ora ti insegno io come si vive”. E così si è messo in testa (una testa che senza capelli prende troppo freddo, probabilmente) di dare una lezione di civiltà ai napoletani. Dimenticando due cose: 1) che dalle sue parti andavano a fare pipì e cacca nella campagne, mentre in Magna Graecia si erano già adottati i servizi igienici; 2) che, come dicevano i nostri vecchi, con la loro grande esperienza, "un bel tacer non fu mai scritto". Eh sì, avrebbe fatto molto meglio a pensarci un pochino, prima di parlare e di sparare le sue "intelligentissime" osservazioni. E pensare che l'euforia, i festeggiamenti, la gioia dei tifosi napoletani forse sono meglio delle offese brutali, incivili, razziste dei sostenitori della squadra bianconera. "Vesuvio, lavali col fuoco" sarà sicuramente meno traumatico del coro "Oi vita, oi vita mia" che viene cantato al San Paolo dopo ogni bella vittoria. O Marotta (pensate, amici miei, questo signore porta nome e cognome di uno dei più illustri scrittori di casa nostra, l'autore di "L'oro di Napoli", uno che per tanti anni ha vissuto a Milano, portando in quella città un pò della nostra civiltà: peccato che non abbia passato un pò di tempo dalle parti di Monza o di Torino) ritiene che quell'invocazione al Vesuvio sia un atto d'amore e di altruismo? Personalmente, non l'ho mai sentito stigmatizzare quei cori, come se non li avesse mai sentiti. Ma c'è un'altra cosa che mi preme dire all'autorevole dirigente della Goeba. Ed è che ho l'impressione che il suo difetto di Venere sia aumentato. Possibile non si sia mai accorto delle sceneggiate alle quali si abbandona il suo allenatore, ad ogni gol, ad ogni bel passaggio, ad ogni vittoria della Juventus? Possibile che non abbia mai visto il signor Conte saltare, fare capriole, abbracciare tutti quelli che hanno la disavventura di stargli vicino, quando la sua squadra fa qualcosa di buono? Ma no, che pensate? Noi napoletani siamo provinciali. Conte, con quei ridicoli salti, con quelle sceneggiate da circo equestre, è solo e semplicemente un gentleman. Ossia, un gentiluomo. Vero, caro signor Giuseppe Marotta?
Rosario Pastore
Napoli Magazine
Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com
di Napoli Magazine
04/04/2014 - 23:26
NAPOLI - Così, i nostri euforici tifosi danno tanto fastidio a Giuseppe Marotta, ad della Juventus. Avete letto cosa ha detto il dirigente bianconero, dopo i festeggiamenti per la vittoria del Napoli sulla squadra bianconera, no? Ha detto: “Ci ha dato fastidio l'eccessiva euforia, quella tipica di una squadra di provincia che quando vince contro una grande squadra, festeggia tantissimo. Era solo una gara da tre punti”. Il signor Marotta usa il plurale maiestatico, quello che adottano i re quando parlano di se stessi. E anche qui, la cosa mi fa sorridere. Conobbi Marotta tanti, tanti anni fa, quando cominciava la sua carriera in quel di Monza, in Brianza. Allora aveva ancora tutti i suoi capelli, un'arruffata massa di ricci e aveva già gli occhi con lo strabismo di Venere. E, lasciatemelo dire, era molto, molto più simpatico di quanto lo sia oggi. Ma lo capisco: i rapporti che ha con la famiglia Agnelli, notoriamente un gruppo simpaticone e alla mano, non poteva non cambiarlo. Ha acquisito tutta la prosopopea agnelliana, quell'aria di chi ti dice: “Ora ti insegno io come si vive”. E così si è messo in testa (una testa che senza capelli prende troppo freddo, probabilmente) di dare una lezione di civiltà ai napoletani. Dimenticando due cose: 1) che dalle sue parti andavano a fare pipì e cacca nella campagne, mentre in Magna Graecia si erano già adottati i servizi igienici; 2) che, come dicevano i nostri vecchi, con la loro grande esperienza, "un bel tacer non fu mai scritto". Eh sì, avrebbe fatto molto meglio a pensarci un pochino, prima di parlare e di sparare le sue "intelligentissime" osservazioni. E pensare che l'euforia, i festeggiamenti, la gioia dei tifosi napoletani forse sono meglio delle offese brutali, incivili, razziste dei sostenitori della squadra bianconera. "Vesuvio, lavali col fuoco" sarà sicuramente meno traumatico del coro "Oi vita, oi vita mia" che viene cantato al San Paolo dopo ogni bella vittoria. O Marotta (pensate, amici miei, questo signore porta nome e cognome di uno dei più illustri scrittori di casa nostra, l'autore di "L'oro di Napoli", uno che per tanti anni ha vissuto a Milano, portando in quella città un pò della nostra civiltà: peccato che non abbia passato un pò di tempo dalle parti di Monza o di Torino) ritiene che quell'invocazione al Vesuvio sia un atto d'amore e di altruismo? Personalmente, non l'ho mai sentito stigmatizzare quei cori, come se non li avesse mai sentiti. Ma c'è un'altra cosa che mi preme dire all'autorevole dirigente della Goeba. Ed è che ho l'impressione che il suo difetto di Venere sia aumentato. Possibile non si sia mai accorto delle sceneggiate alle quali si abbandona il suo allenatore, ad ogni gol, ad ogni bel passaggio, ad ogni vittoria della Juventus? Possibile che non abbia mai visto il signor Conte saltare, fare capriole, abbracciare tutti quelli che hanno la disavventura di stargli vicino, quando la sua squadra fa qualcosa di buono? Ma no, che pensate? Noi napoletani siamo provinciali. Conte, con quei ridicoli salti, con quelle sceneggiate da circo equestre, è solo e semplicemente un gentleman. Ossia, un gentiluomo. Vero, caro signor Giuseppe Marotta?
Rosario Pastore
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