IL SUPER PENSIERO
IL SUPER PENSIERO - Pastore: "Adesso basta!"
25.06.2014 23:12 di Napoli Magazine

NAPOLI - E da oggi, basta! Basta con questa storia dei cori sul Vesuvio che dovrebbe "lavare" i napoletani con le sue fiamme e fatta passare non come una forma di razzismo ma come discriminazione territoriale o amenità del genere. Basta, gli arbitri devono sospendere la gara al minimo accenno della più piccola offesa. Ovvero, se fingono, poveretti, di avere difficoltà d'udito, il Giudice Sportivo deve intervenire con tutta la severità che la situazione richiede. Il razzismo, perché di questo si tratta, ha trovato un'altra vittima, un giovanissimo ragazzo che ne è stato travolto con colpi di pistola. Chi ne ha la possibilità, vada a leggere quello che ha scritto un grandissimo figlio di Napoli, lo scrittore Maurizio de Giovanni, (clicca qui per leggere). Parole tanto belle, tanto sentite, tanto alte, che chiunque avrebbe voluto esserne l'autore, a cominciare da me, che invidio quella magica penna. Ora che Ciro non c'è più, ora che, insieme con i genitori e specialmente con quella fantastica madre che fino all'ultimo ha sperato, senza urlare, senza maledire, senza chiedere vendetta, piangiamo la sua prematura morte, bisogna mettersi tutti d'impegno, ma sul serio, perché certi maledetti avvenimenti non accadano più. Ho letto cose terribili, da parte di miei concittadini furibondi, decisi a far pagare duramente tifosi di altre squadre. No, amici miei, non è questo il modo migliore per onorare la memoria del povero Ciro. La nostra, quella che ci rende migliori degli altri, è una civiltà millenaria, la stessa che i greci introdussero nella Magna Graecia; la stessa che ha fatto del diritto romano il padre di tutte le giustizie; la stessa che ha prodotto la nascita, nelle nostre terre, di grandissimi artisti e filosofi che tutto il Mondo ci invidiava e ci invidia. In nome di quella civiltà, dobbiamo reagire con compostezza a quanto è accaduto, dobbiamo rendere omaggio, con il nostro lutto, con le nostre lacrime, a Ciro. In suo nome, mostriamo all'Italia di che pasta siamo fatti. Dimostriamolo anche a chi ha voluto addossarci quella sera tutte le colpe di una situazione che non era scaturita dai nostri comportamenti ma dall'insipienza di chi doveva prendere dei provvedimenti preventivi e non li ha presi, di chi siede ancora su quelle poltrone senza averne alcun merito e che da oggi porterà sulla coscienza l'assassinio di un ragazzo. Parlo del Ministro degli Interni, parlo del Prefetto di Roma, parlo del Questore della Capitale: forse non pagheranno, ma almeno che il rimorso per una giovane vita spezzata li accompagni per tutta la vita. E' un caso che, proprio nel giorno in cui Ciro dava il suo addio alla vita, l'insipiente Italia di Prandelli dava addio al mondiale? Naturalmente sì, è un caso. Che però accomuna le due storie. Così come le cosiddette autorità centrali non avevano fatto niente per evitare gli incidenti, così i responsabili azzurri hanno fatto poco, molto poco perché la nostra nazionale non uscisse scornata e con le ossa rotte dalla manifestazione. Abete e Prandelli, preceduti da Albertini, hanno fatto il minimo che potessero fare, con le loro dimissioni. Il primo, finalmente, non lo vedremo più far passerella dopo ogni partita, pavoneggiandosi come aveva fatto dopo la fortunata e inutile vittoria contro i cadaveri inglesi; il secondo paga i suoi errori, a cominciare dal tradimento al suo cosiddetto codice etico, voluto da lui e da lui contraddetto, quando ha portato in Brasile Chiellini. E dopo aver illuso Pepito Rossi, che doveva essere lasciato in pace a guarire, senza regalargli inutili e cocenti delusioni, ha portato in nazionale un Cassano, inviso da tutti e altri due giocatori del Parma, facendo nascere il sospetto che si trattasse di un omaggio ai datori di lavoro di suo figlio, che lavora con questa società e che è stato portato in Brasile quasi fosse il numero uno mondiale dei preparatori atletici. Prandelli paga anche per quei 25 minuti concessi a Insigne, quasi il ragazzo avesse nei piedi la bacchetta magica e potesse risolvere tutti i problemi dell'Italia. Un giornale che va per la maggiore, Repubblica, ha messo 4 a Insigne, con una ingenerosità che denuncia forse anche un partito preso. Ma non è questo il punto. Prandelli ha tradito tre volte le sue idee, dando alla squadra tre impostazioni diverse in tre partite. E fa specie che un critico calcistico come Gianni Mura abbia tentato una difesa d'ufficio che non sta né in cielo né in terra. Il calcio italiano deve voltar pagine. E deve farlo spendendo soldi non per giocatori stranieri, affermati o meno, ma per i settori giovanili. Il Napoli può e deve migliorare. Si formi un gruppo di osservatori bravi, che vadano in giro a scoprire i nuovi talenti. L'altro giorno ho partecipato alla festa dei 25 anni del Quarto Boys, una società che, grazie alla passione di una famiglia, dedica tutti i suoi sforzi ai giovanissimi. Salvatore, Peppe ed Enzo ci rimettono pur di togliere tanti ragazzi dalla strada, facendogli fare sport. E' in queste realtà che bisogna andare a scoprire, a vedere, ad osservare. Ma basta così. Per ora, come disse uno dei nostri più grandi artisti, non ci resta che piangere...





Rosario Pastore



Napoli Magazine



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NAPOLI - E da oggi, basta! Basta con questa storia dei cori sul Vesuvio che dovrebbe "lavare" i napoletani con le sue fiamme e fatta passare non come una forma di razzismo ma come discriminazione territoriale o amenità del genere. Basta, gli arbitri devono sospendere la gara al minimo accenno della più piccola offesa. Ovvero, se fingono, poveretti, di avere difficoltà d'udito, il Giudice Sportivo deve intervenire con tutta la severità che la situazione richiede. Il razzismo, perché di questo si tratta, ha trovato un'altra vittima, un giovanissimo ragazzo che ne è stato travolto con colpi di pistola. Chi ne ha la possibilità, vada a leggere quello che ha scritto un grandissimo figlio di Napoli, lo scrittore Maurizio de Giovanni, (clicca qui per leggere). Parole tanto belle, tanto sentite, tanto alte, che chiunque avrebbe voluto esserne l'autore, a cominciare da me, che invidio quella magica penna. Ora che Ciro non c'è più, ora che, insieme con i genitori e specialmente con quella fantastica madre che fino all'ultimo ha sperato, senza urlare, senza maledire, senza chiedere vendetta, piangiamo la sua prematura morte, bisogna mettersi tutti d'impegno, ma sul serio, perché certi maledetti avvenimenti non accadano più. Ho letto cose terribili, da parte di miei concittadini furibondi, decisi a far pagare duramente tifosi di altre squadre. No, amici miei, non è questo il modo migliore per onorare la memoria del povero Ciro. La nostra, quella che ci rende migliori degli altri, è una civiltà millenaria, la stessa che i greci introdussero nella Magna Graecia; la stessa che ha fatto del diritto romano il padre di tutte le giustizie; la stessa che ha prodotto la nascita, nelle nostre terre, di grandissimi artisti e filosofi che tutto il Mondo ci invidiava e ci invidia. In nome di quella civiltà, dobbiamo reagire con compostezza a quanto è accaduto, dobbiamo rendere omaggio, con il nostro lutto, con le nostre lacrime, a Ciro. In suo nome, mostriamo all'Italia di che pasta siamo fatti. Dimostriamolo anche a chi ha voluto addossarci quella sera tutte le colpe di una situazione che non era scaturita dai nostri comportamenti ma dall'insipienza di chi doveva prendere dei provvedimenti preventivi e non li ha presi, di chi siede ancora su quelle poltrone senza averne alcun merito e che da oggi porterà sulla coscienza l'assassinio di un ragazzo. Parlo del Ministro degli Interni, parlo del Prefetto di Roma, parlo del Questore della Capitale: forse non pagheranno, ma almeno che il rimorso per una giovane vita spezzata li accompagni per tutta la vita. E' un caso che, proprio nel giorno in cui Ciro dava il suo addio alla vita, l'insipiente Italia di Prandelli dava addio al mondiale? Naturalmente sì, è un caso. Che però accomuna le due storie. Così come le cosiddette autorità centrali non avevano fatto niente per evitare gli incidenti, così i responsabili azzurri hanno fatto poco, molto poco perché la nostra nazionale non uscisse scornata e con le ossa rotte dalla manifestazione. Abete e Prandelli, preceduti da Albertini, hanno fatto il minimo che potessero fare, con le loro dimissioni. Il primo, finalmente, non lo vedremo più far passerella dopo ogni partita, pavoneggiandosi come aveva fatto dopo la fortunata e inutile vittoria contro i cadaveri inglesi; il secondo paga i suoi errori, a cominciare dal tradimento al suo cosiddetto codice etico, voluto da lui e da lui contraddetto, quando ha portato in Brasile Chiellini. E dopo aver illuso Pepito Rossi, che doveva essere lasciato in pace a guarire, senza regalargli inutili e cocenti delusioni, ha portato in nazionale un Cassano, inviso da tutti e altri due giocatori del Parma, facendo nascere il sospetto che si trattasse di un omaggio ai datori di lavoro di suo figlio, che lavora con questa società e che è stato portato in Brasile quasi fosse il numero uno mondiale dei preparatori atletici. Prandelli paga anche per quei 25 minuti concessi a Insigne, quasi il ragazzo avesse nei piedi la bacchetta magica e potesse risolvere tutti i problemi dell'Italia. Un giornale che va per la maggiore, Repubblica, ha messo 4 a Insigne, con una ingenerosità che denuncia forse anche un partito preso. Ma non è questo il punto. Prandelli ha tradito tre volte le sue idee, dando alla squadra tre impostazioni diverse in tre partite. E fa specie che un critico calcistico come Gianni Mura abbia tentato una difesa d'ufficio che non sta né in cielo né in terra. Il calcio italiano deve voltar pagine. E deve farlo spendendo soldi non per giocatori stranieri, affermati o meno, ma per i settori giovanili. Il Napoli può e deve migliorare. Si formi un gruppo di osservatori bravi, che vadano in giro a scoprire i nuovi talenti. L'altro giorno ho partecipato alla festa dei 25 anni del Quarto Boys, una società che, grazie alla passione di una famiglia, dedica tutti i suoi sforzi ai giovanissimi. Salvatore, Peppe ed Enzo ci rimettono pur di togliere tanti ragazzi dalla strada, facendogli fare sport. E' in queste realtà che bisogna andare a scoprire, a vedere, ad osservare. Ma basta così. Per ora, come disse uno dei nostri più grandi artisti, non ci resta che piangere...





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